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Autore: Nuru    25/01/2014    10 recensioni
La strada gli scoreva davanti tranquilla e scura come un fiume dopo la piena; i fari dell'Impala bagnavano l'asfalto, la linea bianca e brillante della mezzeria - un'allucinazione in tutto quel nero - ne tracciava a singhiozzo la direzione. Il piede fisso sull'acceleratore e il volante tra le mani, i palmi appena poggiati su di esso.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione, Contesto generale/vago
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Tutti i diritti di Supernatural appartengono ai rispettivi networks televisivi: The WB, The CW, Warner Bros. Scrivo senza scopo di lucro e non guadagno nulla dalla pubblicazione di questa storia, il mio è solo un omaggio ad una serie e a dei personaggi che amo.

 


 

Last gift

 

 

La strada gli scoreva davanti tranquilla e scura come un fiume dopo la piena; i fari dell'Impala bagnavano l'asfalto, la linea bianca e brillante della mezzeria - un'allucinazione in tutto quel nero - ne tracciava a singhiozzo la direzione. Il piede fisso sull'acceleratore e il volante tra le mani, i palmi appena poggiati su di esso.

 

Non aveva fretta quella notte Dean, nessun bisogno di correre; aveva appena finito un lavoro – un Ghoul, schifoso figlio di puttana, che aveva fatto di un asilo in Lethbridge, Alberta, il suo personale minimarket – e lui e Lisa si erano presi quello che la ragazza aveva definito un momento di riflessione, e che a Dean era suonato come un non ne posso più Dean, del tuo umore nero, del tuo fiato che sa di whisky, della tua paranoia e delle volte in cui ti svegli di soprassalto e quasi mi butti giù dal letto.

 

«Grazie tante, tesoro... tu dormiresti come un angioletto se avessi appena perso tuo fratello?» fratello che s'è buttato in un maledetto buco... che passerà l'eternità e oltre a giocare all'allegro chirurgo con un Arcangelo megalomane e Lucifero in persona, mio fratello che sarà torturato e dilaniato e massacrato in modi che nemmeno voglio immaginare, solo per permettermi di essere qui, con te, con una donna che forse mi ama, ma che non potrà mai veramente capire cos'è successo... una donna che mi ha detto Sam è in un posto migliore, adesso... senza sapere, senza immaginare... e io so invece, so e immagino e lo sento sulla pelle, in fondo allo stomaco, lo sento soffrire e urlare e bruciare ogni dannatissimo istante.

 

Lisa aveva stretto le labbra e incrociato le braccia al petto, un gesto che Dean aveva catalogato già da tempo nella casella del non mi piace dove vuoi andare a parare, Dean Winchester.

 

«Dean... lo capisco, che ti credi? Lo so che è stata dura ma... Sam è... andato e...»

 

«Cosa? Sam è andato e cosa, Lisa?»

 

Le iridi verdi appena visibili tra le ciglia strette, i muscoli della mascella che guizzavano rabbiosi e la faccia di Lisa pallida, spaventata, a pochi centimetri dalla sua «Perché se dici la vita va' avanti... non lo so che potrei fare... davvero...»

 

«Però è così, e lo sai... la vita continua, anche senza tuo fratello...»

 

Non c'erano state molte parole poi, solo il tavolo della cucina a gambe all'aria e i piatti rotti sul pavimento, Lisa appoggiata al lavandino con le mani sulla bocca e Dean già sul vialetto d'ingresso, le chiavi dell'Impala salde nel pugno, la giacca mezza infilata e tutto il suo dolore stretto tra i denti.

 

Erano seguiti alcuni sms, un paio di telefonate e un caffé nella sicurezza estranea di uno Starbucks e la decisione di entrambi – di Lisa – di prendersi del tempo, di riflettere sulla loro relazione, ho un figlio Dean, non posso buttargli tutta questa merda addosso e... no, non intendo dire che, oh, piantala, sai cosa volevo... Ben ti adora e io... abbiamo solo bisogno di tempo, Dean.

 

Tempo.

 

Certo, sì, come no. Abbiamo tutto il tempo del mondo in fin dei conti. Tutto il tempo per vivere e costruirci una vita felice, torta di mele e una casa con lo steccato bianco, magari un cane. Ed ogni istante, ogni momento, ogni più piccolo secondo e attimo di gioia, lo pagherà Sam, giù all'Inferno.

Lo pagherà con il sangue e le urla e il dolore.

