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Autore: Marty_99    28/01/2014    4 recensioni
"Bene signor Penniman, cosa desidera mangiare per colazione?" chiesi sorridente con una grossa padella in mano
"Te" rispose socchiudendo gli occhi malignamente. Poi improvvisamente mi si lanciò addosso e mi prese in braccio, mi portò in camera e mi lanciò sul letto, dove si lanciò anche lui ignorando le mie scherzose proteste. Cominciammo a ridere ed io mi coprì i il viso con la padella che ancora reggevo in mano.
"Leva questa cosa!" gridò ridendo
"No! Tu sei cattivo! Va via!" piagnucolai.
Lui afferrò il manico della padella e me lo strappò di mano. Poi si alzò in piedi con la padella sollevata sulla testa urlando
"VITTORIA! SONO IL RE DEL MONDO!". Risi, gli afferrai i boxer arancioni e lo tira i giù, di nuovo su di me.
"Vieni qui, Re del mondo"
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- era una gelida e ventosa serata invernale quando il mio sogno si realizzò. Avevo 17 anni (?) e vivevo in un paesino campagnolo vicino Dublino, in Irlanda. Da quando avevo 13 anni il mio sogno è stato sempre incontrarlo, forse sembrerò pazza ma sapevo che prima o poi sarebbe accaduto... ma non voglio divagare. Quel 15 Dicembre era, come ho gia accennato, una fredda e ventosa serata, tipica delle mie parti. Cavalcavo su Guendalina, la mia giumenta maculata, e volevo solo staccarmi dal mondo. Dalla mia famiglia, dalle mie monotone giornate a spalare fieno per le mucche, insomma, dalla mia vita. Avevo l'iPod a tutto volume nelle orecchie e ascoltavo lui, la sua voce dolce e sexy, il suo modo di cantare così perfetto da mozzare il fiato. Cavalcavo alla cieca con le lacrime che mi offuscavano la vista e mi rigavano il viso. Era buio e non vedevo niente intorno a me se non ombre che sembravano come minacciarmi di farmi cadere, di farmi tornare nella mia monotona vita di sempre. Avevo paura, non vedevo nulla. Cosa c'era intorno a me? Dove mi trovavo? Che ora era? Forse in quel momento avrei dovuto fermarmi e tornare indietro, ma la paura della mia vita era troppa, troppa per poterla sopportare ancora. Volevo solo scappare. Dove? In un posto dove nessuno mi avrebbe mai trovata. Mai. Forse fu durante il corso di quei pensieri che accadde, forse. Non ricordo molto, solo un nitrito e qualche luce. Sentii un mio iPod andare in frantumi nella tasca posteriore del mio jeans a vita alta. Era tutto finito. O forse no. Quando mi svegliai la prima cosa che vidi fu un enorme lampadario piumato.. -un momento- pensai -un lampadario piumato...?- mi alzai di scatto dal mio giaciglio, che realizzai essere un letto a baldacchino, e feci un passo barcollante, ma le vertigini ebbero il sopravvento e piombai di nuovo sul soffice materasso... così soffice.... Quando mi svegliai per la seconda volta c'era un uomo chinato su di me, intento ad esaminarmi. "Ah, si è svegliata." mi disse bruscamente "Si, mi sono svegliata" risposi con tono di sfida. "Io avevo avvisato il padrone, lui non mi ha ascoltato... si troverá nei guai fino al collo... sequestro di persona... incredibile..." borbottava l'uomo tra se mentre mi versava del latte in un bicchiere. "Scusi, ma lei chi è?" chiesi ingenuamente. "Io sono sir Rubeus, e non sono il padrone di casa" "Lo vedo" risposi squadrando il suo frac sudicio, che non si intonava minimamente ai colori sgargianti delle pareti. "Mi scusi ma ora devo andare, grazie dell'ospitalitá. Sa per caso dov'è la mia giumenta?" chiesi infastidita "Si" rispose "giù in giardino, alle stalle private. Vi accompagno subito". Mi alzai riconoscente dal letto e ci incamminammo in un lungo corridoio con sgargianti pareti azzurre e lampdari piumati. Che strano, non avevo mai visto un posto del genere ma in un suo qual modo mi ricordava qualcosa... qualcosa di molto familiare. Attraversammo saloni e corridoi vivacemente arredati nei modi più stravaganti. Quando, finalmente, arrivammo in giardino l'uomo mi condusse su per una tortuosa stradicciola di ghiaia fin su ad una collinetta. Lì vidi finalmente delle belle casette in legno che dedussi essere le stalle. Iniziai a correre veloce, volevo rivedere la mia giumenta sana e salva. Quando arrivai a pochi metri dalla porta delle stalle mi fermai, respirando affannosamente. Misi le mani sulle maniglie delle porte scorrevoli e spinsi forte, si aprirono dolcemente ed io mi fiondai dentro. Vidi la mia giumenta in fondo alle stalle, ed accanto a lei un uomo alto con scuri capelli ricci. Si girò e mi sorrise... un sorriso familiare. Ripresi a camminare "Scusi ma..." e poi realizzai. Mi fermai di botto, il cuore a mille e il respiro mozzato "Puoi continuare a respirare se vuoi" scherzò. Okay. Era lui. Era lui davvero. Di fronte a me, in carne ed ossa. Mi aveva salvata. Lui. Il mio idolo. "I-io..." balbettai. Mi sorrise dolcemente e sospirò "Eh si faccio questo effetto a molte persone, ma ti prego siediti, non voglio vederti di nuovo svenuta". A quelle parole piombai a terra a gambe incrociate, non smettevo di fissarlo, non sbattevo neanche le palpebre, per paura che scomparisse. "Io intendevo su una sedia ma credo che vada bene anchè lì" ridacchiò. "S-sei davvero tu?" riuscii a dire. Tre parole in fila, wow. "Si, se intendi Michael Holbrook Penniman si, sono io"- -Era davvero lui, incredibile ma vero. Mi aiutò ad alzarmi e disse dolcemente "Dai vieni dentro". Entrammo in casa e tutto quello che pensavo era -impossibile. Impossibile. Impossibile.- Ci sedemmo su un divano di uno strano color giallo banana, la stanza era spaziosa e molto luminosa. Le pareti color verde evidenziatore mi fecero ancor più girare la testa, così chiusi gli occhi per concentrarmi e, con un po di coraggio, domandai "scusa, ma io come ci sono finita quì?". "Ero sulla jeep" rispose "e stavo guidando nei prati per seminare i giornalisti, improvvisamente ho visto un ombra nera passarmi davanti e rallentare, ho pensato fossero i giornalisti così ho accellerato e per sbaglio ti ho urtata, o meglio, ho urtato il tuo cavallo. Ti ho vista cadere e mi sono reso conto in quel momento che non era qualcuno che mi cercava, ma solo qualcuno che tentava di scappare, proprio come me." quando riaprii gli occhi notai che mi stava sorridendo, un sorriso dolce ma anche comprensivo, come se sapesse cosa stavo pssando. "Eri svenuta, così ti ho caricata sulla jeep, ho legato il cavallo all' albero più vicino e ti ho portata quì." "...grazie" sussurrai, e lui scoppiò a ridere "Lo sai che è colpa mia se sei rimasta svenuta per 8 ore?" OTTO ORE?! Sbarrai gli occhi e balzai in piedi. Otto ore. La mia famiglia probabilmente era giá morta d'ansia. "Grazie dell'ospititá ma devo andare. La mia famiglia...." "La tua famiglia sa tutto, sa che stai bene e che sei quì a casa con me. Verranno quì alle 5 di questo pomeriggio, gli ho detto che dovevi riposare" rispose. "Ah, beh allora grazie". Ripiombai pesantemente sul divano, chiusi gli ochi e sospirai "...non può essere vero" "E perchè no?" chiese stizzito "Perchè io sono Mika? Perchè non posso essere gentile? Le star devono per forza essere citrulle e senza cuore? Hai quest'idea di me?" era arrabbiato, molto. Lo vedevo dagli occhi. "Non intendevo questo" controbattei "solo che per me questo è..." "Strano?" chiese ancora più incazzato "No. Fantastico." Il suo sguardo si addolcì, le rughette d'espressione sul suo viso si spianarono e le sue labbra tornarono dritte e perfette come sempre. "Oh" disse "mi dispiace per averti attaccata ma sono stanco di tutti questi pregiudizi. Io sono io, e se non ti piaccio.... beh, TI BUTTO FUORI!" a quelle parole tirò un calcio all'aria e mi fece sobbalzare. Mi sorrise. E che sorriso... mi rendevo conto di guardarlo imbambolata come un idiota, il tipico sguardo vacuo di quando ti piace qualcuno. Di quando ti piace davvero. Forse lo immaginai, ma in quel momento mi parve di scorgere una scintilla d'amore nei suoi occhi, una scintilla che forse sarebbe potuta tramutare in fiamma. In quel momento bussarono alla porta "Avanti" disse Mika, senza staccarmi gli occhi di dosso. Entrò Rubeus (il maggiordomo), Mika indugiò ancora qualche secondo su di me e poi si rivolse a lui "Si Ru dimmi" "C'è quello della Casa Discografica, signore. Lo faccio entrare?" il panico si dipinse improvvisamente sul suo volto, come uno scroscio di pioggia in una giornata soleggiata. Si girò verso di me e disse a bassa voce "Vai fuori! fuori! Non ti devono vedere, non ti deve vedere nessuno!" lo guardai con sguardo interrogativo. Lui scattò in piedi, mi prese per la mano e mi tirò via. Entrammo in una piccola porticina, all'angolo della stanza, che prima non avevo notato. Arrivammo in una minuscola stanzetta con i muri grigi e il pavimento in marmo, il che mi stupì molto dato che tutto il resto della casa era colorato da star male. Mi prese le mani "Tu stai quì" mi intimò "e non fare il minimo rumore. Ricorda che lo faccio per te" si girò ed uscì chiudendosi la porta alle spalle. Mi accasciai sul piccolo divanetto marrone scuro, e sospirai. Da lì dentro non potevo udire alcun che di ciò che accadeva nell'altra stanza, così decisi di aspettare in silenzio, come mi aveva detto di fare. Dopo quelli che parvero secoli, finalmente la porticina si aprì e comparve lui in tutto il suo splendore. Sorrideva a 32 denti e anche la persona più stupida dell'universo avrebbe capito che era al settimo cielo e fiero di se stesso. Mi venne un mini-infarto quando i suoi occhi color nocciola incontrarono i miei. "Vieni" mi disse "voglio farti vedere una cosa". Mi alzai in piedi, lui mi prese la mano, mi sorrise e con sguardo perverso se la mise su Willy (hahaha vi piacerebbe eh! zozzone... no cancellate l'ultima frase :"D <3) mi prese la mano e mi guidò lungo molti corridoi, quando finalmente si fermò avevo il fiatone. Si girò verso di me "Prometti" disse "che non dirai mai niente a nessuno di ciò che accadrá in questa stanza" "va bene" promisi. Mi sorrise (*-*) ed aprì la porta. Un ondata di luce mi investì e fui costretta a ripararmi gli occhi con la mano. Quando finalmente riuscii a vedere misi a fuoco un enorme