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Autore: Valine    21/01/2014    2 recensioni
Nella Parigi dell'anno 2013, Gisèle e Mylène sono due ragazze che si amano alla follia. Quando sta per accadere il peggio, Mylène apprende che qualcosa di molto importante sta per cambiare la sua vita e quella della sua amata. Non può lasciarselo sfuggire.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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One shot Cari lettori, questa è la prima storia originale che pubblico. Forse qualcuno mi conosce già per la fanfiction "Così lontano, così vicino" nella sezione Once Upon a Time. La storia che vi apprestate a leggere in realtà faceva parte di un progetto più ampio, ma non ce la facevo ad aspettare, quindi ve ne propongo un pezzettino sotto forma di one shot. Come potrete notare è ambientata a Parigi, un po' perché ci sono stata abbastanza di recente e mi ha appassionato da morire, un po' perché gli eventi descritti in Italia non sono possibili (capirete presto perché).
Non so se riuscirò a scrivere la storia nella sua interezza, spero di farlo perché l'idea mi intriga parecchio, ma eccovi almeno una delle parti che mi è venuta in mente per prima e che ritengo tra le più emozionanti. 


La legge del cuore




La spalla le faceva un male cane. L’aveva sentita come esplodere quando aveva sfondato quella porta con tutta la forza che le era rimasta in corpo, sfidando le fiamme che stavano consumando ogni cosa.

Non era sicura che ce l'avesse fatta. Da quando erano arrivati in ospedale non le avevano comunicato più nulla ed era terrorizzata.
«Mademoiselle De Rochefort, la smetta di agitarsi o non riusciremo ad applicarle il tutore!» la rimproverò severamente il medico che le era accanto.
«Il dottore ha ragione… Cerca di calmarti un po’, Mylène, o ci farai impazzire tutti!» rincarò Amélie. Sua cognata cercava di mantenere il suo tipico aplomb, ma dalla sua fronte corrugata,si comprendeva chiaramente che era anche lei fortemente in apprensione.
«Impazzirò sul serio se non mi dite come sta Gisèle!» gridò ancora la ragazza disperata.
«Hai fatto tutto il possibile per salvarle la vita» disse Amélie. «Adesso devi aspettare!»
Più facile a dirsi che a farsi quando la donna che ami si trova tra la vita e la morte. A causa del fumo nero che aveva invaso l’edificio, Gisèle era rimasta per alcuni minuti senza ossigeno. L’aveva stretta tra le sue braccia e portata fuori nonostante il dolore per la clavicola e l’omero rotti, ed era così pallida che sembrava stesse per svanire. L’attesa era l’incubo peggiore.
Qualche minuto dopo il personale medico terminò il suo lavoro, così anche il resto della famiglia poté entrare in quella sala.
Giunsero suo padre César con Luisa accanto – chissà se finalmente si sarebbero rimessi insieme? – e suo fratello maggiore Nicholas che subito si avvicinò ad Amélie passando teneramente le dita tra i suoi lunghi capelli dorati.
«Come stai?» le domandò suo padre corrucciato.
«Non è di me che bisogna preoccuparsi» rispose Mylène asciuttamente.
«Le sue condizioni sono buone, signor marchese» intervenne il medico con deferenza. «Le fratture guariranno in trenta o al massimo quaranta giorni e le ustioni sono lievi. Consiglio solo che la signorina resti qui in osservazione per stanotte.»
L’uomo uscì dalla stanza e Mylène si rimise in piedi.
«Tesoro, dovresti riposare e stare tranquilla» le disse Luisa. Non era sua madre, ma
Mylène la considerava tale, anche se con César c’era stato un lungo tira e molla.
«Ma come faccio…?! Lo sapete che la amo… Lo sapete…»
La ragazza aveva di nuovo le lacrime agli occhi. Luisa la abbracciò delicatamente, curando di non toccare l’articolazione danneggiata.
«Vogliamo tutti che Gisèle si riprenda» disse la donna.
César distolse il capo e guardò l’orologio. «È ora che vada. Mi aspettano al Luxembourg.»
«Stasera c’è la votazione al Senato, vero papà?» domandò Nicholas.
César annuì. Con tutto quello che era accaduto, Mylène lo aveva dimenticato. La legge che avrebbe consentito a tutti gli omosessuali francesi di contrarre matrimonio doveva passare l’esame del Senato.
Il marchese De Rochefort aveva dei principi, era duro con se stesso e con gli altri.
Nei confronti di Mylène lo era stato più di tutti, a causa del suo spirito disobbediente, delle sue attività di protesta. A lungo aveva creduto che anche la storia d’amore di sua figlia e Gisèle fosse un atto di ribellione, ma adesso non ne era più tanto convinto.
«Cosa farai, papà?» chiese Mylène.
«Quello che sarà più giusto per questo Paese» rispose l’uomo. «Sappi che la maggioranza della Gauche è risicata e che anche tra loro qualcuno voterà contro.»
«Se Gisèle guarisce e se la legge viene approvata, io le chiederò di sposarmi» annunciò Mylène con estrema serietà.
Tutti i componenti della famiglia sussultarono. «Ne sei proprio sicura, Mylène?» volle sapere Amélie.
«Ormai dovresti conoscermi» disse la ragazza.
César alzò i suoi occhi del colore del cielo verso il soffitto meditabondo, poi si rivolse a Luisa. «Mi aspetti a casa?»
La donna annuì e il marchese si avviò verso la porta.
«Non voterà a favore, lo so» mormorò Mylène tristemente fissando il battente ormai chiuso.
«Tuo padre oggi ha capito molte più cose di quanto non abbia fatto in tutta la sua vita… Dovresti dargli una possibilità» le rispose Luisa.

