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Autore: Shyvana    30/01/2014    3 recensioni
Ho cominciato a giocare a LoL da qualche mese, ed ho provato durante la sua settimana free Shyvana, the half-dragon.
Così ho deciso di informarmi, leggere la sua storia, e aprire un mondo nella mia mente...
Genere: Fantasy, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Un rosso brillante attraversava il cielo. I colori vivaci andavano a nascondersi dietro le montagne, sfumando in un blu cobalto, pieno di accenni di stelle. La luce ormai era poca, ma godersi il tramonto da quel punto della montagna era sempre stato il passatempo preferito di Shyvana, sin da quando era bambina. In pianura era caldo, e dall'alto della sua roccia poteva intravedere l'umidità accumulata nella valle. La sua roccia, quella piccola sporgenza dalla forma stranamente simile alla testa di un drago, su cui aveva passato la solitudine infantile. Non aveva mai conosciuto il tepore di una casa, di un camino caldo o di un pasto pronto e fumante; viveva nei boschi, viaggiando di notte verso nord. I ricordi le attraversavano la mente, mentre gli occhi erano fissi sul sole all'orizzonte. Doveva partire alla svelta. Quelle montagne erano ormai luogo di scambi e commerci di privilegiata mercanzia, troppo soggette a sguardi mortali. Shyvana era ancora assorta nei pensieri, quando fu costretta a smontare dalla testa del drago, togliendo i piedi dal vuoto baratro sottostante. Toccò la terra silenziosamente; dai passi si udiva solo un delicato mormorio morente degli ultimi residui di neve. Durante la notte i mercanti sostavano nelle locande lungo il vialone principale. La montagna era pericolosa, gli animali erano temuti. E poi c'era lei. La reietta. L'uomo la temeva, i guerrieri la tolleravano. Era la leggenda dei boschi. Nelle locande si radunavano mercanti pronti a raccontare la sua storia, vera o falsa che fosse, spaventando viandanti creduloni e facendo scappare urlando i bambini. Lei era una Leggenda. Scendeva velocemente verso la valle, evitando di far rumori particolarmente forti. Quella notte avrebbe ottenuto la sua vendetta. La luce della luna piena andava a scontrarsi col profilo vertiginoso di un valico, riflettendo nelle maree di neve. In cima al ripido monte, una fitta nebbia ne copriva la cima, rendendola invisibile ad occhi indiscreti. Lì si era rifugiato, sulla vetta più a nord. Era difficile scalarla, ma non per Shyvana. Si arrampicava sulle rocce velocemente, divorata dall'intimo desiderio di sangue. Con gli occhi fissi nel vuoto, toccò la cima piatta del monte. Il resto del mondo sparì, la nebbia circondava interamente il suo corpo. Cammina piano, attenta a non fare movimenti incauti. Non le serviva la vista, ma reprimeva la paura di non potersi mettere in guardia. Un vento gelido spostò il muro bianco che aveva attorno, mostrandole un trono di pietra. Un figura imponente e ricurva era in piedi sullo schienale, la coda che abbracciava il trono in una spirale nera di rigide spine. Shyvana ricordò il viaggio, concluso la mattina del giorno stesso. I guerrieri di Demacia l'avevano accompagnata sino ai piedi della montagna, ma lei voleva passare il resto del tempo da sola, sulla sua roccia a forma di testa di drago. Pensò a Garen, l'unico mortale che tra le truppe di Demacia le aveva dimostrato un po' di umanità, invece di guardarla paurosamente di sottecchi come facevano gli altri. Garen le era stata accanto, le aveva raccontato di sé, della sua tenera infanzia e della sua grande carriera nelle truppe di Demacia, di come il popolo parlava di lui. Shyvana teneva gli occhi bassi, facendo finta di curarsene poco, ma era contenta di sapere che qualcuno non la temeva così tanto da non concederle una parola. Forse l'ego di Garen era più forte della paura stessa, o forse aveva trovato un amico. Tornò al momento in cui si trovava come se le fosse caduto un fulmine a pochi metri di distanza, spalancando gli occhi. Voleva cambiare vita, voleva la possibilità di non essere più una reietta, di vivere in una casa, di recuperare tutto ciò che le era mancato ai tempi dell'infanzia. Voleva conoscere Garen. Alzò gli occhi, puntandoli sulle due fessure luminose di fronte a lei, che ricambiavano stancamente il suo sguardo. La figura nera di fronte a lei passò in secondo piano. C'era altro, voleva andare avanti. Non sarebbe morta in quello scontro. Si avvicinò lentamente, rimettendo a fuoco il trono, delineando le schegge di roccia che spuntavano ovunque. Era imponente, ma mai quanto chi lo sovrastava. Il drago la fissava, aprendo lentamente le narici, respirando affannosamente, sbattendo di tanto le ali in maniera annoiata. La rispettava. Sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. Shyvana non aveva perdonato. La sete del suo sangue le ribolliva dentro, lanciandole vampate al viso. Era un fuoco, che piano piano cercava la via per uscire. Gli stivali cozzavano contro la pietra nuda, provocando un rumore secco e distaccato, che riecheggiava nel bianco denso della nebbia. Shyvana si fermò di colpo, quasi come avesse udito una voce. Ma niente poteva distrarla dagli occhi anziani del drago, fuggito alla sua furia fino a quel momento. Aveva ucciso suo padre, e la doveva pagare. Guardò negli occhi della figura che aveva di fronte. Le parlavano. Lui sapeva che un giorno Shyvana sarebbe tornata