salone con muri e soffitto di vetro, un pavimento azzurro cielo e un enorme pianoforte a coda bianco come la neve. "Wow" sospirai. "Ti piace?" mi chiese Mika. Cominciai a camminare per la stanza "È il posto più incantevole che io abbia mai visto. Mi sembra di essere in una favola" risposi. Mi sorrise e si andò a sedere sullo sgabello a quattro piedi di fronte al pinoforte, mise le mani sulla tastiera e cominciò a suonare una splendida canzone. s it really necessary Every single day You're making me more ordinary In every possible way This ordinary mind is broken You did it and you don't even know You're leaving me with words unspoken You better get back 'cause I'm ready for More than this Whatever it is Baby, I hate days like this Caught in a trap I cannot look back Baby I hate days like this When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains More than this Baby I hate days like... Trying to be ordinary Was it me who was the fool? Thought you found the man you wanted 'til you turn him into something new Well even if our minds are broken There's something that I need you to know It's nothing like the life we wanted You better move on Cuz I'm ready for More than this Whatever it is Baby, I hate days like this Caught in a trap I can't look back Baby I hate days like this When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains More than this Baby I hate days like... (Spoken) I'm not angry Don't know what to do After all the years that I spent with you I can't blame you for the things you say I was using you just to hide away More than this Whatever it is Baby, I hate days like this Caught in a trap I can't look back Baby I hate days like this When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains When it rain and rain and rain and rains More than this Baby i hate days like this... Avevo le lacrime agli occhi. "È bellissima" sospirai. Mi guardò timidamente "Io..." "Ah bene!" lo interruppe una voce "Ti rifiuti di far sentire a ME le tue canzoni e poi le fai ascoltare alla prima che capita!" Un uomo alto e muscoloso, con luminosi occhi verdi e capelli di un nero corvino comparve alla porta. Mika si girò di scatto, con sguardo impaurito "Josh io..." "No Michael, tu niente." ringhiò Josh "Ti sei sempre rifiutato di far sentire a ME le tue canzoni, dicevi che era 'segreto professionare' e io ti ho capito, non ho insistito. Poi ti ritrovo quì a farle sentire alla prim puttanella di turno!" Mika balzò in piedi "Non ti permetto di chiamarla così! Ho deciso IO di farle sentire una mia canzone, lei non c'entra niente! Ora basta! Sono stanco del tuo comportamento, capito? STANCO!" urlò "Bene allora me ne vado!" rispose Josh, nero di rabbia "Si Josh, bravo vattene! Vai via e non farti vedere più..." urlò Mika. A quelle parole Josh si girò e corse via. "...mai più" sussurrò Mika. mi avvicinai a lui "tutto bene?" chiesi "non lo so" sospirò "non per farmi i fatti tuoi, ma quello chi era?" domandai incuriosita "Il mio ragazzo". Sbarrai gli occhi. Il suo ragazzo. Quindi era gay. -Il mio idolo è gay- pensavo. Cercai di contenermi "Ah, e ora vi siete lasciati?" domandai "Si." Mi sentii contorcere le budella. Mika si era lasciato con il suo ragazzo ed era solo colpa mia. "Mi dispiace ma ora devo andare." Mi sentivo uno schifo, in colpa come non mai. Mika alzò lo sguardo verso di me, uno sguardo anzioso, impaurito, supplichevole improvvisamente agitato. "No ti prego non andare... alle cinque verranno i tuoi parenti, e se tu non ci sei che diranno? E poi..." "e poi?" chiesi "E poi ti prego, fammi un po di compagnia" il suo sguardo era così tenero che non potetti dire di no "okay, ti va di andare a mangiare qualcosa?" "Si ma io non posso uscire dalla mia proprietá, ci sono branchi di giornalisti che aspettano di sapere qualcosa sul nuovo album" rispose timidamente. "Perfetto allora andiamo a fare un PicNick" decisi. Lui scoppiò a ridere "Certo che tu sei una tosta eh?" "tostissima" risposi giocosamente. Ci alzammo e andammo in cucina dove cominciammo a preparare un cestino pieno di qualsiasi cosa ci venisse in mente: dall'aranciata alle lasagne, dal gelato al limone al pollo al forno. Poi Rubeus ci portò due cavalli, tra cui la mia giumenta Guendalina. Cavalcammo a lungo fino ad arrivare vicino ad un boschetto di betulle. Gli alberi si innalzavano al cielo, sottili e robusti. Gli uccelli cinguettavano allegramente, il cielo era di un azzurro terso, solo una nuvola vagava solitaria come una pecora che ha smarrito il gregge. Arrivati vicino al boschetto Mika scese da cavallo "Da quì dobbiamo proseguire a piedi" affermò. Senza fare domande smontai e legai il cavallo vicino ad un albero e lui fece altrettanto. Ci incamminammo nel bosco e man mano che procedevamo si faceva sempre più fitto e difficile da percorrere. Un paio di volte rischiai di cadere a faccia a terra come un idiota ma per fortuna c'era lì lui che mi sosteneva. Tutt' a un tratto gli alberi finirono e si aprì un enorme radura, una gigantesca prateria. L'erba era fresca e rigogliosa e quá e lá spuntavano fiori di campo. Margherite bianche, campanule blu intenso e papaveri rossi da bruciare gli occhi. "Wow, che bello" elogiai "vero?" chiese ammirando la prateria soleggiata "Valeva la pena di fare tutto quello scarpinetto". Ridemmo insieme e ci andammo a sedere in un punto particolarmente pieno di fiori. Sistemai la tovaglia e disfai il cestino. "Abbiamo portato un po troppa robba" osservò "Non trovi?" "Trovo" risposi "che sapendo quanto mangi vada più che bene" "che vorresti dire mh?" chiese ridendo "Niente, niente" gli diedi un pugnetto sulla spalla e lui mi guardò come se avessi commesso un crimine "Allora è guerra!" urlò balzando in piedi "guerra?" chiesi impaurita "quale gu..." non ebbi neanche il tempp di finire la frase che lui mi si lanciò addosso e cominciò a farmi il solletico. "Basta basta ti prego basta... pietá sono la tua serva ti prego pietá" lui smise di solleticarmi e si stese accanto a me, poi scoppiò a ridere anche lui. Passammo un pranzo fantastico, tra risate e scherzi, e in un lampo venne l'ora in cui saremmo dovuti tornare. Erano le 4:30 ed eravamo stesi sul prato a guardare le nuvole "Guarda!" esclamai "quella sembra un elefante!" "Nooo" rispose scherzando "a me sembra una giraffa" "e allora tu sei cecato!" controbbattei ridendo "Senta signorina io sono più grande quindi ho ragione io! A proposito... quanti anni hai?". Scoppiai a ridere "Non lo sai? Ne ho 17, la settimana prossima se faccio 18! Tu invece sei nato il 18 Agosto e hai 24 anni. Tra un mese e 12 giorni compirai 25 anni." guardai compiaciuta il suo sguardo sconvolto. "Hai 18 anni. Io 24." disse sottovoce. Il suo sguardo era strano, come se avesse capito solo in quel momento qualcosa si importante. Di molto importante. Si alzò, mi tese una mano "Dobbiamo andare. È tardi" il suo sguardo era indecifrabile. Afferrai la sua mano e mi alzai in piedi. Recuperammo le nostre cose e ci incamminammo verso il boschetto. Lui camminava avanti a me con passo fermo e deciso, io gli arrancavo dietro, inciampado su un ramo si e l'altro pure. Quando arrivammo ai cavalli mi aiutò a montare in sella, ma non mi rivolse la parola. Cavalcammo fino a casa sua e trovammo i miei genitori ad aspettarci. "Oh Emily eravamo così preoccupati! Stai bene?" mi chiese mio padre "Si papá, bene" loro mi abbracciavano e mi baciavano, io rispondevo alle loro domande ma il mio sguardo cadeva sempre sul mio idolo, il mio pensiero andava sempre alla freddezza con cui si era rivolto a me nell'ultima ora. Quando i miei genitori mi proposero di tornare a casa lui non oppose resistenza "Certo signori Brown, portatela pure. Ora sta meglio." Mentre salivo in auto ero sconvolta. Un attimo prima uscire dal cancello lo vidi affacciato alla finestra. Il suo sguardo era addolorato e i suoi occhi erano tristi come non mai. Cosa avevo fatto per meritarmi questo? Passarono i giorni e passarono le notti, la monotonia delle giornate mi uccideva: duro lavoro la mattina e pianti silenziosi la notte. Il sesto giorno avevo profonde borse sotto gli occhi e la stanchezza minacciava di prendere il sopravvento in ogni mia azione. Quando la sera andai a dormire non avevo neanche la forza di versare una lacrima. Pic-pic. La pioggia sulla finestra. Pic-pic. Strana pioggia, cade ad intervalli regolari. Pic-pic. Mi alzai ed andai vicino la finestra. Pic-pic. Non era pioggia, erano pietrine. Piccole pietrine lanciate dolcemente sulla finestra. Pietrine. Chi lancia le pietrine? pensai. "chi è?" chiesi stupidamente. Aprii piano piano la finestra. questa volta le pietrine mi arrivarono addosso e realizzai che non erano pietrine ma palline di carta. Ne presi una dal pavimento, la passai tra il pollice e l'indice, poi mi decisi e la srotolai. Una parola sola era scritta in stampatello su quel minuscolo pezzo di carta. 