Giunse il buio, una
dolce notte primaverile nel cuore di Parigi. Mylène non provò nemmeno a prendere sonno; le avevano detto che Gisèle era in terapia intensiva e che era sotto sedativi. Il suo cellulare stava sul comodino alla sua sinistra, ancora muto.
Il dibattito al Senato della Repubblica stava procedendo per le lunghe e nessuno poteva dire con certezza quando sarebbe terminato.
Le sembrò di scoppiare da un momento all’altro, quindi decise di alzarsi. Una violenta fitta nella spalla bloccata dal tutore le impedì di scattare subito.
Giusto il tempo di sistemare i suoi capelli color miele, tutti scompigliati a causa della sua stessa agitazione, e Mylène uscì fuori dalla sua stanza. La sua meta era una soltanto: la camera dove Gisèle era stata ricoverata.
Curando di non essere vista da nessuno del personale notturno, la ragazza continuò ad aggirarsi attraverso i corridoi dell’ospedale finché non si trovò nei pressi di una porta socchiusa.
Una voce maschile stava parlando con concitazione, ma le sembrò che stesse giungendo da un apparecchio televisivo. Non si era sbagliata, era la voce nota di un giornalista.
«Dopo lunghe ore di acceso dibattito, il Senato ha approvato la legge con appena sei voti di scarto. I diritti civili hanno vinto!»
Mylène non poté resistere ed entrò. A guardare lo schermo di un tablet c’era un giovane infermiere dai lineamenti delicati.
La presenza della ragazza lo fece sobbalzare. «Che ci fa qui?! Non è permesso ai pazienti di gironzolare per l’ospedale a quest’ora della notte!»
«Tranquillo, sto benissimo, e poi appena farà giorno mi dimetteranno» disse Mylène con calma. Indirizzò lo sguardo verso il tablet. «Cos’è successo? La legge è passata?»
«Sì, abbiamo vinto» disse il giovane mentre iniziava a commuoversi. Non ci voleva molto ad arguire che era come lei e aspirava allo stesso obiettivo. «Saremo uguali a tutti gli altri finalmente!»
Il giornalista continuava a parlare dall’altoparlante del tablet. C’erano state delle astensioni da parte della Gauche, ma alcuni senatori dal centro e dalla destra avevano votato a favore compensando quelle perdite.
«Tra coloro che erano assolutamente contrari all’approvazione della legge c’è stata una defezione eccellente» continuò il cronista. «Il marchese César De Rochefort ha votato “sì” e poi si è dimesso dal suo incarico.»
«Papà…!» esclamò Mylène strabiliata. Non poteva assolutamente credere che suo padre avesse voluto fare così tanto per lei.
L’infermiere l’aveva ascoltata stupito. «Lei sarebbe quella marchesa ricoverata dopo l’incendio…?!»
«Mio padre è il marchese, io sono semplicemente Mylène» tenne a precisare la ragazza. «Quindi lo immagina perché sono qui. Deve portarmi subito da Gisèle Bernard.»
«Non posso, dovrà aspettare l’orario di visita. Spiacente» rifiutò l’infermiere.
«La prego, devo vederla, farle sapere che ci sono io con lei!» lo supplicò Mylène. «Lei sa bene cosa provo, altrimenti non avrebbe nemmeno acceso quel tablet!»
L’infermiere restò in silenzio, ma Mylène aveva una carattere assolutamente volitivo e disse con decisione «Continuerò a cercarla da sola. Prima o poi la troverò, quest’ospedale non è poi così grande.»
Mylène fece per uscire, ma l’infermiere la fermò con un’espressione più raddolcita. «Aspetti, marchesa… Cioè, aspetta, Mylène. Voglio accompagnarti dalla tua ragazza, la tua presenza non potrà che farle bene.»
Seguendo il giovane in punta di piedi, Mylène svoltò un angolo su quello stesso piano fino a un’altra porta praticamente identica a tutte quelle che aveva già visto.
«Puoi entrare» le disse l’infermiere. «Solo, per cortesia, non dire a nessuno che ti ho fatto passare io…»
«Stai tranquillo, noi non ci siamo mai visti!» lo rassicurò Mylène.

