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Autore: MaryMatrix    08/06/2008    3 recensioni
Lei è una ragazza scontrosa e sicura di sé.
Lui è un ragazzo bello, dolce e gentile.
L'altro è un killer professionista.
Per una coincidenza per nulla casuale le loro 3 vite si incontreranno e quella di Anna cambierà...
E Maga Taisha diede il suo responso in tono mistico. - Mia cara bambina, la risposta che cerchi è dietro di te. -.
Anna interpretò la risposta in senso metaforico. - Dietro di me... che mai vorrà dire? - si domandò lei.
- Anna... - provò a chiamarla Sveva.
- Forse vuol dire che è nel mio passato... -.
- Anna... -.
- Zitta Sveva, sto pensando. -.
- Anna... - questa volta la voce non era di Sveva.
Il titolo è preso dall'omonimo carmen dei Carmina Burana.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Capitolo 2

Killer King

 

Lentamente, piano piano, Anna riprese conoscenza. Non aveva preso una botta fortissima per sua fortuna. Si ricordò improvvisamente di essere intrappolata tra le fiamme che avevano già bruciato metà della camera. Non si fece prendere dal panico, primo perché era troppo intelligente per non rendersi conto che sarebbe stato stupido e secondo perché lei e la freddezza erano una cosa sola molto spesso. Credeva che restando freddi sempre e comunque le possibilità di trovare una soluzione sarebbero state maggiori.

Che poi questa soluzione fosse sensata o meno dipendeva dalla mente di colui che l’architettava.

Quando si rischia la vita in quel modo però spesso si è disposti ad accettare qualsiasi soluzione, per quanto folle sia. E fu proprio un’idea folle quella che balenò in mente ad Anna con la velocità di un fulmine. Anna sapeva di essere sempre stata una delle surfiste più brave della città… cavalcava l’acqua, perché non provare col fuoco? Fortunatamente l’armadio non era ancora bruciato e lo aprì velocemente: dentro teneva sempre dei gel termici, perché le piaceva tenerli sulla faccia quando le faceva caldo, in quanto avevano l’effetto quasi come il ghiaccio. Li legò sotto il surf con delle cinture molto lunghe che aveva nell’armadio. Probabilmente appartenevano a qualche bel vestito firmato che sua madre usava indossare nelle serate di gala. Non le importava: la sua vita era più importante di qualsiasi vestito firmato. Sistemò tutta l’attrezzatura da surf, poi prese la rincorsa e si lanciò nelle fiamme.

Dritta nelle fiamme.

Non galleggiava ovviamente. Però l’aquilone del kite le permetteva di planare e lo usava per sollevarsi, quasi come fosse stata una mongolfiera. Il gel sotto la tavola impediva che questa si bruciasse. Anna stava attentissima, aveva i sensi svegli come non mai, evitava le fiamme ribelli, tratteneva il respiro e a volte, per evitare qualche oggetto o qualche trave caduta, doveva piroettare. Era quasi arrivata alla porta quando davanti a lei si stagliò una grossa trave. C’era solamente una cosa da fare e anche piuttosto sveltamente: Anna spiccò un salto cercando di passare da quel buco nel soffitto, dovuto all’incendio. Tra la forza della disperazione che mise in quel salto e l’aquilone che la portava verso l’alto riuscì a raggiungere i 15 metri. Non ci era mai arrivata prima.

E se per un momento aveva temuto di non farcela riacquistò tutta la sua sicurezza non appena sentì l’aria fresca sul suo volto. Vide i suoi parenti spaventati sotto di lei e si ricordò che nessuno aveva mosso un dito per salvarla. Quelli che adesso la fissavano non si erano neppure accorti della sua assenza. Planò in mezzo a quelli che si definivano parenti. I suoi genitori le corsero incontro. – Sapessi… -.

-         Temevamo il peggio… -.

-         Anch’io. – rispose secca lei.

I suoi genitori! Come avevano potuto abbandonarla? Non accorgersi che non era uscita con gli altri? Quella era stata l’ennesima conferma che Anna aveva solamente un’alleata: se stessa.

