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Autore: SoRomantic    27/01/2014    1 recensioni
Sai cosa è più forte dell'amore, della voglia di aversi per tutta la vita, di vedersi ogni giorno, di sentirsi ogni giorno? Sai cosa è più forte anche della felicità? Conosci il volto del tuo più grande nemico? Si chiama paura, e la gente scappa sempre, quando se la trova di fronte.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il tavolino davanti a me vibra, il cellulare si illumina per un attimo e poi torna nuovamente nero.

Un messaggio: Manuela.

Manu mi ricorda i tempi andati, quando anch'io ero parte attiva del mondo, Manu mi ricorda che c'è qualcosa al di fuori della bolla che mi sono costruita attorno. Però non basta.

A volte so che vorrebbe di più da me. Cerca di leggermi dentro, ma non è così facile. E' la mia migliore amica da tanto ormai, è stata al mio fianco in ogni momento, però sa che anche per lei ci sono dei segreti, dei muri che non vogliono sgretolarsi neanche davanti ai suoi occhi dolci, ricolmi di desiderio e curiosità. Lei è fatta così: ogni emozione che la scuote passa dai suoi occhi e si riversa nel mondo.

Mia mamma una volta mi ha fatto notare che nessun mio gesto, nessuna mia parte del corpo esprime ciò che penso e ciò che voglio. Sono tutte cose che tengo per me, così come la passione per la danza o per la cucina, perché ho paura che possano svanire nel momento in cui le rendo pubbliche. Forse è per questo che non ho mai dichiarato il mio amore a nessuno.

Dunque essere single mi pare un risultato abbastanza logico.

Venticinque anni e solo un fidanzamento alle spalle.

Venticinque anni e tanta indifferenza nei confronti del mondo.

Venticinque anni e mi sembra che vada tutto storto.

Venticinque anni! Li ho compiuti l'altro ieri e non mi sembra vero... forse perché mia mamma a quest'età aveva già avuto me. Nel tempo trascorso fin'ora non ho avuto modo di riflettere che la vita stava scorrendo insieme alla mia gioventù. Ora che ho un lavoro che mi soddisfa, una casa e una stabilità economica, mi rendo conto che tutte queste cose le ho ottenute da sola, senza aiuti, il che non può che rendermi ancora più orgogliosa, ma mi sarebbe piaciuto un supporto, un luogo magico in cui rintanarmi quando andava tutto male, braccia muscolose che mi sorreggevano un minuto prima che potessi cadere, un profumo inebriante che mi facesse scordare per un attimo chi ero io e cosa pretendevo da me stessa e dalla mia vita.

In realtà qualcuno che mi abbia fatto sentire così c'è stato, tanto tempo fa...

"Domani hai impegni?" La voce del mio migliore amico risuonava squillante perfino a me che sin da piccola ero abituata ai nonni mezzi sordi che con le loro urla svegliavano tutto il vicinato; questo semplicemente quando dialogavano, durante le litigate si potevano sentire insulti e minacce di chiamare la polizia per disturbi alla quiete pubblica da più di un chilometro.

"Mmh... no, non credo"

"Tranquilla, non mostrare così tanto interesse, potresti ammalarti!" Feci una linguaccia virtuale.

"Piuttosto sei tu che ne dimostri anche troppo. Cosa stai tramando?" Sentì sghignazzare dall'altro capo del telefono. Mi preoccupai.

"Andrea?"

"Niente domande. Ci vediamo di fronte al parco comunale alle 6." Stava per attaccare, quando lo fermai appena in tempo.

"Aspetta! Lo sai che io sono a lavoro alle 6."

"Infatti io intendevo alle 6 del mattino, baby."

"Ma che ti sei fumato oggi?" Nessuna risposta, aveva già chiuso evidentemente. Ma guarda tu cosa mi toccava fare! Nessuno si sveglia alle 6 del mattino per acconsentire alle folli idee di un amico, che non vuole neanche svelarti cosa farete di tanto misterioso a quell'ora insensata, men che meno una povera ragazza che tre ore dopo sarà a lavoro e staccherà solo alle 8 perché il capo non ha intenzione di fermare l'attività intensa di fine Luglio neanche per ingerire qualcosa.

Che posto poi! Non andavamo mai al parco. C'era il solito bar, custode dei nostri ricordi più dolci, dove avvenivano la maggior parte degli incontri che avevamo da piccoli. Mia mamma e quella di Andrea, compagne di liceo e di vita, si davano appuntamento lì ogni sabato mattina e noi non mancavamo mai, un po' perché l'aria di Capri è bella da respirare, un po' perché, anche se non lo dicevano, le nostre mamme ci tenevano a portarci con loro, per ricordarsi come era vivere libere e spensierate, cercando di vedere nei nostri occhi il riflesso della loro gioventù perduta, un po' perché, e questo è ciò che mi piace più ricordare, anche a quell'età ci volevamo già un gran bene e preferivo sicuramente stare con lui che con i bambini spocchiosi e antipatici della scuola materna.

Credo che la nostra amicizia sia iniziata da lì, e si sia irrobustita con gli anni. Come una piantina. Ci è voluta molta pazienza per farla crescere ma il risultato è stato spettacolare.

