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Autore: _Ame_941    26/01/2014    4 recensioni
Quattro ragazzi. Il loro futuro è intrecciato dalla mano del destino.
Le loro storie sembravano essere finite, ma c'è dell'altro. Il male sta iniziando ad espandersi sotto forma di "epidemia", e solo loro, insieme, possono riuscire a fermarla.
E' la mia prima ff su le 5 leggende, e spero che vi piaccia ^-^
Genere: Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20: Il matrimonio perfetto.

 
Aprii lentamente gli occhi, svegliandomi da quel dolce sonno che mi aveva cullato la notte scorsa. Mi stiracchiai e sbadigliai. Mi misi a sedere sul comodo materasso,
accorgendomi che Jack era seduto a gambe incrociate sul comodino accanto al letto a baldacchino. Posava il mento sul pugno e mi osservava.
-Sei inquietante, lo sai?- chiesi calciando via le coperte e affondando le dita dei piedi nel tappetino morbido accanto al letto.
Lui ridacchiò. –Dì quello che ti pare, lo so che ti piace.- si sporse in avanti, avvicinando il suo viso al mio. Inspirai il suo profumo e chiusi gli occhi. Le nostre labbra si sfiorarono, sentii una scarica elettrica attraversarmi ogni cellula del corpo e rabbrividii per sopprimerla. Gli diedi uno spintone e lo feci sbilanciare, facendolo stramazzare a terra. 
- Ti sbagli, a me non piace affatto essere spiata.- dissi, alzandomi in piedi e sgranchendomi le gambe.
-Ti piace che sia io a farlo…- si massaggiò il fondoschiena.- Perché se sempre così violenta?
-Sei tu che mi istighi violenza.- risposi. Poi aggrottai la fronte e mi inginocchiai sul pavimento di marmo freddo davanti a lui. –Lo sai che se mio padre sapesse che c’è un ragazzo nella mia stanza farebbe a pezzi prima te e poi me?
Lui ridacchiò di nuovo. –Occhio non vede, cuor non duole.- fece quell’espressione malandrina che ogni tanto gli attraversava il volto.
Io mi pentii amaramente di essermi messa alla sua altezza. Poggiò le mani sul pavimento e si avvicinò, fino a che non ci trovammo l’uno ad un soffio dall’altra. –Sei davvero un maniaco, lo sai?- gli dissi.
-E’ un complimento?- chiese.
Questa volta fui io a reclamare un bacio. Azzerai la distanza tra di noi, premendo delicatamente le mie labbra sulle sue. Un guizzo dentro di me mi fece tremare. Se ne accorse e sorrise contro le mie labbra.
Ci staccammo  dolcemente e facemmo incontrare le nostre fronti, guardandoci negli occhi.
-Cosa dicevi riguardo al fatto che ti ho rubato il cuore?- chiese sogghignando.
- Ti ho anche detto che non l’avrei ripetuto due volte.- risposi.
-Mi ero dimenticato quella parte.- ammise.
Qualcuno bussò con forza alla porta, facendoci sobbalzare e allontanare immediatamente. –Chi è?- chiesi rimettendomi in piedi e creando malcontento nei confronti di Jack.
-Sono io, Merida!- esclamò Punzie, con la voce allegra e incredibilmente sveglia per quell’ora (le sei di mattina). –Sbrigati! C’è ancora un sacco da fare!
Io sorrisi. Eh, già. C’era un matrimonio da organizzare. Non mi curai del fatto di essere ancora in camicia da notte e mi avvicina alla porta. Afferrai la maniglia e aprii.
Rapunzel mi afferrò la mano e mi strattonò, incominciando a correre per il corridoio. Mi voltai e vidi Jack sulla soglia, imbronciato. Sorrisi. –Ci vediamo al matrimonio!-
Lui annuì, ridendo e se ne andò. Rapunzel si bloccò di colpo, facendomi sbattere addosso a lei.
Si voltò verso d me e mi afferrò le mani, improvvisamente disperata. –Ho interrotto qualcosa?
Io scossi la testa. –Non c’è tempo per preoccuparsi di queste sciocchezze! Ti sposerai tra dieci ore!
Lei saltellò sul posto, ipereccitata. –E’ vero! Andiamo!