a rivendicare l'assassinio del padre, che nulla l'avrebbe fermata finché il desiderio dentro di lei non sarebbe stato esaudito. Fece un altro passo in avanti, e gli occhi del drago parlarono di nuovo. Shyvana non osava spostare lo sguardo. Le dicevano che quella vita da fuggitivo gli aveva portato via anni che non avrebbe mai avuto indietro, che quella stessa vita l'aveva scelta da solo, nel momento in cui scelse di uccidere un giovane drago, davanti agli occhi della figlia mezzosangue. La tristezza faceva capolino dal bagliore delle pupille. Accettava generosamente la morte, come se Shyvana potesse renderlo libero. Si era chiuso in quell'esilio per soffrire, per destinarsi ad una morte lenta e senza affetti, in un posto in cui nessuno avrebbe potuto trovarlo, se non lei. Lentamente aprì le ali, scese dal trono che gli faceva da piedistallo, e si esibì in tutta la sua maestosità agli occhi di Shyvana. La luce della luna colpiva il suo corpo, possente e slanciato. Il muso curvo, ormai segnato dal tempo e dalla sofferenza, era rivolto a lei. Le ali erano fine come teli, le venature spesse ed evidenti contrastavano alla luce della luna. Nero come la notte, risaltava nel buio quasi fosse parte integrante di esso, ma allo stesso tempo rischiarato da un lume di bontà. Shyvana ascoltò di nuovo ciò che la pupilla bianca del drago aveva da dire. Le mostrò una cicatrice, che in passato doveva essere una ferita grave, quasi mortale. Quella gli era stata inflitta dal padre, durante lo scontro. Solo dopo anni passati in solitudine, dicevano gli occhi, il drago aveva capito perché il padre di Shyvana conduceva una vita da reietto. Il motivo, era di fronte a lui in quel momento stesso. La stirpe dei draghi seguiva Shyvana ed il padre per porre fine a quell'abominio della natura, quella creatura che poco assomigliava ad un drago, e troppo ad un mortale. Il drago di fronte a lei stava muovendo il muso verso il basso, in segno di vergogna. Smise di dare la caccia alla bambina perché si rese conto di aver posto fine alla vita di un suo simile, per il semplice pregiudizio dei suoi simili nei confronti di chi lo era solo per metà. Shyvana accolse la nota di dolore nel verso del drago, un mugolio pieno di odio nei propri confronti. La fissava. La mezzosangue che aveva privato della propria figura paterna era davanti a lui, e negli occhi di Shyvana poteva vedere una vita trascorsa in solitudine. Solo quando finalmente Shyvana smise di riflettere si accorse che il drago la stava implorando, chiedeva di morire. Desiderava la morte da così tanto tempo che ormai aveva perso le speranze. Shyvana sfoderò la spada senza pensarci due volte. Gli occhi tristi del drago fiancheggiavano la lama affilata, per poi poter fronteggiare lo sguardo della mezzosangue. Il rumore del sangue caldo e pulsante del drago si faceva forte e riecheggiante nella testa di Shyvana. Brandì la spada, la alzò al cielo urlando il nome del padre, rivendicando la vendetta a lui promessa. In quel momento, le truppe di Demacia facevano capolino dal bordo della montagna, la nebbia ormai diradata lasciava intravedere le figure. Si avvicinarono correndo. Garen aveva insistito perché il generale conducesse i guerrieri dietro alla mezzosangue, preoccupato per quella che sperava diventasse una nuova amica. Non poteva permettere che morisse. Ma Shyvana era troppo concentrata, tanto che non sentì minimamente il frastuono dato dal cozzare di spade ed armature. Esisteva solo lei, il sangue che stava per assaggiare, ed il drago che avrebbe ucciso di lì a breve. La cattiveria e l'odio accumulati in tutti quegli anni stavano per essere rigettati sull'unico vero responsabile del suo dolore. Impugnò la spada a due mani, stringendo tanto forte da far diventare le nocche bianche. Chiuse gli occhi e calò la lama. Li riaprì, per vedere il punto preciso in cui la lama era affondata. Con un sorriso beffardo sul viso, riprese l'elsa. Doveva terminare ciò che aveva iniziato. Mentre il drago esalava i suoi ultimi respiri, Shyvana si riprese la spada, portando via dal petto del drago il cuore gocciolante. Agli occhi dei guerrieri, quella era la cosa più maestosa che un mortale avrebbe mai avuto la fortuna di vedere. Un guerriera, una reietta, una vendicatrice assetata dal sangue e consumata dall'odio, che sfilava il cuore del drago dalla spada intrisa di sangue per rigirarselo nelle mani. Shyvana fissava il cuore. Con stupore, riepilogò le sue azioni, senza lasciar il privilegio al suo viso di poter trasudare qualche pensiero. Solo in quel momento capì. La sua vera natura. Il fuoco che era in lei uscì, irradiando la sua pelle di una luce calda ed intensa. Le fiamme la avvolgevano, la pelle nuda lambita da lingue bollenti, che in realtà non esistevano. Si stava trasformando per la prima volta in un drago. Eretta sulle zampe, continuava incredula a fissare il cielo. Abbassò lo sguardo, e vide Garen sotto a lui, piccolo nella sua muscolosa forma umana. Si chiese cosa pensassero ora di lei tutti quei combattenti, che tanto lottavano contro Noxus per il nome di Demacia inciso sulle armature. Passò accanto al corpo inerme dell'antico drago, per andarsi a specchiare nello schienale del trono di roccia. Vide sé stessa, ma nella sua vera forma. Poi vide gli occhi del drago riflessi nei suoi.
  
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