'Scυsα'. "scusa di che?" chiesi al vento, vento certo, perchè alla fine solo quello poteva sentirmi. "Scusa di essere stato così scemo" Il mio cuore si fermò per un attimo. Quella voce, la sua voce. "Scusa per averti ignorata così, scusa per averti fatta stare male, scusa per averti lasciata andare. L'ho fatto per te, l'ho fatto per me, l'ho fatto per entrambi..." poi cominciò a cantare "I wanna be your brother, wanna be your father too Never make you run for cover even if they want us to I wanna be your sister, wanna be your mother too I wanna be wanna be Whatever else that touches you Whatever else that touches you Whatever else that touches you... Ti prego perdonami" Non riuscivo a parlare, così agii e basta. Mi calai dalla grondaia. Arrivata ad un metro da terra mi lasciai andare e caddi tra le sue braccia forti e muscolose, il mio viso a pochi centimetri dal suo. "Scuse accettate" sussurrai. Poggiò la sua fronte sulla mia, sentivo il suo cuore battere forte, il suo respito caldo sulla mia pelle, i suoi occhi nei miei. Ci avvicinavamo, sempre di più. Poi finalmente le nostre labbra si incontrarono. Una scarica elettrica mi percorse la spina dorsale, la mia presa sul suo collo aumentò e lui mi strinse ancora di più a sè. Tenero, dolce, desiderato bacio. Passionale e pieno d'amore, amore represso da 18 anni. Diciotto lunghi, lunghissimi anni. Quando le nostre labbra si divisero mi sentii finalmente in pace con me stessa. Una pace che ti viene dal cuore e ti riempie, che ti fa dimenticare tutto ciò per cui sei stata male, tutto ciò che non hai mai avuto ma avresti tanto voluto. Pace. Felicitá. Immensa felicitá. Non sarei voluta essere in nessun posto al di fuori delle sue braccia. Mi sentivo protetta, mi sentivo bene, mi sentivo amata. Aprii gli occhi e notai che il suo volto emanava pace, serenitá. Aveva gli occhi chiusi ma sorrideva leggermente, si vedeva che era felice. "EMILY! EMILY DOVE SEI?!" tutt'a un tratto la magia si spezzò e venimmo ricatapultati nel mondo reale, quello in cui io avevo 17 anni e lui 24. Quello in cui io ero una campagnola e lui un famoso cantante. Improvvisamente aprì gli occhi, terrorizzato. Mi poggiò a terra "Vai! sali!" sussurrò incoraggiandomi. Indietreggiai un attimo, per poi lanciarmi nuovamente tra le sue braccia. Mi strinse forte a se e mi diede un leggero bacio sulla fronte. "Ora vá, non devono trovarmi quì" si allontanò e scomparve nell'ombra. Di tutto ciò che avvenne dopo ho solo un ricordo ovattato, come se fossi totalmente staccata dalla realtá e mi trovassi fuori posto in quel mondo. Ricordo mia madre che mi chiedeva che avessi fatto ed io che rispondevo vagamente per poi infilarmi nel letto ed addormentarmi. Nei giorni seguenti ricordo che vivevo in un altro mondo, fatto solo di Michael Holbrook Penniman. Era sempre nei miei pensieri, in ogni momento. Ricordo che lo aspettavo ogni sera e lui immancabilmente arrivava. Ricordo le ore passate stesi vicino al laghetto a guardare le stelle o nel pagliaio a coccolarci. Ricordo il suo respiro sulla mia pelle, ricordo i suoi occhi fissi nei miei, i suoi teneri baci. E la sera del mio diciottesimo compleanno arrivò, e infondo neanche mi importava. Volevo solo lui, mi importava solo di vederlo, di baciarlo, di passargli le mani tra quei ricci perfetti. Passai la notte sveglia vicino la finestra aspettando il consueto pic-pic delle sue palline di carta. Aspettai a lungo, ma lui non arrivò. Quando la mattina scesi al piano di sotto i miei genitori mi aspettavano sorridenti con un enorme torta al cioccolato in mano. Ero distrutta ma finsi un sorriso e spensi con loro le candeline. Mi regalarono delle cuffie meravigliose "per sentire meglio la tua musica" dissero. Quella frase mi fece stare malissimo, la mia musica era lui. Trascorsero le ore, spalando letame e dando da mangiare alle capre. La sera tornai a casa stremata, stanca come non mai, le guance rigate di lacrime. Salii in camera, mi lanciai sul letto e piansi, piansi fino ad addormentarmi. La mattina dopo qualcuno bussò alla porta. Scesi le scale e vidi un uomo tarchiato e grassoccio vestito di nero parlare con mio padre. Lui era accigliato, quando chiuse la porta si girò e mi guardò, con sguardo preoccupato. "Sai il tuo cantante preferito?" mi disse "Mark? No, Meson?" "Michael papá. Che è successo?" chiesi infastidita. "Beh" rispose "La sua auto è stata ritrovata stanotte a pochi chilometri da quì... e... oh Emily, mi dispiace." "Dimmi dov'è." gli ordinai "Emily io..." "PAPÁ DIMMI DOV'È!" mio pdre mi guardava, con uno sguardo afflitto e disperato, come se capisse cosa stvo provando. "Emily devi capire che non si sa se si rimetterá..." "VOGLIO SAPERE DOV'È. DIMMELO" urlai "Sta al S. Patrick" dichiarò. Non aspettai altro, mi fiondai fuori dalla porta e poi fino al garage. Salii sulla mia moto da cross e cominciai a guidare velocissimo, verso la cittá. Non mi fermai fini a quando non arrivai di fronte all' ospedale. Lasciai la moto dove capitava e mi fiondai dentro. "Michael Holbrook Penniman per favore" dissi all'infermiera dietro al bancone. "Mi dispiace ma è un personaggio pubblico, solo famiglia." rispose lentamente "Io sono la sua ragazza" ringhiai "Mi spiace ma non posso farla salire". Così cominciò la mia corsa disperata nell'ospedale. Controllavo ogni singola camera di ogni singolo piano. Arrivata all'ottavo e ultimo livello ero madida di sudore e molto stanca, ma non mi arresi. Continuai a cercare finchè non vidi una porta azzurra con un cartello dorato con su scritto a caratteri cubitali "PRIVATO". "È lì" pensai. Spinsi la porta e mi ritrovai in una stanza enorme, e al centro, in un letto c'era lui, solo. Mi avvicinai lentamente, evitando di far rumore presi una sedia e mi sedetti accanto al suo letto. Passai lì tutto il giorno, in attesa che lui si svegliasse, poi crollai. Sentii una mano accarezzarmi la guancia, passare tra i capelli e scendere fino alla bocca. 'Sto sognando' pensai 'e non voglio svegliarmi'. Era così reale... la sua mano tra i capelli... un brivido mi corse dietro la schiena e fu allora che capii che, forse, non stavo sognando. Aprii gli occhi e sollevai la testa. I suoi occhi erano posati sulla mia bocca, e il suo sguardo era vacuo, lontano. "Hei" sussurrai. Lui sussultò, e parve tornare dal suo mondo di fiabe. I suoi occhi si posarono su di me "Hey" rispose sorridendo "da quanto sei quì?" mi chiese "non saprei" risposi "un giorno suppongo" "Io credo un po di più, i medici hanno detto che domani mi dimettono ma devo stare a riposo" dichiarò "Davvero?!" ero strafelice, finalmente potevo riavere il mio Mika di sempre. Sorrise "Vuoi venire a stare da me? Ormai hai 18 anni, e puoi fare ciò che vuoi". Sbarrai gli occhi. Andare a vivere con Mika. A casa sua. Con lui. Un sogno diventato realtá. Quando lui vide il mio sguardo abbassò gli occhi, un po deluso "Beh se non vuoi venire lo capisco, non ti preoccupare..." "Ma sei pazzo o cosa?!" urlai "Certo che voglio venire!" un'espressione di gioia pura si dipinse sul suo volto, il suo sguardo si illuminò e si aprì in un enorme sorriso. Quando il giorno dopo uscimmo dall' ospedale lui tornò a casa mentre io andai dai miei genitori ad annunciargli la decisione presa. "Ciao mamma, ciao papá" dissi entrando dalla porta. "Emily! dov'eri? ci hai fatti stare in pensiero!" si alzarono dal divano e mi vennero incontro. I loro volti erano preoccupati e tesi, ma anche sollevati per avermi rivista. "Mamma, papá, devo dirvi una cosa" dissi con fermezza. Dai loro volti capii che erano spaventati. "Ho deciso che andrò a vivere con Michael. Voglio stare con lui tutto il tempo possibile." annunciai. "No" disse con decisione mio padre "Tu non vai da nessuna parte. Hai 18 anni e resti quì a casa con i tuoi genitori. Sei ancora una bambina e..." "Non sono una bambina papá. Sono maggiorenne. Posso decidere per me stessa, e ho deciso che andrò a vivere con lui" mi incamminai verso la scala che portava alla mia stanza e senza dare peso agli urli di mio padre provenienti dal piano di sotto iniziai a fare la valigia. Presi solo l'essenziale per qualche giorno, non avevo certo intenzione di non tornare mai più, anzi. Volevo molto bene ai miei genitori e mi sarebbe dispiaciuto davvero dargli un così grande dispiacere. Uscii dalla mia stanza e chiusi a chiave la porta. Mio padre urlava ancora parole sconnesse ed incomprensibili mentre mia padre piangeva silenziosamente su jna sedia. In quel momento mi fecero pena, avrei voluto abbracciarli ma in quel momento dovevo pensare a me. Mi trascinai fino alla porta, la oltrepassai e la chiusi. In quel momento dovevo pensare a me e alla persona che amavo, perchè cosa poteva essere quello, se non amore? Salii in moto e iniziai a guidare verso casa di Michael. Scelsi diverse scorciatoie per evitare di essere vista dai giornalisti, e grazie alla mia approfondita conoscenza del territorio riuscii ad arrivare a casa sua abbastanza in fretta e senza essere notata da anima viva. Bussai alla porta. Una, due, tre volte. Finalmente Mika mi aprì "mi ero addormentato" si scusò. Lo guardai, mi guardò. "Hey piccola che succede?" chiese preoccupato. Senza rispondere mi tuffai tra le sue braccia, e mi strinsi forte a lui. Lui ricambiò la stretta. Quel gesto dolce, spontaneo, tenero, mi tranquillizzò. "Vieni entriamo" disse. Mi sciolsi dall'abbraccio e mi diressi verso il divano. Chiuse la porta e si stese accanto a me. "Tesoro, i tuoi genitori ti hanno detto qualcosa?" mi chiese "Si. Non volevano ma io voglio stare con te..." risposi a bassa voce. "Amore mio..." sussurrò. Mi diede un leggero bacio sulle labbra, uno di quelli di cui ti rimane il sapore, uno di quelli che ti fanno sentire speciale. Mi stesi accanto a lui, felice come non mai. Un attimo prima di addormentarmi sentii il suo braccio cingermi la vita e le sue labbra accostarsi al mio orecchio "Dormi, amore mio..." Quando mi svegliai, era molto tardi e non avevo foglia di far niente. Aprii gli occhi e lo vidi disteso accanto a me, che mi fissava come se fossi un angelo sceso in terra. Sorrisi e lui ricambiò dolcemente. "Buongiorno" rantolai. "Buongiorno?" chiese ironicamente "Saranno le 2 del pomeriggio!" esclamò. "Davvero?" chiesi stupita "Si" rispose "dormi come un sasso ed io non volevo svegliarti, eri così bella..." abbassò lo sguardo, timidamente. Sorrisi e avvicinai il mio viso al suo, passai la mano nei suoi ricci stupendi, lui chiuse gli occhi e mi baciò sorridendo. "Bene" disse al termine del bacio "che si mangia?". Lo guardai stupita. "Hey non chiederlo a me, sei tu quello con camerieri e servitù" "No, li ho mandati via per stare un po solo io e te..." rispose con uno stupido sorrisino ebete stampato sulle labbra. "Ah si? E allora adesso cucini!" esclamai ridendo. Mi alzai dal divano e mi diressi verso la cucina, aprii il frigo e notai un enorme vaschetta di gelato al limone. "Hai intenzione di mangiare gelato al limone per i prossimi cento anni?" chiesi ironicamente "GELATTO AL LIMON, GELATTO AL LIMON" rispose saltellando da un piede all'altro e facendo una stupida danza. Scoppiai a ridere e gli saltai sulla schiena. "Gelatto al limon? Bene allora tu mangia gelatto al limon, io ordino cinese!" a queste parole si irrigidì improvvisamente. Spaventata scesi dalle sue spalle e mi piazzai difronte a lui "Michael che succede?" chiesi