E incominciammo a correre verso la cucina per fare colazione. Rubacchiammo due cornetti dalla tavola dove Hiccup era seduto a sbocconcellare un fetta di pane. Ci chiese se avessimo visto Astrid, ma noi scuotemmo la testa. Immaginai volessero stare da soli, ma Rapunzel lo arpionò sotto braccio e insieme andammo a vedere come allestivano la sala della cena.
Era una sala ampia e circolare, con un’enorme lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto. Vi erano fiori bianchi dappertutto. Come centritavola, alle finestre, tra i drappi appesi al muro, intorno alle colonne…
Il tavolo era unico e lunghissimo, che si estendeva per circa cinque metri, apparecchiato di piatti di porcellana decorati e una quantità esorbitante di posate d’argento.
Demmo l’ok e uscimmo in giardino. Rimasi incantata.
Un enorme gazebo di ferro era ricoperto di piante rampicanti dai fiori violetti, dentro erano posizionate delle sedie rivestite di bianco divise in due gruppi e al centro passava un tappeto bianco che arrivava fin sotto un albero di ciliegio in fiore.
Demmo l’ok anche a questo. Senza neanche accorgerci era arrivata l’ora di pranzo, così corremmo a mangiare. Adesso dovevamo preparaci per la cerimonia.
 
Riuscii a finire di pranzare con cinque minuti di anticipo, così sgaiattolai via prima che Punzie riuscisse a intrappolarmi di nuovo. Salii le scale diretto alle mie stanze, quando incontrai Jack che era seduto sul bordo della ringhiera e faceva penzolare le gambe nel vuoto.
Mi avvicinai. -Hai visto Astrid?- chiesi.
Lui si voltò verso di me, sorridendo. –Si. E’ fuori a prendere un po’ d’aria. – mi fece l’occhiolino.
Io annuii e lo ringraziai. Stavo per scendere la rampa di scale quando mi bloccai. –Che stai facendo qui?
Jack piegò la testa di lato, interrogativo. –Voglio dire… non dovresti prepararti? Tra poco inizierà la cerimonia.
Lui scosse la testa. –Non ha importanza. Nessuno può vedermi oltre a voi.
-Davvero?- chiesi. Poi mi voltai e vidi una cameriera con in braccio delle lenzuola profumate che mi fissava con un grosso punto interrogativo che le galleggiava sopra la testa. Deglutii. Jack si mise a ridere, compiacendosi della figuraccia che avevo appena fatto. La domestica scosse la testa e scese le scale.
- Ha - ha. Molto divertente.- feci. –Ci vediamo dopo.- ed iniziai a scendere le scale.
-Ciao!- mi gridò dietro, mentre si sganasciava dalle risate.
Uscii all’ampio terrazzo pieno di piante e trovai Astrid affacciata che osservava il villaggio in ricostruzione. Con un brivido ricordai com’era ridotto non meno di una settimana fa.
Quando eravamo usciti dalla tana di Pitch, Punzie ci ospitò al suo castello per rimetterlo in sesto assieme al villaggio. E poi voleva assolutamente che fossimo presente ai preparativi delle sue nozze.
–Ehi. – dissi raggiungendola e posando le mani sul balcone di marmo.
Lei si voltò e mi sorrise. –Hai già mangiato?- chiese.
-In cinque minuti. Rapunzel voleva incastrarmi di nuovo.- ridacchiai.
Lei si voltò e ricominciò ad ammirare il paesaggio. –E’ così bello poter rivedere di nuovo il cielo.- fece. –E sentire i raggi di sole sulla faccia.
Non la facevo così poetica. Mi sedetti sul balcone dando le spalle al villaggio. –Cosa si provava a essere uno di loro?- chiesi.
–Secondo te?- chiese retoricamente, stingendosi nelle spalle. –Era orribile. Ma non ho voglia di parlarne. Piuttosto, sai la novità?- scrollai le spalle. –Rapunzel ha avuto la splendida idea di invitare al matrimonio anche loro.-
-Loro?- ci riflettei un attimo. Poi un brutto presentimento si fece largo sotto la pelle. –Loro?!
-Si. - affermò. –Loro. 
-Quando…- non feci in tempo a formulare la domanda che un Bizippo mi mancò di poco. Mi abbassai e sentii Testabruta ridacchiare raucamente.
-Ehi! Hiccup!- gridò. –Indovina chi c’è?