Anche suo cugino Federico si era avvicinato a lei, che gli lanciò uno sguardo gelido. – Lo sapevi che ero lì dentro. -.

-         Pensavo che tu fossi già uscita… - cercò di giustificarsi. – Quando mi sono accorto che mancavi l’incendio si era già diffuso e… -.

-         … e non hai voluto rischiare per salvarmi. – lo accusò lei con la voce fredda. – Che codardo che sei Federico. -.

Sua madre si sentì in dovere di intervenire. – Anna! Non puoi… -.

Ma si zittì vedendo l’espressione sul volto di Anna. Puro gelo. Freddezza non è solo una parola. Non aveva parole per sua madre.

Scosse la testa e fece per allontanarsi.

-         Dove vai? – le domandò sua madre con un urletto isterico.

Anna non rispose. Perché la risposta non la conosceva nemmeno lei.

 

Non era l’unica persona ad essere di cattivo umore. Due occhi marroni intensi sprigionavano impazienza e il ragazzo a cui appartenevano si passò una mano dalla pelle liscia tra i capelli folti. Era elegante, indossava una camicia e dei sobri pantaloni neri. Era ad una fermata di un bus e lo stava aspettando impazientemente. Nessuno per fortuna poteva vedergli gli occhi, coperti rigorosamente da un paio di occhiali da sole neri. In quel modo nessuno poteva riconoscerlo, o meglio nessuno poteva essere certo che fosse lui. Il suo nome era Stub. O meglio quello era il nome con cui il mondo lo conosceva.

Vide il bus comparire all’improvviso e subito si fece avanti per prenderlo. Salì a bordo, e fu urtato da un bambino piccolo che correva. Accennò un sorriso di incoraggiamento. Poi si concentrò sulla sua nuova missione: aveva ricevuto una telefonata qualche tempo prima da parte di una voce femminile che gli chiedeva di recarsi da lei perché aveva una missione.

Si era a dir poco stupito: di solito quel genere di comunicazioni non gli arrivavano in quel modo e aveva dunque immaginato che questa volta sarebbe stato diverso. Sarebbe stato per un privato. Voleva vederci chiaro in quella faccenda, gli piaceva sapere per chi lavorava.

Il bus si fermò e lui scese. Proseguì per pochi minuti a piedi fino ad arrivare davanti ad una villa bianca e controllò l’indirizzo. Era giusto. Capì subito vedendo l’abitazione che i suoi abitanti erano dei perfezionisti. Sbirciò un po’ dentro le finestre e notò che tutto era meticolosamente ordinato. Suonò il campanello ma nessuno rispose. Sospirò. Nessuno era in casa. Si sedette su uno scalino deciso ad aspettare il rientro della padrona di casa.

E infatti poco dopo sentì dei passi. Veloci. Arrabbiati. Furiosi. Si alzò quando vide avvicinarsi la sagoma di una ragazza dai capelli rossi. La ragazza lo vide e rimase perplessa.

-         Chi sei tu? – domandò scontrosa.

-         Tu vivi qui? – le chiese di rimando Stub.

-         Può darsi. – rispose Anna mantenendosi sul vago.

Ne aveva abbastanza di incontri strani per quel giorno. Anzi ne aveva abbastanza di quel giorno. L’unica cosa che voleva era andare da Sveva a lamentarsi un po’ e poi andare alla festa sulla spiaggia. Prima però aveva bisogno di darsi una sistemata e quindi si era recata alla casa dei suoi zii. Che appunto era quella davanti a cui si trovava lei con Stub.

Calò il silenzio tra i due. Stub capì che non era la ragazza che l’aveva chiamato: la voce era diversa. Decise pertanto di non rivelare il suo nome.

-         Mi chiamo Andrea. – si presentò, inventando un nome lì per lì.

Anna continuava a guardarlo dubbiosa. – Sei un amico di mia cugina? -.

Stub decise di dar corda alla ragazza e annuì. Anna scoppiò a ridere. – Non ci credo sei un altro di quelli che ha abbindolato! – si batté una mano sulla fronte. – Da’ retta a me, Andrea, con mia cugina è tempo perso. Durerà fino al prossimo sabato quando troverà qualcuno migliore di te, che comunque sarà soppiantato nuovamente il sabato dopo. -.

