Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: jaybird    28/01/2014    1 recensioni
RIECCOMI QUI, DOPO TEMPO! ;_;
Mi scuso con così tanto ritardo, nel caso a qualcuno interessasse...!
Ecco a voi un altro capitolo totalmente random sui miei due bambini: Alfred e Arthur!♥
Spero di non essere peggiorata nello scrivere, con tutto il tempo che è passato e, soprattutto, spero che vi possa piacere! Buona lettura♥
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
« … Allora? E’ andato a dormire? »
« Sì, Alfred, è andato a dormire. »
« Bene. Togliti i pantaloni. »
« … WHAT—»

Per  far addormentare quella piccola peste, Peter, il fratello minore di Arthur, non era una cosa semplice. E’ un bambino e, come ogni bambino, sfortunatamente, era sempre troppo esuberante, sempre ansioso di voler giocare e, ancor di più, voglioso di attenzioni da parte sia dell’inglese che, in special modo, anche di Alfred che, dopo tutto, riteneva come il fratellone dei suoi sogni, una persona  dalla quale prendeva ispirazione, con tutto il disappunto possibile del britannico, ovviamente.

 « Che diavolo dici?! Guarda che Peter è solo dall’altra parte della stanza e—»
« Ehi ehi ehi! Calmati, old man! Io intendevo che vorrai toglierti i  pantaloni per poter metterti il pigiama, finalmente, no? ~»
« … »

E un sorriso cristallino, del tutto innocente, andò a trasparire all’istante sul viso paffuto dell’americano che sembrava andare nettamente in contrasto con l’espressione (ridicola) dell’inglese: rosso, ovviamente, con quelle solite sopracciglia corrucciate in quella sua classica smorfia da antipatico, per di più a bocca sbarrata, senza emettere una sola parola—o, per lo meno, stava cercando di trattenersi dall’urlargli contro qualche insulto, giusto perché non aveva intenzione di voler svegliare Peter e ritrovarselo, così, nuovamente tra i piedi.  E poi, dopo l’essersi appena reso ridicolo, fraintendendo completamente le parole altrui, aveva solo voglia di andarsene a dormire. 

« Vai al diavolo. »

Commentò, semplicemente, dopo qualche istante, mentre si chiude la porta della stanza alle spalle, prendendo a sbottonare i primi bottoni della camicia, senza aver alcuna intenzione di prestare attenzione all’americano che se la sghignazzava fin troppo per i nervi poco saldi del britannico.

« Ma che ho fatto adesso? Sei tu che sei il solito maniaco e fraintendi tutto quello che dico! »
« A-Ah—!? Non sono un maniaco!  Sei tu che non pensi di parlare! Come al solito. »

E blablabla. Forse si, Alfred non rifletteva troppo , sulle cose che andava a dire, ma solitamente lo faceva  anche apposta, giusto perché non poteva non godersi le facce, esilaranti, che l’inglese faceva: specialmente quando si imbarazza o si arrabbiava, sembrava perdere totalmente  quel suo fare da finta persona composta, e l’americano non se l’andava nemmeno a prendere per le cose che gli andava a rimproverare, dato che non se ne pentiva affatto. In quell’istante di silenzio, infatti, mentre gli occhi azzurri, privi delle lenti trasparenti degli occhiali, seguivano la figura dell’inglese che andava a sbottonarsi la camicia al bordo del letto, si fece scappare un lieve risolino, divertito, cauto nel non andare a farsi sentire.


« Arthur?  »

Il nome che viene chiamato con un tono interrogativo,  quasi dolce e curioso allo stesso tempo, mentre con passo felpato, andava a gattonare sul materasso, raggiungendo il  bordo del letto, per essere ancora più precisi, a raggiungere il britannico.