Il drago a due teste atterrò inciampando sulle sue stesse zampe. I due gemelli balzarono a terra e si avvicinarono a passo di carica. Repressi lo stimolo di indietreggiare e darmela a gambe.
Testaditufo mi afferrò la testa e sfregò il pugno sui capelli. –Ti siamo mancati?
- No. – tossii e mi liberai da quella morsa letale.
Ben presto arrivò anche Gambedipesce e il suo Gronkio, che si sfracellò a terra. –Devo lavorare sull’atterraggio.- sentii mugolare la sua voce.
Lo aiutai a rialzarsi e gli diedi il benvenuto, per quanto fossi contento che un’orda di vichinghi maleodoranti e maleducati sia stava invitata ad un matrimonio frivolo ed elegante.
Ci raggiunse infine anche Moccicoso con il suo drago. Mi diede una spallata e poi mi stringemmo la mano.
-Accipicchia che posto di lusso.- fece alzando lo sguardo sul palazzo, incrociando le braccia sul petto.   
- Già…  Sentite, vi siete portati un cambio di vestiti, vero?- chiesi. I due gemelli si scambiarono uno sguardo interrogativo, Gambedipesce abbassò lo sguardo e Moccicoso alzò un sopracciglio.
-A quanto pare no. - parlò per loro Astrid.
Sospirai, mettendomi le mani nei capelli. Ci sarebbe stato tanto da fare.
-D’accordo, io vi lascio.- disse Astrid. Io mi voltai verso di lei.
-Cosa?- gemetti. Tradimento, ecco cosa. Alto tradimento. Voleva lasciarmi lì, da solo, con quei… ragazzi da lustrare da capo a piedi e insegnare, anche in minima parte, come stare a tavola. I vichinghi non sono  famosi per la loro educazione.
-Devo andare. Punzie mi vuole come damigella d’onore assieme a Merida. Devo  prepararmi.- mi spiegò.
Mi diede un veloce bacio sulle labbra e corse via gridando:- Buona fortuna!
Si, ne avevo incredibilmente bisogno.
 
 
Astrid entrò silenziosamente nella mia camera. Non riuscii a trattenermi nel correre ad abbracciarla. Ero troppo nervosa e eccitata e felice e tesa. Troppe emozioni contrastanti tutte insieme. Iniziai a saltellare per evitare di scoppiare a piangere.
-Ehi, calma. Sei rigida come un manico di scopa!- ridacchiò la vichinga.
-Non posso. Non ce la faccio.- dissi, continuando a saltellare sul posto. –Rimango qui.
-Ma come?- Merida comparve dal bagno e mi posò una mano sulla spalla. –Hai combattuto contro un’orda di mostri e hai paura di dire un piccolo si?
-Non è così facile!- borbottai.
Astrid mi posò le mani sulle spalle e mi guardò dritto in faccia. –D’accordo, calma. Respira.-  Io inspirai a occhi chiusi. –Adesso dobbiamo vestirci!
Squittii felice e piombai nell’armadio. Aprii le ante e afferrai la stampella con il vestito. –Dovete aiutarmi a metterlo.- le informai.
Loro si scambiarono uno sguardo divertito e si misero all’opera, rimboccandosi le maniche. In circa mezz’ora riuscii finalmente a infilarmici dentro. Mi guardai allo specchio mentre Merida finiva di allacciarmi il corsetto dietro. Il mio abito era molto diverso da quello della volta precedente.
Il pezzo di sopra aveva uno scollo a cuore, senza spalline, pieno di arabeschi luccicanti che mi facevano brillare come una stella. La gonna era gonfia, strati su strati di tulle. Le scarpe a tacco alto mi facevano  superare Astrid. Era un onore.
-Sei davvero stupenda.- mi disse Astrid.
-Grazie mille.- mi coprii la bocca con le mani, commossa. Mi si inumidirono gli occhi.
-Ehi, non devi piangere!- esclamò Merida abbracciandomi da dietro.
-Scusami.- mi asciugai gli occhi.
Entrarono i truccatori, che si offrirono di dare una sistemata anche alle damigelle. Loro rifiutarono prontamente, dicendo che preferivano rimanere al naturale. Mentre i parrucchieri mi intricavano i lunghissimi capelli i un’acconciatura complicatissima (non mi ci ero ancor abituata a riaverli così lunghi!)e i truccatori mi stendevano un velo di cipria sulle guance,  Merida e Astrid si infilarono i vestiti da damigelle.
