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Autore: laragazzaasociale    29/01/2014    0 recensioni
La storia parla di una ragazza che narra di quando ha conosciuto il suo migliore amico.E scopre di essersi innamorata quando lui le dice di volere una ragazza,ma alla fine..
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ancora con la testa tra le nuvole? La tua voce incrina il guscio dei miei pensieri e mi riporta alla realtà. -Stavo solo pensando. Mi difendo stropicciandomi gli occhi e sbadigliando. -Tu pensi sempre. Ribatti ridendo. Ti siedi davanti a me, il cappuccio grigio chiaro della felpa tirato a nasconderti il viso, i jeans dagli orli consumati e strappati, l'odore dell'ammorbidente che si mescola a quello del deodorante e dello shampoo per bambini. Eccolo, il mio piccolo miracolo, il mio migliore amico. Ci siamo conosciuti un paio d'anni fa, il primo giorno di scuola. All'inizio ci detestavamo, se dovevamo rivolgerci la parola era per insultarci. Lui non capiva come si potesse passare la ricreazione con la testa china su di un libro “non di scuola” ed io non tolleravo il suo comportamento da pagliaccio ed il suo bisogno di essere sempre al centro dell'attenzione. Tutto cambiò circa sei mesi dopo, quando lo trovai seduto fuori, sul muretto della scuola, un giorno in cui ero arrivata in ritardo. Aveva gli occhi lucidi, la febbre alta ed un brutto raffreddore, ma non voleva né entrare, né tornare a casa. Sarei voluta andarmene e lasciarlo stare, ma qualcosa mi bloccò, così rimasi accanto a lui e lo convinsi a seguirmi fino al bar più vicino, dove almeno sarebbe stato al caldo. Ci sedemmo ad un tavolino e rimanemmo in silenzio, non avevamo niente da dirci, noi. Con la testa posata sulle braccia conserte e gli occhi socchiusi guardava fuori dalla vetrata del bar ed io pensai che in quel momento doveva esserci molto buio nella sua mente. Così iniziai a raccontargli qualcosa, non ricordo cosa, forse la trama di qualche libro che avevo letto, forse una storia che avevo appena inventato e continuai così, fino a quando lui non spostò gli occhi dalla vetrata e li posò su di me. Parlai a ruota libera per ore, ordinando un caffè dietro l'altro, arrivando persino a descrivergli il copriletto che avevo da bambina nella mia stanza. Alla fine mi sorrise. Fu assente per qualche giorno, ma quando tornò, durante la ricreazione, si sedette sulla sedia vuota accanto alla mia ed iniziò a raccontarmi di un film che aveva visto mentre era a casa ammalato. Da allora non abbiamo più smesso di parlare, di raccontarci i segreti, di imparare a vedere il mondo attraverso gli occhi dell'altro. Come ho detto, lui è il mio miracolo. -All'uscita vieni a fare un giro? Mi chiedi mentre giocherelli con il cellulare, ultimamente sembra che riesca a parlare solo se ha quell'aggeggio infernale in mano. -Chi siamo? Chiedo sospettosa. L'ultima volta mi ha trascinata in un'uscita con un paio dei suoi amici e le rispettive ragazze. I ragazzi camminavano davanti, parlando di calcio e videogiochi, mentre io ero relegata dietro con due tizie che non facevano che commentare il comportamento dei protagonisti di un reality show. Per poco non cercavo di farmi investire da un camioncino, tanta era la voglia di mettere fine a quell'agonia. -Io e te. Corrughi la fronte mentre apri e chiudi applicazioni a caso. -Dove vuoi andare? Chiedo mentre cerco di fare mente locale per cercare di ricordare quanti soldi ho dietro e se, nel caso, potrei comprarci un libro in offerta. -Da me c'è la cioccolata calda. Butto lì, fingendo di interessarmi