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Autore: OmbraSmagliante    27/01/2014    3 recensioni
Cenerentola, dodicenne, è spinta ad indagare sulla morte del padre, spacciata come suicidio...
Storia per il concorso Diving into fairy tales di Aleyiah
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4° TURNO: CENERENTOLA
 

Non c’è niente che non valga la pena sapere

 
Cenerentola quella mattina non si era svegliata, come al solito, di buon ora.
I domestici l’avevano svegliata un’ora prima della sua sveglia abituale, scuotendola con forza. Quegli stessi domestici, che solitamente sorridevano sempre se c’era lei perché l’adoravano, quella mattina avevano un’aria contrita.
E lei aveva capito immediatamente che c’era qualcosa che non andava.
L’avevano condotta nella stanza del padre e il cuore aveva iniziato a battere forte per la paura.
Erano tutti lì: la sua matrigna, con aria triste, in piedi accanto alla testa del padre, e le sue sorellastre, accanto alla parete dietro la madre.
La matrigna si era girata e aveva detto: “E’ morto.”
E il mondo le era crollato addosso.
 
Ora se ne stava lì seduta in piedi davanti al letto del padre piangendo lacrime silenziose.
Le era stato riferito che si era suicidato. A Cenerentola pareva impossibile, non sapeva spiegarselo. Suo padre, un uomo pieno di vita, morire suicida? Impossibile.
Non le era stato permesso vederlo da vicino, si era dovuta accontentare della sagoma disegnata dalle lenzuola, poiché dicevano che si sarebbe rattristata troppo.
Si ricordava ancora l’ultima frase che le aveva detto, la sera prima, insieme alla buonanotte: “Non c’è niente che non valga la pena sapere.”
Diceva spesso quella sua frase, era come un motto per lui.
A Cenerentola venne il magone. Avrebbe tanto voluto toccarlo un’ultima volta… Ma non era possibile.
O forse sì.
Le era venuta un’idea: non c’era nessuno nella stanza in quel momento, se ne erano andati tutti, lasciandola sola a piangere il suo dolore. Perciò poteva anche dare una sbirciatina e salutarlo un’ultima volta.
Si avvicinò lentamente al letto, girandosi a destra e a sinistra ad ogni passo e tenendo d’occhio la porta.
Si sentiva atrocemente in colpa, specie perché si erano fidati a lasciarla lì da sola anche se aveva solamente dodici anni e avevano paura per la sua reazione.
D’altronde però… Non c’era niente che non valeva la pena sapere.
Non era sicura che suo padre avrebbe voluto che si spingesse fin lì ma… c’era così vicina. E la tentazione era troppo forte. Qualcosa nel suo istinto la spingeva ad indagare.
Però aveva paura che avrebbe vomitato se avesse visto un cadavere.
Vicinissima al padre, senza ulteriori indugi, si decise a scoprire il corpo.
 
Ed eccolo lì. Il bel corpo di suo padre, uguale a come era in vita ad eccezione dei segni violacei del cappio che stando al racconto dei domestici si era stretto intorno al collo in quella stessa stanza, poche ore prima dell’alba.
C’era ancora la sedia rovesciata nel punto in cui il padre doveva essersi arrampicato…
A Cenerentola sfuggì un singhiozzo. Allora si era veramente suicidato. Eppure, i segni sul collo erano appena accennati, non erano poi così marcati come se li era immaginata.
Mentre osservava il caro corpo indecisa se toccarlo o meno, la porta si aprì cigolando.
Cenerentola si voltò di scatto mentre le sue viscere si contraevano.
Ma era solo Lucifero, il gatto della sua matrigna, entrato alla ricerca di cibo probabilmente, spingendo la porta con le grasse zampe.
Cenerentola tirò un sospiro di sollievo, ricoprì il mucchio di paglia e, profondamente turbata da ciò che aveva visto, uscì dalla stanza.
 
Una volta in corridoio, osservata da un serafico Lucifero, si diresse nella sua camera.
Giuntavi, si buttò sul letto e pianse a lungo, confusa e dilaniata per la morte del padre.
Continuava a ripetersi che un uomo pieno di energia, sempre allegro e solare come il padre, non avrebbe avuto motivo di suicidarsi. E poi: gli affari andavano bene, si era risposato da un paio d’anni… No, Cenerentola tirò su con decisione col naso e si stese sulla schiena, guardando il soffitto.
Nonostante la forte velocità con la quale si stavano susseguendo gli eventi, di una cosa era certa: il padre non si era suicidato. Era stato ucciso.
E se era stato ucciso, lei voleva scoprire chi era stato.
Voleva guardare negli occhi la persona che aveva tolto la vita a suo padre e chiedergli il perché.
Voleva sapere.
Perché non c’era niente che non valeva la pensa sapere.
Con questi pensieri circolanti nella mente, Cenerentola si addormentò, stremata.
 