Quando uscirono dal bagno, rimasi senza fiato. Donava ad entrambe.
Era color lavanda in stile impero, arrivava fino alle ginocchia. Un nastro violetto si annodava sotto il seno per cadere in un morbido fiocco dietro la schiena. Le scarpe basse del medesimo colore le slanciava.
Il signore alla mia destra chiamò un “Roger!” ad alta voce ed entrò un’altra squadra di parrucchieri che investì le damigelle.
Si divincolarono, ma alla fine cedettero. Le pettinature erano diverse. Astrid aveva i capelli tirati su da dei nastri del medesimo colore del vestito e un fiore infilato dietro l’orecchio.
Merida, invece, aveva un semiraccolto, con i capelli rossi che le ricadevano su una spalla ed una molletta a forma di farfallina rosa che le teneva un ricciolo ribelle un po’ sopra l’orecchio sinistro.
-Siete splendide!- battei freneticamente le mani.
Loro ringraziarono timidamente e aspettarono che gli estetisti finissero il loro lavoro, per poi specchiarci tutte insieme. Mi salirono di nuovo le lacrime, ma mi imposi di non piangere, altrimenti i truccatori mi avrebbero uccisa.
Riuscii solo a dire:- I ragazzi impazziranno!
Scoppiammo tutte a ridere. Era bello che la tensione si fosse sciolta ma… Mi bloccai.
- Dov’è il bouquet? E Eugene, sarà pronto? Si sta annuvolando! Cosa faremo? Il ricevimento è fuori!-
Stavo iniziando a svalvolare. Le damigelle si scambiarono uno sguardo esasperato.
Mi presero per le spalle e mi condussero su una sedia. –Adesso calmati.- mi intimò Merida. –Chiudi gli occhi e rilassati. Manca ancora un’ora, quindi c’è tutto il tempo per prepararsi.-
-Io vado a vedere che fine ha fatto Hiccup.- avvisò Astrid. –Poverino, l’ho lasciato solo con quel branco di cani selvatici.-
Io ridacchiai. –Doveva essere una sorpresa.-
La vichinga mi fece l’occhiolino.
-Io vado a ripescare Jack. Sicuramente starà combinando qualche disastro.- fecero per andarsene quando le fermai.
-NO! Non devono vedervi prima della cerimonia! Mettetevi quelli.- gli indicai degli accappatoi. Loro sbuffarono e se li infilarono con tanto di cappuccio. –Bene, adesso potete andare.
 
 
Scesi le scale e sbucai nel corridoio principale. Avanzai, sentendo il chiacchiericcio sboccato di ragazzi nella sala del ricevimento. Aprii le porte e mi ritrovai davanti ad uno spettacolo ridicolo:
Hiccup, in piedi su una sedia con una forchetta in mano, cercava di far capire come ci si comportava a tavola ai vichinghi appena arrivati, che lo guardavano come se fosse un cretino da compatire.
Testabruta sbadigliò a bocca larga e Hiccup lo riprese subito. –Si mette la mano davanti quando si sbadiglia!
-E chi se ne frega!- ribatté il gemello, lanciandogli un’occhiataccia e mettendosi a giocherellare con il coltello.
-Non si gioca con le posate!- lo riprese di nuovo.
Quello sbuffò e la sorella gli diede una gomitata. –Sei proprio volgare!- ridacchiò la strega.
-Senti chi parla, Miss a-cosa-serve-la-forchetta-se-abbiamo-le-mani!-
Testaditufo gli diede un cazzotto sul braccio e lui rispose subito, iniziando una zuffa. Hiccup si mise le mani nei capelli. –Dannazione, fermi!
Io alzai gli occhi al cielo. –Oh, per gli dei, cosa diavolo stai facendo, Hic?- avanzai sotto gli occhi di tutti, persino i due gemelli si fermarono.
-Ma che ti sei messa a dosso, Astrid?- chiese Moccicoso ridacchiando, allungando il collo.
-Se non ci vedi, mettiti gli occhiali.- gli suggerii. Poi alzai lo sguardo sul mio ragazzo. Aveva un’aria disperata.
-Stavo cercando di imparargli un po’ di buone maniere, ma sembrerebbe più facile spegnere il sole con un soffio.- mi disse, apprestandosi a scendere dalla sedia.