« Che cosa vuoi?  »

Risponde, con tono acido, invece, senza degnarsi di voltare lo sguardo verso l’interlocutore, probabilmente ancora offeso da prima, finendo di disincastrare tutti i bottoni delle suddetta camicia, andando a scoprire le spalle e  una buona parte della schiena, preferendo far  finta di niente della presenza altrui, che lo accantonava.  Nel mentre, la schiena scoperta, scarna, fece attirare lo sguardo azzurro dell’americano che, per quante volte l’avesse vista, non poteva fare a meno di prestarle attenzione:  la pelle incredibilmente diafana, Arthur era sempre stato il tipo da una pelle color fantasma, quasi, e le spalle, nonostante fosse terribilmente gracile, erano larghe e robuste, tanto che ad ogni loro spostamento, si potevano vedere perfettamente i muscoli che venivano tirati e, più in basso, lungo tutta la spina dorsale, come se fosse una tela, su quella schiena, vi era tutta la storia che l’Inghilterra aveva subito. Cicatrici. Medaglie. Vittorie e sconfitte, chiamatele come volete. Graffi, segni che erano e rimarranno, lì, per altri secoli. Le aveva anche lui, tutti le avevano, e ognuno di loro ne avevano una più visibile di un’altra.  Principalmente, le cicatrici che si ‘’guadagnavano’’ erano una delle parti più importanti della loro patria, del loro popolo, della loro gloria. Ovviamente erano danni  irremovibili, segnati, troppo importanti per essere dimenticati e, allo stesso modo, troppo pesanti da poter sopportare. Le cicatrici, ricordano ad ognuno di loro, gli impegni fatti, gli inferni passati e gli ostali superati. Che sono sopravvissuti, che hanno deciso di continuare. Ma che importanza ha, vi chiederete, non sono ‘’umani’’, se non solo che nella semplice forma, non soffrono come gli altri, quelli normali. Dopo tutto, non muoiono, non invecchiano. Una Nazione non è facile da abbattere—ma è un po’ come dire che un fiore colto, strappato dal posto in cui è nato, non soffre, solo perché non è vivo, non respira. Eppure, può appassire, morire. A pensarci bene, ogni cosa che il popolo decide di fare nella propria patria, ogni scelta presa per la propria patria, ricade su di loro. Come una crisi economica, che si presenta sotto forma di un raffreddore, di un indebolimento del corpo stesso; o come si pensasse di andare in guerra, arriverebbero altre cicatrici per ogni persona persa. Il loro corpo era come una tela, una tela che veniva continuamente modificata dal cambiamento, dalle idee, dalle scelte fatte. Potevano apparire come dei fiori, ma con i petali un po’ squarciati, scoloriti.

« … Beh?  Che stai facendo? »

Mugugna, Arthur, nel sentire quel profondo silenzio causato dallo stesso americano che, solitamente, non faceva di tutto tranne che stare zitto in quel modo. Il viso si sposta di poco, all’indietro, giusto per permettere alla coda dell’occhio di poter sbirciare l’americano, poco dietro di se, quasi totalmente assente.

« Ah? No niente, stavo pensando!  »
« Quale rarità. »

Peccato che quel commento, quello che sembrava proprio essere un insulto, non venne minimamente considerato dall’americano, troppo impegnato a capire il perché di quell’ondata di pensieri, proprio ora, quando  ne aveva avuto l’occasione anche altre volte. E senza nemmeno rendersene conto, la mano destra,  possente, andò a posarsi su un piccola parte della schiena, avvertendo chiaramente l’inglese sobbalzare a quel contatto improvviso, non curandosene, facendo scivolare i polpastrelli verso il basso, versa tutta quella storia che era stata marcata su quella pelle, così pallida.

« E-Ehi! Che diavolo stai facen— »
« Voglio baciartele tutte! »
« Eh…? »
« Tutte quelle cicatrici che ho causato io, tutte quelle cicatrici che avrei potuto farti evitare se ci fossi stato io, le… Le voglio baciare tutte.  »

Sensi di colpa? Impossibile. Seriamente il nostro Alfred F. Jones aveva dei veri e propri sensi di colpa? Era raro, infatti, che si sentisse in colpa per qualcosa, e poi non aveva nulla di cui dispiacersi, sapeva perfettamente che Arthur non era l’unico ad avere cose simili sul corpo, persino l’inglese stesso lo sapeva, nonostante non sapesse minimamente che cosa vagava, al momento, nella testa del minore—specialmente dal fatto che quella richiesta, quella voglia improvvisa e del tutto inaspettata, che lo spiazza, per l’appunto, da come si poteva notare quell’espressione sorpresa ed imbarazzata sul volto.