Lui era il mio migliore amico. Era il mio punto fermo. Era la mia ancora quando stavo per affondare. Lo sarebbe ancora oggi. Se non fossi così codarda, diffidente e maledettamente imbranata nei rapporti umani.

"A volte sai mi sembra che tutto è normale tranne me, come se io dal mondo fossi differente."¹

Non so se quando stavo con lui il mondo cambiasse oppure ero io a farlo. Non so se fosse lui tanto simile a me da farmi credere che tutto il mondo mi fosse amico. Non so se semplicemente stessi così bene con lui da dimenticarmi tutto il resto.

Ricordo solo la sensazione delle sue mani nelle mie quel giorno di fine Febbraio, alle sei di mattina.

Ricordo il suo profumo che si sprigionava dalla giacca che mi aveva adagiato sulle spalle perché gli avevo confessato di avere freddo.

Ricordo la meravigliosa impressione che tutto fosse possibile, che non ci fossero confini invalicabili, perché insieme avremmo trovato il modo di oltrepassarli.

Ricordo i nostri piedi che calpestavano il prato ed erano sincronizzati, come se guardassimo dalla stessa parte e ci volessimo arrivare nello stesso momento.

Ricordo la sua voce che pronuncia due parole, e poi le nostre labbra che piano piano si avvicinano, i respiri che si mischiano, il suo tocco lieve e delicato sulla guancia che mi accarezza.

La sensazione di sollievo che venne dopo. Guardarlo negli occhi e sapere ciò che provava perché era lo stesso che provavo io.

I giorni passavano così. Mia mamma sempre più felicemente sorpresa del mio improvviso cambiamento. Io che ingenuamente credevo sarebbe rimasto tutto come allora.

Una mattina di fine Aprile io e Andrea c'eravamo danti appuntamento per la colazione e poi avremmo deciso insieme cosa fare. Quel giorno Capri diffondeva per le vie e le piazze tutta la sua bellezza con la semplicità e la purezza uniche delle cose preziose. Ci ero nata a Capri ed era il solo posto, questo purtroppo lo capii qualche anno dopo, in cui mi sentissi davvero bene; sarà stata l'aria di mare che anche in pieno inverno era possibile percepire, saranno state le abitazioni basse e colorate che le conferivano un non so che di familiare o quell'odore di pesce che si insinuava sin dentro la mia stanza oppure la gente del luogo che di più gentile e disponibile non ne ho mai visti, ma ero innamorata della mia città e lo sono ancora adesso.

Ed è proprio per questo che ogni giorno sento che mi manca qualcosa, all'altezza del petto; probabilmente l'ho lasciata il giorno che sono partita, in quel bar nello stesso tavolino all'angolo della strada in cui quella mattina ho fatto colazione, per l'ultima volta, con Andrea.

"Ciao amore, ben svegliata." Mi aveva salutato così, con un bacio sulla bocca e quelle parole dolci. Sul tavolino un cornetto al cioccolato e un cappuccino, sapeva che era la cosa che più mi piaceva e praticamente l'unica che mangiavo.

Avevo diciannove anni e da quel giorno cambiò tutto.

No, non è il solito lieto fine.

Lui mi ha chiesto di sposarmi quel giorno e io non ero pronta. Forse non lo sono mai stata. Forse non lo sarò mai. E questo mi terrorizza.

Ci sarebbe potuto essere un lieto fine per noi, forse l'unico possibile nella mia vita.

Ma ero diffidente. Forse lo sono sempre stata. Forse lo sarò per sempre. E questa è la mia più grande paura.

Ogni giorno, quando sento mia mamma a telefono, quando apro l'armadio e vedo i vestiti che ho portato da Capri, quando con Manu prendo cornetto e cappuccino nella fredda Milano che mi ha adottato in questi ultimi anni, ricordo l'espressione che ha assunto il viso di Andrea nel momento in cui gli ho detto "ci devo pensare", ho preso la borsa e l'ho lasciato lì, con la scatolina dell'anello ancora mezza aperta, con i progetti per il nostro futuro ancora da considerare. Ecco, cosa ho fatto, per paura, per timore, per sfiducia: ho spezzato un noi e ho ricostruito il mio io.

Avevo diciannove anni.

Ora ne ho venticinque.

Non torno a casa da sei anni.

Non vedo Andrea da quel giorno in cui ho capito che neanche il suo amore e la sua gioia di vivere potranno darmi la sicurezza di cui ho bisogno.

Tutto è cambiato in un solo pomeriggio: ho fatto le valigie, ho prenotato il volo, ho avvertito mia zia che sarei andata da lei per un po'.

Mi viene da ridere, una risata amara, se ci penso.

Appena arrivata mia zia mi ha chiesto da cosa sono scappata, e io le ho risposto 'da un uomo'.

Mi ha guardato e mi ha detto: "Fuggire da chi si ama vuol dire fuggire da se stessi. E qui, come in nessun altro posto, non troverai quello che cerchi. La risposta è solo dentro di te."

Dopo sei anni sono ancora convinta che abbia ragione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Frase della canzone Ae-Au di Gianluca Grignani.

  
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