-Devi andare a prepararti, manca solo un’ora al matrimonio e sei ancora in camicia sporca e pantaloni!- lo rimbeccai mettendo le mai sui fianchi.
Lui annuì. –E con loro che facciamo?- li indicò esausto.
Ci pensai  un po’ su, poi mi venne un’idea. –Voi farete da intrattenitori con i draghi, questa sera. Fino ad allora, comportatevi normalmente, cercando di non dare nell’occhio.-
-Intrattenitori?- gracchiò Testaditufo. –Siamo invitati!
-Ma non lo sembrate affatto. Quindi limitatevi a fare quello che sapete fare meglio.- presi per un braccio Hiccup e lo spintonai in avanti. –E tu muoviti, sei già in ritardo!
Buttai fuori i vichinghi e gli intimai di pensare ad uno spettacolo per quella sera. Poi condussi Hiccup su per le scale, per prepararlo.
Entrai in camera sua e aprii l’armadio, cercando  un vestito adatto. Presi un completo grigio e lo gettai sul letto. –Mettiti quello.-
-E quelle scarpe?- chiese sbottonandosi la camicia, alludendo alle scarpette che mi aveva rifilato Rapunzel.
-Fanno parte dell’abito da damigella.- dissi. –Non le ho scelte io.
-Lo so. – ridacchiò. Tentò di togliersi la camicia sporca, scoprendo le fasciature lungo tutto il braccio e il petto. Mi si strinse il cuore quando vidi il suo volto contratto i una smorfia di dolore nel cercare di sfilarsi la camicia. Lo aiutai a toglierla, la appallottolai e la lanciai sul letto. Ne presi una pulita dal cassettone e lo aiutai a metterla. –Cosa ti suscita tanta premura?- mi chiese.
Io iniziai ad abbottonargli la camicia. –Forse il fatto che mi sei mancato.- mi costrinsi a rivelare.
Lui mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Sorrisi e mi staccai. –Muoviti o farai tardi.- mi allontanai e chiusi la porta.
Mi era incredibilmente tornato il buon umore.
 
Ma dov’era finito? Percorsi a passo di carica il corridoio. Percorsi le scale due volte. Iniziavo a stancarmi. Mancava mezz’ora alla cerimonia e non si vedeva traccia di Jack.
Cercai nelle cucine, nella mia stanza, ma non c’era traccia di quell’idiota. Allora uscii in terrazza. E finalmente lo trovai. Lo raggiunsi correndo. Avevo una voglia matta di prenderlo a ceffoni.
-Jack!- gridai. –Che stai facendo?
Lui mi sorrise. –Hai visto, che belli?- indicò il cielo.
Alzai lo sguardo e vidi dei mostri alati solcare il cielo con le loro maestose corporature. Spalancai la bocca, osservando un drago a due teste che ruggiva. Da dietro il palazzo comparve un drago rotondo e possente dalle ali piccolissime. –Cavolo…-  mi diedi altro tempo per osservarli, poi mi ripresi. –Tu!- Lui piegò la testa di lato. –E’ tardi! Devi vestirti, manca solo mezz’ora all’inizio!
Jack scosse la testa. –Sarebbe del tutto inutile, Merida. Nessuno può vedermi.-
Rimasi interdetta per un secondo. –Non mi importa! Io mi sto facendo in quattro per essere una damigella coi fiocchi, e tu farai lo stesso, anche se “nessuno” può vederti, avanti!
Gli diedi uno strattone e lo feci scendere dalla ringhiera. Lo trascinai dentro e gli feci salire per le scale.
-D’accordo, d’accordo.- entrò nella sua stanza e aprì l’armadio.
Mi fermai sulla soglia. Tutti a palazzo si chiedevano per chi fosse riservata la stanza vuota accanto alla mia. Le cameriere non capivano perché dovevano ripulirla ogni giorno e rifare il letto, se nessuno la abitava.
Ma lui c’era. Esisteva.
E adesso stava cercando un vestito adatto, anche se non se ne intendeva affatto di vestiario.
Entrai e richiusi la porta alle spalle. –Che stai combinando?
-E’ meglio questo…- tirò fuori dall’armadio un completo marrone sterco di vacca. –O questo?- mi sventolò sotto al naso una giacca verde scuro.