Stub annuì. Gli conveniva stare attento perché forse la cugina di quella strana ragazza davanti a lui era colei che lo aveva chiamato.

Anna prese le chiavi di casa, che Federico una volta le aveva duplicato. Aprì la porta di casa ed entrarono nel grande salotto. Si sedettero entrambi su un divano, uno perché non sapeva in quale altro luogo accomodarsi e l’altra perché doveva riprendersi un po’.

Un grande silenzio imbarazzante regnava in quella stanza. Stub si stupì molto del fatto che lei non gli avesse ancora detto niente riguardo agli occhiali da sole, e come se avesse potuto leggergli nel pensiero lei subito disse:

-         Non mi dà fastidio che tu tenga quelli. – indicò gli occhiali. – So perfettamente quanto possa essere fastidiosa la luce. -.

Stub annuì e ripiombò il silenzio. Anna stava cercando di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, ma il pensiero di quel ragazzo davanti a lei la assillava. Credeva di averlo già visto da qualche parte, inoltre sapeva perfettamente che non era il ragazzo di sua cugina. Perché lei aveva già un ragazzo, e tutto Anna poteva dire di Lavinia meno che fosse una ragazza facile. L’aveva fatto entrare in casa solamente per vedere cosa voleva. Che fosse un ladro ne dubitava fortemente: Anna lo aveva visto seduto sugli scalini e un ladro sicuramente non aveva tempo per della meditazione. Inoltre se fosse stato un malintenzionato le avrebbe già fatto del male.

No, quel ragazzo voleva qualcosa, ma cosa? E soprattutto perché mentire sulla sua identità?

Anche lui la stava studiando. Si era accorto di essersi tradito da solo, perché lei lo stava fissando inconsapevolmente con astio. Capì quindi che lei non credeva assolutamente che lui fosse il ragazzo di sua cugina. Per un momento credette persino che non avesse una cugina. E quindi voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinta a giocare con lui quella ragazzina. Lui non poteva muoversi perché lei non gli schiodava gli occhi di dosso. Pericoloso. Prima o poi, con o senza occhiali, continuando a fissarlo in quel modo lo avrebbe riconosciuto. Finalmente si alzò.

-         Senti sarà meglio che vada. – decise.

-         La porta sai dov’è. – replicò lei. – Non sarò io a trattenerti, Andrea. -.

Stub si diresse verso la porta. – Allora ciao. -.

-         Ciao. -.

Chiuse la porta dietro di sé. Pensò che forse sarebbe stato meglio per lui ritornare quando in casa ci fosse stata quella che aveva chiesto di lui, ma poi realizzò che era appena uscito da una casa dove stava per venirgli affidato un lavoro per paura di una ragazzina che lo fissava. Era anche normale che lo fissasse dopotutto: era un perfetto sconosciuto che era lì per nessun motivo e che addirittura aveva mentito sulla sua identità. E che non aveva voluto togliersi gli occhiali da sole.

Stub decise. Doveva rientrare in quella casa in un modo o nell’altro. Escluse di provare ad entrare dalla porta principale e ancora di suonare il campanello. Quindi, sinuoso come un’ombra, scivolò sul retro della casa per vedere di trovare un’entrata secondaria. Era una sua capacità quella di muoversi così velocemente che a volte gli altri non riuscivano nemmeno a vederlo mentre passava.

Notò che in effetti c’era una porta sul retro. Con sé non avrà avuto armi, ma aveva il passepartout. Aprì la porta. Si trovò in cucina. E con la sedia proprio davanti alla porta trovò quella ragazza con i capelli rossi ribelli seduta con le gambe incrociate. Lo Stub battuto da una ragazzina. Si sentì montare addosso la rabbia mischiata a qualcos’altro a cui non riusciva a dare un nome.

-         Ciao Stub. – lo salutò Anna.

Lo aveva riconosciuto. E stava lì davanti a lui. Non era lei che aveva intenzione di fuggire, anzi sembrava del tutto intenzionata a restare su quella sedia. Non aveva paura.

-         Non hai paura di me? – domandò lui entrando.

