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Autore: Lady_F    26/01/2014    2 recensioni
Future!Thadastian
"Avrebbe rivisto il suo ragazzo, il suo stupendo fantastico magnifico ragazzo (questo a lui non l'avrebbe mai detto, o l'avrebbe costretto a continuare a ripeterlo fino alla morte), dopo un mese.
Un mese. Sembrava un'eternità.
L'ultima volta che l'aveva visto era stato il due di gennaio, in quello stesso aeroporto, prima che prendesse il suo volo per Los Angeles. Ma almeno Thad aveva avuto il suo bacio di Capodanno a New York."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DI AEROPORTI, PROMESSE E ARRIVI

 

 

Attorno a lui c'era un continuo via vai di persone.
Coppie mano nella mano, i trolley trascinati alle loro spalle, che si sorridevano ogni tre per due. Uomini che indossavano completi neri, una valigetta stretta con una mano, mentre l'altra era impegnata a tenere il cellulare attaccato all'orecchio, mentre parlavano velocemente e talvolta istericamente. Una madre che cercava di tenere d'occhio quattro bambini e una bambina dai capelli biondi, mal riuscendoci. Un gruppo di ragazze sovreccitate, probabilmente appena tornate dalla loro prima vacanza da sole, i trolley, tutti rosa, nel mezzo del gruppo. Una donna dai fiammanti capelli rossi che sembrava stare rimproverando il figlio, arrivato in quel momento, perché non portava il cappello di lana. Una ragazza che ridacchiava osservando un tablet, le cuffie nelle orecchie, aspettando.
Si domandò come dovesse apparire agli occhi degli altri.
Un ragazzo non troppo alto, capelli e occhi scuri, che non riusciva a stare fermo per più di tre secondi per l'agitazione. Non che fosse un'agitazione negativa. Non del tutto, almeno.
Avrebbe rivisto il suo ragazzo, il suo stupendo fantastico magnifico ragazzo (questo a lui non l'avrebbe mai detto, o l'avrebbe costretto a continuare a ripeterlo fino alla morte), dopo un mese. Un mese. Sembrava un'eternità. L'ultima volta che l'aveva visto era stato il due di gennaio, in quello stesso aeroporto, prima che prendesse il suo volo per Los Angeles. Ma almeno Thad aveva avuto il suo bacio di Capodanno a New York.
Ricordava come fosse avvenuto il giorno precedente la mattina in cui avevano deciso di continuare a stare insieme, anche se Thad sarebbe andato a New York e Sebastian a Los Angeles.
Thad era inizialmente contrario a una possibile relazione a distanza, perché non funzionano mai. Più che altro se il tuo ragazzo si chiama Sebastian Smythe. Era certo che Sebastian non avrebbe potuto resistere alla tentazione e l'avrebbe tradito, e poi quello a soffrire sarebbe stato lui.
Stava per dirlo all'altro, quando Sebastian l'aveva baciato dolcemente e l'aveva stretto di più al petto dicendogli: «Proviamoci almeno, Thad. E poi come potrei tradire il mio fantastico ragazzo con il didietro più stupendo di tutti gli Stati Uniti?»
La verità era che l'aveva convinto già con quel “Thad”. Era praticamente un miracolo che lo chiamasse col suo nome di battesimo, e non col cognome o con un “Thaddy o Thadduccio”.
Erano cinque mesi che vivevano a chilometri e chilometri di distanza, che ogni due settimane (studio permettendo) si alternavano per andare a trovare l'altro. Sei mesi prima Thad aveva detto all'altro, mentre erano sdraiati in giardino a osservare le stelle, «Bas, prometti di dirmi se mi tradirai.» L'altro gli aveva sorriso, e dopo avergli ribadito che non l'avrebbe mai fatto glielo promise.
Cinque mesi e Sebastian non l'aveva tradito.
Né lui aveva tradito Sebastian.
Due settimane prima non aveva preso il suo volo per Los Angeles, perché aveva dovuto studiare per un esame. E Sebastian aveva capito, e non aveva preso il primo aereo per New York, perché sapeva che per Thad lo studio era importante.
Lui amava Sebastian. Ed era proprio per questo che aveva deciso che quei due giorni insieme sarebbero stati gli ultimi.
Thad conosceva Sebastian. Cinque mesi erano un'eternità. E non possono esserci due eternità. Nel giro di uno, due mesi, Sebastian avrebbe visto un ragazzo appena più appetibile degli altri alla UCLA e Thad sarebbe stato preso dimenticato.
Perché la distanza vince su tutto, anche sull'amore. Forse principalmente sull'amore.
Per quanto avesse sperato che lui e Sebastian avrebbero avuto il loro “per sempre” sapeva che sarebbe stato impossibile.
Non abitando praticamente agli angoli opposti degli Stati Uniti.
Non alla loro età.
Stare insieme per più tempo voleva dire rendere più dolorosa quell'inevitabile separazione.
E se era destino che stessero insieme magari si sarebbero incontrati di nuovo e sarebbero tornati insieme.
O le loro vite non si sarebbero più incrociate, e la loro storia sarebbe rimasta nella memoria di Thad come il miglior ricordo della sua adolescenza.
Sentì la voce meccanica proveniente dagli autoparlanti annunciare l'arrivo dell'aereo di Sebastian e finalmente si fermò dal suo camminare avanti e indietro, sorridendo.