Alzai un sopracciglio. –I tuoi gusti lasciano molto a desiderare, lasciatelo dire.-
-Non li ho scelti.- rispose. –Li ho pescati a caso. –
Gli diedi una spallata. – Lascia fare a me. – mi tuffai nell’armadio. Ogni abito era stirato e profumava di pulito. Scelsi un completo azzurro chiaro.
Lo estrassi con cura e glielo avvicinai al volto. –Si, questo. Fa risaltare i tuoi occhi.- dissi.
Lui lo afferrò. –Va bene, come sua altezza desidera.-
Io annuii distrattamente e arrivai alla porta. Continuava a ronzarmi in testa una domanda che non avevo coraggio di porgli, perché temevo la risposta. Afferrai la maniglia e tirai. La porta non si aprì.
Aggrottai le sopracciglia e tirai ancora. Niente. Solo dopo notai una mano che la bloccava.
-Jack…?-
-C’è qualcosa che ti preoccupa?- chiese. Era dietro di me, e io non me ne ero nemmeno accorta. – Ti conosco  abbastanza bene da capire che c’è qualcosa che non va.
Io abbassai lo sguardo, senza girarmi. Posai la fronte sul legno della porta. –Tu… quanti anni hai?
Lui ridacchiò. –E’ questo che ti preoccupa? Quanti anni ho?
Mi voltai, e incrociai i suoi occhi nella penombra della stanza. Mi schiacciai contro la porta e cercai di calmare il mio respiro accelerato. Quando era così vicino, non riuscivo più a ragionare lucidamente. Distolsi lo sguardo e lo puntai sulle mie scarpette color lavanda. –No… non è questo…
-Allora?- chiese ancora, questa volta più serio e impaziente.
Rimasi un secondo in silenzio. Poi mi decisi a parlare. –Nessuno può vederti apparte noi tre?
-Esatto.- rispose.
-E… prima di noi, nessuno poteva farlo?-
-Si. – annuì di nuovo.
Alzai lo sguardo su di lui. –Quanto tempo sei rimasto solo, Jack?- i miei timori erano fondati. Era rimasto solo per chissà quanto tempo, senza che nessuno potesse vederlo o parlarci.
Lui rimase interdetto. Un’espressione dolce sbocciò sul suo viso. Accostò una mano piacevolmente fredda alla mia guancia e la accarezzò con il pollice, facendomi rabbrividire. –Non è importante.
-Si che lo è!-
- No. Adesso non sono più solo. Ci siete voi. Ci sei tu. -
-Ma…- mi mise un dito sulle labbra. Mi sentii arrossire. Aggrottai la fronte e gli morsicai il dito. –Ahi!
-Muoviti a vestirti, manca meno di un quarto d’ora all’inizio e Rapunzel starà morendo in questo momento. Devo andare prima che progetti un suicidio.- si scostò massaggiandosi l’indice e riuscii ad aprire la porta.
Feci per uscire, quando mi soffermai a guardare la sua faccia imbronciata. Alzai gli occhi al cielo. –Mi sbaglio, o è la seconda volta che ti dico che sei fragile come un bicchiere di cristallo?
-Lo hai offeso mordendolo in quel modo. – allungò l’indice verso di me. –Dagli un bacetto.
Se fossi stata la me stessa di un tempo gli avrei sbattuto la porta in faccia. Ma ero cambiata. Ero diventata troppo buona e tollerante, soprattutto con lui.
Mi squadrai il dito con aria accusatoria e mi avvicinai esitante. Strinsi forte gli occhi e gli diedi un bacetto veloce, poi corsi via imbarazzatissima. Sentii la sua voce da lontano:- Stavo scherzando!
-Idiota!- gli risposi.
 
Risi. Era così facile metterla nel sacco. Beh, quanto era facile mettere me nel sacco per lei. Scossi la testa e mi infilai in fretta il completo. Mi guardai il mio riflesso attraverso lo specchio nelle ante dell’armadio.
Merida aveva ragione, faceva risaltare i miei occhi. Era così strano vedermi elegante che quasi non mi riconoscevo.
Abbandonai il bastone sul letto e uscii. Scesi frettolosamente le scale e mi diressi in giardino. Mi fermai.
Delle persone tutte in ghingheri si apprestavano a prendere posto sotto un ‘enorme gazebo fiorito. Vidi Eugene che parlava con due tizi alti il doppio di lui, sotto l’albero di ciliegio.