Il giorno dopo, all’alba, Cenerentola si destò.
Il primo pensiero andò subito al defunto padre, ed era già lì per lì per scoppiare in lacrime quando si ricordò della promessa che aveva fatto a stessa la sera prima. Non poteva permettersi di piangere. Su padre non l’avrebbe voluta giù di morale e depressa, bensì affannata a rendergli giustizia.
Aveva pianto a sufficienza il giorno precedente, si disse.
Aveva sentito dalla matrigna e dalla Governante, il pomeriggio prima, che il medico di famiglia, che Cenerentola conosceva fin da quando era nata, sarebbe venuto per accertarsi delle cause della morte e ufficializzare il decesso.
Cenerentola lo aveva sempre chiamato “il Signor Dottore”.
E ora rappresentava la sua unica possibilità per investigare sulla morte del padre, quindi andò da lui.
 
Giunta nella camera dolorosamente familiare, scorse subito il Signore Dottore chino sul cadavere.
Questi si girò di scatto, irritato, poi vedendola si raddolcì e disse: “Non è un posto per una bambina questo…”
“Signor Dottore devo farle una domanda! E’ da quando ho visto il cadavere che mi ronza in mente e…”
“Da quando hai visto… CHE COSA?!” sbottò il Signor Dottore, incredulo.
Cenerentola ringraziò il buon Dio che fossero soli nella stanza.
“Si, Signor Dottore… Ho dato una sbirciatina perché volevo salutarlo un’ultima volta e…”
“Signorina! Ti sembrano cose da fare? Se non fosse per la tua prematura perdita…”
“Mi lasci parlare, per favore!” la ragazzina scoppiò in lacrime, esasperata perché non riusciva a farsi ascoltare dal Signor Dottore.
L’uomo, estremamente turbato, convenne che sarebbe stato meglio lasciare parlare la piccola e poi farla portare via dalla Governante: “Ma certo, piccolina, dimmi, ti ascolto…” le disse quindi in tono accondiscendente, avvicinandosi all’orfana.
Quest’ultima si asciugò le lacrime col dorso della mano e poi gli chiese, guardandolo negli occhi con i suoi profondi occhi azzurri: “Posso fidarmi di lei?”
“Ma certo!” esclamò il Signor Dottore sorridendole bonariamente e iniziando ad accarezzarle la testa.
Cenerentola prese fiato e poi iniziò a raccontare la sua tesi: “La prego di prestare attenzione alle mie parole, Signor Dottore, anche se sono solamente una ragazzina, poiché da esse potrebbe dipendere la giustizia che mio padre si merita. Vede… Ritengo che egli non si sia suicidato, bensì che sia stato assassinato e successivamente sia stato manovrato affinché apparisse come suicida. Tempo fa mio padre mi diede un libro che narrava di un naufrago su un’isola… Questi trovava degli impiccati in uno spiazzo in riva al mare e decideva di tirarli giù per dare loro degna sepoltura. L’autore descriveva minuziosamente l’aspetto dei poverini, e mi ricordo che poneva particolare enfasi sul fatto che i segni violacei della rottura del collo dovuta all’impiccagione erano molto evidenti. E… non so se ha notato, ma nonostante mio padre sia stato trovato impiccato al soffitto… Lui… lui non ha i segni così marcati!” Quest’ultima frase fu troppo per la ragazzina, che scoppiò a piangere disperata fra le braccia del buon dottore.
“Lui era sempre così pimpante… Era una roccia, una forza della natura… Non può essersi ucciso, non è possibile! Qualcuno lo ha ucciso… Ne sono certa!” sussurrò dopo qualche minuto Cenerentola, dopo essersi ripresa dalla crisi di pianto.
“Sai, piccola… Sono proprio d’accordo con te.”
 
