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Autore: Angelique Bouchard    30/01/2014    5 recensioni
Trunks è un adolescente esattamente come tutti gli altri, a prescindere dal sangue che gli scorre nelle vene, e pertanto uno dei suoi più grandi dilemmi e lo stesso di un qualunque giovane terrestre: l'amore.
Ma non avrebbe mai immaginato che proprio suo padre - Vegeta, il principe dei saiyan - avrebbe potuto essergli tanto d'aiuto in questo campo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N.b. Maledizione, ho una Long da portare avanti, e l’ispirazione – quella belva – non fa che disertare il fronte magico di Harry Potter, calamitata dall’universo saiyan. Perciò, a distanza di tre giorni dall’ultima, ecco un’altra storia su Vegeta e la sua famiglia; spero che vi piaccia, così da ripagare il senso di colpa per non riuscire a scrivere il capitolo della Long.
Un bacio,
Angelique
 
 
 
 
Un uomo di poche parole
 
 
 
 
Le belle azioni nascoste sono le più stimabili
-Blaise Pascal

 
 
 
 
Era un sabato mattina del tutto identico a quelli delle settimane precedenti; alla Capsule Corporation la tranquillità e l’abitudine la facevano da padrone, mentre fuori dalle mura di casa un tiepido sole primaverile troneggiava imponente nel bel mezzo di un terso cielo azzurro.
Bulma Brief si era alzata di buon’ora per svolgere alcune mansioni casalinghe, poi era uscita a compiere un paio di commissioni ed era tornata a casa entro le undici, trovando la sua bambina di sette anni, la piccola Bra, seduta in salotto con il nonno che l’aiutava a leggere un libro di favole.
«Buongiorno tesoro; salve papà!» salutò allegra, chiudendo la porta d’ingresso e posando alcuni acquisti e le chiavi di casa e della macchina sul mobile accanto all’entrata.
«Ciao mamma!» replicò gioiosa la bambina, chiudendo di scatto il libro e saltando giù dal divano per correre incontro alla madre e farsi abbracciare. La donna si piegò sulle ginocchia e le posò un dolce bacio sulla guancia, mentre lo scienziato la salutava dalla sua comoda postazione sul sofà.
«Hai fatto la brava con i nonni?» chiese seria Bulma, sciogliendo l’abbraccio e guardando in viso la bambina.
«Certo!» rispose Bra con aria fiera e solenne, «stamattina io e la nonna abbiamo preparato una torta, e poi il nonno mi ha aiutata a fare i compiti per lunedì! Capisci, mamma? Li ho già finiti! Così oggi pomeriggio e domani possiamo uscire!» informò allegramente la bambina, saltellando sul posto con un’espressione radiosa in viso. Bulma le sorrise e si congratulò con lei, ringraziando subito dopo suo padre per essersi preso la responsabilità di farla studiare.
«Oh, cara, è stato divertente; è molo intelligente, anche se ha la tendenza a distrarsi quando qualcosa non le interessa particolarmente» disse l’uomo ridacchiando, accarezzando affettuosamente la testa azzurra della bambina. Bulma ridacchiò e sgridò scherzosamente la figlia, che si dondolò sui talloni con espressione vagamente colpevole in viso.
Anche il dottor Brief rise, poi lasciò sole madre e figlia e raggiunse la moglie in cucina, che era intenta a preparare il pranzo.
La piccola di casa, allora, corse nella sua stanza per prendere i propri quaderni e tornò svelta in salotto per mostrare il lavoro fatto alla madre che osservò e ascoltò con attenzione, facendo alla figlia molti più complimenti di quanti fossero realmente necessari, solo per il gusto di vederla orgogliosa e soddisfatta.
 
Continuarono a chiacchierare a lungo, del tutto dimentiche del resto del mondo, come spesso accadeva quando madre e figlia si ritagliavano un momento solo per loro; Bra era ancora una bambina, ma l’intesa tra le due donne era di gran lunga più forte e immediata di quanto non fosse mai stata quella tra Bulma e sua madre, anche quando la scienziata aveva raggiunto un’età abbastanza adulta da poter parlare con l’altra di qualunque argomento.
Furono distratte molti minuti più tardi, mentre parlavano della festa di compleanno di una compagna di classe della bambina, quando un’esplosione più rumorosa delle precedenti, proveniente dalla Gravity Room, le costrinse a sussultare e voltarsi entrambe verso la finestra che dava sul giardino.
 