Mi avvicinai e aspettai che finisse. –Ehi. - mi salutò. –Il tuo posto è lì, in prima fila. - si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio, coprendosi  la bocca con la mano per non farsi sentire.- Rapunzel ci teneva particolarmente a farti sedere accanto alla rossa.
Io annuii e gli feci ancora felicitazioni. Presi posto accanto a Hiccup. –Trovata Astrid?
-Si. Alla fine ti sei deciso a vestirti per bene anche tu, eh?-
- Merida sa essere molto convincente quando vuole.-
Lui annuì. –Già, le ragazze sono tremende.-
Ridacchiammo insieme. Mi girai a osservare gli altri invitati. Alla fila parallela alla nostra c’erano i genitori di Rapunzel e di Hiccup, dietro quello che doveva essere il padre e la madre di Merida e tre bambini che sembravano essere stati fabbricati con uno stampino. Avevano i capelli rossi e gli occhi azzurri, proprio come lei. Nella fila dopo vi erano omoni grossi come armadi, erano alquanto inquietanti a dirla tutta. In seguito persone per bene, duchesse e marchesi, immaginai.
Dietro di noi presero posto quattro ragazzi che sembravano essere usciti da un circo. C’erano sue gemelli dalle lunghe trecce bionde, un tizio biondo e corpulento con un  libro in mano e per finire un marmocchio dall’aria altezzosa. Alzai un sopracciglio.
-Lo sapevo che finiva così. - mormorò tra se e se Hiccup. –Bene, loro sono i miei amici di Berk. I due gemelli sono Testaditufo e Testabruta Thorston , il grassottello con il libro è Gambedipesce Ingerman,  mentre il tipo dall’aria arrogante è Moccicoso Jorgeson.- mi presentò.
-Caspita, bei nomi. –
-I vichinghi credono che più il nome è brutto, più i nemici si spaventano in battaglia a sentirli nominare.- scrollò le spalle. –Conosci il mio nome per intero? Hiccup Horrendus Haddok III.
-Davvero brutto.- annuii.
-Lo devo prendere per un complimento?- chiese lui.
-Sei un vichingo, no?-ridacchiai.
Si sentì il suono squillante di tromba che mi sturò i timpani. Le persone si alzarono tutte insieme e si voltarono indietro. Io li imitai. Dalla penombra vidi avanzare una figura.
Quando i raggi di sole la illuminarono mi pietrificai. Era Merida. Ma non sembrava lei, in quell’abito così femminile. Era bellissima, sembrava un essere fatato.
Rimasi a bocca aperta come un cretino mentre avanzava lanciando dei petali rosa da un cestino sul tappeto bianco. Non riuscii a scollarle gli occhi di dosso neanche quando entrò in scena la sposa.
Ci fu un sospiro di gruppo e abbandonai la sua splendida figura per lanciare un’occhiatina sfuggente a Rapunzel. Anche lei era bellissima in abito bianco. Astrid dietro di lei le tirava su il velo.
I miei occhi tornarono immediatamente a Merida.
Sentii una gomitata sul braccio. Mi voltai e vidi Hiccup che ridacchiava. –Chiudi la bocca, potrebbero entrarti le mosche.
-Potrei dirti la stessa cosa. - gli sussurrai.
Lui annuì divertito. Rapunzel raggiunse lo sposo e lo prese a braccetto, così Astrid e Merida presero posto.
Non le scollai lo sguardo di dosso nemmeno quando iniziò la cerimonia.
Lei alzò il suo su di me. –Che c’è? Io lo avevo detto che era eccessiva la farfalla mollettina.
Mi chinai e le sussurrai :- Sei bellissima.
Lei abbassò lo sguardo e arrossì. La cerimonia fu abbastanza corta. Vidi i volti delle persone commuoversi mentre i due sposi si scambiavano le promesse e ufficializzavano il matrimonio con un bacio.
Il rinfresco durò circa due ore di chiacchiere noiose dove io mi addormentai su una sedia, poi verso le sei e mezza scendemmo nella sala della cena.
Ci accomodammo a un tavolo chilometrico, dove sembrava impossibile scorgere gli sposi dall’altra sponda del tavolo. Io sedetti a capotavola, dove da una parte sedeva Merida, dall’altra Hiccup con Astrid e il club dei vichinghi al suo seguito. Io non mangiai, ma vidi che servirono due antipasti, tre primi piatti, tre portate principali, quattro contorni e dolci a volontà. La cena fu tranquilla e serena, apparte che Hiccup non riuscì a coprire tutti i rutti dei suoi amici facendo un casuale colpo di tosse o lasciando cadere la forchetta per terra.