nervosamente "Emily" disse piano "Devi capire che per stare con me non tutto è possibile... ci sono dei limiti. Nessuno può vederti o vederci insieme, non possiamo ordinare da mangiare e farcelo portare a casa, non possiamo andare a fare una passegiatina al lago come tutte le normali coppie. Ora dimmi, sei disposta ad accettare tutto questo?" Lo guardai incredula. "Certo che sono disposta" risposi "avevi qualche dubbio?". Sorrise e mi scostò una ciocca di capelli dal viso "No". Preparai un pranzetto semplice, pasta alla bolognese, la sua preferita. Mangiammo lentamente e alle 6 ci alzammo da tavola, soddisfatti. "Bene mia signorina" disse "cosa le va di fare?" "Mah, andiamo a fare una passeggiata nel bosco?" proposi "d'accordo, dove vuoi andare?" chiese "al bosco?" "okay" ci incamminammo mano nella mano verso il boschetto che si trovava nei pressi di casa mia, o meglio, di casa dei miei genitori. Una volta arrivati ci stendemmo sotto gli alberi, e ci abbracciammo. Cominciammo a coccolarci teneramente, più mi baciava più sentivo il suo cuore battere. Gli infilai le mani sotto la maglietta e cominciai ad accarezzargli la schiena, lui emise un gemito e sentii le sue labbra scendere fino all'incavo del mio collo. Una scossa mi corse lungo la schiena, gli sfilai la maglietta e lui fece altrettanto con me. Sentii la sua pelle nuda e calda sulla mia, il suo respiro sul collo e i suoi teneri baci scendere fino al seno. Gli sfilai i pantaloni e sentii qualcosa premere sulla mia gamba, qualcosa di molto duro. Sapevo cos'era. Sorrisi tra me e me. Mi sfilò i pantaloncini... Fu meraviglioso. Caldo. lnfernale caldo. "Sveglia! sveglia!" qualcuno urlava. Aprii gli occhi, era buio. Forse erano le 2 o le 3 di notte. Strizzai gli occhi e misi a fuoco Michael in piedi, sopra di me, con uno sguardo terrorizzato negli occhi. "SVEGLIA! SVEGLIATI TI PREGO!" urlava. Mi spaventaii e mi drizzai a sedere. Senza dire nulla mi prese la per un braccio e cominciò a correre. Lo seguii insonnolita senza capire. Da dove proveniva quel caldo infernale? Sembrava di stare in un forno... e tutto quel fumo... Mi bloccai di scatto e mi guardai intorno. Un luce abbagliante mi accecò. Michael si girò e mi afferrò nuovamente il braccio. "Dobbiamo andare via! C'è un incendio!" urlava. Un incendio. Sbarrai gli occhi e comiciammo a correre veloce, verso il lato opposto di dove divampava l'incendio. Corremmo fino ad una prateria, fino a quando non sentimmo più il calore del fuoco ustionarci la faccia e il fumo oscurarci la vista. Riconobbi una vecchia quercia dove trascorrevo le mie giornate estive fino all'anno prima e mi venne un tuffo al cuore. Ero a casa dei miei genitori. Avrei voluto tanto alzare lo sguardobe guardare verso la mia vecchia casa ma non avevo il coraggio. Mi feci forza e voltai la testa verso casa. L'unica cosa che vidi furono fiamme. Un enorme colonna di fumo si innalzava dai ruderi inceneriti della mia casa nativa. Le lacrime mi salirono agli occhi e cominciai a correre verso la piccola villetta. Probabilmente corsi per qualche minuto, ma ricordo che il percorso mi sembrò non finire mai... Quando finalmente arrivai trovai solo cenere. Qualche grossa trave di legno era rimasta in piedi e gli elettrodomestici erano ancora al loro posto, sporchi di fuligine e mezzi sciolti. Cominciai a camminare trai i ruderi, alla ricerca dei miei genitori. Una mano mi toccò la spalla e per poco non mi venne un infarto. Mi girai e vidi Michael piegato in due dalla fatica. "N-non puoi stare quì" disse ansimando "è pericoloso... potrebbe caderci addosso qualcosa da un momento all'altro..." "Non mi importa" singhiozzai. Cominciai a correre in mezzo ai ruderi, cercando una mano, una gamba, un viso...qualcosa che mi avesse fatto trovare i miei genitori. E poi la vidi. Uno stivale da cowboy spuntava da sotto una catasta di legna. Cominciai a scavare, noncurante delle schegge che mi trafiggevano le dita. Emerse la gamba, poi la vita, e infine il busto. Mi accovacciai accanto a mio padre e controllai il suo battito cardiaco... assente. Disperata gli praticai la respisazione bocca a bocca, ma neanche quella parve funzionare. Chiamai Michael lo tirammo fuori dalle macerie, sul prato. Ero sconvolta. Mi mancava il respiro. Mi accovacciai a terra, ansimando. "Perchè...." sussurravo. Ero arrabbiata col mondo, con me stessa. Poi la consapevolezza mi trafisse come una spada congelata, dritta al cuore. Era stata colpa mia... forse se fossi stata a casa avrei potuto evitarlo... Michael si sedette accanto a me e mi tirò a sè. "Niente?" chiesi. "Niente" Ricordo un enorme sensazione di vuoto dentro di me, come se mi avessero strappato via il cuore. Mio padre era morto, e molto probabilmente anche mia madre. Mi alzai barcollante ed iniziai la mia ricerca tra i ruderi. Improvvisamente vidi un ciuffo di capelli rossi, sotto le macerie. Con l'aiuto di Michael tirammi fuori mia madre. Era nera di fuligine e il suo corpo era mezzo caebonizzato. Per lei di certo non c'era speranza. Morti. Entrambi morti. Ed io? Io che non mi ero neanche degnata di chiedere loro scusa.. io che li avevo disprezzati anche se volevano solo il mio bene. Io, ingrata per tutto ciò che avevano fatto per me. Io, figlia, avevo ucciso i miei genitori. Non ricordo cosa accadde dopo, forse svenni, fatto sta che mi svegliai a casa di Michael. Mi alzai dal letto e mi avviai verso la cucina gemendo.... forse era stato tutto un sogno... mi guardai le mani per verificare che non ci fossero le schegge di legno che durante il sogno mi avevano trafitto le dita. C'erano. Un enorme sensazione di vuoto minacciò di farmi perdere l'equilibrio, ma due mani mi afferrarono per le spalle, evitando di farmi cadere. Mi girai con le lacrime agli occhi. Era tutto vero. Un sorriso triste era dipinto sul viso di Michael. "È tutto vero?" chiesi disperatamente. "Vieni..." sussurrò. Lo seguii lentamente, non perchè volessi davvero andare con lui ma più che altro perchè non avrei mai avuto la forza di oppormi. Senza che me ne rendessi conto arrivammo nel salone e ci sedemmo sul divano. "Beh... quando saranno i funerali?" chiesi. Michael aprì la bocca ma non rispose. "Avanti, quando saranno?" lo incitai. "Oggi pomeriggio". SONO LE TRE E MEZZO E STO SCRIVENDO LA FF.... VI RENDETE CONTO DI QUANTO VI AMO? ECCO... comunque. Mi crollò il mondo addosso, era tutto vero. Passai le ore precedenti al funerale ad immaginare inpossibili modi in cui avrei potuto salvare i miei genitori. Michael aveva capito tutto e cercava di starmi vicino il più possibile, ma io respingevo ogni suo tentativo di tirarmi su il morale chiudendomi in me stessa. Alle 15, un ora prima del funerale, decisi che era l'ora di prepararmi. Mi alzai dal divano, non curante del sussulto di Michael, che si era spaventato nell'avermi vista muovere dopo tante ore di immobilitá. Mi seguì in camera da letto, e mi diede un forte e tenero abbraccio. Non resistetti e risposi alla stretta. Improvvisamente delle lacrime cominciarono a scorrere sul mio viso, e mi ritrovai a singhiozzare sulla sua spalla. Mi sciolsi dall'abbraccio e cominciai a vestirmi, e altrettanto fece lui. Uscimmo di casa e salimmo in auto. Mi resi conto che era la prima volta che uscivamo insieme al di fuori delle nostre proprietá. Lo guardai e mi resi conto della tensione che adombrava il suo volto. Usciti dai cancelli una folla di paparazzi ci assalì, ma lui continuò ad avanzare imperterrito in direzione del cimitero. Dopo mezz'ora di auto i paparazzi smisero di ostacolarci, e dopo altri 15 arrivammo al cimitero. In quel momento la campana della chiesa suonò e uno stormo di corvi si alzò in volo stridendo. Per strada un lungo fiume nero di gente camminava in processione, succedendo le grandi casse di lucido legno di frassino che contenevano i miei genitori. Persone mi sussurrarono all'orecchio "condoglianze", molte, troppe. Camminavo abbracciata a Michael, strusciando i piei sul ruvido pavimento nero. Molti paparazzi si erano avvicinati a noi, ma il prete li aveva scacciati con occhiate severe e sprezzanti. Una lacrima solitaria mi rigò la guancia e Michael prontamente la afferrò per poi asciugarla tra il pollice e l'indice. Durante la cerimonia ero troppo distrutta per mettere in moto il cervello e fare ragionamenti razionali. Quando tutto fu finito mi fiondai in auto per evitare una nuova sfilza di condiglianze, che mi avrebbero solo fatta stare ancora più male. Tentando di tornare a casa una mandria di paparazzi ci seguì fino a casa. Quando uscimmo dalla macchina iniziarono a scattare foto, così ci fiondammo in casa e chiudemmo la porta. Michael aveva una maschera di terrore puro che gli copriva il viso. "Cosa c'è?" gli chiesi. "Niente, non preoccuparti." rispose, ma io sapevo che in fondo non era niente, anzi era tutto. "Mangiamo?" chiesi. "Si" sussurrò. Andammo in cucina e preparò un po di pollo alla piastra. Mangiammo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Quando finii mi alzai e indossai il pigiama, mi infilai nel letto con le coperte che mi coprivano il volto. E lì, al buio, finalmente riuscii a sfogarmi. Cominciai a piangere come non facevo da anni, fiumi di lacrime mi inondavano il viso per poi cadere sul candido lenzuolo bianco, che si bagnava sempre di più. Quando sentii Michael venire a letto era ormai tardi e le lacrime sulle mie guance si erano ormai asciugate lasciando sottili strisce di sale. Michael si infilò sotto le coperte e mi cinse i fianchi con un braccio. Poi, credendo che fossi addormentata, cominciò a sussurrare parole che dapprima non capii, ma di cui concentrandomi meglio riuscii a comorendere. "Ti amo. Je t'aime. Te quiero. I love you..." la mattina successiva mi svegliai con caldi raggi solari che entravano dalla finestra. Inizialmente mi sentii felice ma immancabilmente il ricordo dei giorni precedenti tornò ad appesantirmi la coscienza. Mi avviai verso il salotto, ma sentii delle voci concitate provenire dalla stanza. Troppo stanca per fare qualsiasi altra cosa tornai a letto, aspettando il suono della porta di casa che si chiudeva. Aspettai a lungo, ma il