And the bus and the tourists are gone
And you've thrown away the choice and lost your ticket
So you have to stay on
But the drum-beat strains of the night remain
In the rhythm of the new-born day
You know sometime you're bound to leave her
But for now you're going to stay
In the year of the cat
(-Al Stewart – Year of the cat)
Una calda
sera d'estate. Le carte da firmare nell'ufficio silenzioso mentre una
segretaria aspetta e nasconde l'impazienza di raggiungere l'amante.
Una calda
sera d'estate, e il vuoto della vita a farti paura. Guardi dalla finestra e
vedi danzare le foglie. Il vetro ti restituisce il riflesso pallido di un
ragazzino perduto. Distogli gli occhi e cerchi di pensare al tuo lavoro. Evochi
le immagini dei nuovi gioielli per la collezione autunnale, pietre che brillano
di luce fredda. Rendere più forte e al primo posto l'azienda era lo scopo che
t'aveva fatto andare avanti. Era una dedizione da considerarsi ammirevole. Per qualche tempo sei riuscito a mantenerla. A perseverare
in luccicanti illusioni fittizie. Ma
poi, a poco a poco, l'entusiasmo si è spento sfociando nel solo dovere.
Ti volti
a guardare gli schedari, i telefoni. Potresti rimetterti al lavoro. Potresti
trovarti una donna. La ricerca del profitto, la ricerca del piacere.
Ma
rifiuti entrambi rabbiosamente.
Lasci
l'ufficio, congedi l'autista per questa sera e sali sulla
corvette. Il rombo del motore tuona nella strada. Ti allontani dalla
città per correre veloce, ascoltando la musica. Un volume così alto da coprire
ogni altro suono.
Quando
comprendi che neppure questo serve, che neppure questo ti aiuta, giri l'auto e
torni verso Mosca.
Attraverso
le strade eleganti della riva destra, scorgi il ghiaccio luminoso nelle vetrine
delle gioiellerie di famiglia. Il passato martella nelle mente. Accanto a te il Moscova scintilla. E a poche strade di distanza, in quello
stesso esatto momento, un ragazzo snello ha appena sostato davanti a una
piccola chiesa.
Non ha
fatto altro che camminare a caso per le vie, e anche lui come te ha ascoltato il passato. Ora è là, fermo con il viso alzato al sole calante e guarda la chiesa davanti a
lui. Appena oltre c'è un giardinetto. Bambini che giocano. Li sente gridare.
Vede con la coda dell'occhio i loro visi sorridenti, nell'aria c'è profumo di caramelle
e malinconie.
Il
ragazzo è a Mosca da una settimana. Guarda la chiesa, il portale ad arco e
scaccia il
ricordo, con tutti gli altri ricordi: Suo fratello, sua madre, il tintinnio
del rosario dei monaci dell'istituto, un uomo con una pistola e una macchina
grigia. Non riesce a liberarsi completamente di queste memorie; di notte
prendono vita nei suoi sogni ma di giorno, chiuse in
un angolo della sua mente, diventano sopportabili. Le immagini si ripetono ma sono lontane, come un film, come avvenimenti
accaduti a qualcun altro. Non permette che affiorino in primo piano. No. E'
venuto a Mosca senza motivo ma la città gli piace. La
gira ogni giorno, da solo, in una serie di pellegrinaggi. Finché continua a
camminare e guardare, tutto va bene. Non trema e non piange. Questo gli succede
solo se si ferma troppo a lungo in un posto e lascia che i ricordi tornino
serpeggiando, insinuandosi tra lui e il mondo.
Sta
incominciando la sua nuova vita, la vita che ha sognato e desiderato per tanto
tempo. E' a questo che sta pensando; più tardi lo ricorderà perchè è
esattamente in questo momento che sente la macchina.
Una
grossa macchina nera, d'un tipo che non riesce a identificare
-ma a dire il vero non si è mai interessato di auto in vita sua- e non
saprebbe mai dire cosa abbia visto prima, la macchina o l'uomo che la guida.
Per un momento ha creduto che l'avesse chiamato, poi s'accorge dell'errore.
Doveva essere stato uno dei bambini nel giardinetto. Si gira, la macchina s'avvicina, e lui la
fissa.
