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Autore: Aliseia    23/01/2014    0 recensioni
Thorin è in cammino, smarrito, confuso. Thranduil aspetta.
Fandom: Lo Hobbit - Jacksonverse
Genere: Angst - Introspettivo
Rating: VM14
Personaggi: Thorin, Thranduil, moglie di Thranduil
Note: Questo è un racconto che chiamerei di servizio. Lo userò cioè come meschino stratagemma per spiegare meglio alcuni racconti precedenti, in particolare Polvere di Stelle e Dealan-Dè. I due capitoli erano in realtà due racconti separati. Il primo, che è nato proprio con il titolo di Vertigo, era un cedimento al poeticume, con il POV di Thorin. Ogni tanto ci vuole. L'altro era un polpettone angst con il POV di Thranduil. Mi sono accorta poi che le due situazioni erano complementari, e li ho messi insieme.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a J.R.R. Tolkien e a chi ne detiene i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Audace Primavera (thorinduil)'
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Vertigo

 

Come nel giorno grigio, senza fine, circolare del Bosco Atro, vagava tornando sempre allo stesso punto.
Un angolo oscuro all’incrocio di due ponti sospesi, un atomo instabile, oscillante nel vuoto, di quell’immenso organismo di linfa e pietra che era il Reame Boscoso.
La coscienza tormentata del nano vacillava allo stesso modo di quel nucleo pulsante, vibrava dolorosamente come i tendini delle sue gambe brevi e forti, nel tentativo sempre più vano di mantenere un equilibrio.
Un centro fermo nel suo universo già composto di sentimenti decisi e puliti, di sensazioni legittime: amicizia, fratellanza, onore.
Ma ora questo mostro che lo mordeva allo stomaco, rovesciandolo in tutta la sua sozza, indicibile, esaltante attrazione …Ora… qual era il nome?
Era sesso, potere, degradazione?
Era amore?
Questo potremmo dirlo soltanto noi, pubblico a terra, noi che, nasi all’aria, guardiamo l’acrobata, il povero piccolo equilibrista sul filo.
Ma Thorin Oakenshield non ha le parole, non ha punti di riferimento, sa solo che ha perduto la strada.
I suoi passi tremano, e non per colpa sua, ma solo perché si muove il percorso sotto i suoi piedi.
Solo ferme, nel suo cielo interiore, una coppia di stelle immutabili, eterne, splendenti e fredde come soli lontani e velati. Occhi lucenti e strani come quelli del Drago, ma infinitamente più dolci, infinitamente più teneri, e per questo ancora più crudeli.
Sono gli occhi del suo piccolo drago che ha vinto, del suo setoso, voluttuoso carnefice, che è bianco. Un demone dagli occhi di giada.
Che scivola tra le sue braccia, tra le lenzuola, e gli mormora parole nel linguaggio degli elfi.
Che gli fa smarrire il sonno e la ragione.
Che è un Re, e sembra cedere al suo volere.
Che è un Re, e mentre apparentemente si arrende, fa del nano quello che vuole.
Fa di lui un essere senza amici, senza ricordi.
Senza più onore.
Che mentre lui vaga smarrito, in preda alla nausea, tanto intossicato quanto neanche nel verde acquoreo della foresta, resta immobile, lontano, a guardare.
Bellissimo e irraggiungibile.
Sul suo trono, coi suoi occhi stellari.



 

  
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