***
 
«Che diavolo ti prende, Trunks?!»
Vegeta, spazientito, posò i piedi sul pavimento marmoreo della stanza, osservando con cipiglio infastidito il figlio sedicenne che giaceva a terra con espressione stralunata.
Trunks, sentendosi osservato, sollevò il busto facendo perno sui gomiti, poi sospirò e replicò con voce fievole: «Niente, papà. Sono solo un po' stanco»
Vegeta alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto, sbuffando per lo sforzo di sopportare una gravità così elevata senza essere in movimento. Fece alcuni passi verso il figlio che nel frattempo si era rimesso in piedi, ma respirava a fatica.
«Non dire idiozie» lo accusò il padre con sguardo severo.
Trunks deglutì e scostò lo sguardo, desiderando ardentemente riprendere il prima possibile gli allenamenti e sorvolare su qualunque argomento.
«Dico davvero» ribadì il giovane, facendo un passo indietro e rimettendosi in posizione. Ma Vegeta pareva inflessibile, e Trunks lo odiò immensamente per aver deciso di comportarsi da padre presente e premuroso proprio quel giorno.
«Riprendiamo?» chiese quindi il ragazzo, passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata ed evitando il più possibile gli occhi dell’uomo.
«Trunks» lo richiamò però Vegeta, senza abbandonare la sua posa irremovibile e calamitando lo sguardo del ragazzo verso il proprio «non fare l'errore di credere che solo perché non mi interessi ai vostri sentimenti io non li percepisca. È più di una settimana che hai qualcosa che non va; sei sempre nervoso, rispondi male a tutti e giuro che se per ancora una sera dovrò sorbirmi tua sorella che si lamenta perché non l’ascolti mai vi stacco la testa dal collo a tutti e due» minacciò Vegeta con un tono di voce simile a un ringhio, a conferma di quanto la situazione lo infastidisse. Ma, contemporaneamente, Trunks percepì una nota dissociata, che forse non era reale interesse ai problemi del figlio ma una semplice curiosità che, tuttavia, era molto più della solita indifferenza che Vegeta riservava agli avvenimenti della sua vita che non riguardavano allenamenti o tornei di arti marziali.
Trunks sbuffò, comprendendo che suo padre l'aveva ormai stanato, e che non l’avrebbe distolto dal suo obiettivo – ovvero di tirargli fuori a forza ciò che lo rendeva tanto difficile in quel periodo – neanche se avesse cominciato ad attaccarlo a tradimento.
«È...»
Il ragazzo deglutì ancora, guardando distrattamente il computer dei comandi e ringraziando la luce rossastra della Gravity Room che nascondeva perfettamente il sangue che sentiva ardergli sotto guance.
«È per... per una ragazza» mormorò alla fine Trunks, sentendo il proprio viso andare letteralmente a fuoco e facendo ben attenzione a non incrociare lo sguardo con quello di suo padre. Tuttavia, una volta iniziato il discorso, per il giovane non fu troppo faticoso aggiungere qualche dettaglio di questo genere: «Lei mi piace, ma...» sbuffò «non so come dirglielo»
Vegeta roteò gli occhi verso l’alto scuotendo il capo, come se la spiegazione del figlio non fosse esattamente quella che si aspettava; o forse, pensò Trunks, qualunque spiegazione lui gli avesse dato l’avrebbe portato a scuotere la testa, poiché era certo che, a meno che non avesse rivelato un’improbabile dipartita di Goku o la presenza di un nuovo nemico da combattere, nessuna delle sue risposte sarebbe stata bene accolta.
«Tsk, una ragazza» commentò infatti l’uomo, sciogliendo le braccia e roteando un paio di volte le spalle «che perdita di tempo. Avanti, ricominciamo» aggiunse subito dopo, senza neppure aspettare che suo figlio si rimettesse in posizione, costringendolo quindi a sollevarsi in aria per evitare un ki-blast diretto al suo stomaco.
L’allenamento riprese ancor più veloce e serrato di qualche minuto prima; Vegeta attaccava Trunks così di frequente che il giovane non aveva il tempo di pensare ad altro che non fosse l’allenamento, costretto ad utilizzare tutti i sensi per schivare i colpi del padre e tentare di colpirlo a sua volta.
 
