CHAIN OF MEMORIES.
Capitolo
1: Tracce.
Quei
tre erano
sospetti.
Se
n'era accorto
da un bel pezzo Zexion.
Era
ovvio che
quelle reclute stessero cercando di sovvertire l'ordine
dell'organizzazione.
Quello che non capiva, era il perché.
Erano
tutti dei
Nobody, esseri incompleti, gusci vuoti, con un solo scopo nella loro
non vita:
tornare a essere quello che non erano già da un pezzo.
Zexion
non
ricordava bene chi era Ienzo.
Solo
che si
tagliava.
Era
un piccolo
genio incompreso e preso in giro da tutti.
Nessuno
riusciva
a comprendere ciò che provava.
Nemmeno i
suoi colleghi e il suo maestro. Per lui era stato un onore entrare a
far parte
degli allievi del saggio Ansem, ma essendo il più giovane,
le sue idee, seppur
interessanti, non venivano quasi mai prese in considerazione.
E
di ciò lui ne
soffriva parecchio.
E
si tagliava.
Sentiva
il cuore
bruciargli dentro il petto e pesargli come un macigno.
Quante
volte
avrebbe voluto perderlo per non dover più soffrire.
E
si tagliava.
Ironia
della sorte,
questo desiderio si era avverato.
Ienzo
non
esisteva più.
Ora
c'era
Zexion: il piccolo genio dell'organizzazione di cui tutti avevano
grande
considerazione.
E
Zexion non si
tagliava.
Da
molto tempo
ormai, non aveva più sentimenti che gli bruciassero nel
petto.
E
nonostante,
non soffrisse per questo, soffriva per il desiderio di riaverli.
Molte
volte si
era detto che era una cosa decisamente contro senso: ora che non aveva
sentimenti nessuno poteva farlo soffrire, quindi doveva esserne
contento.
Allora perché ogni volta che doveva provare un qualunque
sentimento nei
confronti di qualsiasi cosa sentiva sempre una fitta al petto?
Una
fitta che
gli ricordava che lì non c'era più niente.
Ed
era doloroso,
nostalgico... Lo faceva stare male.
Non
c'era un
cuore in grado di immagazzinare i suoi sogni e i suoi ricordi.
Non
c'era più
niente che lo potesse far sentire vivo.
Si
sentiva un
guscio vuoto.
Dopo
anni e anni
passati a fare congetture nella sua biblioteca, Zexion era arrivato
alla
conclusione, che forse Ienzo, desiderava non possedere un cuore
perché voleva
scappare. Non aveva il coraggio di affrontare la realtà.
E
si tagliava.
Zexion
ancora
possedeva le cicatrici del suo Somebody.
Quante
volte
aveva impugnato la lametta quell'idiota?
I
suoi polsi
erano coperti da una fitta rete di cicatrici che ogni giorno si
preoccupava di
nascondere.
Perché
lui non
era un debole.
Lui
non si
tagliava.
Ienzo
si.
Zexion
no.
-Mi
hai messo
proprio in un bel casino, caro mio. - disse distrattamente rivolto allo
specchio.
-Zexion.
- la
voce roca e profonda del numero V interruppe le riflessioni del numero
VI .
-Lexaeus... - sospirò
Zexion senza neanche girarsi.
Si
limitò a
guardare il gigante alle sue spalle attraverso lo specchio.
Lexaeus
… Eleaus
…
Forse
l’unico
che provava simpatia per Ienzo.
L’unico
che non
lo considerava un ragazzino montato e inesperto.
L’unico
che gli
stava accanto.
Zexion
chiuse
gli occhi cercando di ricordare.
Era
difficile.
Non
gli era
rimasto nulla a ricordargli chi era.
Nulla,
se non
quei tagli.
Senza
farsi
vedere dall’altro, Zexion passò le dita
nell’intricato intreccio che percorreva
il polso destro come una mappa.
La
mappa dei
suoi ricordi perduti.
Attraverso
quei
tagli, lui ricordava Ienzo.
Quel
piagnone
alla fin fine aveva fatto qualcosa di utile.
-Zexion
… - per
la seconda volta, Lexaeus
interruppe i
pensieri del giovane numero VI.
Proprio
non
riusciva a capire che gusto ci provasse quel piccoletto a far ammattire
tutti.
Era
insopportabile, sicuro di se e soprattutto, odiava sporcarsi le mani.