 

Sam aveva arricciato il nasino, gli occhi furbetti e un sorriso disarmante «Dai, aprilo Dean!» Dean si era rigirato il pacchettino in mano, confuso «Sammy... cos'è questo? Natale è passato da un pezzo...» e Sam aveva riso di lui «Ma sei scemo! Oggi è il 24 gennaio Dean! È il tuo compleanno! Ma l'ha detto lo zio Bobby» Dean aveva sentito i propri occhi farsi tondi mentre non aveva potuto evitare di spalancare la bocca; fissava il suo fratellino e non riusciva a dire una sola parola «Eddai! Chiudi quella bocca, o ci entreranno le mosche Dean!» la mamma, questa era una frase che la mamma gli diceva sempre e Dean ubbidiva, terrorizzato all'idea di quei piccoli insetti sudici che passeggiavano tra i suoi denti e poi risalivano la gola fin nel cervello e ci facevano le uova e poi avrebbero dovuto portarlo all'ospedale e gli avrebbero tolto un intera colonia di vermi da dentro la testa, e anche ora chiuse la bocca di scatto così forte che si sarebbe potuto tranciare la lingua, prima ancora di rendersi conto di che stava facendo, prima di realizzare che quella paura poteva andare per un bambino di nemmeno quattro anni, e di diventare rosso per la vergogna di credere ancora, a dieci appena compiuti, che fosse in qualche modo possibile ritrovarsi con il cervello pieno di larve.

 

Così fissò lo sguardo di nuovo su quel pacchetto incartato male, e gli parve di vedere le manine piccole di Sammy che attaccavano goffe il nastro adesivo sulla salvietta di carta azzurra con stampato sopra il logo di uno dei pub dove si erano fermati a mangiare qualche giorno prima, la lingua che spuntava all'angolo della bocca quando Sam era concentrato su qualcosa di per lui molto importante; Dean tirò su col naso e balbettò qualcosa che fece sorridere Sam, poi scartò il suo regalo, il primo che riceveva da quando aveva festeggiato l'ultima volta con la mamma e John; era solo una barretta al cioccolato, uno snack preso in qualche distributore. La spezzò a metà e ne diede un pezzo a suo fratello. Gli sembrò di non avere mai mangiato nulla di più dolce in vita sua.

 

Aprì il finestrino per fare entrare un poco d'aria fresca, la notte aveva un odore umido e freddo; si passò una mano sulla bocca prima di riportarla al volante.

 

«Cento di questi giorni, amico!» Dean sorrise, mentre le bottiglie di birra cozzavano l'un l'altra con un tintinnio vivace «Spero proprio di no, Sammy! È stata una giornata di merda. Ho il sangue di quel licantropo anche nelle mutande! Non vedo l'ora di arrivare al motel e...» Sam aveva riso di cuore, sedendosi al suo fianco sul cofano dell'Impala, i piedi poggiati al paraurti «Non ci posso credere! Tutti gli anni la stessa storia... ma quando ti deciderai a... Dean, sul serio... è il tuo compleanno, idiota!» e la mano di Sam era scomparsa sotto l'ampia giacca e ne era uscita con un pacchetto tra le dita, carta stropicciata di un qualche volantino pubblicitario e un fiocco fatto alla meno peggio con lo spago «Auguri, fratello! Dean... vuoi lasciarmi qui tutta la notte con questa cosa in mano?»

 

Dall'autoradio la voce dello speaker interruppe la musica, Dean lo lasciò parlare qualche minuto di Snooki e look, di Kardashian e gossip, prima di afferrare la manopola e cambiare stazione; il suono caldo di un vecchio successo degli anni '80 riempì l'abitacolo e Dean decise che poteva andare.

 

John stava semplicemente in piedi di fronte a lui, fronte seria e labbra curve «Guardami, ragazzo...» Dean alzò la testa, suo padre svettava su di lui, imponente e severo «Che cosa ti avevo raccomandato di fare?» deglutì e si diede qualche secondo prima di rispondere, non troppo, ma giusto il tempo di mettere assieme le parole e di cercare di smettere di tremare, ma quando aprì la bocca la voce lo tradì e tutto quello che riuscì a fare fu soffocare un singhiozzo. John rimase immobile, poi si chinò su Dean, poggiando un ginocchio a terra e una mano sulla spalla del piccolo, ed era tiepida attraverso la stoffa sì, ma non trasmetteva calore, la mano di suo padre.