« W-WHA-? Che ti salta in mente, adesso?!  »
« M-Ma non devi sempre essere così sospettoso! Lasciami fare e basta! »

Inutile dire che all’imbarazzo dell’inglese, e a quella domanda, automaticamente, anche Alfred sembrava essersi fatto improvvisamente teso, onde evitare le gote color porpora, senza nemmeno darsi una vera e propria ragione del perché voler prestare attenzione, che fino ad oggi non aveva mai fatto, alla schiena altrui. E poi era molto improbabile il fatto che Arthur glielo avrebbe permesso, anche perché era imbarazzante a prescindere, e poi non ne capiva nemmeno il perché! E senza una spiegazione plausibile non gli avrebbe lasciato fare proprio nulla, specialmente se poi c’entravano dei baci e il proprio corpo—ma, in tanto, l’americano sembrava essere determinato a fare quello che aveva imposto quasi a se stesso, prendendo una vicinanza piuttosto prepotente.

« E-EHI! Stai dove sei, non ti avvicinare, che diamine! »
« Smettila di fare il vecchio! Non voglio farti nulla di male! »
« Ho detto di no, piantala! Fermat—?! »

Ma, sfortunatamente per Arthur, per quanto gli urlasse contro (dimenticandosi del sonno del fratellino) e lo minacciasse, Alfred non si faceva intimorire dai suoi ringhi e dal suo continuo ‘’abbaiargli’’ contro, tanto da non aspettare troppo prima di usare la forza, costringendolo a stendersi sul letto, buttandolo praticamente all’indietro… peccato solo avercelo steso proprio di schiena e impedirsi quell’obbiettivo che, ormai, era diventato un pallino. Come siamo bravi, eh?

« Dai! Adesso girati e lascia fare all’eroe! »
« Ma vai al diavolo, razza di gorilla! »
« Perché devi sempre lamentarti? Sei noioso. »
« Io potrei chiederti perché fai sempre l’idiota, invece. »

E nonostante Arthur  fosse quello svantaggiato, totalmente sotto l’immensa figura dell’americano, sembrava propenso a desistere dal dargliela vinta, continuando a sputare acido e tentando anche di provare a liberarsi, cercando di ‘’scivolar’’ via, senza troppo successo.
Stupido ciccione dalla  forza anomala.
Ormai sembrava essere  quasi imbarazzante  anche solo guardarsi negli occhi, specialmente perché non si stava nemmeno continuando quella conversazione/litigata.  Il silenzio era calato, così, dal nulla, e i rantoli di entrambi sembravano essere le uniche cose a riempire il silenzio della stanza, mentre  lo sguardo accigliato dell’inglese era del tutto distaccato da quello dell’americano, odiando specialmente il fatto di sentir persino le orecchie bollire dall’imbarazzo. Persino Alfred che, fino a qualche istante fa sembrava avere la situazione sotto controllo, con un obbiettivo ben preciso in testa, sembrava essersi perso del tutto in un secondo, sentendosi un po’ idiota. Insomma, con la sua forza, non si sarebbe fatto scrupoli a girarlo, nonostante avrebbe previsto altre lamentele e altre urla, e poi una volta raggiunto il suo obbiettivo, dopo aver iniziato a posare i primi baci sulla schiena, si sarebbe sentito ancora più sciocco e, specialmente, ancor più imbarazzato—dovrebbe seriamente pensare prima di voler agire. Un altro rantolo, ed ecco il broncio da bambino offeso che va a scontrarsi contro l’inglese che, ancora, non sembrava intenzionato a prestargli attenzione.

« Arthur… »
« Che diavolo vuoi, ancora? »
« Vorresti essere umano…? »
« … Che? »
« Si, del tipo invecchiare, avere una famiglia, un lavoro normale… »

Il tono, quasi, sembra essersi incupito,  mentre Arthur  ritorna a prestare attenzione all’americano, sopra di se, con un’aria piuttosto perplessa, non capendo nemmeno il come ci fossero arrivati a quel punto. Ma Alfred era anche famoso per il fatto di cambiare un discorso da un altro. Fastidioso.
Il silenzio cala nuovamente tra i due e, poco a poco, l’espressione di Arthur sfuma  su quella classica smorfia pensierosa, ma non per tanto perché non sapesse che risposta dare, ma per il semplice fatto che, magari, la risposta non sarebbe stata di gradimento per Alfred.