La camera era in penombra, soltanto la luce di un lampione che proveniva dalla strada esterna filtrava attraverso la finestra.
Mylène la vide, era a pochissimi metri. Gisèle giaceva sul letto con un respiratore attaccato alla bocca e una flebo che le  inviava dei medicinali nel braccio sinistro.
Nonostante le sue condizioni, Mylène trovò l’ovale del suo viso stupendo, come sempre.
Le accarezzò i lunghi capelli castani che erano sparsi sul guanciale, poi indugiò con le dita sulla guancia. Gisèle era bellissima fuori e dentro e Mylène si sentì la donna più fortunata del mondo ad essere amata da lei, ad essere tutt’uno con lei. Le prese una mano e gliela baciò, convinta che le avrebbe trasmesso un po’ della sua forza, che l’avrebbe aiutata a riprendersi presto.
«Devi vivere, amore mio… Per noi» disse con la voce ridotta a un soffio.

La luce dell’alba si fece strada in quella fredda stanza d’ospedale donandole una piacevole sfumatura rosa.
Fu la prima cosa che Gisèle notò appena fu in grado di spalancare i suoi occhi color nocciola. Sentì il soffio di un respiro sull’avambraccio; Mylène era lì accanto a lei, con il capo reclinato e stava sonnecchiando.
Durante l’incendio stava agonizzando, ma le braccia della sua ragazza avevano trovato l’energia per sottrarla alle fiamme. Uno spirito indomabile, un vero cavaliere che protegge la sua dama da ogni pericolo… La sua Mylène era così, lo aveva capito sin dal giorno in cui l’aveva conosciuta, bizzarramente in bilico sul muretto del negozio di fiori. Da quell’istante a poco a poco si era accorta di essersi innamorata di lei e poi di amarla come mai era accaduto in vita sua.
Gisèle sorrise debolmente dietro la mascherina di plastica che i medici le avevano messo, era felice. Non poté fare a meno di donare a Mylène un gesto di tenerezza passandole una mano nell’incavo del collo e disegnandole le labbra con un dito.
La giovane nobildonna si svegliò e non ci fu per lei visione più splendida. «Gisèle…? Come stai?»
La ragazza si tolse la mascherina; era ancora debole, ma riusciva a parlare, se pur lievemente. «Meglio… Adesso.»
«Non sai quanto sono stata in pensiero! Ho avuto paura… Paura di perderti!» confessò Mylène.
Gisèle la guardò più distintamente ed esclamò preoccupata, con la voce che stava quasi per mancarle «Ma Mylène… Ti sei fratturata un braccio! Per salvarmi la vita!»
«Sta’ sicura che mi sarei spaccata anche tutte le ossa pur di riaverti con me! E non dirmi che sono un’esagerata.»
«Va bene, non te lo dico… Ma posso pensarlo» disse Gisèle amabilmente.
«Niente è troppo per te… Niente» ribadì Mylène con assoluta convinzione. «Voglio stare con te per sempre e darti il meglio che posso.»
Adesso poteva davvero, persino lo Stato glielo aveva concesso. Bastava chiederle “Gisèle, vuoi sposarmi?” così, di getto, ma quella domanda non voleva saperne di venire fuori. Non era imbarazzata, le sembrava piuttosto che le mancasse qualcosa.
«Perché non cominci a darmi un po’ del tuo meglio… Qui, ora?» disse Gisèle cercando complicità negli occhi azzurri di Mylène.
«Per esempio?»
Gisèle protese il viso e Mylène la baciò con tutta la passione di cui era capace.
Ecco cosa le mancava! Dopotutto era pur sempre la figlia di un marchese e il buon sangue non mente mai. Se c’era una cosa che non mancava ai De Rochefort, di generazione in generazione, era la galanteria.