 

«Ti avevo detto di badare a Sammy... giusto?» Dean annuì «Lo sai che è importante, vero?» e di nuovo la testa di Dean si mosse appena «E allora che ci faceva fuori, di notte, in mezzo alla neve e con solo il pigiama addosso?» e Dean voleva davvero spiegare a suo papà cos'era successo, che voleva solo far vedere la neve a Sammy e così l'aveva tirato fuori dal letto e preso in braccio, e aveva aperto la porta e voleva stare solo pochi minuti lì fuori con Sam, solo il tempo perché il suo fratellino vedesse i grossi fiocchi cadere e Dean potesse guardare Sam con gli occhi che brillavano cercare di afferrarli uno ad uno con le manine, ma la porta si era chiusa da sola, lo giuro papà, si è chiusa e siamo rimasti fuori e allora ho messo Sammy per terra, ma solo un attimo perché non arrivavo alla maniglia, e in quel momento i fari dell'Impala avevano colto Dean sul fatto, in punta di piedi e con la mano in alto e Sam fradicio e infreddolito, seduto per terra. Voleva spiegare e urlare e dire tutto, ma le uniche parole che gli uscirono furono mi dispiace, signore. John aveva espirato stancamente, poi si era tirato in piedi e aveva lasciato Dean lì dov'era, senza più una parola; e Dean attese a lungo, fermo come un bravo soldatino, attese di sentire l'acqua in bagno finire di scorrere, attese mentre suo padre si sfilava gli stivali e si sedeva sulla poltrona, attese ancora, quando John si fu addormentato davanti allo schermo acceso della tv a pagamento del motel.

 

Dean attese di sentire buon compleanno dalla voce di John, e tutto quello che sentì fu il russare sommesso di suo padre e il rumore della bottiglia di whisky che gli scivolava dalle mani sul pavimento, un tonfo ovattato, attutito dallo strato di moquette.

 

Allora si avvicinò al lettino dove Sam dormiva e si sporse a controlare il fratellino, prima di coricarsi; gli rimboccò le coperte sistemandogli meglio il braccino perché non prendesse freddo e Sam aprì gli occhi, all'improvviso, fissando per un attimo Dean nei suoi, e Dean era certo questo significasse guai, perché Sam avrebbe iniziato a piangere e John si sarebbe svegliato e quando John si svegliava di soprassalto, dopo quasi mezza bottiglia di whisky, per Dean erano guai di sicuro.

 

E Sammy sorrise.

 

Sorrise a Dean con la semplicità e l'onestà dei bambini quando si sentono sicuri e amati, poi chiuse gli occhi un'altra volta, passando in un attimo dalla veglia al sonno e lasciando Dean a guardarlo, con il cuore caldo e sereno, come avesse ricevuto il più bel regalo del mondo.

 

Fermò la macchina sul ciglio della strada e rimase seduto con il motore acceso per qualche minuto, poi girò la chiave e afferrò una lattina di birra dal borsone sul sedile posteriore e scese nella notte. Strappò la linguetta e il sibilo del gas che usciva riecheggiò per un istante nel silenzio più assoluto; bevve lentamente, poggiato alla fiancata della chevy, giocherellando distratto con il portachiavi che teneva tra le dita della mano libera.

 

«E allora? Resti qui e basta?»

 

«Come scusa?»

 

Sam si scostò i capelli dalla fronte con un gesto veloce della mano, la testa china e un bicchiere di schotch posato davanti a lui sul tavolo a cui erano seduti, entrambi ancora infilati nei completi eleganti da falsi agenti F.B.I. «Dean... la cameriera... ti sta mangiando con gli occhi da che siamo arrivati... e la cosa ti piace! Va' a fare il tuo solito show» Dean aveva seguito lo sguardo del fratello fino alla giovane con i capelli rossi e gli shorts arancioni in attesa del vassoio vicino al bancone. Si perse un momento a contemplare il logo di Hooters stampato sulla canotta bianca - o forse non era proprio la scritta ad attirare la sua attenzione - prima di salire e incrociare gli occhi azzurri di lei e il suo sorriso molto più che cordiale. Ma c'era qualcosa che Dean attendeva quella sera, e la ragazza avrebbe aspettato.

 

«Dopo, magari... lasciamola cuocere ancora un po'!» aveva sorriso e alzato il bicchiere e brindato con Sam che non aveva detto nulla e Dean era rimasto un secondo di troppo con il braccio a mezz'aria.

 

«Che c'è?»

 

«Cos- no... niente... niente» Sam aveva taciuto e in silenzio avevano finito di bere. Quando si erano alzati per uscire Sam gli si era avvicinato e aveva fatto scivolare qualcosa nella tasca del soprabito di Dean, sussurrando un buon compleanno che solo il fratello aveva udito, nella confusione del locale «E adesso vai e divertiti... ci vediamo domani!» una pacca sulla spalla e Sam era sgusciato verso l'uscita. Dean aveva infilato la mano in tasca e quando aveva terminato di scartare il piccolo pacchetto si era ritrovato a stringere qualcosa che si era affrettato a nascondere, si era guardato attorno per sincerarsi che nessuno avesse visto un gigante di quasi due metri infilargli una confezione di preservativi alla fragola nel cappotto e parlargli all'orecchio, e quando ne fu sicuro sorrise, avvicinandosi alla cameriera.