« Sì, vorrei esserlo. »

Dopo tutto, chi glielo ha fatto fare di dover prendersi una tale responsabilità verso un popolo che magari che magari disprezzava persino la propria Patria, che si rivoltava, e che era lui a dover sbrigare e a risolvere tali questioni, senza qualcuno gli potesse dare una scelta. Sorvolando sul fatto che loro non invecchiavano nonostante i secoli che passavano. Per loro, il tempo, sembrava non essere niente e non avevano nemmeno  il diritto di goderselo come tante cose che gli umani potevano fare, al contrario loro.  Da una parte, innumerevoli volte, si è chiesto che cosa avesse potuto fare nella vita se non gli fosse toccato un destino oltremodo crudele ed ingiusto—ma dall’altra, non poteva che essere onorato di poter vivere con un onore del genere, nel servire la propria Nazione… e poi, ormai, non aveva scelta.

« … Perché questa doman— »
« Io non vorrei esserlo. »

Ovviamente. Come poteva esistere un discorso se, di mezzo, non c’entrava anche Alfred? Tutta via, quella risposta, così secca e decisa, da parte dello stesso americano, non potette che mettere una certa curiosità addosso all’inglese, tanto da andare inarcare un sopracciglio, chiedendosi automaticamente che cosa ci fosse di meraviglioso nel vivere così tanto se non, letteralmente, per sempre. Dopo un po’ ci si stancava anche di fare le stesse cose, no?

« Insomma... Potrebbe essere bello essere umani, è vero, qualche volta c’è da invidiarli perché non possono portare una responsabilità come la nostra, ma essere quello che siamo, per me, è un onore! E io sono orgoglioso di questo. Il tempo non ha importanza per noi, ed essere immortali  può darci l’occasione di stare insieme per un sacco di tempo, se non per sempre, sorvolando sul lavoro… Ma essere una Nazione è come essere un super eroe, non credi? Cioè, proteggiamo il mondo, poi sconfiggiamo i cattivi… e salviamo l’amata! »

E un ammiccamento non propriamente gradito viene lanciato addosso all’inglese.

« Certo, io sono bello, OVVIAMENTE, pimpante ed energico! Quindi non  mi lamento… al contrario tuo, che sei vecchio e anche tanto noioso! »

Commenta, finendo il proprio pensiero, mentre non può fare a meno di lasciare che le labbra si tirassero in un grosso sorrisone, soddisfatto, mostrando quanto potesse essere felice… anche perché se non sarebbe stato una Nazione, non avrebbe nemmeno mai potuto conoscere Arthur e, forse, questo, avrebbe anche potuto menzionarlo nel discorso, ma era implicito, no? Arthur poteva anche arrivarci da solo. Tutta via, per quanto vi fosse sicurezza ed audacia in quelle parole, l’inglese, per quanto si sforzasse, non  avrebbe potuto capire pienamente quel concetto del vivere per sempre e salvare il mondo e quant’altro, tanto che l’espressione divenne scettica e avrebbe anche voluto dire qualcosa a riguardo, controbattendo le parole altrui, ma perché rovinare ciò? L’ingenuità e la sicurezza dell’americano sembravano essere un toccasana e distruggere quei pensieri, sarebbe stato immorale persino per il britannico, che si limitò ad un sospiro da finto esasperato, come se si fosse aspettato già una risposta simile da Alfred F. Jones.