a quello che sta facendo con il cellulare. -Ah, ok. Se vuoi possiamo stare da te. Mi rispondi magnanimo, poi blocchi il cellulare, lo metti in tasca e scompari per andare a fumare una sigaretta nel bagno dei maschi del secondo piano, l'unico che abbia le finestre che si aprono ancora. Sorrido divertita, certe volte sei proprio strano. Primo pomeriggio, casa mia. Sto guardando sconsolata il fondo bruciato del pentolino nel quale ho cercato di fare la cioccolata calda. -Non sei proprio portata per la cucina. Ridi, visto che non hai fatto altro che prendermi in giro per le mie poche doti in campo culinario. -È così male?. -Sembra fango. -La prossima volta la fai tu, così vediamo se sei tanto bravo. Ribatto abbandonando la mia tazza ed andando a sedermi sul divano. Mi raggiungi che ridi ancora. Rimaniamo in silenzio per un po', ci sono i cartoni animati alla tv e quello dei cartoni è un momento sacro. -Devo dirti una cosa. Mormori ad un certo punto. Mi giro ed hai tra le mani il cellulare, lo sguardo fisso sul display e la postura tesa.Mugugno mentre abbasso il volume e mi sistemo per guardarti in faccia. -C'è una che mi piace. Tum. È come se qualcuno mi avesse appena dato una martellata in pieno petto. Dolore. Respiro un paio di volte velocemente. -Ah, si? Chiedo con un tono di voce un po' troppo alto. Era ovvio che prima o poi ti saresti innamorato di qualcuna e mi avresti abbandonata per lei. Si sa, le migliori amiche fanno una brutta fine quando la ragazza del migliore amico si fa venire le crisi di gelosia. -Da un po'. Continui sempre guardando il cellulare. La cosa in quel momento mi snerva terribilmente. -Molla quell'aggeggio e guardami, stiamo parlando di qualcosa di importante. Sbotto. -La conosco? Ti chiedo cercando di nascondere l'agitazione che mi monta dentro. Sto malissimo, ma non posso fartelo vedere, sarebbe egoista e sbagliato. Scuoti la testa. -Solo non credo di interessarle. Non so perché ma questa cosa mi fa infuriare. -Allora deve essere una cretina, qualunque ragazza sana di mente si interesserebbe a te. Sei intelligente, divertente, carino ed hai un cuore grande così. Ribatto sicura. Mi sorridi ed abbassi lo sguardo. -Davvero? Dici -Ovvio che si. E per la prima volta penso che è proprio vero... che ho ragione. Sei praticamente perfetto e chiunque sarebbe fortunata ad averti. Che stupida questa ragazza che non si accorge di te, mentre io che so quanto tu sia speciale non posso... Blocco i miei pensieri prima che finiscano di formulare la frase. No. No, no, no, no... -Lo dici solo perché sei la mia migliore amica. Commenti tornando a prendere il cellulare in mano. Mi schiarisco la gola, sto per scoppiare a piangerti in faccia, ma so che se lo facessi ti perderei. Come hai giustamente appena sottolineato, io sono la tua migliore amica. Solo quello. -No, lo penso perché e la verità. Dico prima di alzarmi dal divano con la scusa di dover iniziare a fare i compiti, sapendo che è il modo migliore per farti annoiare a morte e spingerti ad andare via non appena hai studiato il minimo indispensabile per il giorno dopo. L'ora e mezza successiva è una sorta di calvario. Sono gonfia di pianto trattenuto e tu sei più silenzioso del solito, tra di noi c'è un'atmosfera strana ed io sento che le cose stanno già irrimediabilmente cambiando. Che ti sto perdendo. Non appena chiudi la porta alle tue spalle, scoppio in un pianto dirotto. Singhiozzando mi chiudo nella mia camera e ad un certo punto non so più nemmeno da dove arrivi il dolore, se dal cuore o dalla testa che vorrebbe che fossi onesta