Title:
That somethings are better left
unsaid
Author:
Tao
Beta:
Elyxyz
Pairing:
RoyEd
Summary: Un giro con
Roy Mustang non era
una cosa di tutti i giorni.
Note: AU.
Corrispondeva alla traccia Non è
tempo per noi. Ma le cose mi sono
sfuggite un po’ di mano.
Se un bel
giorno
passi di qua
lasciati amare e poi scordati svelta di me
che quel giorno e' gia' buono per amare qualchedun'altro
Edward fa
lo slalom fra le varie coppiette ammassate in ogni angolo possibile e
immaginabile.
Schiva un
paio di ragazzi ormai più che brilli, scivola sotto il
braccio di un tizio che
tenta miseramente di rimorchiare una, s’infila nel corridoio.
Seminato
di corpi più o meno coscienti.
Ha
bisogno di una boccata d’aria. Con un’esclamazione
di vittoria guadagna la
porta.
A contatto
con l’umidità della notte, la pelle gli
s’increspa piacevolmente.
Medita se
tornare dentro o incamminarsi verso casa.
Svogliatamente
fa scorrere lo sguardo sulla luce fioca dei lampioni,
sull’erbetta incolta del
giardino, sui sassi irregolari che costituivano il vialetto. Che festa monotona, pensa annoiato.
E’ contro
il muro che lo vede.
Appoggiato
alla parete, in ombra. La bottiglia di birra nella destra e la
sigaretta nelle
belle labbra.
Lo scorge
anche lui.
Come se
fosse la cosa più normale del mondo, emerge
dall’ombra e gli rivolge la parola.
Dopo
cinque lunghissimi anni.
“Serata
di merda, eh?” Fa un gesto vago verso il corridoio.
Diceva a lui?
Roy
Mustang, il ragazzo che abitava davanti a casa sua. Il suo babysitter
quando
aveva tre anni. Il ragazzo che aveva saputo comprargli lo zucchero
filato come
aveva saputo prenderlo in giro qualche anno più tardi. Per
qualche motivo a lui
sconosciuto.
Non si
erano più rivolti la parola. Avevano deciso, di tacito
accordo, d’ignorarsi a
vicenda.
Però
Edward sapeva che Roy si ricordava almeno il suo nome. Almeno
lo sperava.
“Mi sono
rotto, vieni?”
Edward
valuta il da farsi.
Un giro
con Roy Mustang non era una cosa di tutti i giorni.
Annuisce.
Cinque
minuti dopo sono in macchina.
A passo
svelto Roy ha raggiunto la sua auto, ha infilato la chiave e spalancato
la
portiera. Poi si è allungato ad aprire quella di Edward.
Il
ragazzo è rimasto un attimo interdetto, ha accarezzato la
carrozzeria con
riverenza.
Chissà
se Roy se lo ricordava.
E’
la
voce di Roy a riscuoterlo “Ohi, ma ti muovi?”
Rabbrividisce,
quindi nell’aria notturna.
Guarda
superficialmente il tachimetro. Settanta chilometri orari.
Con più
interesse guarda Roy avvolto nel chiodo. Deve tenere caldo una giacca
di pelle.
Se la dovrà comprare anche lui, prima o poi.
Si ferma
a contemplare il profilo perfetto del ragazzo.
La mano
svogliata sul cambio, l’altra stretta sul volante.
Ancora
una sigaretta in quelle labbra assassine.
Gli viene
voglia di rubargliela e fare un tiro.
O ha
più voglia di quella bocca,
piuttosto, pensa con un
dubbio.
Roy si
accorge di essere osservato.
Si mette
più comodo, in una posizione che fa molto sonoilpiùfigodelpianeta, e si gira verso di lui.
“Vuoi?”
Gli porge
quella dannata sigaretta.
Edward dà
un tiro, poggiando le labbra proprio dove le ha poggiate lui, in un
gesto che
vuol sembrare casuale.
Lasciando
che la nicotina gli intorpidisca i sensi, mescolata al sapore
dell’altro.
Poi
lascia andare il fumo.
Per tutto
il tempo il moro l’ha guardato con la coda
dell’occhio.
Le lunghe
dita che tengono il filtro, la bella bocca inconsapevolmente (e
sensualmente)
imbronciata, i capelli biondi che continuano a finirgli negli occhi.
Edward ha
il vizio di spostarseli seccamente ogni volta. E puntualmente questi
ritornano
a dargli fastidio.
Lui se li
taglierebbe. Però ha deciso
che gli piacciono lunghi, quelli di
Edo-kun.
Accosta
piano, e poi spegne il motore.
Il mare.
E i
capelli biondi di Edward.
“Scendi.”
Edward si
riscuote piano. Pensava che Roy volesse portarlo alla fine del mondo.
Camminano
nella sabbia. Roy a passo spedito, Edward gli arranca dietro
infastidito dalla
sabbia che gli entra nelle scarpe.
Alla fine
si arrende e se le toglie affondando le dita nei granelli ruvidi.
Si
siedono vicino alla battigia, non abbastanza da essere colpiti
dall’acqua e
nemmeno troppo lontani per non sentire l’odore salato
dell’acqua.
Sbadiglia
Edward, mettendo la mano davanti alla bocca troppo tardi.
La
risacca risucchia il suo gemito mentre si stiracchia.
“Sei
stanco?”
Cos’è
quell’interessamento?
Opta
per
la verità.
“Solo un
po’”
“Puoi
appoggiarti se vuoi.”
Quella
gentilezza lo insospettisce, però non ha voglia di far
lavorare il cervello.
Si sdraia
sulla sabbia, Edward, appoggiando la testa sulle sue gambe incrociate.
Non intendeva
proprio così, però…
Andava bene lo stesso.
Roy
si
lecca le labbra aride.
Sente il
bisogno impellente di parlare “Festa schifosa,
vero?”
Edward
annuisce piano, cullato dal suono della risacca.
“La
prossima volta però scrocchiamo due birre.”
Di nuovo
Edward annuisce.
Se non
fosse per la mano che disegna ghirigori sulla sabbia Roy penserebbe che
si è
addormentato.
Stanno un
po’ così. Roy che fissa il mare senza vederlo, ed
Edward a respirare piano
contro la sua coscia.
Poi è
Edward a rompere il silenzio.
“Te lo
ricordi Roy? Una volta mi promettesti che mi avresti portato al mare
con la tua
macchina?” Aveva quattro anni.
Roy
annuisce distratto e lo guarda abbassando gli occhi.
Lo so,
Edward. Me lo ricordo bene.
Sono
anni
che non parlano. Eppure Edward si tira su, senza guardarlo.
Roy ha
uno spasmo interiore. Ha paura che voglia andarsene.
Stringe
la mascella.
Invece,
con tutta la calma del mondo, Edward si scuote la sabbia dalla camicia,
lisciando il tessuto spiegazzato. E poi lo fissa.
E Roy non
può far altro che allungarsi a chiedere un bacio.
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Postfazione:
Il titolo
(odio dare un titolo a qualsiasi cosa perché non chi azzecco
mai) l’ho
scroccato al signor Timberlake (Cry me a River), spero non se la prenda.
Il testo
viene da Ligabue, “Non è tempo per noi”.
Sinceramente
quei tre versi non li condivino appieno però… mi
piacciono tantissimo.
E
l’ispirazione è venuta dal libro (poco realistico
ma molto carino, a mio
parere) “Il mondo dei ragazzi normali”.