Una proposta di matrimonio andava fatta come si conveniva, con un anello inciso in piena regola.
«Mylène… A che cosa stai pensando?» domandò Gisèle.
La ragazza sorrise a trecentosessanta gradi. «Nulla… Che è così bello che voglio rifarlo.»
Le loro labbra si toccarono ancora e ancora.
A un certo punto persero il conto di quanti baci s’erano scambiate e giunse il desiderio di andare oltre. La mano libera di Mylène si intrufolò nella camicetta di Gisèle.
«Che diavolo state combinando?!»
Un’infermiera era entrata nella stanza reggendo dei rotoli di carta tra le mani ed era talmente esterrefatta che li lasciò cadere tutti per terra. «Che sporcaccione!»
Mylène si alzò e cercò di giustificarsi con quella donna di mezza età così minuta. «Ascolti… Io le posso spiegare…»
«Questo è un reparto di terapia intensiva! Lei non dovrebbe nemmeno stare qui!»
La donna non la volle ascoltare e premette il pulsante di allarme sulla parete. Dopo nemmeno un minuto arrivarono il primario del reparto e altri due
portantini ben nerboruti.
«Marchesa Mylène De Rochefort!» esclamò il medico spazientito. «Se avessi scommesso che si trattava di lei avrei vinto parecchi milioni di euro!»
«Come se ne avessi bisogno, vecchio trombone…» mormorò la ragazza a Gisèle senza farsi sentire.
«Che ha detto…?!» Il medico intuì qualcosa, poi la sua attenzione si concentrò su Gisèle. «Mademoiselle Bernard, come fa ad essere già  così
in buona salute?» domandò meravigliato. «Non è possibile che le sue condizioni siano migliorate così improvvisamente nel giro di una notte!»  
L’uomo, incredulo, andò a tastarle il polso.
«Forse le sue cure sono state più efficaci di quel che pensava»  gli disse dolcemente Gisèle, ma in realtà stava guardando Mylène negli occhi.
Era avvenuto un piccolo miracolo; era stato il loro amore a compierlo, lo stesso che altri avevano giudicato sporco e perverso. Dopo quella notte non lo era più.
«Marchesa De Rochefort, lei è pregata di uscire subito!» rimproverò ancora il primario. «È contro il regolamento che lei stia in questo reparto, tanto più che dovrebbe essere dimessa a breve.»
Mylène fece spallucce. «Rispettare le regole non è mai stato il mio forte. Va bene, sì… Me ne vado… E non sono una marchesa, il marchese è mio padre» aggiunse sfacciatamente.
Davvero non vedeva l’ora di uscire; doveva assolutamente arrivare a Place Vendôme il prima possibile, aveva un anello da donare alla sua Gisèle e la proposta più importante della sua vita da farle.
Gisèle guardò Mylène allontanarsi senza sapere cosa stesse frullando nella testa della compagna, senza immaginare ancora che sarebbe diventata sua moglie.

Spero di aver centrato tutti gli accenti nel modo corretto. Ho studiato un po' di francese alle medie secoli fa... Chiedo venia se ho sbagliato a trascrivere qualche nome.
Nota finale: mi pare che la votazione al Senato francese per l'approvazione della legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso sia stata abbastanza travagliata, ma non credo proprio che si sia prolungata per una notte intera. L'ho messa così per accompagnare gli eventi di questa storia.

Un bacione a tutti!



  
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