 

Come ogni volta in cui aveva fretta, ovviamente, la sua valigia fu una delle ultime ad arrivare sul rullo.
Dopo sette minuti esatti aveva quasi deciso di abbandonare valigia, abiti e tutto ciò che era al suo interno e correre da Thad.
Thad.
Thad.
Thad.
Quel ragazzo doveva avergli fatto qualcosa. Probabilmente aveva preso in ostaggio il suo cervello. Non era possibile passare ore e ore pensando solo a lui.
Scosse la testa: quel nanetto l'aveva ridotto proprio male.
Finalmente, nel momento in cui decise che il suo bagaglio poteva davvero andarsene al diavolo, eccolo apparire. Preso il piccolo trolley si costrinse a non correre. Doveva mantenere almeno un minimo di dignità.
Dignità che mandò a farsi fottere nel momento in cui vide Thad, sorridente, cominciare a camminare verso di lui.
Abbandonò il trolley al suo destino, nel mezzo dell'aeroporto e gli corse incontro, per poi saltargli addosso, nel vero senso della parola. Gli strinse il collo con le braccia e i fianchi con le gambe. Inizialmente Thad riuscì a reggerlo, ma Sebastian era piuttosto più alto di lui e dopo nemmeno venti secondi erano entrambi caduti a terra, mentre si baciavano ridendo.
Il profumo di Thad gli era mancato più di quanto sospettasse. Come anche le sue labbra, la sua risata, i suoi occhi, i suoi capelli, i suoi zigomi, le sue braccia, le sue mani e ogni altra parte di lui.
Quando ritenne di averlo salutato abbastanza a lungo si separò a malincuore dalle sue labbra, e sorridendo gli disse che avevano dato abbastanza spettacolo per il momento.
Thad arrossì adorabilmente (seriamente, non era possibile che quel ragazzo gli facesse pensare quelle parole), continuando a ridacchiare mentre si faceva aiutare da Sebastian ad alzarsi.


Thad restò aggrappato alla mano di Sebastian mentre recuperava il suo trolley, per poi uscire dall'aeroporto e salivano sulla sua auto.
Ingranò la retromarcia nel momento in cui il più alto gli disse: «Mi sei mancato, Harwood» e ci mancò poco che prendesse in pieno l'auto dietro la sua.
«Anche tu» sussurrò in risposta.
Ecco, la cosa più complicata in quei momenti era non fare incidenti. D'altra parte come sarebbe stato possibile concentrarsi al cento per cento sulla strada quando di fianco a lui c'era Sebastian? Come poteva concentrarsi quando si ritrovava a baciarlo ogni volta che si fermava per un semaforo, per un incrocio, per uno stop?
Arrivarono all'appartamento di Thad meno di mezz'ora più tardi.
A Thad piaceva la sua casa. Certo, non era enorme: un salotto che fungeva anche da cucina, un bagno e una camera da letto di dimensioni considerevoli, ma gli dava un'idea di appartenenza.
Un istante prima che Sebastian tornasse a baciarlo, questa volta con passione e desiderio, si rese conto che non avrebbe mai potuto mettere a confronto il suo senso di appartenenza al suo appartamento rispetto a quello nei confronti di Sebastian. Ma gli avrebbe dovuto dire addio, in un modo o nell'altro.
Ma, pensò mentre si dirigevano verso la camera da letto, ora doveva godersi il momento; il futuro non contava, l'unica cosa ad avere davvero importanza era il presente.