“Ero già giunto alla tua stessa conclusione non appena avevo visto il cadavere del tuo povero padre. Evidentemente, dev’essere prima stato ucciso e poi impiccato da morto. Lo sai tesoro…” il Signor Dottore guardò dritto negli occhi Cenerentola “Sei davvero sveglia per una signorina della tua età.” E le sorrise bonariamente, per poi alzarsi e prendere a girare a vuoto per la stanza.
“Quindi che facciamo?” disse la ragazzina tirando su col naso “Da dove incominciamo le ricerche?”
Il Signor Dottore si immobilizzò al centro della camera, mormorando: “Quali ricerche?”
“Quelle investigative! Per smascherare l’assassino!” motivò con determinazione Cenerentola.
Il Signor Dottore la guardò gravemente: “Io purtroppo non posso fare alcunché nella mia posizione. Devo andarmene da qui non appena ufficializzato il decesso.”
“Allora io…”
“No. Non ci pensare nemmeno.” Il Signor Dottore si avvicinò di slancio alla piccola orfana, prendendole le mani: “Non capisci? Se hanno ucciso il tuo papà, cosa pensi faranno se scoprono che sai la verità? E’ troppo pericoloso, non puoi attentarti a fare nulla…”
Cenerentola distolse lo sguardo.
“Questo, Signor Dottore, è un mio rischio.” Disse poi con decisione.
“Cenerentola…” chiamò il Signor Dottore, preoccupato.
Ma la ragazzina era già corsa via, diretta ad esplorare tutto il maniero pur di trovare un misero indizio.
 
Il ragionamento di Cenerentola era semplice: avrebbe guardato ovunque: sarebbe partita dall’alto (la soffitta) per poi scendere verso il basso fino in cantina.
Forte della nuova energia derivante dalla sua giusta intuizione sulla falsa morte del padre, si diresse quindi in soffitta.
 
Qualche ora dopo, parecchia polvere e molte cianfrusaglie più tardi, Cenerentola non aveva ancora scoperto nulla. Aveva setacciato la soffitta e le camere delle sorellastre senza aver trovato nulla.
Ora toccava alla camera della matrigna. Ed era un bene che capitasse proprio in quel momento perché la matrigna era andata a fare una passeggiata per staccarsi dal suo dolore.
“Coraggio, Cenerentola” mormorò tra sé e sé la ragazzina, prima di spingere la maniglia della stanza della matrigna ed entrarvi.
Una volta dentro, prese a guardare ovunque: svuotò il comodino, sollevò i quadri e i tappeti, guardò nei vasi e sotto al letto, rovesciò il portagioie e aprì tutti il cassetti del comò.
Non rimaneva che il cassettone.
Iniziò a sfilare ogni singolo vestito della matrigna dal cassettone fino a lasciarlo vuoto. Lacrime di delusione incominciarono a bruciare gli occhi di Cenerentola, stanca per tutto quel cercare esasperato.
Inconsciamente, era stata sicura del coinvolgimento della matrigna nell’omicidio.
Non dandosi per vinta, iniziò a tastare le pareti del cassettone, riguardando minuziosamente.
Ed ecco che un piccolo particolare attirò la sua attenzione.
Nel lato opposto del cassettone rispetto a lei, una piccola fessura era presente tra il fondo rinforzato in metallo e la parete di legno. Incuriosita, Cenerentola si sfilò una forcina dai capelli, la inserì nella fessura e fece leva.
Ed ecco che come per magia la lamina di metallo si staccò da fondo del cassettone.
Esaltata, Cenerentola tolse la lamina e vi guardò sotto.
Sul fondo, in legno, del cassettone, c’erano dei biglietti bianchi.
 
Cenerentola ne prese uno e lesse: “Mia adorata, mi mancate ogni giorno di più, anche se ogni giorno vi vedo. Vorrei tanto stringervi di nuovo tra le mie braccia… P.” 
Un altro recitava: “Tesoro mio, a quando il prossimo appuntamento? Ardo dall’impazienza... P.” un altro ancora dice: “Ardo di gelosia tutte le volte che lo tocchi P.
Oppure ancora: “Oggi, stessa ora, stesso posto. P.” O anche: “Tutti i giorni servirvi e vedervi col padrone è una pena, sapendo cosa in realtà vuole il vostro cuore. P.
O di nuovo: “Stasera. Alle stalle. P.
Cenerentola aveva un indizio.
 