suono tanto atteso non venne, così mi addormentai. Un tonfo mi svegliò di soprassalto. Vidi Michael entrare nella stanza come una furia, con la rabbia gli sprizzava da tutti i pori. "Che succede?" chiesi piano. Lui rivolse gli occhi e le braccia al cielo "QUEGLI STRONZI DEI GIORNALISTI!" mi guardò e lanciò una rivista sul letto "GUARDA!" urlò. Presi in mano il giornale, lo guardai. Un'enorme foto di me e Michael troneggiava in prima pagina. Un titolo rosso scritto a caratteri cubitali recitava -La pop star e la contadina; durerá? Art. pag. 3- Immediatamente sfogliai la rivista fino a pagina 3. L'articolo recitava così -La pop star di fama mondiale Mika è stato visto con una giovane contadina Irlandese mentre tornavano dal funerale dei genitori della misteriosa Lei. Il giovane cantante aveva pochi mesi fa dichiarato di essere bisex e di avere addirittura un fidanzato da ben 5 anni. Del cosiddetto fidanzato non c'è mai stato un nome, una foto, o un qualsiasi documento che attestasse la sua esistenza, fino ad ora. la nostra inviata speciale Rita Skeeter è andata ad intervistare il nostro Uomo Misterioso, Josh. "Quando hai scoperto che per Mika c'era anche qualcun altro oltre te?" "Devo ammettere che non me lo aspettavo, li ho visti insieme una sola volta ma lei giá gli faceva la corte. È stato in quell'occasione che io e Michael abbiamo posto fine alla nostra storia. Ad ogni modo, l'ho scoperto qualche settimana fa, quando Mika è stato portato d'urgenza all'ospedale dopo un brutto incidente in auto. Sono andato da lui molto spaventato ed ho trovato lei che dormiva su una poltrona accanto a lui. Così ho deciso di proseguire per la mia strada" "Pensi che il loro sia un'amore sincero?" "Beh di sicuro lui per lei prova qualcosa, ma è difficile dimostrare il contrario dato che lui è una famossissima Pop star, ed effettivamente è molto probabile che lei stia con lui solo per pubblicitá" "Quindi per te è un'amore falso?" "Probabilmente. In fondo lei è solo una povera contadinotta Irlandese".- Alzai gli occhi dal foglio, in lacrime. "Tu ci credi?" chiesi piangendo. Lui esitò, e per me fu come ricevere una pugnalata "Tu ci credi! Tu pensi che io stia con te perchè sei ricco e famoso!" urlai. Mi alzai, lanciai la rivista sul letto e corsi fuori di casa, piangendo. Corsi fin sotto un alto pioppo, mi appoggiai alla corteccia ruvida e mi lasciai cadere a terra. "Emily! EMILY!" urlava. Sentii un rumore di passi proprio accanto a me. Chiusi gli occhi ed appoggiai la testa alla corteccia. Sentii la sua testa poggiarsi accanto alla mia, e delle dita accarezzarmi leggermente le guance. Aprii gli occhi e vidi il suo sguardi fisso nel mio. "Emily, io lo so cosa provi per me, non credo assolutamente alle cazzate chr dicono i giornalisti, ne tantomeno quell'approfittatore invidioso di Josh. So cosa provi per me perchè anche io provo lo stesso per te. Io ti Amo, Emily". Mi abbracciò stretto ed io poggiai la testa nell'incavo del suo collo, felice di avere qualcuno come lui accanto. "Sei l'unica persona che mi rimane" gli sussurrai all'orecchio. "E ci sarò sempre" rispose. Dopo una tenera serie di baci ci alzammo e ci avviamo verso casa. Improvvisamente vedemmo in lontananza una mandria di giornalisti che correva verso la casa. "Ma non li avevano cacciati?" chiesi anziosamente "Beh" rispose con voce tesa "evidentemente sono tornati". Entrammo in casa velocemente e chiudemmo tutte le tende. Poi Michael mi prese le mani. "Emily" disse "Devi capire ed accettare che adesso sei un personaggio pubblico, e ti dobbiamo presentare da tale. Ormai lo sanno tutti, non potremmo più tenere nascosta la nostra storia, e poi, che senso avrebbe? È ormai più di un mese che va avanti e credo che ormai che ci hanno scoperti non ci sia altro da fare se non abnunciarti come mia ragazza ufficiale". La notizia mi scosse molto, ma capii che era la cosa giusta da fare. Annuii. Intanto si era creata una folla infinita di paparazzi fuori dalla porta che tentava in tutti i modi di scattare qualche foto significativa. Michael mi prese per mano e ci incamminammo verso la porta. Mise la mano sul pomello e girò. Un boato si innalzò dalla folla di fronte a noi e decine di flash minacciarono di accecrmi. "Lei" disse mika "è la mia ragazza". Un boato si alzò dalla folla di giornalisti che iniziarono a spintonarsi tra loro per venire a farmi qualche domanda. "Ascoltate" urlò Michael per sovrastare il chiacchiericcio della folla "Fate una domanda ognuno, ma niente interviste private" un sospiro di delusione si alzò dalla folla e Michael mi circondò le spalle con un braccio. Poi l'incubo iniziò. Decine di persine urlavano domande, e tutti avevano una gran fretta di essere risposti. Poi arrivò il momento delle foto ed io e Michael ci baciammo per dare a tutti una foto poco imbarazzante o compromettente. Finalmente, dopo molte strane domande, l'interrogatorio finì e potemmo tornare in casa. Mi accasciai sul divano e sentii il rumore delle ruote sulla ghiaia. Finalmente se ne stavano andando. "Maledetti giornalisti" imprecò Michael "Chissá che faranno uscire sui giornali di domani... aspettati di scoprire di essere incinta o di essere sposata... scrivono tante di quelle cazzate...". La notizia che sarei apparsa sui giornali mi scosse molto perchè fino a quel momento non ero stata altro che una campagnola, e questa fu la mia rovina. La sera andammo a dormire presto, stremati per gli eventi della giornata. Ero molto stanca ma non avevo voglia di dormire, e neanche lui. Quando la mattina dopo mi svegliai mi ritrovai nuda sotto un bagno di luce mattutina. Michael dormiva accanto a me con espressione serena sul volto. Sorisi tra me e me pensando che fino a due mesi prima tutto quello mi sarebbe parso impossibile. Poggiai il mio viso sul suo e cominciai ad accarezzargli il petto nudo. I suoi muscoli si contrassero sotto il tocco leggero delle mie unghie. Sorrisi tra me e me. Il leggero lenzuolo di cotone bianco che ci copriva era praticamente trasparente ed io potevo vedere tutte le sue forme, dai muscoli tonici del torace alle sue gambe magre. Era veramente perfetto. Sollevai lo sguardo e passai una mano nei suoi fantastici ricci marroni. Si girò nel sonno, facendomi sussultare. Pian piano aprì gli occhi e sorrise vedendomi. "Buongiorno" mugulò. "Buongiorno amore mio" risposi. Il suo sorriso si fece ancora più ampio e sollevò la testa per darmi un tenero bacio. "Mmmh...perchè sono nudo?" chiese con un sorrisetto malizioso "Chissá perchè" risposi sorridendo a mia volta. "Sai..." disse "è stato fantastico". Ridendo mi misi a cavalcioni su di lui, stuzzicandolo. "Ah si?" chiesi con finta innocenza "Si" rispose gemendo "E se fai così ti toccherá rincominciare da capo" La sera andammo a dormire presto, stremati per gli eventi della giornata. Ero molto stanca ma non avevo voglia di dormire, e neanche lui. Eravamo entrambi tanto desiderosi l'uno dell'altro. Forse anche troppo. Mise le mani sotto la mia maglietta e iniziò ad esplorare il mio corpo con carezze leggere e delicate. Iniziai a fare lo stesso percorrendo con le mani i suoi addominali e indugiando di tanto in tanto sul suo cuore che ad ogni mio tocco sembrava quasi poter uscire dal petto. Iniziò a spogliarsi, lentamente, senza fretta. Io feci lo stesso. Mi spinse delicatamente sul letto e lui si sdraiò su di me. Cominciò a baciarmi, prima sulle labbra, poi sul collo e infine sui seni. Il mio corpo tremava come una foglia per l'emozione e l'eccitazione. Successivamente, senza smettere di baciarmi, entrò dentro di me, delicatamente. Passarono i minuti, minuti bellissimi, dove Michael tra sospiri e i gemiti mi sussurrava parole dolci, parole che in quel momento, insieme al piacere, mi fecero dimenticare tutti i problemi. Quando la mattina dopo mi svegliai mi ritrovai nuda sotto un bagno di luce mattutina. Michael dormiva accanto a me con espressione serena sul volto. Sorisi tra me e me pensando che fino a due mesi prima tutto quello mi sarebbe parso impossibile. Poggiai il mio viso sul suo e cominciai ad accarezzargli il petto nudo. I suoi muscoli si contrassero sotto il tocco leggero delle mie unghie. Sorrisi tra me e me. Il leggero lenzuolo di cotone bianco che ci copriva era praticamente trasparente ed io potevo vedere tutte le sue forme, dai muscoli tonici del torace alle sue gambe magre. Era veramente perfetto. Sollevai lo sguardo e passai una mano nei suoi fantastici ricci marroni. Si girò nel sonno, facendomi sussultare. Pian piano aprì gli occhi e sorrise vedendomi. "Buongiorno" mugulò. "Buongiorno amore mio" risposi. Il suo sorriso si fece ancora più ampio e sollevò la testa per darmi un tenero bacio. "Mmmh...perchè sono nudo?" chiese con un sorrisetto malizioso "Chissá perchè" risposi sorridendo a mia volta. "Sai..." disse "è stato fantastico". Ridendo mi misi a cavalcioni su di lui, stuzzicandolo. "Ah si?" chiesi con finta innocenza "Si" rispose gemendo "E se fai così ti toccherá rincominciare da capo" "Maddavvero?" chiesi con falso stupore "Beh allora vado a vestirmi". Mi alzai sensualmente e mi avviai verso l'armadio, dove presi un pantaloncino giallo semi-trasparente ed una maglietta bianca. Quando mi voltai vidi un rilievo sotto le lenzuola e lui molto rosso in faccia. Scoppiai a ridere e mi avviai verso la cucina. Dopo pochi minuti mi raggiunse Michael con dei boxer arancioni molto molto MOLTO aderenti. Mi abbracciò da dietro e sussurrò "Vendetta". Sorrisi e presi una padella. "Bene signor Penniman, cosa desidera mangiare per colazione?" chiesi "Te" rispose socchiudendo gli occhi malignamente. Poi improvvisamente mi si lanciò addosso e mi prese in braccio, mi portò di nuovo in camera e mi lanciò sul letto, dove subito si lanciò anche lui. Cominciammo a ridere ed io mi coprii il viso con la padella che avevo ancora in mano. "Leva questa cosa!" gridò ridendo "No! Tu sei cattivo! Vai via!" scherzai. Lui afferrò il manico della padella e me lo strappò di mano. Poi si alzò in piedi con la padella sollevata sulla testa urlando "VITTORIA! SONO IL RE DEL MONDO!" Risi, gli afferrai i boxer e lo tirai giù, di