Continuarono la simulazione di un combattimento per molti minuti, lanciando sfere di energia da una parte all’altra della stanza circolare, sferrando pugni e ginocchiate che, se non andavano a segno, colpivano l’aria rarefatta e pesante, dando loro la sensazione di aver cozzato contro un muro.
Vegeta era implacabile; a lungo continuò ad attaccare suo figlio e a schivare i suoi colpi senza mai perdere velocità, senza distrarsi un solo istante, spremendo il proprio corpo sino allo stremo delle forze – e di conseguenza quello di Trunks.
I due saiyan si rincorrevano vicini al soffitto della stanza, schiacciandosi contro le pareti di metallo per evitare gli attacchi dell’altro che venivano prontamente rispediti al mittente dallo speciale materiale di cui erano rivestiti i muri, resistenti a tanta energia. Avevano il fiato corto e sentivano i muscoli dolere come non mai, il caldo era asfissiante e il cuore batteva all’impazzata, pompando sangue a una velocità talmente elevata che quello di un normale terrestre sarebbe esploso già da molto.
Il primo a interrompere il silenzio fatto solo di boati, scoppi e lievi lamenti fu Vegeta che, allentando appena il ritmo della lotta, riprese il discorso interrotto bruscamente una mezzora prima.
«C'è una sola cosa che ho imparato dopo tutti questi anni, da tua madre» esordì all'improvviso il saiyan, afferrando con una mano il pugno del figlio diretto al suo viso, e colpendolo veloce con l’altro braccio, mandandolo a sbattere contro l’altra estremità della stanza.
«Alle donne piace parlare, ma neanche si ascoltano, perché in realtà detestano le parole» continuò Vegeta, mentre Trunks, senza neppure aver toccato terra, si raddrizzava e si riavvicinava veloce al padre, caricando una sfera di energia nel palmo della mano. Quando fu sufficientemente grande la scagliò in avanti, verso Vegeta che, sbuffando fuori dai polmoni tutta l’aria, la colpì con forza, lanciandola contro il soffitto con tanta forza che si disintegrò in pochi istanti.
«Che significa?» chiese allora Trunks, parando con gli avambracci i colpi veloci del padre, e sollevando un ginocchio che si scontrò con il ventre marmoreo di Vegeta; il saiyan piegò appena il busto in avanti, senza tuttavia lasciare il tempo al figlio di colpirlo sulla spalla come aveva premeditato, e sferrandogli un potente pugno nel fianco che lo fece precipitare al suolo, schiacciato dalla forza di gravità. Vegeta scese a terra, posando stancamente i piedi sul pavimento, con il petto che si alzava e abbassava in maniera irregolare.
«Che io e Kakaroth non abbiamo sconfitto Majin Bu facendoci una chiacchierata insieme; abbiamo agito» spiegò, indisponente, tanto scocciato da una simile conversazione quanto deciso, forse inconsciamente, a dare, per una volta, una lezione al figlio diversa dalle solite ramanzine riguardanti potenza e forza fisica.
Trunks osservò suo padre schiudendo lentamente le labbra, mentre il suo sguardo si faceva più vacuo, come se non stesse realmente guardando ciò che aveva di fronte. Le parole di Vegeta, per qualche attimo, vorticarono nella sua mente esausta senza trovare il giusto ordine di composizione, rendendosi incomprensibili. Impiegò qualche minuto per comprendere appieno il discorso vago e le implicite dritte di suo padre, ma improvvisamente si rese conto che Vegeta aveva perfettamente ragione: le donne non si lasciavano incantare da belle parole, perché non erano stupide; una donna voleva fatti concreti e dimostrazioni per credere in qualcosa.
«Non devo dirle che mi piace» mormorò flebilmente Trunks, continuando a fissare il vuoto di fronte a sé, il respiro ormai regolare e il battito più lento e costante «devo dimostrarglielo!» sentenziò infine, mentre un sorriso si apriva sulle sue labbra e il giovane si rimetteva in piedi, sfidando coraggiosamente l’insana forza di gravità che opprimeva le sue spalle. Correndo più veloce di quanto avesse mai fatto sotto quel peso raccattò svelto un asciugamano di spugna appoggiato accanto al computer dei comandi, poi, passando accanto a Vegeta che lo fissava con un’espressione a metà tra l’essere soddisfatto e l’essere innervosito, gli diede una veloce pacca sulla spalla, dicendogli: «Grazie, papà!». E si avviò verso l’uscita.
Il saiyan rimase interdetto per un breve istante, poi si voltò verso il figlio: non era quello il momento di agire, prima dovevano terminare l’allenamento!
«Dove pensi di andare, buffone?!» gli urlò dietro, mentre il ragazzo saltellava come se avesse appena fatto la più importante e sensazionale delle scoperte.
«Non abbiamo finito qui!»
Ma all’improvviso sentì l’aria farsi più leggera e rischiararsi, segno che il dispositivo di disattivazione della gravità all’apertura del portellone si fosse attivato.
E Trunks era già lontano.
 
