Note:
falso
come ciò
che è falso può falsissimamente essere falso. Non
ci guadagno nulla e loro non
sono miei – meno male, perché dopo la s3 li avrei
riempiti di randellate,
sceneggiatori compresi.
Non
ha mai visto un sì così
chiaramente
iscritto su un corpo prima d’ora.
Non
è soltanto nel modo in cui lei gli è seduta in
grembo, tesa per l’aspettativa
ma rilassata nel piacere del momento. Non è nemmeno nelle
gambe, accavallate in
cima a quelle di Sherlock, più muscolose e allo stesso tempo
più snelle, che
tengono le ginocchia chiuse e lo ancorano al terreno mentre lei sembra
fluttuare. Non è nelle risate di lei e non è nel
modo in cui si aggrappa come
una bambina speranzosa al suo collo, sperando di essere stretta meno
innocentemente poco più tardi.
No.
Non solo. No, perché il corpo dimostra molto, esprime tanto,
ma non tutto.
Sherlock
direbbe, in quel suo irritante tono accademico, che scatenare un
incendio è
facile, ma controllare anche solo una piccola fiamma lo è
molto meno.
John
Watson guarda il loro contatto sciogliersi fra le braccia di Sherlock
Holmes e
la vede brillare da qualche parte dentro. E’ un luccichio
ipnotizzante e
lugubre come quello dei ceri dei morti.
Parlerà,
gli dirà tutto, e quel sorriso gentile e affascinante sulle
labbra del suo
amico scomparirà non appena lei avrà concluso di
spillare informazioni. Forse
anche prima.
Quel
sorriso che è un’opera d’arte: garbato
ma malizioso, largo ma a labbra strette,
gentile ma sicuro di sè. E’ fatto apposta per
suscitare la voglia di
divorarglielo via dalla bocca.
E’
perfetto. Troppo. Come un falso d’autore.
Più
tardi, quando il caso è risolto e stanno camminando nella
notte verso casa,
John ripensa all’espressione
tradita e
lacrimosa della ragazza e riesce solo a vedere il genio teatrante
dell’amico.
L’ammirazione per lui gli sta mangiando l’empatia
dal cuore e John questa volta
non riesce a dispiacersene. Non sa perché.
Non
è per colpa della gelosia. Darebbe Dio solo sa cosa
perché la soluzione fosse
così semplice, ma non è così.
Soffiandosi
sulle mani punte dal freddo, John guarda Sherlock che vive con lui da
più di un
anno e non ha mai portato nessuno a casa per la notte e gli dice, con
un misto
di invidia e ammirazione: “Se solo tu volessi, potresti avere
chiunque
desideri.”
Il
sorriso che gli rivolge Sherlock non è nulla rispetto a
quello forgiato prima
con cura. Appartiene ad un altro, diversissimo universo, lontano e
caotico. E’
del tutto alieno e allo stesso tempo così dolcemente
famigliare.
“Non
è vero,” dice con semplicità,
guardandolo fisso negli occhi.
John
si stringe le spalle. Certo che sa che non è vero. Esistono
suore, preti, donne
omosessuali, uomini eterosessuali, gente innamorata di altra gente che
non è
lui, o semplicemente persone che lo detestano, persone che non lo
capiscono,
persone che non saprebbero apprezzarlo nemmeno volendo. Era solo un
modo di dirgli
che-
Oh,
al diavolo. Con Sherlock doveva sempre essere tutto complicato.
Note
dell’autrice:
una
cosina che ho scritto almeno un anno fa, finita nel dimenticatoio e
recuperata
per caso dopo aver visto His Last Vow, più precisamente la
scena con Janine.
John
è tonto, Sherlock è innamorato, nessuno dei due
ha mai capito nulla.
Spero
vi sia piaciuta :*