Lei si alzò. – Dovrei? -.

Non era abituato ad essere trattato in quel modo Stub. Che cosa avrebbe dovuto pensare di quella ragazza che stava davanti a lui, che non lo giudicava e che lo aveva riconosciuto? Sorrise ammiccando, fu il meglio che gli riuscì in quel momento. – E brava bambina mi hai riconosciuto. -.

Lo sguardo di lei si fece minaccioso e un attimo dopo la sua mano stava facendo forza su un nervo del braccio di lui. – Non chiamarmi “bambina”, killer. – poi lo lasciò.

Stub adesso provava un certo rispetto per quella ragazza, che però si impose di mascherare stringendo a sua volta il braccio di lei. – Attenta a chi dai gli ordini ragazzina. -.

-         Perché se no che fai, killer, mi uccidi col passepartout? – gli lanciò uno sguardo di sfida, che lui ricambiò prima di lasciarla andare.

Lei si massaggiò il braccio. – E dimmi, per quale dei miei “amati” parenti ti sei preso la briga di venire fin qui? -.

-         Non sono qui per commettere un omicidio. -.

-         Questo lo vedo. – commentò lei. – Non hai uno straccio di arma. -.

-         Sai questa casa è piena di armi improprie. – la voce di lui si fece minacciosa mentre la riafferrava.

-         Cosa sarebbe questa, una minaccia? -.

-         E se anche lo fosse? -.

Sorrisero entrambi. Stub pensava di aver trovato qualcuno degno della sua stima e lei aveva capito subito che il ragazzo che aveva davanti era diverso da tutti gli altri. Prevedibile come tutti gli altri, ma diverso.

-         Sarebbe un problema. – rispose alla fine lei.

-         Per me o per te? – strinse la presa guardandola dritto negli occhi.

-         Per entrambi ho il dubbio. – quella volta fu lei a liberarsi.

Poi sentirono un rumore. Una chiave che girava in una serratura. – Vogliono vedere me. – spiegò Stub.

-         Devo andare. – disse Anna che aprì la porta sul retro. – Tu non mi hai mai vista. -.

-         Puoi fidarti. – gli assicurò lui.

Anna fece per uscire quando si voltò. – Sai non sei male come ti descrivono in televisione. – e chiuse la porta prima di dargli la possibilità di ribattere.

Era fatta così. Voleva avere sempre l’ultima parola.

La porta si riaprì dietro di lei. – Lo so. – sentì la voce di Stub alle sue spalle.

Era fatto così. Voleva avere sempre l’ultima parola.

A quel punto Anna corse via. Voleva raggiungere Sveva per chiederle il senso di quella giornata che era stata maledettamente diversa da tutte le altre. E che non era ancora finita.

Raggiunse casa della sua amica che nel frattempo era venuta a conoscenza di quello che era successo. Appena la vide spuntare nel vialetto le corse incontro abbracciandola.

-         Anna! – esclamò. – Ho avuto tanta paura per te. -.

-         Beh… - ammise l’amica. – In effetti anch’io ho avuto tanta paura per me. -.

Sorrisero entrambe.

-         Che meschini tutti a non muovere un dito per salvarti. – commentò Sveva mentre la faceva entrare.

Anna scosse la testa, facendo segno che non voleva parlarne. Sveva la condusse in camera sua, dove di solito si volgevano le chiacchiere tra di loro.

-         Non è stato quello l’evento clou della giornata. – le confessò Anna. – Dopo sono andata via e sono andata a casa dei miei zii. E indovina un po’ chi c’era? -.

Sapeva perfettamente che l’amica non avrebbe mai indovinato quindi riprese. – C’era Stub. -.

Sveva lanciò un grido a quelle parole. Sembrava sconvolta, soprattutto di vedere il sorriso soddisfatto dell’amica. – Anna, lui è un killer. -.

-         Lo so. – commentò lei. – Ed è anche un tipo interessante. – questo però lo disse sottovoce.

-         Che ti ha fatto? – Sveva non aveva sentito le ultime parole dell’amica.

-         Nulla. – rispose Anna. – Nulla. Abbiamo solamente parlato. -.