con me stessa, ma a cui io impongo di tacere. Il pensiero di doverti incontrare il giorno dopo a scuola mi getta in uno stato di panico così grande che quella sera fingo dei crampi addominali molto forti e visto la faccia sconvolta che ho in quel momento i miei ci credono. Il mattino dopo riesco a rimanere a casa. È giorno e sono nel letto che fisso il soffitto e penso che lui è oramai perso dietro ad un'altra. Piango ancora un po', poi mi alzo e decido di trascinarmi con la copertina sul divano, per cercare di distrarmi con un po' di tv spazzatura. Sono le otto e quarantacinque quando il citofono trilla. Chi mai può essere a quest'ora scellerata? Sei tu. Con il cuore che batte a mille e l'orrenda consapevolezza di sembrare un incrocio tra una rana ubriaca ed un porcospino, mi avvolgo nella coperta mettendola sulla testa a mo di velo e ti vengo ad aprire la porta. -Non sei venuta a scuola. Mi accusi non appena mi vedi. Io non rispondo, mi pare evidente che sia così. -Non stai bene? Mi chiedi guardandomi meglio in faccia, anche se io faccio di tutto per nascondermi. -Non troppo. Ti rispondo a disagio. -Hai pianto? Mi chiedi con un'espressione sospettosa. -No, cioè si, cioè no. Ma è perché non sto bene. Mi dirigo verso il divano e mi barrico dietro la coperta lasciando scoperti solo gli occhi. Probabilmente morirò soffocata, ma ci sono modi peggiori di morire.. Butti lo zaino per terra e ti siedi accanto a me. -Hai fatto sega? Se ti becca la vice preside sono guai grossi. Cerco di cambiare argomento. -Non ti ho visto al cancello ed avevi il cellulare spento. Mi sono preoccupato. Commenti facendo spallucce. -Scusami. Mormoro sentendomi in colpa ed anche una brutta persona per averti fatto saltare un giorno di scuola inutilmente. -Non fa niente. Rispondi piegandoti verso di me e vincendo una gara di forza per cercare di tirarmi fuori dal mio bozzolo di lana. Alla fine mollo la presa e lascio che mi scopri. -Perché hai pianto? Mi chiedi serio. Negare sarebbe inutile, ho gli occhi gonfi e rossi e le ciglia umide, meglio inventarsi una scusa. -Mal di pancia. Dico stringendomi le braccia intorno allo stomaco. -Davvero? Mi chiedi alzando un sopracciglio in un'espressione poco convinta. Faccio di si con la testa. -Sai la ragazza di cui ti parlavo ieri? Dopo quello che mi hai detto ho preso coraggio e l'ho invitata ad uscire, ha detto di si. Mi racconti felice. Tum. Altra botta in pieno petto. Solo che questa volta sono pronta e riesco quasi a sorriderti a mia volta. -Sono molto felice per te. Sussurro mentre il mio cuore si accartoccia su se stesso. Tu stringi i denti e serri la mascella e facendomi spaventare moltissimo, tiri un pugno contro il cuscinone del divano sul quale siamo seduti. -Quando la smetterai diraccontarmi cretinate? Mi urli contro mentre io ti guardo con gli occhi spalancati ed il cuore che va a mille. -È da due anni che sono innamorato di te! Come te lo devo dire? Ci ho provato in tutti i modi, ma tu non ti accorgi mai di niente. Persino adesso, che stai soffrendo perché io parlo di un'altra, non mi dici niente e speri che io ci creda... come se non ti conoscessi meglio di quanto tu conosca te stessa... Ed io, a quel punto, non riesco più a frenare le lacrime, che iniziano a scendere copiose, trasformandosi presto in un pianto spezzato. Tu mi fai passare le braccia intorno alle spalle e mi stringi a te, lasciandomi nascondere contro il tuo petto, baciandomi delicatamente i capelli scompigliati e mormorando pianissimo... ...io ti amo...
  
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