Si precipitò nelle stalle a perdifiato, dovendo reggersi un fianco quando vi arrivò.
Cercò di fare mente locale: a quanto pareva, la sua matrigna aveva un amante nella servitù del suo stesso marito! Cenerentola era disgustata e arrabbiata. Come si poteva tradire un uomo buono come suo padre?
Ora il movente del delitto appariva chiaro: l’amante della regina, folle di gelosia, doveva aver assassinato suo padre per poi potersi godere i possedimenti di quest’ultimo con l’amata. Cenerentola si sentì mancare.
Ma non poteva permettersi distrazioni, il cuore le suggeriva che era vicino alla verità.
Era fiera di aver dato ascolto al motto non c’è niente che non valga la pena sapere.
Solo ora si rendeva conto di quanto fosse vero.
 
“Dai, Cenerentola, pensa: chi lavora nelle stalle? Chi può accedervi senza che sembri strano? E poi, chi è P?”
Avvolta in questi pensieri, Cenerentola quasi non si accorse della figura che entrò dalla porta Sud della stalla, quella opposta a quella da cui era entrata lei.
“SI PUO’ SAPERE CHE SUCCEDE QUI? L’ODORE DI FECI SI SENTE FIN DALLA STRADA E LA SIGNORA E’ PROSSIMA A TORNARE…”
Era il capo-stalliere. Un bell’uomo sulla trentina, con folti capelli rossi e brillanti occhi grigi.
Cenerentola era in una posizione ottima per chi vuole guardare senza essere vista, poiché nascosta dai cumuli di fieno.
Uno degli apprendisti fece capolino da un box e profferì: “Eddai, Phillip, rilassati! La signora ha appena perso il marito, vuoi che le importi di come sono messe le stalle?”
Phillip. P. Phillip. P.
Cenerentola spalancò la bocca, incredula. Il capo-stalliere aveva una relazione con la matrigna! Lui aveva assassinato il padre per la gelosia!
“Non nominare il signore, George, che non è giornata!”
E ora diceva anche ai suoi sottoposti di non nominare il padre perché si sentiva in colpa! Il cuore di Cenerentola prese a battere all’impazzata. Era davanti ad un omicida.
“Ma smettila di fare il finto dispiaciuto, lo sanno tutti che odiavi il padrone…”
“STAI ZITTO!”
Cenerentola si mise le mani sulla bocca per non urlare. Iniziò ad indietreggiare, cercando di non farsi notare per poter scappare verso il maniero.
Ma mentre procedeva a ritroso, urtò contro qualcosa, che cadde facendo un rumore sordo.
Si girò e vide che aveva rovesciato un secchio, dal quale si disperdeva un liquido giallastro dall’aspetto molto poco rassicurante. La paglia toccata dal liquido annerì.
I due uomini avevano smesso di discutere e la guardavano.
Senza indugiare, Cenerentola prese con se il secchio rovesciato (che conteneva una piccola dose del liquido giallognolo) e scappò precitosamente fuori dalle stalle.
 