-         Immagino cosa mai possa dire uno come quello… -.

Anna non poté fare a meno di liberare un sorriso sul suo volto. Sveva avrebbe anche potuto immaginare… ma non sarebbe mai riuscita a indovinare.

 

Stub fece il suo ingresso in salotto sorprendendo tutti. C’era tutta la famiglia in salotto. Tutti meno Federico che era andato a chiudersi in camera sua.

Ripensava all’incendio e il suo senso di colpa aumentava: Anna avrebbe potuto morire e lui non aveva mosso un dito per salvarla. Lui che credeva di voler bene alla cugina, lui a cui la cugina voleva bene. Tutti avevano detto che era lei che era stata ingiusta con loro, insomma che cosa si aspettava che facessero? Ma Federico si rendeva perfettamente conto che non era stata per niente ingiusta, anzi ammirò il self control di Anna. Lui sarebbe diventato una bestia se i suoi parenti non avessero mosso un dito per aiutarlo in un momento critico come quello. E ripensò all’astio con cui erano state dette quelle parole, quasi come se a molti fosse dispiaciuto vederla ricomparire.

“No Fede.” pensò. “Sono solamente tue impressioni. Non è possibile, è stato solamente un terribile incidente. Nessuno aveva programmato nulla del genere. Era la Comunione di Mattia, non avrebbe avuto senso.”.

Eppure quel pensiero si faceva sempre più strada nella sua testa: che tra la sua famiglia e Anna non c’erano buoni rapporti non era una novità per nessuno, anzi. Però non sapeva perché aveva sempre attribuito la cosa alla genetica più che al libero arbitrio.

Tuttavia la porta di Anna era stata chiusa dall’esterno. Come poteva spiegarlo? Si disse che non c’erano solamente loro presenti quel giorno. C’era un sacco di altra gente che aveva motivo di essere ostile nei confronti di Anna. E comunque non voleva dire nulla, i due fatti non dovevano essere per fora collegati. Ma quest’ultima cosa convinceva poco anche lui. Mentre passeggiava avanti e indietro per la sua camera con questi problemi fu distratto da delle voci provenienti dal salotto. Riconobbe quella di sua sorella, quella dei suoi genitori e quella di Mattia. Ma con loro c’era un’altra persona di cui conosceva la voce, ma non riusciva a capire chi fosse. Uscì dunque silenziosamente dalla camera e si affacciò dalle scale, nascondendosi. Non era sicuro che la sua partecipazione sarebbe stata gradita.

Riconobbe subito chi era seduto sul divano di casa sua. Stub, quel demonio che compieva omicidi che spesso erano attribuiti solamente a cause indefinite. Che ci faceva seduto sul divano a parlare col resta della sua famiglia?

-         Anna è sfuggita! – esclamò Lavinia, arrabbiata.

-         Sì, lo so, tesoro. – le rispose suo padre tentando di calmarla. - È per questo che Stub è qui. Per accertarsi che l’errore non si ripeta. -.

Stub dubitava che quella ragazza dai capelli rossi si sarebbe fatta uccidere tanto facilmente. – Perché la volete morta? – domandò, tentando di farla sembrare una domanda puramente professionale.

-         Perché lei è l’erede universale di una delle famiglie più ricche del pianeta, ma ancora non lo sa. – spiegò la madre di Federico. – La famiglia si è estinta ed è stato mandato un messo per avvertire Anna. Ora il punto è che quella famiglia oltre a conoscere bene Anna conosceva bene anche la nostra Lavinia e quindi… -.

-         E quindi credete che una volta morta lei tutta l’eredità passi a vostra figlia. – concluse Stub per lei. – Chiaro. – sospirò e posò il bicchiere di spumante che gli era stato offerto. – Il mio lavoro qui è inutile. -.

Lavinia si adirò. – Che cosa? -.

-         Lascia che ti spieghi una cosa moretta. – cominciò Stub, bevendo un ultimo sorso di spumante. – Io lavoro per gente importante, le questioni ereditarie non mi interessano. Per quelle ognuno può prendersi le proprie responsabilità, se capisci cosa intendo. Inoltre sarebbe molto più semplice mandare a rapire il messo. -.