Questa
volta guarda direttamente l'uomo seduto all'interno e vede che lo fissa a sua
volta con un'espressione perplessa, come se credesse di riconoscerlo. E'
strano, perchè anche lui ha la stessa impressione, sebbene si renda subito conto
che è ridicolo..non l'ha mai visto in vita sua.
Da quando
ha lasciato l'istituto riesce a vedere il mondo con una chiarezza più intensa,
come se fosse ancora in stato di shock. Colori, gesti, facce, movimenti,
sfumature del linguaggio, sono tutti sorprendentemente nitidi; vede anche
quell'uomo nello stesso modo, come se venisse verso di lui lentamente, uscendo
da un sogno.
La
macchina è nera, il vestito è nero, i capelli sono biondi.
Mentre lo
guarda l'uomo si china leggermente in avanti per spegnere il motore; e quando
si drizza e lo guarda di nuovo, in un silenzio fragoroso, il ragazzo vede che
ha gli occhi di un azzurro intenso, come un mare ghiacciato.
Si
incammina verso di lui e si ferma accanto al cofano della macchina.
All'improvviso ha la percezione di cosa accadrà: la certezza gli
balena in mente. E pensa che forse quel ragazzo biondo lo sa già, perchè
il suo viso rimane assorto e gli occhi assumono ancora un'espressione
perplessa, come se avesse ricevuto un colpo improvviso ...
il coltello è giunto a segno e non l'ha visto arrivare.
Il
ragazzo dice qualcosa e il biondo fa altrettanto..le parole non contano;
anche lui lo capisce. Le parole sono solo una transazione, un corridoio
necessario fra due stanze.
Il
ragazzo biondo scende dalla macchina e gli si avvicina. Shun
lo guarda. Comprende subito, con una certezza assoluta, che lo amerà: sente la
luce nella propria mente, sente qualcosa dentro di lui cambiare, riordinarsi e
fissarsi.
Sale sulla corvette senza dire una parola, senza che l'altro dica
una parola. Così, semplicemente. E si avviano per le vie di Mosca in una sera
d'estate. Il desiderio improvviso che le strade e la luce della sera non
finiscano mai.
La
macchina si ferma davanti ad un elegante edificio, e Hyoga
si volta a guardarlo. E' uno sguardo così diretto che gli
mitte addosso l'impulso di fuggire a nascondersi. Ma
ci sono altri modi per nascondersi alla gente, modi più efficaci: Shun li ha imparati dopo aver lasciato l'istituto. Non è
una decisione; sa soltanto che non vuole rivelargli chi è. Nessuno deve
saperlo. Vuole che
lo conoscano come il ragazzo che intende divenire, il ragazzo che ha intenzione
d'inventare.
Ma si
rende subito conto di quanto sia sciocco e poco fattibile. Shun
è totalmente incapace di mentire.
-Sai, non
mi hai detto come ti chiami- dice il ragazzo più grande
mentre fa strada nel ristorante affollato.
-Shun-
E da
questo momento non ci sarà più nulla di semplice.
Si chiama
Shun, ha diciotto anni e come te
deve essere un sangue misto. Ha lasciato la sua casa una settimana fa ed è
venuto d'impulso a Mosca. Adesso lavora in un locale stile café francese; e
divide una stanza con un ragazzo che lavora con lui.
No, non
ha a ancora deciso per quanto fermarsi.
Ti
racconta tutto questo durante la cena, con voce calma. Risponde a ogni domanda con calma riflessiva, apparentemente ignaro
della folla di gente famosa intorno al vostro tavolo.
Parla in
inglese e la sua voce ti affascina. Hai sempre avuto orecchio per gli accenti;
gli anni passati in giro per il mondo ti permettono di localizzare alla
perfezione ogni straniero. Dal canto tuo sai anche che la tua voce, quando
parli inglese, quasi non tradisce il fatto che sei un moscovita: conservi
ancora le tracce di Oxford e dei toni aristocratici paterni. Tuttavia non
riesci a localizzare la voce del ragazzo. La sua è un'enunciaizone
chiara e perfetta che di solito s'incontra solo in coloro per i quali l'inglese è una seconda
lingua. Non ha nessun tipo d'inflessione: è colto, armonioso, un po' antiquato,
non legato a una classe sociale.