***
 
Il giovane piombò in cucina con un entusiasmo che non gli si vedeva addosso da parecchi giorni, un sorriso raggiante e fremente sulle labbra arrossate dall’eccitazione; indossava una delle sue migliori camicie, appositamente sbottonata sino ad intravedersi il rilievo dei pettorali alti, pantaloni ben stirati e abbinati all’indumento di sopra e le scarpe nuove. Persino nei capelli c’era qualcosa di diverso, come se il solito disordine fosse stato in qualche modo domato, dando la netta impressione che non fosse uno scompiglio casuale. Bulma lo osservò un istante, alzando un sopracciglio curato, ma senza fare domande.
«Mamma, posso uscire?» chiese immediatamente il ragazzo, avvicinandosi alla donna in piedi sotto ad una mensola che stava spolverando.
Bulma si fermò brevemente, voltando il capo verso il figlio senza tuttavia smettere di passare un panno umido sul dorso di un libro di ricette che teneva in mano.
«Hai finito di studiare?» gli chiese poi, rimettendo il tomo al suo posto e prendendo quello affianco.
Il sorriso di Trunks si incrinò appena, ma il suo entusiasmo pareva non potersi scalfire.
«In realtà no, ma volevo studiare con una... amico» rispose, mordendosi la lingua per aver quasi rivelato le sue reali intenzioni.
In realtà non gli piaceva mentire a sua madre, non lo aveva mai fatto a cuor leggero, ma era più che certo che se le avesse detto che voleva uscire con una ragazza senza aver aperto libro gli avrebbe urlato dietro sino a farlo desistere volontariamente; inoltre, suo padre sapeva cosa stava facendo, perciò si illuse di avere il permesso di almeno un genitore, e che quindi non fosse una bugia così tremenda.
Bulma si voltò, corrugando le sopracciglia, ma non fece domande; aveva notato perfettamente quella a che Trunks aveva cercato di mangiarsi addossandola alla parola successiva, e oltretutto sin da subito aveva ipotizzato che il caratteraccio di quei giorni fosse dovuto a qualcosa di simile ad una delusione in amore, perciò optò per dargli quella possibilità, nella speranza che si tranquillizzasse e che tornasse ad essere il ragazzo gentile e dolce che in casa tutti amavano. Inoltre, essendo soltanto sabato, Trunks avrebbe potuto recuperare le ore di studio perse il giorno successivo.
«D'accordo, ma sappi che non appena tornerai a casa ti chiederò la lezione» rispose quindi Bulma, ghignando invisibilmente, decisa ad ottenere una piccola vendetta per tutte le volte che Trunks le aveva risposto malamente negli ultimi giorni.
«Ehm... va bene» acconsentì il ragazzo, pensando distrattamente a quando diamine avrebbe aperto il libro di storia. Ma alla fine decise che non gli importava; avrebbe trovato un momento libero per farlo, ma quel pomeriggio non si sarebbe lasciato scappare quell'occasione per nessuna ragione al mondo, non mentre era così determinato ad affrontare la ragazza che gli piaceva.
Ottenuto il permesso di uscire, Trunks si chinò per schioccare un bacio sulla guancia della madre, ringraziandola velocemente per poi apprestarsi a uscire; voltandosi, però, la sua attenzione fu calamitata dalla figura minuta di sua sorella, seduta al tavolo, e le parole di suo padre gli risuonarono nella testa: effettivamente, sembrava essere passata un’eternità dall’ultima volta che ci aveva parlato senza ribadirle di lasciarlo in pace e di non infastidirlo. Si sentì tremendamente in colpa per averla trattata in quel modo, perciò le si avvicinò silenziosamente, sorridendo teneramente quando notò gli occhi di Bra saettare nella sua direzione, quasi speranzosi.
«Cosa disegni, piccola?» le domandò allora, posizionandosi alle sue spalle e chinando la schiena per avere il capo alla sua altezza, posandole un dolce bacio sui capelli. Bra sorrise e prima di rispondere si voltò per restituirgli il bacio, stringendo brevemente le braccia sottili attorno al collo muscoloso del fratello maggiore.