-         Il messo è inutile. – lo contraddisse il padre di Lavinia.

-         Il messo è l’unica persona di ostacolo tra voi e l’eredità. – spiegò Stub. - È l’unico che può testimoniare contro di voi in caso io uccida questa ragazza. -.

-         Ritieni più saggio uccidere il messo? -.

-         Ritengo più saggio non uccidere affatto. Uccidere il messo, allora sì che la colpa ricadrebbe su di voi. -.

Lavinia gli lanciò uno sguardo di sfida. – Ma tecnicamente sarai tu il colpevole. -.

-         Sì, di quell’omicidio come di molti altri. E guarda un po’ morettina, io sono ancora libero, la metà di quelli che mi hanno commissionato i lavori invece sono finiti in carcere perché non seguivano i miei consigli. -.

Il padre di Lavinia prese quella per una minaccia personale. – Signor Stub! Io la pago per fare quello che dico io. Uccida Anna e prenda quella lettera, con o senza il messo. -.

Stub sospirò: avrebbe potuto tirarsi indietro? Alla fine non c’era nessun motivo per non accettare. Lui li aveva messi al corrente dei rischi che correvano. Era stato onesto. Era il suo modo di lavorare. – Come si chiama il messo? -.

-         Geremia. – fu Mattia a rispondere.

Il mondo crollò addosso a Federico. La prima cosa che pensò fu che doveva far fuggire Anna immediatamente, prima di subito. Era sulla lista nera di Stub, e di solito la lista di Stub era la via più veloce per la lista del becchino. Si mosse tuttavia troppo bruscamente e urtò un giocattolo di Mattia, che cadde dalle scale.

-         Cos’è stato? – saltò su sua madre.

Stub incrociò lo sguardo di Federico. E decise di non tradirlo. – Probabilmente niente. – rispose Stub, ancora fissandolo negli occhi. – Dov’è il bagno? – domandò poi.

-         Di sopra. Vai pure se vuoi. -.

E quindi cominciò a salire le scale, nuovamente come un’ombra. Mentre lui saliva Federico si era messo al riparo in camera sua. Chiuse la porta di camera sospirando di sollievo, fissandola. Poi si voltò dall’altro lato e quasi svenne nell’incrociare nuovamente lo sguardo del killer, comodamente seduto sul suo letto.

-         Come fai… eri lì… ora sei qui… -.

-         Oh, io sono qui, sono lì, io sono ovunque. – rispose Stub. – Sono l’incubo che contorce le menti, sono l’ombra dei morti che vivono. Sono l’ansia contenuta in un respiro, sono il terrore diffuso dal vento. Sono quello che renderà i tuoi prossimi giorni un inferno, sono il tuo fantasma. Sono quello che temerai da oggi, sono il tuo problema numero uno. – fece una pausa e abbandonò il tono intimidatorio. – Tua cugina è in gamba. E anche tu sembri esserlo. Vi darò 3 giorni di vantaggio, non uno di più. – dettò queste condizioni e uscì dalla camera.

Pensò di essere stato ridicolo all’inizio però in quel modo aveva fatto paura a Federico abbastanza perché si muovesse a portare via di lì la cugina.

Federico dal canto suo era rimasto in camera senza parole, impalato e sgomento. Si sentiva tradito dalla sua famiglia. Ma in quel momento non aveva il tempo di piangersi addosso. Doveva avvisare Anna. Avevano 3 giorni di vantaggio. Non uno di più.

 

 

 

 

L’angolo della Matrix

Eccomi qui tornata con questo nuovo capitolo dove finalmente entra in scena il “cattivo” se così vogliamo chiamarlo: Stub. Che non sarà il solito personaggio che è cattivo perché, poverino. è incompreso. No. La nostra Anna sarà alle prese con un cattivo degno di questo nome. Un cattivo complesso, senza alcun dubbio. Ma comunque cattivo.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!!!

Passo adesso a ringraziare _sefiri_: grazie!!! Sono contenta che ti sia piaciuto come inizio! Spero davvero che tu abbia gradito anche questo capitolo! Bacione!

 

@matrix@

 

  
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