nuovo su di me. "Vieni quì re del mondo". Passammo la mattinata a letto a coccolarci e scherzare, lui con i suoi fantastici boxer arancioni ed io con il mio pantaloncino giallo trasparente e la leggera magliettina di cotone bianco. Non provò ad andare oltre il bacio e le coccole, il momento era troppo speciale per essere trasformato in piacere sessuale. Fu una mattinata fantastica e quando ci alzammo dal letto per andare a pranzare continuò ad essere una giornata perfetta. Il cielo era completamente sgombro di nuvole, l'erba era verde e gli uccelli cinguettavano. Cosa avrebbe mai potuto disturbare quella quiete? E poi arrivò la risposta. Uno strano suono simile ad un latrato mi perforò i timpani. Michael mi guardò con squardo interrogativo ed io scossi le spalle. Si avviò verso la porta (sempre in boxer) e la aprì. Un piccolo essere rosso/marrone gli si lanciò addosso, minacciando di farlo cadere. Mi avvicinai con cautela e vidi che si trattava di un piccolo cagnolino rossiccio dalle lunghe orecchie pelose. "E questo da dove spunta fuori?" chiesi "Beh, non lo so e non lo voglio sapere" poi mi guardò con occhi da cerbiatto e iniziò a supplicare "Possiamo tenerlo? possiamo possiamo possiamo?" Vedendo Mika con quella faccia da cerbiatta, in boxer arancione evidenziatore, scoppiai a ridere. "Certo, a me piacciono i cani" risposi. Michael iniziò a saltellare da un piede all'altro facendo smorfie buffe al cane, che lo guardava con sguardo attonito. Scoppiai a ridere nuovamente, e gli sfilai il cane dalle braccia. Lo girai per capire il sesso. Era una femmina. "Bene, un altra femmina in casa!" annunciai contenta "come vuoi chiamarla?" "Melachi" rispose prontamente "Uhm ok.. Mel. Mi piace" Lasciammo Mel sul divano a dormire e continuammo la nostra colazione. "Sai" interruppe il silenzio "...nei prossimi giorni devo partire". Il mondo sembrò cascarmi addosso "c-cosa?!" chiesi con occhi sbarrati, pietrificata dalla paura. "Si..." rispose "...devo andare a Londra dalla mia famiglia... poi ci sono gli EMA ed io devo esserci...." "significa che non ci vedremo più?" l'ansia minacciava di prendere il sopravvento su di me, e il mio cuore smise di battere per un attimo "No" rispose "significa che verrai con me". Così, dopo una settimana, partimmo con un carico di valige immenso. Ero andata qualche giorno prima a fare shopping nella cittá più vicina, e non avendo un budget, mi ero sbizzarrita. Le mie valige erano tre, stracolme, ma quelle di Michael erano 5, e sembravano poter scoppiare da un momento all'altro. L'autista caricò tutto nella jeep rossa metallizzata e, cane al guinzaglio, partimmo alla volta di Londra. Quando arrivammo all'aereoporto venimmo assaliti da una folla immensa di giornalisti, che urlavano le frasi più disparate. Le nostre guardie del corpo ci fecero passare tra la folla e riuscimmo a prendere l'aereo senza altri intoppi. Il viaggio fu calmo, e quando arrivammo a Londra una distesa di quindicenni ci aspettava fuori le porte dell'aereoporto. Mi bloccai di scatto. "Vieni" mi incoraggiò "Vogliono solo qualche autografo e qualche foto. Non aver paura" mi sorrise e la paura mi si sciolse dentro come un gelato al sole. Mi prese per mano e cominciammo a camminare, verso le uscite. Appena uscimmo un boato si alzò dalla folla. Lo vidi sorridere ed avanzare verso la prima ragazzina urlante. Mi feci forza e sorrisi, andandogli dietro. La ragazza a cui stava firmando l'autografo mi trafisse con lo sguardo, poi tornò a guardare lui, con le lacrime agli occhi. Andai vicino a Michael e gli presi il braccio, lui mi guardò e mi baciò. In quel momento un altro boato si alzò dalla folla, alcune ragazzine imprecavano, altre urlavano dalla gioia. Poi improvvisamente vidi una cosa rossa arrivarmi addosso e spiaccicarsi sul mio bel vestito nuovo. Mi guardai e vidi un pomodoro spiaccicato addosso. La folla ammutolì, poi iniziò ad imprecare e la ribelle venne cacciata via. Una ragazza mi porse una maglietta pulita, sorridendo. Le sorrisi a mia volta ed entrai in auto a cambiarmi. Quando uscii dalla macchina vidi Michael che firmava ancora autografi e scattava foto. Mi avviai verso di lui sorridendo. "EMILY! Emily ti prego te la fai una foto con noi?" mi girai allibita e vidi due ragazze porgermi una macchina fotografica. Mi avvicinai stupita e scattai la foto. "Grazie!" urlavano con le lacrime agli occhi. Ero sempre più stupita e sconcertata. Altre ragazze mi chiesero di fare una foto con loro, e il mio sorriso cresceva mano mano che scattavo. Dopo circa un'ora Michael mi prese la mano "È ora di andare dai..." poi cominciòba salutare con la mano la folla, ed altrettanto feci io. Entrammo in auto, e lui sospirò. "Sei diventata famosa" disse ridendo. "Giá" Seduta in auto con Michael accanto mi resi conto del cambiamento radicale della mia vita. Fino a quattro mesi prima ero una campagnola che viveva nel bel mezzo del nulla, poi improvvisamente mi ero trovata ad essere la ragazza di una delle più famose pop star del mondo. Persa nei miei pensieri non mi resi conto che eravamo arrivati, mi riscossi dal torpore quando Mika mi sfiorò un braccio "Andiamo?" chiese "Siamo arrivati?" domandai "Si..." rispose con uno strano sguardo preoccupato negli occhi. Scendemmo dall'auto e Mika mi guidò fino ad un grosso portone dorato, tirò fuori un grosso mazzo di chiavi e lo aprì. Ci catapultammo dentro, per paura dei giornlisti. "E le valige?" chiesi "non preoccuparti, le porterá Rubeus dopo" rispose. entrammo in un ascensore enorme, tutto dorato con della moquette rossa a terra. Michael premette per il piano 17 (l'ultimo) e l'ascensore si mosse. La salita mi sembrò quasi infinita, e quando finalmente ci fermammo e le porte si aprirono mi sembrarono passati anni. Entrammo in un piccolo disimpegno, con una sola porta enorme argentata e rossa con una targhetta d'ottone con scritto -Michael Holbrook Penniman Jr.- Ero arrivata nella mia nuova casa. Mika aprì la porta ed entrò, io lo seguii a ruota. Mi ritrovai in un enorme salone arredato con colori sgargianti, quasi abbaglianti. La stanza era luminosissima e davvero bella. C'era un enorme divano ultra moderno di uno strano giallo-arancio, una TV da 70'' e altri tipici oggetti di arredamento. La cosa che mi colpì di più però fu la collezione di quadri. Quadri ovunque, di ogni forma e dimenzione, da quelli dai colori sgargianti a quelli cupi e grigi. Probabilmente Michael notò la mia faccia stupita "Ti piacciono?" chiese "Moltissimo" risposi, ancora a bocca aperta senza smettere di fissarli. Mi prese per mano ed io fui costretta a distogliere lo sguardo. "Dai vieni a vedere il resto della casa" mi incoraggiò. Entrammo in un lungo corridoio con molte porte, ma Mika mi portò dritta dritta verso una. "Questa è la nostra stanza" disse. Mi bloccai sulla soglia. Era fantastica. Le pareti erano di vetro e il pavimento era blu elettrico. Il letto al centro era meraviglioso, a baldacchino con leggere tendine bianche che davano una fantastica sensazione di leggerezza. Ma la cosa che più colpiva rimanevano le pareti. Mi avvicinai verso la finestra e mi parve di cadere giù. Molto in basso si vedeva la strada con le macchine passare. La tenue luce serale invadeva la stanza, rendendola ancora più incantevole. Sussultai quando mi abbracciò da dietro "Ti piace vero?" "è fantastico". "Dormiamo?" chiesi "È molto tardi ed è stata una giornata faticosa" "Troppi autografi?" scherzò lui "Haha spiritoso" ironizzai. Mi cambiai in bagno e quando uscii trovai Michael giá addormentato. Mi infilai sotto le morbide coperte e dopo poco anche io stavo giá dormendo. Sentii del vento fresco accarezzarmi la pelle. Aprii piano gli occhi. Era notte e la luna splendeva in una calma notte estiva. Quardai l'orologio. Le 2:43. Mi girai cercando Michael ma non c'era. Mi alzai, un po preoccupata. Mi incamminai per il corridoio, affidandomi alla tenue luce lunare. Arrivai nel salone e notai il balcone aperto. Camminai in quella direzione e mi trovai su un ampio balcone con una piccola piscina idromassaggio al centro, molti lettini e un paio di grandi materassi un po rialzati dal terreno con delle tendine intorno, perfetti per stare al fresco in una calda giornata estiva. Poi lo notai. C'era Michael in piedi appoggiato alla ringhiera, in boxer e vestaglia. Mi avvicinai piano e lo abbracciai delicatamente. Sussultò al mio tocco e si girò di scatto "Hey" sussurrai "Hey" rispose. Bastarono quelle parole per scarenare in me un'ondata di desiderio. Notai una scintilla nei suoi occhi, e capii che non ero la sola. Mi prese per la vita e mi sollevò finchè non fui alla sua altezza. Avvicinai la bocca alla sua e mi lasciai sfuggire un sospiro quando le sue mani trovarono l'orlo della mia camicia da notte e sentii il calore dei suoi palmi salirmi sulle cosce Quella sera mi sarei concessa a Michael perchè lo volevo. "Io..." sussurrò. Gli premetti un dito sulle labbra "Shh". Lo presi per mano e lo portai fino ad uno di quei materassi a baldacchino. Lo spinsi sul materasso, mi chinai su di lui e lo baciai. "Meglio di così non c'è niente" sussurrai. Sentii le sue mani chiudersi intorno ai miei glutei e spostarmi in modo che la sua evidente erezione premesse proprio contro il calore fra mie cosce. "Ti prego, Michael" dissi, senza sapere bene cosa stessi chiedendo, ma consapevole e certa di volerne ancora. Mi strinse la vita. Il suo bacino strofinò il mio ancora una volta. Mi prese per la nuca e mi abbassò la testa finchè le nostre bocche non aderirono perfettamente l'una all'altra. Ecco di cosa avevo bisogno. Di quel tipo di vicinanza. Un'attrazione selvaggia, disperata, sincera. Non un sentimento controllato e prudente. Incoscienza, ecco cosa mi serviva. La sua lingua si insinuò fra le mie labbra e cominciò ad assaggiare ogni angolo recondito della mia bocca, come se fossi un frutto esotico mai viato prima. Era proprio la sensazione di cui avevo sempre avuto bisogno. Con un rapido gesto, Mika salì sopra di me e cominciò a tempestarmi il petto di baci. Non doveva permarsi. L'accenno di una risata gutturale gli risuonò dentro il petto prima che