E
nonostante lui
avesse potuto prenderlo a pugni per far sparire quel suo sorrisetto
ironico e
opportunista, non ce la faceva.
Quel
suo sorriso
da schiaffi, era l’unica cosa importante per lui.
Se
anche non
fossero riusciti a raggiungere Kingdom Hearts, non gli importava.
L’unica cosa
che desiderava era il sorriso del numero VI.
Forse
era per
quello che in fin dei conti, il numero V dell’organizzazione
veniva considerato
Zexion e non lui.
Lexaeus,
il
gigante buono, l’Eroe del Silenzio, era solo una marionetta
in mano al
Burattinaio Mascherato.
-Xemnas
ci
aspetta.- emise tutto d’un fiato mantenendo la voce roca e
profonda come in un
sospiro.
Zexion
si alzò.
-Andiamo.-
E
Lexaeus lo
seguì.
Quel
corpo così
minuto e gracile …
Lexaeus
non
aveva nulla che gli ricordasse chi era prima di cominciare la sua non
vita.
Nulla
se non
quella piccola schiena.
Eleaus
bussò
alla porta. Sentiva dei singhiozzi sommessi.
-Ienzo?-
I
singhiozzi
cessarono.
-Vattene.-
rispose il più piccolo
-Devo
chiudere
il laboratorio.-
Pochi
secondi di
silenzio.
-E
chiudilo. Chi
se ne importa.-
Eleaus
scosse la
testa.
Ienzo
era …
Ienzo.
Non
aveva modo
per descriverlo.
Per
come si
vestiva e pettinava, gli sembrava quasi un ragazzino capriccioso, che
voleva
tutto e subito.
Ma
le poche
volte che si erano parlati, Eleaus aveva percepito da lui qualcosa in
più.
Ienzo
cercava di
farsi accettare.
Troppo
intelligente per i suoi coetanei.
Troppo
acerbo
per i suoi colleghi.
Non
aveva
nessuno con cui parlare Ienzo.
Nessuno
che
desiderasse stare con lui e ascoltarlo.
Persino
Ansem lo
sgridava dicendogli che era troppo impulsivo.
Dilan
e Braig
non facevano che ripetergli quanto fosse infantile per il suo modo di
vestire,
che altro non era che il modo in cui vestivano tutti i suoi coetanei e
gli
facevano sempre scherzi perfidi.
Ed
Even… Even
non lo considerava. Si sentiva superiore
a lui.
Troppo
superiore
per scendere ai livelli di uno sbarbatello impulsivo.
Eppure,
i
discorsi di Ienzo erano tutt’altro che impulsivi: erano
passionali, carichi di
sentimenti e di amore verso la scienza.
E
nessuno li
capiva.
Nessuno
li
voleva capire.
Tutti
avevano
paura che Ienzo li superasse. Che la nuova generazione superasse la
vecchia.
Una
cosa alquanto
stupida visto che tutti si lamentavano del fatto che ai giovani non
importava
nulla se non divertirsi. E ora che avevano la prova che questo non era
vero: la
schiacciavano senza pietà.
-Ienzo
che stai
facendo?!- esclamò allarmato il gigante.
Dal
bagno
fuoriusciva un rivolo di sangue.
Eleaus
sfondò
letteralmente la porta.
Ienzo
era seduto
a terra, coi polsi lacerati e grondanti di sangue. In mano una lametta
e lo
sguardo perso nel vuoto.
Ora
quei polsi
erano perennemente fasciati e coperti. Tenuti al riparo da sguardi
indiscreti.
Nessuno
doveva
sapere.
Neanche
lui.
Eppure,
Lexaeus
ne era a conoscenza.
Pur
non avendoli
visti, sapeva il perché Zexion stava ben attento a non fare
intravvedere quelle
tracce.
Zexion
si
vergognava della debolezza di Ienzo.
Prima
di uscire,
prese da un tavolino, un barattolo di sottaceti.
Al
numero VI
piacevano molto i sottaceti. Prima di andare alle riunioni ne mangiava
sempre
qualcuno.
Quel
miracoloso
barattolo aveva il potere di calmare il piccoletto. Se Zexion non ne
mangiava
almeno uno, durante le riunioni, sputava veleno. Insultava gli altri
membri
come solo lui sapeva fare: parlando loro in maniera ironica e
provocatrice,
rendendoli inferiori a lui.
Era
fortunato
che i Nobody non avessero un cuore che provasse odio.
