♀ L’amore fa brutti scherzi ♀
Capitolo 4
«Mia madre è mancata...» Ami rimase sconvolta dalle parole di Yusaku. La sua voce, scura e grave, faceva sentire la sofferenza che aveva provato.
«Io... non lo sapevo... mi spiace...» La sua mano, lenta, scivolò nella sua, stringendola delicatamente. Era fredda, come la sua anima arida. Desiderò stringerlo di più, ma aveva paura di entrare in un mondo che non ricordava più.
Era cresciuto, Yusaku, non aveva più quel sorriso infantile e irritante sempre sul viso, la barba assente, i capelli perfettamente in linea e talmente lisci da sembrare unti. Ora, di fronte a lei, c’era un uomo fatto e finito. La barba cresceva incurante sul suo volto, gli occhiali nascondevano a fatica le scure occhiaie, dettate dal cambio di orario e dai pianti del dolore. I capelli lunghi, che ormai arrivavano alle spalle, e una frangia fastidiosamente disordinata.
Ma quello che mancava di più in lui e che aveva notato subito Ami era il suo irritante sorriso. Mancava, completamente. Assente. Con quella piega in basso tesa a una smorfia che rovinata la strana bellezza di quel ragazzo.
«Sei qui da solo?» domandò lei, guardandosi intorno. Nessuno nelle vicinanze.
«Sì. Sumire mi raggiungerà solo per la cerimonia, purtroppo non ha potuto ottenere di più... avevamo programmato una vacanza, dopo la sua ultima spedizione...» l’uomo guardava in basso, ma la sua voce si addolcì al pensiero della moglie.
Era così dolcemente
seria quando studiava, china sui rapporti e sulle carte del suo lavoro, gli
occhiali da lettura poggiati sul naso sottile e il collo scoperto da una maglia
messa male. Poteva intravederne le forme, generose, ma la cosa che adorava di
lei era il collo. Glielo sfiorò con dolcezza, poco sotto l’orecchio. Sentì lei
bloccarsi dallo scrivere, presa alla sorpresa.
«Yusaku, mi distrai
così...» mormorò, la voce leggermente spezzata. Aveva
appoggiato la penna. Gli afferrò le dita con delicatezza, le sue mani erano così
piccole, rispetto alle sue. L’anello brillava leggermente all’anulare.
«Scusami, è solo che sei
così bella quando sei concentrata...» bisbigliò lui,
avvicinandosi a lei. Erano entrambi a letto, le due di notte, svegli per lo
stesso identico motivo: il lavoro. Lei, novella astronauta, studiava i nuovi
aggiornamenti sulla biologia comparata, mentre lui ripassava gli schemi di
baseball e matematica in contemporanea, professore a tempo pieno e allenatore a
tempo perso; un danno al ginocchio lo buttò fuori dalla promettente carriera di
battitore, e ora si accontentava di allenare una piccola squadra di scalmanati
ragazzini pieni di gioie e dolori.
Erano sposati da un
anno a quella parte, e lui aspettava diligentemente che lei affrontasse il
discorso più scottante nel loro rapporto: un eventuale figlio.
Le baciò il collo, inspirò il
suo profumo. Era così buono...
«Amore, scusami, ma non ho voglia.»
disse allontanandolo. Riprese in mano la penna. Ahia, brutto segno.
«Tesoro, so cosa stai pensando e
sappi che non sono così subdolo...» ribadì lui, sentendosi rifiutato in modo
così scortese.
Lei lo guardò severa, chiuse la
penna in mezzo ai fogli e li poggiò sul comodino, spegnendo la lampada,
accovacciandosi sotto le coperte.
«E comportarti così mi uccide,
per favore, parlami... dovremo affrontare quel discorso prima o poi...».
«No, perché non c’è motivo di
affrontarlo. Non voglio.» rispose seccamente. Gli dava le spalle, lui era ancora
seduto sui fogli a guardarla.
«Non vuoi un figlio o non vuoi
affrontare la responsabilità di averne uno?».
Il silenzio della consorte lo
fece infuriare con sé stesso. Si alzò, mettendo le carte malmesse sul mobile e
si diresse al bagno.
Mentre si lavava i denti la moglie
si alzò e andò in cucina. La sentì rovistare alla ricerca di qualcosa, e il
rumore di un fuoco acceso.
«Scusami.» sussurrò Yusaku all’orecchio,
abbracciandola da dietro. La baciò.
«Lo voglio un bambino, ma non
ora. Ho paura di non dargli le attenzioni che meriterebbe. Ti prego, Yusaku,
capiscimi.» e lui annuì.
«Lo capisco pienamente.» e lei
ne rimase colpita.
«E allora perché mi hai
tormentata fino ad ora?» domandò curiosa.
«Perché volevo sentirti dire
queste parole.» ammise lui, con quel sorriso infantile che lei tanto amava.
«Ti
accompagno a casa, Yusaku?» domandò lei, e lui negò con la testa. Lei non
resistette più, e con un balzo gli avvolse il collo con le braccia, alzandosi
sulle punte. Lui rimase inerme ma poi, sorprendendosi dei sussulti di lei -
pianto silente - la strinse soffusamente. Stava piangendo, lei, “la Ami fredda
e adulta”.
Stava
piangendo per lui, e sorrise mestamente, sentendosi sbattere nell’anima il conforto
e la condivisione di una amica che conosceva molto bene la madre. I ricordi di
lei, le sue carezze, i suoi baci, le sue premure, erano forti nel suo cuore e
nella sua mente.
Ami,
dentro di sé provava un dolore forte, ricordando la vecchia signora che le
aveva fatto da zia da bambina. Sempre così amabile e bella, nella sua
genuinità.
E poi i
suoi manicaretti, sempre troppo abbondanti, sempre troppo buoni.
Rimasero
abbracciati a lungo, lì, in quell’angolo di strada poco trafficata, dimentichi
del resto del mondo.
In quel
momento, in quel piccolo abbraccio c’era solo spazio per il lutto e il dolore della
perdita.
La neve
che aveva ripreso a cadere, lenta, una piccola brezza che scuote la gonna di
Ami, e i capelli di lui.
Il
rumore di un motorino che si allontana.
Una
donna dai capelli rossi che sfreccia piangendo.
Riuji
sta osservando con sguardo severo gli scaffali del supermercato, appoggiato con
mestizia al carrello, indeciso se prendere il curry di marca in sconto o quello
di sottomarca. Taiga sopraggiunse da dietro, mettendo nel carrello alcune
schifezze cioccolatose, misto a qualche salatino e ramen istantaneo.
Lui
afferrò il solito curry, e iniziò a bisticciare in modo soffuso con Taiga per i
gusti in cibi non sani. Quando la tigre palmare iniziò a ringhiare, disturbata
dal fastidioso rumore del dragone, un incidente accadde nella strada di fronte
alla vetrina del negozio, facendo un rumore assordante. Una macchina era ferma
in mezzo alla strada.
I due
si avvicinarono, insieme a un gruppo di curiosi, mentre qualcuno iniziò a
chiamare l’ambulanza. C’era un ferito grave.
Taiga,
piccola e sfuggente, si avvicinò di più, e inorridì. Il suo grido di dolore si
elevò alto, mentre Riuji sbracciava per raggiungerla.
Le
lacrime solcavano veloci sul suo viso mentre i capelli rossi sparsi in modo
scomposto si univano al colore macabro del sangue, che scorreva lento sul
cemento strisciato dalle gomme, e le sirene si propagavano soffuse nell’aria,
così come i candidi fiocchi della neve che cadevano lenti sulla pelle bianca di
Minori.