una mano calda mi scendesse fra le gambe per poi risalire lentamente verso l'inguine. "Emily, sei bellissima" mi sussurrò quando la sua mano arrivò a destinazione. Un lungo dito mi percorse l'orlo degli slip. Quando il calore di Michael mi lasciò, feci per protestare, finchè entrambe le sue mani mi scivolarono sotto la camicia da notte e le sue dita cominciarono a sfilarmi con delicatezza gli slip. Mi guardò negli occhi e senza staccarmi gli occhi di dosso cominciò a sfilarsi i boxer azzurri. Gli tremavano le mani mentre estraeva dalla tasca della vestaglia un preservativo. Santo cielo, che mi stava facendo quel ragazzo?! Si infilò il preservativo, e vidi che stava per perdere totalmente il controllo. Mi affondò il viso nell'incavo del collo e fece un profondo respiro. Girai il viso e gli diedi un leggero bacio dietro l'orecchio. Un fremito gli percorse il corpo. Sollevò il capo e mi guardò con uno sguardo famelico negli occhi. Poggiò le mani ai lati della mia testa e si mise in posizione. Spinse per la prima volta e tutto sembrò infrangersi. Mi coprì la bocca con la sua e spinse ancora più forte. Emisi un gridolino e lui si fermò, credendo di avermi fatta male. Cominciò a baciarmi con tutta la dolcezza possibile. "Tutto bene?" mi chiese preoccupato. "si..." risposi lentamente. Dio, quanto era... perfetto. Meglio delle altre volte, meglio di qualsiasi cosa. Sentii il mondo infrangersi in un milione di fremiti colorati e bellissimi. Avrei potuto sopportare qualunque cosa, se mi avessero promesso di avere quello per sempre. Stare tra le braccia di Michael. Era l'unica cosa di cui avevo bisogno, per sempre. Quando la mattina mi svegliai non aprii subito gli occhi, per paura che fosse stato solo un sogno. Mi feci un po di coraggio e mi girai, allungai una mano in cerca del calore del suo corpo. Lo sentii accanto a me. Toccai la sua schiena muscolosa, risalii fino alla nuca e infine arrivai ai ricci morbidi. Si, lui c'era, non era stato solo un sogno. Finalmente aprii gli occhi, ma faticai ad abituarmi all'intensa luce solare. Dopo qualche decina di secondi riuscii a mettere a fuoco la sagoma accanto a me. Mika era stesso affianco a me e mi dava le spalle. Mi avvicinai piano e mi resi conto di essere nuda. La cosa non mi dispiaqque più di tanto, ma mi sentii un po a disagio, così mi infilai la sua vestaglia. Improvvisamente si girò, ed io ebbi un tuffo al cuore. Mi guardò e mi sorrise innocentemente. Ah, quel sorriso... mi avvicinai a lui e lo baciai freneticamente sulle labbra, come se fosse l'ultima volta "Hey... piccola...che... succede?" chiedeva tra un bacio e l'altro. Mi fermai, il mio viso a pochi centimetri dal suo. "Sono così felice..." sospirai. Il suo sguardo era carico d'amore, il suo sorriso spontaneo. "Ti amo" sussurrò. Due parole, mille emozioni. Una sensazione di leggerezza e di felicitá mi pervase, ma anche un senso d'ansia e di paura. Poi risposi "Ti amo anch'io.". Ed era vero. Era talmente vero che anche io mi stupii della spontaneitá delle mie stesse parole. Parole impegnative, parole che non si dimenticano. Parole vere. Avrei voluto che quel momento non fosse mai finito. Mai. Lo amavo, mi amava. E questo mi bastava. Oh, se mi bastava... I giorni passavano nella monotonia. Ogni volta che uscivo di casa venivo assediata da una quantitá esorbitante di giornalisti, tutti ben decisi a non andarsene senza una risposta soddisfacente. Uscire era diventato un incubo, ma passare nei luoghi pubblici lo era ancora di più. Folle immense ci assediavano anche solo per una firma scribacchiata su un pezzetto di carta, ma noi non potevamo mai accontentare tutti. Andavo via con il cuore a pezzi pensando a quante ragazze avevano, per un attimo, avuto la speranza di conoscere il loro idolo, speranza che gli era scivolata tra mani come una saponetta bagnata. Il senso di colpa era tale che decisi di crearmi un account twitter, per la felicitá delle fan del mio ragazzo. Fin da subito i Follower cominciarono ad essere 100, poi 400, poi 1000, fino ad arrivare a 500000. Ogni giorno twittavo una foto di me e Mika, e centinaia di persone commentavano, ritwittavano o aggiungevano tra i preferiti. Leggevo sempre tutti i commenti, ma molto di rado rispondevo. Alcune ragazze scrivevano cose davvero dolcissime, e lì ignorarle mi costava davvero tanto. Arrivò il 18 Agosto. Quando mi svegliai la mattina corsi in cucina a preparare una colazione -All'Italiana- come piaceva a Michael. Quando si svegliò anche lui mi nascosi dietro la porta della cucina ed aspettai di vederlo spuntare dal corridoio. "Emily? dove sei?" chiese con voce ancora carica di sonno. Lo sentii avviarsi ciabattando nel corridoio. Arrivò alla porta della cucina e la superò, dandomi le spalle. Immediatamente mi lanciai addosso a lui, urlando "BUON COMPLEANNOOOO!" lui rise, ancora stanco ed assonnato "Grazie amore ma potevi anche evitare di spezzarmi la schiena". Scesi dalle sue spalle e mi piazzai di fronte a lui con sguardo accigliato "Signorino, se non le sta bene la mangio io la colazione che ho preparato!" esclamai tra la severitá e l'ironia. Spalancò gli occhi "NONONONONO la mangio io! Mi scusi mia regina unica e suprema!" "ecco bravo" risi. Consumammo la colazione tra una risata e l'altra. "Ascolta..." disse mika con voce seria "Stasera verranno i miei parenti, mia madre, mio padre, mia solella Paloma, mia solerra Zulajka, mia sorella Yasmine e mio fratello Fortunè... ti presenterò a loro come moa ragazza ufficiale, e da quel momento dovrai prendere parte a tutte le nostre feste e cerimonie... per te va bene? Ormai sono passati molti mesi e credo che sia il momento". Terrore. Puro terrore mi pervase. Peobabilmente Mika se ne accorse "Non preoccuparti Emily, devi solo essere te stessa e tutto andrá per il meglio". La giornata passò velocemente, forse anche troppo, ed il momento della cena con i parenti si avvicinava inesorabilmente. Arrivarono le 7 e decisi di andare a vestirmi. Entrai nell'armadio e scelsi un vestito azzurro non troppo corto, che arrivava al ginocchio, ma abbastanza largo, comodo e grazioso per una serata in famiglia. Dapprima pensai di legarmi i capelli, ma poi decisi di tenerli sciolti. Mi truccai ed improfumai per bene, poi mi guardai allo specchio, sperando di piacere. "DRIIN DRIIIIIN". Il campanello. Erano arrivati. Sentii lo stomaco chiudersi in una morsa di terrore quando Mika andò ad aprire la porta. Comparvero sulla soglia quattro donne sorridenti e due uomini, entrambi davvero simili a Michael. Mi avvicinai con un finto sorriso sulle labbra. Aspettai che Mika ebbe salutato tutti, poi mi avvicinai ancora di più, fino a toccare il suo braccio. Quella che doveva essere sua madre mi guardò e mi sorrise dolcemente, quasi come se fossi sua figlia. La stretta allo stomaco si allentò un po, ma non del tutto. "Ciao piacere, io sono la madre di Michael" si presentò cortesemente allungandomi una mano "Piacere Emily" risposi nervosa. "Emily" disse Mika "loro sono Paloma, Yasmine e Zulayka, le mie sorelle" "piacere" "ragazze, lei è Emily, la mia ragazza" continuò. A quelle parole le tre ragazze mi rivolsero ampi sorrisi, sinceri. "Loro sono Fortunè, mio fratello, e Michael, mio padre" strinsi le rispettive mani e mi accorsi di non ricevere lo stesso sorriso degli altri da parte di Fortunè. La cosa mi turbó leggermente, ma non evbi il tempo di pensarci granché perch Sentii lo stomaco chiudersi in una morsa di terrore quando Mika andò ad aprire la porta. Comparvero sulla soglia quattro donne sorridenti e due uomini, entrambi davvero simili a Michael. Mi avvicinai con un finto sorriso sulle labbra. Aspettai che Mika ebbe salutato tutti, poi mi avvicinai ancora di più, fino a toccare il suo braccio. Quella che doveva essere sua madre mi guardò e mi sorrise dolcemente, quasi come se fossi sua figlia. La stretta allo stomaco si allentò un po, ma non del tutto. "Ciao piacere, io sono la madre di Michael" si presentò cortesemente allungandomi una mano "Piacere Emily" risposi nervosa. "Emily" disse Mika "loro sono Paloma, Yasmine e Zulayka, le mie sorelle" "piacere" "ragazze, lei è Emily, la mia ragazza" continuò. A quelle parole le tre ragazze mi rivolsero ampi sorrisi, sinceri. "Loro sono Fortunè, mio fratello, e Michael, mio padre" strinsi le rispettive mani e mi accorsi di non ricevere lo stesso sorriso degli altri da parte di Fortunè. La cosa mi turbó leggermente, ma non evbi il tempo di pensarci granché perche le tre sorelle di Mika mi presero per le braccia e mi trascinarono fino alla camera da letto, una volta arrivate mi fecero sedere sul letto ed ognuna di loro prese una poltrona di chniz dal salottino accanto. Una volta sistemate le guardai allibita. Nel vedere la mia espressione il loro sorriso si fece, se possibile, ancora più ampio. "Dai! Vogliamo sapere tutto!" esclamò Paloma. "T-tutto cosa?" chiesi un po imbarazzata. "Ma come su cosa! Tu e Michael! Esclamò a sua volta Yasmine "devi raccontarci tutto, dato che lui non lo farà" continuò. "Io.." sussurrai sconcertata ed imbarazzata. "Dai non pensare a noi come delle sconosciute, tanto ci conosceremo!" disse sorridendo Zulayka "Oh va bene" acconsentii. Uno squittio eccitato si alzò dalle tre sorelle, ed io sorrisi tra me e me. "allora..." cominciai la storia. Raccontai per quelle che parvero ore, con qualche interruzione da parte delle tre sorelle per avere qualche chiarimento o dettaglio. Quando finii la mia storia capii di aver trovato delle amiche, delle vere amiche. Quando finii di raccontare vidi che Yasmine e Paloma erano commosse, Zuleika un po scossa. "Wow" sospirò Yasmine "peccato che sono sia sorella" continuò sorridendo. Paloma fece per parlare ma la porta improvvisamente si spalancò, e comparve Mika sulla soglia. "Mi avete rubato la ragazza!" esclamò sorridendo. Le ragazze ruderi e si alzarono. Mika mi venne vicino e mi prese per mano "dai andiamo a mangiare" mi incitò. Ci avviammo lentamente per il corridoio, dietro le tre sorelle che parlavano concitatamente tra loro. "cosa ti hanno detto?" mi sussurrò Mika "in realta ho parlato tutto il tempo io.." risposi