« Dovevo immaginare una risposta così sciocca, da te, dopo tutto. »
« Non è sciocca! Ora me lo dai un bacio? ~ »
« … Quale bacio? »
« Ma allora sei tardo! Ho detto che io sono l’eroe e che quindi tu sei la donzella. Le donzelle baciano sempre gli eroi! »
« Veramente io, qui, vedo solo un idiota che non si decide a spostarsi. »

E dal niente, il discorso va a deviare, ritornando alla situazione iniziale: ovvero tentare di liberarsi da sotto l’americano, dato che odiava sentirsi sottomesso in quella maniera, tanto da ritentare con la forza, spingendolo via… o almeno ci provava. E, nel tanto, Alfred non poteva che ritenersi offeso nel sentirsi chiamare nuovamente idiota, nonostante, ormai, avrebbe dovuto farci il callo, per tanto si limitò a gonfiare le proprie guance, con fare offeso e con tanto di broncio, non avendo alcuna intenzione di lasciarlo scappare, tanto da pensar bene di smettere di tenere il proprio peso grazie all’ausilio delle braccia, in modo tale da non dar troppa noia al maggiore—ma ora come ora, Arthur non sembrava dargli molta scelta, facendo che cadere a peso morto propria sopra il gracile inglese.

« —!!! S-SEI IMPAZZITO?! TO-TOGLITI, MI STAI SCHIACCIANDO, SCIMMIONE! »
« Allora chiedimi scusa e dammi un bacio! »

Alfred sembrava essere propenso a girare e a rigirare la frittata come più gli andava a genio, e questo non era un bene, specialmente se poi il britannico ero costretto a chiedere scusa e a dargli anche un bacio se voleva essere libero da sotto quella massa di grasso. I petti  schiacciati  l’un contro l’altro, con una pressione tale da mettere persino in difficoltà il fatto di poter solo respirare, mentre bastavano solo delle piccole paroline per poter essere nuovamente libero. Ma il fatto principale era che Arthur Kirkland non chiedeva scusa. A nessuno, figurarsi se poi doveva scusarsi di una cosa che pensava veramente.

« G-GHH! N-Non sei un idiota! Ora spo-spostati, dannazione! »

Beh, non aveva propriamente chiesto scusa, ma era la stessa cosa, no? E persino Alfred sapeva di non poter ottenere di meglio, anche se avrebbe potuto insistere, ma nemmeno lui aveva voglia di continuare a schiacciare il maggiore, anche perché potrebbero fare di  meglio, no? E poi voleva anche il suo bacio. Quindi, dopo qualche istante, va a posare nuovamente  i polsi sul materasso, così da poter permettersi di sollevarsi e anche di poter far prendere aria al maggiore che sembrava essere ancora in uno stato confusionale e di affanno: quanta esagerazione per  qualche chilo di troppo, oh! Ma senza badare troppo ai dettagli, Alfred, va a sorridere, sereno, per poi andare a sporgere le labbra verso quelle del maggiore, chiaro segno di volere anche il resto che aveva promesso, andando persino a chiudere gli occhi per poter rendere tutto più magico. Che romanticone, eh?
Ma, c’era un piccolo se non trascurabile dettaglio: Arthur non sarebbe ceduto così facilmente a quel semplice ed innocente gesto, tant’è che si sarebbe lamentato ancora e ancora, iniziando da quell’espressione pressoché scettica nel vedere quelle labbra modellate a mo’ di pesce.

« E adesso, che diavolo stai facendo?  »
« Vuoglio un bascio! »
« Hai seriamente intenzione di continuare questa pagliacciata ancora  per molto? Io vorrei dormire.  »
« Nuon è una paglisciata! »

Lo statunitense sarebbe stato, seriamente, capace di continuare quella sceneggiata per ottenere un piccolo gesto d’affetto da parte del britannico e, a giudicare da quel rantolo da parte di quest’ultimo, non sembrava approvare tutto ciò, affatto—tant’è da andare ad approfittare di quella temporanea cecità nel ridicolo tentativo di ‘’scivolare’’ via da sotto la possente figura altrui, andando anche, elegantemente, a spalmare la mano destra sulla faccia dell’altro, così da spostarselo di dosso. E bene, Alfred… se cercavi di avere la tua dose di ‘’dolcezza’’, non ne avrai più di così!

« Piantala e fammi dormire. »

Ma il tempo di un attimo di libertà, di poter tirare un lenzuolo, ed ecco che inaspettatamente, come ogni gesto dell’americano, dopo tutto, questo, andò ad afferrare nuovamente il braccio altrui, questa volta con ben poca gentilezza, deciso più che mai a lottare seriamente per quel bacio che, ora, era diventato come una questione di principio, e lo si poteva anche notare da quell’espressione offesa per  i continui, noiosissimi, rifiuti dell’anglosassone.