«Un principe e una principessa» disse poi,  tornando ad osservare il suo disegno e sollevando leggermente il foglio per farlo vedere meglio al fratello. Trunks lo studiò un breve istante, meravigliandosi di quanto i tratti fossero precisi e le proporzioni adeguate; era decisamente un lavoro ben fatto per una bambina di appena sette anni. Poi il giovane notò il colore dei capelli della ragazza, e un sorriso divertito gli disegnò le labbra.
«Mmh, e immagino che sia tu, la principessa» disse, scompigliando leggermente la chioma azzurra della bambina, ridacchiando per la sua vanità. Ma Bra scosse immediatamente la testa, negando l’osservazione di lui.
«No, è la mamma!» spiegò decisa, facendo voltare Bulma che, sorpresa, posò il panno e si avvicinò al tavolo. Trunks rimase interdetto, la bocca dischiusa in un’espressione sorpresa e le pupille leggermente allargate dallo stupore mentre osservava l’altra figura del disegno.
«E questo sarebbe papà?» chiese, scettico, puntando il dito sul foglio, mentre Bulma sorrideva dolcemente.
«Esatto!» replicò Bra, battendo le mani, entusiasta. Trunks rise, attirando su di sé gli sguardi di entrambe le donne.
«Papà che dà un bacio sulla guancia alla mamma? Mai sentita una cosa del genere» dissentì con espressione ironica e tono divertito.
«Trunks!» lo riprese la madre, scuotendo la testa con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
Il ragazzo ridacchiò, sperando di non sminuire l'entusiasmo della sorellina con il suo commento sarcastico. Ovviamente sapeva bene che suo padre avesse, negli anni, dato molto più che un bacio sulla guancia a sua madre, poiché era decisamente troppo grande per credere alla cicogna che porta i bambini; l'immagine di suo padre che compiva un gesto tanto dolce nei confronti della donna, tuttavia, lo lasciava piuttosto interdetto.
«Certo» Bra non si fece scalfire dall’ironia del fratello, e annuì con convinzione.
«L'ho visto io» aggiunse, catturando gli sguardi di Trunks e sua madre.
«Davvero?» chiese il ragazzo, mentre Bulma, sorridendo, tornava alla sua occupazione, lasciando i figli alla loro discussione sulla veridicità di un atteggiamento simile da parte di Vegeta; era rimasta sorpresa dal fatto che Bra avesse colto Vegeta in uno di quei rari momenti in cui il saiyan scendeva dal proprio piedistallo e le dimostrava che a lei – e a loro – teneva davvero, ma non aveva alcun dubbio, al contrario di Trunks, sulla possibilità di un simile comportamento da parte dell’uomo.
«Sì» confermò con decisione Bra, annuendo ancora una volta «perché papà queste cose non le dice a nessuno; lui le fa e basta» spiegò con la rinomata semplicità disarmante dei bambini, le cui affermazioni sono troppo dirette per poter essere messe in discussione.
Trunks sentì nuovamente la voce del padre rimbombare nella sua testa.
 
«Che io e Kakaroth non abbiamo sconfitto Majin Bu facendoci una chiacchierata insieme; abbiamo agito»  
 
Improvvisamente quel riferimento implicito di Vegeta gli parve ancor più chiaro di quanto non lo fosse stato sino a poco prima; poi la voce di Bra lo riportò alla realtà, distogliendolo dalle sue considerazioni.
«Una volta anche a me ha dato un bacio, sai, Trunks?» riferì allegramente la bambina, con espressione soddisfatta, come se fosse pienamente consapevole dell’evento straordinario a cui aveva avuto il piacere di assistere.
E allora persino Bulma non poté evitare di sbarrare gli occhi e schiudere le labbra in un’espressione tanto meravigliata quanto felice, convinta che Vegeta non avrebbe mai smesso di sorprenderla.
 
 


 
Fine
   
 
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