sussurrando a mia volta "e cosa gli hai detto?" chiese "mi hanno chiesto di raccontare la nostra storia... Ed io glie l'ho raccontata" risposi "tutta...?" chiese nuovamente, preoccupato "beh" esitai "non tutto, le cose... Ehm... Intime... No" il viso di Mika si rilassò. Arrivammo in sala da pranzo proprio mentre Yasmine si sedeva. Occupai il posto vuoto accanto a lei, alla destra di Mika. Durante tutta la cena Jonni mi fece parecchie domande, ma sempre educatamente. Era una donna, notai, molto semplice. Simpatica, solare ed estremamente gentile. Anche Michael (senior) era molto gentile, ma non era uno di tante parole. Passammo una piacevole serata parlando soprattutto con Yasmine, che si rivelò un'amante degli animali come me, infatti passò quasi tutta la sera ad accarezzare e lodare Mel. Un paio di volte notai Fortunè guardarmi di traverso, in modo strano. Alle 23:45 se ne andarono tutti allegramente "Ci vediamo prossimamente!" urlò Yasmine da fuori la porta "sicuro!" risposi sorridendo tra me. Era una ragazza davvero simpatica, ed ero sicura che saremmo diventate grandi amiche. Il tempo passava, prima un giorno, poi una settimana, un mese... Col passare del tempo io e Yasmine diventammo grandi amiche, uscivamo sempre più spesso insieme per andare a fare ogni tipo di spesa. Con Michael andava tutto a gonfie vele, eravamo felici e la mia vita non sarebbe potuta andare meglio. Il giorno prima del compleanno di Yasmine il mio telefono squillò "Hey Emily!" una voce squillante dall'altra parte della cornetta mi fece sussultare. Era Paloma. "Hey Paloma! Come va?" "bene grazie, tu?" "benissimo, dimmi tutto" "lo sai no che domani è il compleanno di Yasmine?" "certo!" "bene, vorremmo organizzare una festa a sorpresa, a casa mia. Che ne dici?" "certo! Lo dirò subito a Mika, così ci organizziamo! Allora a domani" "perfetto! A domani" attaccai il telefono ed andai in salone, dove c'era mika steso sul tappeto a giocare con Mel. Si alzò e mi baciò "Hey baby, chi era al telefono?" chiese "Era Paloma, domani vuole organizzare una festa per Yasmine, noi ci saremo, vero?" chiesi un po agitata. "Certo!" rispose sorridendo "A che ora?" chiese "non saprei, ma credo per le otto" risposi, un po incerta "perfetto! Ora mangiamo?" chiese con un sorrisino ebete "Si, idiota" risposi, dandogli uno schiaffo giocoso sulla pancia "Ah, idiota io eh?" chiese con aria offesa "Si, tu" risposi, sfidandolo. Mi guardò per un attimo, con finto sguardo sconvolto, poi mi si lanciò addosso e mi prese per le gambe, poggiandomi sulla sua spalla destra, come fossi un sacco di patate. "Mettimi giù! Esclamai ridendo "No! Mo ti faccio vedere io quanto sono idiota!" cominciò a camminare per il corridoio verso, supposi, la camera da letto. Ma mi sbagliavo. Mi portò in bagno e mi poggiò nella vasca da bagno. Non ebbi neanche il tempo di rendermi conto di cosa stava facendo che aprí l'acqua e mi bagnò tutta "AAAAAAAAH" urlai ridendo. Vidi Mika accasciarsi a terra per le risate, lasciando andare la doccetta. Approfittai e la afferrai, per poi ripagarlo con la stessa moneta. Lui, colto di sorpresa, balzò in piedi e mi si avventò addosso e mi strappò la preziosa arma di mano, per poi puntarmela nuovamente contro. Cominciò una battaglia dalla quale uscimmo entrambi pesantemente sconfitti, zuppi come non mai ed estremamente stanchi ci addormentammo abbracciati nel campo di battaglia. Quando la mattina dopo ci svegliammo avevamo entrambi la schiena a pezzi per aver dormito nella vasca ed io avevo un poi di mal di gola ed i vestiti ancora bagnati. Mi alzai e mi cambiai, infreddolita. Mentre andavo in cucina per mangiare qualcosa vidi mika uscire barcollante dal bagno e cadere lungo lungo a terra. Scoppiai a ridere, e lui mi guardò con un finto sguardo sprezzante. "Tu ridi" disse alzandosi "ma io mi sono fatto davvero male". Io continuavo a ridere come un idiota, balbettando qualche "scusa" ogni tanto. Grugní e si avviò zoppicando verso la cucina. Si stese sul divano e inarcò la schiena per stirarsi i muscoli indolenziti. "Stai bene?" chiesi con ancora le lacrime agli occhi per il troppo ridere "no" rispose gemendo "mi fa male ovunque..." "vedrai che starai meglio" risposi sorridendo. Ma così non fu. La sera, alle 7:30, eravamo pronti per uscire ma lui era davvero stanco ed indolenzito. Me ne accorsi "Michael puoi anche rimanere qui se vuoi... Posso chiamare qualcuno per farmi venire a prendere" proposi. Mi guardò "no" rispose seccamente. Rinunciai e ci avviammo verso l'auto cautamente, per evitare di essere visti da quei gran rompiscatole dei giornalisti. Riuscimmo ad entrare in auto e ad uscire dal garage senza essere visti da anima viva. La sua decappottabile rossa era abbastanza appariscente, ma quella sera c'erano ben pochi giornalisti fuori casa. Arrivammo a casa di Paloma senza intoppi. Quando ci aprì la porta la festa era già cominciata, ma non da molto. Individuai subito Yasmine "auguriiiiii!" esclamai abbracciandola "grazie!!" ringraziò sorridendo. La serata passò piacevolmente. Tutto filò liscio e Mika fu invitato a cantare per la sorella. Quando la festa finí aiutai Paloma Yasmine Zuleika e Fortune a mettere a posto. Una volta finito cercai Mika per tornare a casa, e lo trovai sul letto di Paloma, impegnato a russare sonoramente. A quella vista scoppiammo tutti a ridere. "Beh" disse Paloma asciugandosi le lacrime per il troppo ridere, "è evidente che non potrai tornare a casa con lui, ma io qui non ho posto... Fortune vuoi accompagnarla tu?" il sorriso vacillò sulle mie labbra, certa che tanto avrebbe risposto di no. "Okay" rispose. Il panico cominciò ad attanagliarmi le viscere. "Andiamo?" mi chiese "si" risposi con finta indifferenza. Salutai tutti e mi avvisi giù per le scale, dietro Fortune. Entrammo in auto, e lui cominciò a guidare verso casa, con un espressione indecifrabile sul volto. Presi coraggio e formula i la domanda che tanto mi frullava per la mente, da un mese. "Perché mi odi tanto?" dissi tutto d'un fiato. Mi guardò con quegli occhi tanto simili a quelli del fratello, tanto... Troppo simili. Il suo sguardo era dolce, ma carico di dolore. "Io non ti odio" sussurrò "Io odio me stesso, odio mio fratello". Quelle parole mi fecero salire il cuore in gola. "Come mai?" chiesi ansiosa. Fermò l'auto sotto casa, eravamo arrivati. Temetti che mi volesse cacciare dall'auto gridando di farmi i fatti miei. Dapprima esitò, poi scosse il capo "vedi, sin da quando eravamo piccoli io sono sempre quello che aveva meno bisogno di attenzioni, quello che può benissimo fare tutto da solo. Lui ha sempre avuto tutto, fama, soldi, amore da parte della famiglia. Sono sempre stato contento per lui, non mi ha mai pesato più di tanto la cosa, ma da quando ha te... Io davvero lo invidio tantissimo. A volte penso che se magari ti avessi investita io, ti saresti innamorata di me. Lo so che è una cosa estremamente stupida, ma non posso farci niente... Tu mi piaci davvero tanto, Emily". Rimasi pietrificata sul sediolino. Quasi non mi accorsi che si avvicinava a me... Di più, sempre di più... Le sue labbra erano ad un centimetro dalle mie quando realizzai cosa stava accadendo. Mi allontanai bruscamente e scesi dall'auto. "Aspetta!" urlò Fortunè "ti prego scusami, io... Mi dispiace, non so cosa mi sia preso" supplicò. Mi abbassai, e mi sporsi all'interno dell'auto dal finestrino "Spero tu ti renda conto di quello che stavi per fare" risposi acidamente. Mi girai e mi allontanai a passo svelto ma deciso. Sentivo il suo sguardo sulla nuca, ma non mi girai, neanche quando mi chiamò disperatamente un'ultima volta. Entrai in casa, molto scossa. Ma che problemi aveva quel ragazzo? Aveva forse intenzione di rovinare la vita del fratello? Però anche io che non avevo reagito subito... 'No' mi dissi 'ho esitato solo perché è stato inaspettato' si, doveva essere così. Mi avviai piano verso il bagno, con l'intenzione di farmi un bagno caldo. Mi spogliai lentamente e mi immersi nell'acqua calda, così presi sonno tra i miei pensieri. Quando, dopo qualche ora, mi svegliai uscii dalla vasca ed andai a letto, dove poco tempo dopo mi addormenta i nuovamente. La mattina dopo trovai Mika che preparava la colazione canticchiando. "Buongiorno" biascicai, ancora mezza nel mondo dei sogni. "Buongiorno!" rispose entusiasta facendo scivolare un uovo sul piatto "fame?" mi chiese gentilmente. "Veramente non tanta, ieri ho mangiato tantissimo alla festa" risposi, ma la realtà era che vedendolo mi si era chiuso lo stomaco, mi sentivo in colpa, tremendamente in colpa. La giornata passò velocemente tra un impegno e l'altro. Andammo a dormire molto tardi, ma io non avevo affatto sonno. Mi sentivo come un macigno sulla coscienza, ma non volevo dirlo a Mika o avrei sfasciato la famiglia... Dovevo raccontarlo a qualcuno. "Sai" disse improvvisamente Mika. Era ancora sveglio, il che significava che anche lui stava pensa do a qualcosa per il quale non riusciva a prendere sonno. "Credo che dovrò dedicarmi di più al mio album, il mio manager mi fa molta pressione ed ho paura di non rientrare nei contratti di scadenza" continuò. Non risposi, e lui probabilmente pensò che stessi dormendo. "Non voglio lasciarti sola, ma devi finire l'album o sono fregato..." sussurrò. Poi si girò e mi diede un bacio leggero sulla testa "Mi spiace, piccola..." Quando la mattina dopo mi svegliai trovai Mika intento a prepararsi "Buongiorno" mi disse frettolosamente "buongiorno...ma dove vai?" chiesi preoccupata "Amore mi dispiace ma devo andare a lavorare..." a quelle parole ricordai quello che aveva detto la sera prima "Non preoccuparti, chiamerò Yasmine e mi organizzerò per fare qualcosa" risposi scuotendo le spalle. "Okay, tornerò per le 9. Ci vediamo stasera" mi diede un leggero bacio sulla fronte e corse via. Ero rimasta sola. Prima di perdere i miei genitori quelle rare occasioni in cui rimanevo sola le sfruttavo per cantare a squarcia gola, ballare e correre per la casa, ma in quel momento davvero non ne avevo voglia. Cosa avrei cantato? Non avevo più un idolo.o
  
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