-Uh?-
Zexion
porse il barattolo a Lexaeus. Il tappo era troppo stretto e non
riusciva ad
aprirlo.
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Finita
la
riunione, entrambi, Zexion e Lexaeus, avevano la testa che quasi gli
scoppiava.
Il
Superiore non
faceva altro che dare a loro tante, troppe, preoccupazioni.
Tanto
per
cominciare, aveva deciso di spedire loro due e Vexen al castello
dell’Oblio,
dove sospettava che Marluxia stesse tramando qualcosa.
-Finalmente
se
n’è accorto.- disse Zexion mentre preparava i
bagagli. Poche cose: vestiti
neri, soprabito di riserva, libri e sottaceti. Molti sottaceti e molti
libri.
“Anche
se dubito
che questi mi basteranno.” Pensò. Il numero XI,
Marluxia, aveva il potere di
farlo imbestialire solo a guardarlo. Non sarebbe servito un barattolo.
Ce ne
voleva una vagonata.
Anche
Lexaeus
prese poche cose. Poche ed essenziali.
I
due
raggiunsero Vexen all’entrata.
Il
vecchio si
lamentava del fatto che fossero in ritardo. Ma la verità era
che Vexen si
lamentava di tutto.
I
tre Nobody,
partirono alla volta del Castello dell’ Oblio utilizzando i
varchi oscuri.
Appena
arrivati,
Marluxia li accolse a braccia aperte e con un sorriso smagliante.
-Felice
di avervi
qui!- esclamò. Ovviamente fingeva. Non era felice di avere
quei tre tra i
piedi. Specialmente quel piccolo emo.
-Qua
dentro c’è
sempre la solita puzza.- esclamò Zexion, varcato il portone.
-Profumo,
non
puzza.- lo corresse il Leggiadro Sicario e li accompagnò
all’ala del castello a
loro riservata.
-Quel
maledetto!- esclamò Vexen – Come ha osato
confinarci in questa topaia?-
-Lascia
perdere
Vexen. Abbiamo altro di cui preoccuparci.- disse Zexion aprendo un
barattolo di
sottaceti. Ne prese uno e lo mise in bocca. Arrivato a metà
barattolo, il
numero VI , pensò che forse anche gli altri ne volevano.
-Volete?-
-Oh,
ma quanto
sei gentile Zexion!- esclamò ironico Vexen
Lexaeus
scosse
la testa senza dire niente.
Zexion
alzò le
spalle e finì di mangiare il resto dei sottaceti.
Più
tardi, il
castello era immerso nel silenzio più innaturale.
Zexion
stava
sdraiato sul suo letto con lo sguardo fisso al soffitto.
Ovunque
aleggiava il nauseabondo profumo di rose del numero XI.
Ogni
cosa ne era
intrisa, persino i cuscini, i soprammobili.
Anche
i suoi
adorati barattoli di sottaceti cominciavano a puzzare di rose.
Zexion
storse il
naso. E si girò di fianco.
Chiuse
gli
occhi.
-Che
ragionamento profondo!- esclamò il ragazzo coi capelli rosa
accanto a lui.
Ienzo
arrossì.
Conosceva
quel
ragazzo da soli dieci minuti. Eppure gli pareva l’unica
persona in grado di
capirlo. Lo ascoltava senza fiatare e con lo sguardo attento di chi
pende dalle
tue labbra.
Nessuno
lo
ascoltava così.
Solo
Eleaus.
Ma
alle volte
Eleaus, sembrava preso da tutt’altre cose. Non aveva tempo
per parlare col
piccolo Ienzo.
-Ora
devo
andare.- il rosato si alzò.
“No!
Non
andartene!” dentro di se, Ienzo supplicava l’altro
di rimanere.
-Ci
rivediamo
domani?- chiese il rosato.
Ienzo
annuì
arrossendo e accennando un sorriso.
-Il
mio nome e
Ilamaru, piacere.-
-I-Ienzo.-
Il
rosato
strinse calorosamente la sua mano e se ne andò.
Si
conoscevano
solo da pochi minuti.
Solo
pochi
minuti. Eppure Ienzo desiderava ardentemente rivederlo.
-Perché
ridi
Marluxia?- chiese Larxene, la numero XII, la Ninfa Selvaggia.
-Eheheh.
Niente,
niente. Solo che, in attesa che arrivi Sora, ho trovato un bel
passatempo.-