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Autore: Tao    08/06/2008    5 recensioni
Un giro con Roy Mustang non era una cosa di tutti i giorni.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Title: That somethings are better left unsaid
Author: Tao
Beta: Elyxyz
Pairing: RoyEd
Summary: Un giro con Roy Mustang non era una cosa di tutti i giorni.
Note: AU. Corrispondeva alla traccia Non è tempo per noi. Ma le cose mi sono sfuggite un po’ di mano.

 

 

 

 

Se un bel giorno passi di qua
lasciati amare e poi scordati svelta di me
che quel giorno e' gia' buono per amare qualchedun'altro

 

Edward fa lo slalom fra le varie coppiette ammassate in ogni angolo possibile e immaginabile.
Schiva un paio di ragazzi ormai più che brilli, scivola sotto il braccio di un tizio che tenta miseramente di rimorchiare una, s’infila nel corridoio.
Seminato di corpi più o meno coscienti.
Ha bisogno di una boccata d’aria. Con un’esclamazione di vittoria guadagna la porta.
A contatto con l’umidità della notte, la pelle gli s’increspa piacevolmente.
Medita se tornare dentro o incamminarsi verso casa.
Svogliatamente fa scorrere lo sguardo sulla luce fioca dei lampioni, sull’erbetta incolta del giardino, sui sassi irregolari che costituivano il vialetto. Che festa monotona, pensa annoiato.
E’ contro il muro che lo vede.
Appoggiato alla parete, in ombra. La bottiglia di birra nella destra e la sigaretta nelle belle labbra.
Lo scorge anche lui.
Come se fosse la cosa più normale del mondo, emerge dall’ombra e gli rivolge la parola.
Dopo cinque lunghissimi anni.
“Serata di merda, eh?” Fa un gesto vago verso il corridoio.

Diceva a lui?
Roy Mustang, il ragazzo che abitava davanti a casa sua. Il suo babysitter quando aveva tre anni. Il ragazzo che aveva saputo comprargli lo zucchero filato come aveva saputo prenderlo in giro qualche anno più tardi. Per qualche motivo a lui sconosciuto.
Non si erano più rivolti la parola. Avevano deciso, di tacito accordo, d’ignorarsi a vicenda.
Però Edward sapeva che Roy si ricordava almeno il suo nome. Almeno lo sperava.
“Mi sono rotto, vieni?”
Edward valuta il da farsi.
Un giro con Roy Mustang non era una cosa di tutti i giorni.
Annuisce.
Cinque minuti dopo sono in macchina.
A passo svelto Roy ha raggiunto la sua auto, ha infilato la chiave e spalancato la portiera. Poi si è allungato ad aprire quella di Edward.
Il ragazzo è rimasto un attimo interdetto, ha accarezzato la carrozzeria con riverenza.

Chissà se Roy se lo ricordava.
E’ la voce di Roy a riscuoterlo “Ohi, ma ti muovi?”
Rabbrividisce, quindi nell’aria notturna.
Guarda superficialmente il tachimetro. Settanta chilometri orari.
Con più interesse guarda Roy avvolto nel chiodo. Deve tenere caldo una giacca di pelle. Se la dovrà comprare anche lui, prima o poi.
Si ferma a contemplare il profilo perfetto del ragazzo.
La mano svogliata sul cambio, l’altra stretta sul volante.
Ancora una sigaretta in quelle labbra assassine.
Gli viene voglia di rubargliela e fare un tiro.

O ha più voglia di quella bocca, piuttosto, pensa con un dubbio.
Roy si accorge di essere osservato.
Si mette più comodo, in una posizione che fa molto sonoilpiùfigodelpianeta,  e si gira  verso di lui.
“Vuoi?”
Gli porge quella dannata sigaretta.
Edward dà un tiro, poggiando le labbra proprio dove le ha poggiate lui, in un gesto che vuol sembrare casuale.
Lasciando che la nicotina gli intorpidisca i sensi, mescolata al sapore dell’altro. 
Poi lascia andare il fumo.
Per tutto il tempo il moro l’ha guardato con la coda dell’occhio.
Le lunghe dita che tengono il filtro, la bella bocca inconsapevolmente (e sensualmente) imbronciata, i capelli biondi che continuano a finirgli negli occhi.
Edward ha il vizio di spostarseli seccamente ogni volta. E puntualmente questi ritornano a dargli fastidio.

Lui se li taglierebbe. Però ha deciso che gli piacciono lunghi, quelli di Edo-kun.
Accosta piano, e poi spegne il motore.
Il mare.
E i capelli biondi di Edward.
“Scendi.”
Edward si riscuote piano. Pensava che Roy volesse portarlo alla fine del mondo.
Camminano nella sabbia. Roy a passo spedito, Edward gli arranca dietro infastidito dalla sabbia che gli entra nelle scarpe.
Alla fine si arrende e se le toglie affondando le dita nei granelli ruvidi.
Si siedono vicino alla battigia, non abbastanza da essere colpiti dall’acqua e nemmeno troppo lontani per non sentire l’odore salato dell’acqua.
Sbadiglia Edward, mettendo la mano davanti alla bocca troppo tardi.
La risacca risucchia il suo gemito mentre si stiracchia.
“Sei stanco?”

Cos’è quell’interessamento?
Opta per la verità.
“Solo un po’”
“Puoi appoggiarti se vuoi.”
Quella gentilezza lo insospettisce, però non ha voglia di far lavorare il cervello.
Si sdraia sulla sabbia, Edward, appoggiando la testa sulle sue gambe incrociate.

Non intendeva proprio così, però… Andava bene lo stesso.
Roy si lecca le labbra aride.
Sente il bisogno impellente di parlare “Festa schifosa, vero?”
Edward annuisce piano, cullato dal suono della risacca.
“La prossima volta però scrocchiamo due birre.”
Di nuovo Edward annuisce.
Se non fosse per la mano che disegna ghirigori sulla sabbia Roy penserebbe che si è addormentato.
Stanno un po’ così. Roy che fissa il mare senza vederlo, ed Edward a respirare piano contro la sua coscia.
Poi è Edward a rompere il silenzio.
“Te lo ricordi Roy? Una volta mi promettesti che mi avresti portato al mare con la tua macchina?” Aveva quattro anni.
Roy annuisce distratto e lo guarda abbassando gli occhi.

Lo so, Edward. Me lo ricordo bene.
Sono anni che non parlano. Eppure Edward si tira su, senza guardarlo.
Roy ha uno spasmo interiore. Ha paura che voglia andarsene.
Stringe la mascella.
Invece, con tutta la calma del mondo, Edward si scuote la sabbia dalla camicia, lisciando il tessuto spiegazzato. E poi lo fissa.
E Roy non può far altro che allungarsi a chiedere un bacio.

 

 

 

 

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Postfazione:

Il titolo (odio dare un titolo a qualsiasi cosa perché non chi azzecco mai) l’ho scroccato al signor Timberlake (Cry me a River), spero non se la prenda.
Il testo viene da Ligabue, “Non è tempo per noi”.
Sinceramente quei tre versi non li condivino appieno però… mi piacciono tantissimo.
E l’ispirazione è venuta dal libro (poco realistico ma molto carino, a mio parere) “Il mondo dei ragazzi normali”.

  
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