 

Finì la sua birra e schiacciò la lattina, gettandola sul ciglio della strada prima di risalire sull'Impala, sedette al posto di guida fissando il cielo davanti a sé, ammorbidito dai primissimi chiarori dell'alba. Stava per rimettere in moto quando si voltò verso il sedile del passeggero, un impulso che non riuscì a frenare, qualcosa che faceva sempre prima di mettersi in viaggio, una cosa sua, voltarsi verso Sam, sempre, voltarsi e trovarlo lì con lui.

 

Il sedile era vuoto. Non riuscì a girare la chiave nell'accensione, rimase immobile a guardare al suo fianco rendendosi conto solo ora che non avrebbe più avuto Sammy accanto a lui, comprendendo davvero in quel momento la portata devastante del vuoto che aveva dentro.

 

E per la prima volta da quando Sam era saltato in quello stramaledetto buco, nel vecchio cimitero alle porte di Lawrence, Kansas, Dean pianse. Fu un pianto disordinato e brutale, scosso da singhiozzi violenti, un pianto disperato come mai nella vita. Dean pianse per Sam, per suo fratello, per tutto quello che Sam era stato e per tutto quello che non sarebbe stato mai più, e pianse anche per se stesso, per il proprio dolore e per l'incapacità di trovare pace per quella morte, perché non poteva raccontarsi menzogne per superarla; aveva visto di persona cosa ci fosse dall'altra parte e non era un posto migliore, come diceva Lisa, era un luogo orribile e ardente, di dolore e crudeltà, e tutto quanto Dean aveva vissuto in quei quarant'anni all'Inferno era nulla, paragonato a cosa stava passando ora Sam, da solo, lì sotto.

 

Quando riuscì finalmente a calmarsi si ritrovò chino sul volante, le mani così strette ad esso che le dita gli dolevano. Si asciugò la faccia con la manica della giacca, o almeno ci provò, e alzò il viso ritrovandosi immerso nella luce delicata del giorno appena nato.

 

Ci aveva provato, Dean, in tutti i modi. Aveva tentato di riportare indietro Sam, ma ogni incantesimo, ogni patto, ogni suo tentativo fatto in quei mesi era stato inutile. Sam era andato, e nulla l'avrebbe fatto tornare. Appena gli sembrò che la gola avesse smesso di essere così chiusa estrasse il cellulare dal vano porta oggetti dell'auto, l'accese e selezionò dalla rubrica un numero. La voce che rispose all'altro capo era impastata e roca

 

«P-pronto?»

 

«Io... posso... posso tornare?»

 

«... Dean, sei tu? Che succede? Stai bene?» ogni traccia di sonno aveva lasciato il posto all'inquietudine e alla preoccupazione «Sì... sì, sto bene.... solo... posso tornare? Vorrei davvero tornare sai...» ci fu un lungo silenzio dall'altra parte, come qualcuno che sta soppesando i pro e i contro di una situazione prima di decidere, poi un sospiro profondo, carico di sollievo «Certo Dean... quando vuoi... noi ti aspettiamo» Dean riagganciò senza dire altro, il display a cristalli liquidi lo informò che era ormai il 25 di gennaio.

 

Aveva deciso di prendersi quella vita felice che Lisa e Ben gli offrivano, avrebbe avuto torta di mele e barbeque domenicali, gite al parco e una casa con lo steccato bianco; magari anche un cane e un lavoro normale, dei vicini con cui passare il tempo e bersi una birra qualche sera. Una donna, un figlio. Il dolore non sarebbe passato mai, ne era sicuro, ma l'aveva promesso a suo fratello e per nulla al mondo Dean avrebbe sprecato l'ultimo regalo che Sammy gli aveva fatto.

 

Così mise semplicemente in moto e si avviò sulla strada verso casa.

 

 

 


 

 

Le note di Nuru: e rieccomi qui, a parlare di nuovo del compleanno di Dean (come avevo fatto qui). E lo so che era ieri, ma che volete farci... non sono mai puntuale! :3 Spero possa esservi piaciuto questo racconto, non siete obbligati a commentare, ma se volete farlo siate sinceri... preferisco un onesto "fa ca...are" che un "che bello!" detto tanto per pietà!

 

P.s.: dedicata a quelle budinare del gruppo The Family Business! <3

 

 

   
 
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