L’unica altra persona dopo il Signor Dottore di cui si fidava era la Signora Cuoca.
Non a caso da bambina avrebbe voluto si sposassero.
Quindi fu nelle cucine dove si diresse, terrorizzata dal possibile inseguimento del capo-stalliere.
Una volta giuntavi, chiuse la porta con il chiavistello, per poi accasciarcisi contro stringendo tra le braccia il secchio, la prova della colpevolezza di Phillip, il capo-stalliere.
Per fortuna la cucina era deserta, ad eccezione della Signora Cuoca, intenta a far bollire lo stufato.
“Tesoro, oddio, che ci fai qui? Oh cielo, sembri sconvolta!” Disse questa, appoggiando il mestolo al ripiano in legno. Poi, rendendosi conto di cosa aveva detto, si corresse: “Volevo dire che è ovvio che sei sconvolta ma sembri davvero…”
“Aiutami!” strillò Cenerentola “Sta venendo a farmi fuori!”
“Chi?” domandò la Signora Cuoca sbalordita.
“Il capo-stalliere!”
“Ma non dire sciocchezz…”
“Cenerentola! Grazie al cielo, eccoti qui!” Dalla porta sull’interno del maniero era appena entrato il Signor Dottore “Ti ho cercata ovunque! Sono due ore che nessuno sa dove ti trovi…”
“Signor Dottore! L’ho trovato! E’ stato il capo-stalliere! Ho qui il veleno!”
“Piccola, calmati, respira… Raccontami cos’è successo.”
E Cenerentola riassunse in fretta, scioccando i due con il racconto.
“E ora?” sussurrò la Signora Cuoca.
Ma il Signor Dottore non fece in tempo a rispondere che il capo-stalliere e la matrigna entrarono di spinta all’interno dell’ambiente.
Cenerentola gridò.
“Dove ti eri cacciata? Phillip ti ha vista mentre scappavi dalle stalle… che ti è preso?” chiese la matrigna, torreggiando su di lei.
“Signora, si calmi…” intimò il Signor Dottore, minaccioso.
“E’ stato lui! Lo ha ucciso lui! Ha ucciso mio padre!” urlò Cenerentola, puntando il dito contro il capo-stalliere.
“Ma non dire sciocchezze!” balbettò timidamente la matrigna.
“Signora… Temo proprio che la piccola abbia ragione.” Sentenziò il dottore con aria severa.
Detto questo, ripeté la conclusione alla quale erano arrivati lui e Cenerentola quella mattina.
“E questo qui” disse il Signor Dottore prelevando dalle mani della ragazza il secchio “Proviene dalle stalle. E sapete cosa c’è dentro?”
La matrigna scosse il capo, confusa. Il capo-stalliere era immobile e guardava il Signor Dottore con astio.
“Aconite. Pestata e sciolta in acqua. Ci sono anche i grumi dovuti al fatto che chi l’ha preparata non sapeva che non si scioglie bene in essa. E’ un veleno letale che si produce…”
“…da fiori viola reperibili nei dintorni.” La Signora Cuoca sollevò le mani a coprirsi la bocca, sbigottita.
“NO! Non sono stato io!” si difese Phillip.
“Tu eri l’amante della signora. Lo neghi?” lo incalzò il dottore, furibondo.
Il capo-stalliere esitò, sorpreso.
“No.” Ammise infine “Ma non ho ucciso il padrone! Glielo ho augurato tante volte e di questo mi dolgo profondamente, ma non l’ho ammazzato io!”
“BUGIARDO!” gridò Cenerentola, singhiozzante.
“Dovete credermi!” ribatté questi “Come avrei fatto a somministrarglielo? E pensate che avrebbe bevuto un aggrumo giallognolo?”
Nella stanza calò il silenzio.
“Ha ragione.” Disse la Signora Cuoca spezzandolo “Non è stato lui… bensì il Maggiordomo.”
“CHE COSA?” esclamò il resto dei presenti in coro.
“Sì. Ieri sera, il signor Winter, il Maggiordomo di casa, è venuto in cucina a prendere personalmente il bicchiere di vino serale del padrone. Ha pestato nel pestello alcuni fiori viola. Erano fiori di aconite. Poi li ha sciolti nel vino… Diceva che al padrone facevano impazzire… E io… non ci ho pensato, l’ho lasciato andare…” la Signora Cuoca si coprì il volto e iniziò a singhiozzare.
“L’aconite si scioglie perfettamente in alcool…” sussurrò il Signor Dottore.
“Ma perché?” chiese Cenerentola.
“Perché tutti sapevano della tresca tra il signor Phillip e la padrona e lui… Ne era geloso. Vi ha sempre desiderata tanto” aggiunse, rivolta alla matrigna di Cenerentola.
“Allora dunque…” cominciò il Signor Dottore.
“…il mistero è risolto.” Concluse la matrigna, scoppiando poi in lacrime.
 
E così, il Maggiordomo confessò, messo alle strette. Venne licenziato e giustiziato.
Fu licenziato anche il capo-stalliere, su imposizione del Signor Dottore e delle Forze dell’Ordine, convinti che avesse portato a troppo male.
Cenerentola pianse amaramente il padre ancora per qualche giorno, poi la sua vita cambiò.
Iniziò ad essere odiata dalla matrigna e tiranneggiata dalle sorellastre.
La matrigna, infatti, non le perdonò mai di averla privata del suo amore facendolo licenziare.
Ma Cenerentola era serena. Poiché aveva prestato fede alla filosofia di vita di suo padre: non c’è niente che non valga la pena sapere.
E questo, lo sapeva, era l’unica cosa che il padre avrebbe voluto.



 
eccomi qua con il giallo su Cenerentola :)
Non spenderò molto a dirvi che non è il mio genere perchè già lo avrete intuito dal testo... l'unica cosa che mi piace da matti è la coppia Signor Dottore - Signora Cuoca... ho una nuova ship xD
un bacione a chiunque abbia letto <3
passate a recensire se vi va ma siate clementi, please!
S.
   
 
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