Si svegliò tra le braccia di Sebastian, la mattina dopo. Si alzò quel tanto che bastava a vedere l'ora. Le otto e mezza.
Tornò ad appoggiare la testa sull'incavo del collo dell'altro, respirando il suo profumo. Osservò per qualche istante il suo profilo perfetto e sfiorò con la punta delle dita il suo naso. Scivolò delicatamente sulle labbra appena aperte, sul collo, sul petto. Amava vederlo dormire. «Ti amo» gli sussurrò.
«Ti amo anche io.»
A quanto pareva non stava dormendo così tanto. Sebastian non glielo diceva spesso. Lo lasciava intendere nei suoi gesti e ogni tanto con le sue parole, ma erano poche le volte in cui lo diceva esplicitamente. Si voltò verso di lui e lo baciò, tenendolo stretto a sé.
«Vado a preparare la colazione» disse l'ispanico, facendo per alzarsi. Davanti a un caffè e del cibo sarebbe stato più semplice parlare.
Ma Sebastian non accennò a lasciarlo andare. «Al diavolo la colazione, Thadduccio. Resta ancora un po' qua.»
Thad sorrise, per poi ricordarsi ciò che doveva fare e intervenire con un sospiro: «Bas, dobbiamo parlare.»
«E io che speravo nel terzo round» scherzò l'altro, per poi assumere un contegno più serio: «Devo dirti qualcosa anch'io. Comincia pure tu.»
Thad chiuse per un istante gli occhi, prima di iniziare. «In quest'ultimo mese ho pensato tanto a, sai, noi. Come coppia, intendo. Sono passati cinque mesi da quando tu te ne sai andato a Los Angeles e io a New York, e-»
«Thad» tentò di intervenire Sebastian.
«Bas... fammi finire, io non voglio- quello che intendo è che cinque mesi non sono niente in confronto agli anni che dobbiamo passare all'università. E ci sarà un giorno in cui ci renderemo conto che non possiamo continuare così. Che è troppo difficile. Che è vero che le relazioni a distanza non funzionano, per quanto potevamo essere convinti del contrario. E nel momento in cui non riusciremo più a vederci così spesso ci mancheremo così tanto che trovare qualcun altro sarà la cosa più semplice da fare e-» si interruppe. Odiava il suo lato emotivo in quel momento, non voleva scoppiare a piangere in quel momento.
«Thad... mi stai dicendo che vuoi lasciarmi?» domandò cautamente Sebastian.
«No» esclamò d'istinto. «Cioè, sì. Nel senso... non credo che stare insieme sia la cosa più intelligente da fare ora.»
Sebastian fece scivolare la mano sulla guancia dell'altro. «Mi ami, Thad?»
«Ma certo che ti amo, non essere stupido» rispose immediatamente, mentre cominciava a piangere. In meno di due minuti l'aveva chiamato già per due volte col suo nome.
«Anche io ti amo» disse come se non ci fosse niente di più ovvio. Ed era già la seconda volta in una mattina. «L'unico problema, quindi, è la distanza?»
L'altro annuì.
«È per questo che ho chiesto di essere trasferito.»
Di essere-? «In che... che senso?»
«Nel senso che dal sedici febbraio sarò ufficialmente uno studente del NYU.»
Thad ci impiegò ben più del necessario a immagazzinare l'informazione.
Sedici febbraio.
NYU.
Il che voleva dire che- «Ti trasferisci... a New York?»
Sebastian gli sorrise, mise un dito sotto il suo mento e lo alzò per baciarlo. «Esattamente. E dato che i soldi che usavo per i viaggi in aereo da qualche parte li devo spendere credo proprio che pagherò metà del tuo affitto.»





NdA
Mi chiedo da giorni se ho mandato Sebastian OOC. E se sì, se l'ho mandato un pochino OOC o moltissimo OOC.
Ma who cares?
Non mi convince per niente il finale, ma non è altro che una conferma che io e i finali non possiamo andare d'accordo.
E so anche che è vergognosamente corta, ma quando l'ho iniziata a scrivere avevo in mente solo la scena di Sebastian che si lanciava su Thad, quindi sono abbastanza soddisfatta del risultato.
Comunque, grazie giusto per averla letta :)
-M

 

  
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