Merida mi chiese più e più volte se mi andasse di assaggiare qualcosa, ma io risposi sempre che non avevo fame. La verità era che sarebbe stato strano chiedere ai camerieri di portare cibo per un posto vuoto.
Alla fine erano tutti pieni come uova, e non riuscivano nemmeno ad alzarsi dalla sedia. Mi chiesi come avrebbero fatto a ballare, visto che passammo alla sala accanto, per iniziare le danze.
Il primo ballo fu tutto degli sposi, dove Punzie e Eugene non fecero altro che guardarsi negli occhi e scambiarsi parole dolci. Poi tutti iniziarono a scatenarsi, me compreso.
Non badammo molto al ritmo ne al protocollo di ballo, danzammo e basta. La festa si protese fino alle due di notte. Alla fine erano tutti stanchi morti e mezzi ubriachi.
Gli invitati si trascinarono sulle carrozze aiutati dai servitori e le vetture sparirono una dopo l’altra, lasciando il giardino del castello libero.
Vidi Hiccup e il club vichinghi ritirarsi nelle proprie stanze. Ci avvisarono che il giorno dopo sarebbero tornati a Berk, con grande dispiacere mio e delle ragazze. Poi, anche Merida mormorò dispiaciuta che sarebbe tornata a casa, l’indomani.
Rapunzel annuì tristemente, ma disse che presto ci saremmo rivisti tutti e quattro.  Poi mi chiesero cosa avrei fatto io. Scrollai le spalle e dissi che avrei seguito Merida. Annuirono e ci scambiammo la buona notte.
Merda barcollò nel corridoio e, quando entrò nella sua stanza, scalciò via le scarpe e si cambiò in tutta fretta, disfacendosi l’acconciatura e lavandosi la faccia.
Si lasciò cadere sulle lenzuola di lino e sospirò. –Finalmente un po’ di pace. -Sorrisi tra me e me e mi sedetti sul letto. Lei si tirò sui gomiti. –Non vai a dormire?
- Si. - mi infilai sotto le lenzuola. –E tu?
Roteò gli occhi, anche se scovai un piccolo sorriso a fior di labbra. Scivolò accanto a me e appoggiò la testa sulla mia spalla. Chiusi gli occhi. –Merida, anche se domani verrò con te, non posso prometterti di esserci sempre.
-Che intendi dire?- chiese.
-Devo portare l’inverno, come faccio se sto tutto il tempo al castello?-
-Portami con te. - disse facendo incrociare i nostri sguardi. –Ovunque ci porti il vento, ovunque vogliamo.
Io risi piano, iniziando ad accarezzarle i capelli. –E che fine ha fatto la principessa Merida? Come farai con tua madre?
-Non mi importa di mia madre.- disse riappoggiando la testa contro di me.
-Non ti importa del tuo regno e delle persone che dipendono da te?- chiesi.
Rimase un attimo in silenzio. Poi sospirò. –Non sono così indispensabile. E poi, se rimanessi, dovrei sposare uno dei figli dei grandi clan scozzesi.-
Aggrottai la fronte. –Su questo dobbiamo lavorarci su. –
-Concordo.-
Detto questo, cademmo in un sonno profondo, pensando che si, quello era stato il matrimonio perfetto. 





Angolo dell'autrice:
Salve! Rieccoci qua! Questo chappy è stato particolarmente lungo, lo so, e mi congratulo con chi è riuscito ad arrivare fino a qui!
Ma visto che era il penultimo, volevo regalarvi un bel capitolone per ringraziarvi per avermi seguito fino a questo punto!
Approposito di ringraziamenti... 100 recensioni! 100! Mai avrei pensato a questo traguardo! Grazie di cuore, GRAZIE DAVVERO!!!
Basta, ho capito..i ringraziamenti li farò bene nel prossimo chappy! ^-^
Ah, come già detto prima, questo è il penultimo capitolo il prossimo sarà l'epilogo. Di già...che tristezza!TT.TT
Spero come al solito che vi sia piaciuto, e di ritrovarvi la prossima e ultima volta su...
Il matrimonio perfetto!
 
  
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