« A-AH?! Ancora che insisti?! »

Un’altra lamentela dal trono gracchiante, un’altra occhiataccia che va a scagliarsi contro il minore. Il tentativo di poter riprendersi il braccio, questa volta, sembrava essere davvero vano, dato che la presa era più salda di quella di prima e la determinazione altrui sembrava non avere eguali e, volente o meno, Arthur sarebbe ceduto e avrebbe dato quello stramaledetto bacio che, America, stava seriamente lottando per poter ottenere.  E Arthur stesso sembrava star facendo finta di non notarlo.

« … Adesso piantala e mollam—?! »

Il lamento, venne soppresso all’istante. Coperto, smorzato, dalle labbra altrui che premevano su quelle gemelle, così secche e sottili. Alfred era talmente vicino da poter sentire il profumo, leggero, di limone che il proprio respiro batteva su quella stessa pelle, così diafana… mentre Arthur poteva ben avvertire quel  calore, così accogliente e così dolce, seppur arrivato con tale arroganza, che lo fece mugugnare. Che fosse di disapprovazione  o meno, preferiva non saperlo lui stesso, dato che era già visibilmente in difficoltà con il proprio volere: il fatto di volere e, allo stesso, per pura testardaggine, non volere quel contatto, tant’è da rimanere con un’espressione burbera sul proprio volto, nel mentre le guance, dispettose, pizzicavano, tanto da diventare sempre più roventi… e i tentativi di liberazione, sembravano non esserci mai stati. Come se quel bacio lo avesse desiderato da tutta la serata, come se quelle labbra, sarebbero dovute restare unite da sempre e per sempre.  L’espressione, da prima, corrucciata, via via con i secondi, sembrava andare ad ammorbidirsi, tanto che le palpebre sembravano andare a chiudersi da sole, con estrema lentezza e data la sicurezza sul fatto che non ci sarebbe stata nessun’altra ribellione da parte del londinese, Alfred decise di lasciare il polso, ma solo per poter far andare quella stessa mano attorno alla vita, secca, dello stesso inglese, ormai bellamente in balia di quel contatto, tanto da ricambiare le stesse carezza,  e lo stesso respiro sembrava essere diventato  poco più pesante in confronto fino a qualche istante fa. Gli occhi schiusi, pieni di attenzione verso l’altro e il bacio che andava a prendere un ritmo più vorace, lasciando che le lingue, gemelle, si cercassero e che i lievi gemiti, riempissero gli angoli della stanza.

« Arthur— »

Un lieve sussurro, una piccola richiesta indiretta che chiedeva una certa collaborazione, non dovendo per forza dirgli schiettamente che voleva continuare quell’attimo, no? Anche perché conoscendo l’inglese, avrebbe anche potuto mandarlo al diavolo. Il bacio, quindi, si interruppe, così da lasciare che il maggiore rispondesse… ma se aveva fatto il difficile fino adesso, era inutile sperare in una sua affermazione, giusto?
Ma sebbene non avesse concluso volontariamente la frase, Arthur, aveva ben capito quale fosse il desiderio dello statunitense: continuare con le carezze e con  i baci, fino a quando non ne sarebbe stato sazio. Le sopracciglia, però, non tardarono a corrucciarsi ancora una volta, mentre il rossore prese maggior vigore sulle proprie guance e nonostante sarebbe tentato di rispondere di no solo per non dargliela vinta,  questa volta, avrebbe mandato al diavolo tutto.
Un attimo di silenzio, un’occhiataccia.

« … Sì, muoviti.  »

Sorprendere Alfred? Arthur sembrava essere il migliore, nel farlo. Un attimo prima, non voleva nemmeno un bacio, e adesso  sembrava aver fretta. Sorrise, allora, l’americano, in quell’ordine così rude, riprendendo con i baci, con ancora più foga di prima…

 « ARTHUR! ALFRED! Non riesco a dormire! Sento dei strani rumori nella mia stanza!  »

… ma, evidentemente, il continuo di quei baci, sarebbe stata un’altra storia.


 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: jaybird