No. Non
riesci proprio a localizzare nè la voce né il
ragazzo. Ma tutto sommato ti guardi bene dal domandare, il velo di mistero è
sempre soddisfacente.
Per
essere così giovane, sembra abbastanza padrone di sé. Non cerca di fare
impressione o di piacere. Non civetta; non finge interesse se non lo prova. E'
calmo nella perfezione della sua bellezza: ignora che tutti i presenti hanno
continuato a guardarlo dal momento in cui è entrato.
Beve due
bicchieri di vino e rifiuta educatamente il terzo. Quando il cameriere si
rivolge a te dandoti il tuo titolo, Shun ti fissa ma non dice nulla. Forse ha già sentito parlare di te, forse
no: è impossibile capirlo.
Mentre
prendete il caffé, Shun
posa la tazza e ti guarda ancora
-Questo è
un posto molto famoso, vero?-
-Molto- sorridi - Un tempo era frequentato da scrittori e poeti. Ma
ora..- interrompi e direzioni lo sguardo su di un
gruppo chiassoso in un angolo -Ora trovi più che altro attori, cantanti e
fotomodelle. Gli scrittori vanno altrove..-
-Sono
contento che tu mi abbia portato qui. Grazie-
Shun gira gli occhi sulla grande sala a specchi, i camerieri con i grembiuli
bianchi, la gente. Un uomo al tavolo vicino alza il bicchiere e gli sorride;
lui risponde con educato imbarazzo. Sei infastidito dal gesto dell'uomo e senza
accorgertene di tendi verso Shun.
-Non eri
mai stato qui?-
-Oh, no. Ma voglio imparare a conoscere i posti come questo-
Ha
parlato con la massima serietà. Tu inarchi le sopracciglia
sorpreso.
-Vuoi imparare?-
-Certo.
Anche altri posti. E tante cose-
Alza la
mano e incomincia a parlare con un lieve sorriso.
-La
cucina. I vini. I quadri, i palazzi, i libri. Le macchine. Le case. Tutto- ti guarda candidamente
-Immagino che ti sembrerà difficile capirlo..Hai mai
avuto fame?Veramente fame?-
-Credo..sì, un
paio di volte-
-Ecco, è
quello che provo. Per tutte queste cose. Conoscerle. Capirle. Io...sono
cresciuto in un posto molto piccolo-
-Perciò
sei venuto a Mosca?-
Ne sei
sempre più incuriosito. Per la prima volta hai sentito un tono d'emozione nella
tua voce.
Shun si affretta a sorridere -Una delle ragioni. E mi do da fare. Sai cosa
faccio ogni mattina prima di cominciare a lavorare e la sera, quando finisco?-
-Dimmi-
-Giro per
Mosca e guardo tutto. Mercati. Gallerie. Case. Chiese. E negozi. Le vetrine-
-Capisco- sei commosso e
divertito -E tra tutte le cose che hai visto, cosa ti è piaciuto di più?-
-E' difficile- Shun aggrotta la fronte -All'inizio mi sembrava tutto perfetto. Poi ho capito cosa
non mi piaceva..le cose con le iniziali, con troppo oro..troppo
sfacciate. E' stupido, lo so-
-Lo è?-
Lo scopri
arrossire lievemente -Penso. Cioè detto così è suonato davvero stupido-
-se lo
dici tu- gli
rivolgi un'espressione solenne. Occhi color ghiaccio riflessi nello smeraldo. Shun abbassa lo sguardo sulla tovaglia bianca.
-E i
gioielli- dici a bruciapelo -vuoi imparare a conoscere anche i gioielli? Guardi
le vetrine dei gioiellieri?-
-bè, qualche volta- alza lo sguardo - Ho guardato le tue. E' il tuo negozio
quello accanto al Teatro Malij?
-Sì-
-Ci sono
passato davanti due giorni fa. Pochi metri più avanti c'è Cartier-
-E che
vetrina preferisci? La mia o quella del mio concorrente?-
-Non me
ne intendo ma ho sinceramente preferito l'altra. Ma
non faccio testo, sono così ignorante. Non so niente di pietre e delle
montature..-
-Che
pietra preferisci? Lo sai?-
-Oh, sì,
lo so. Sembra banale ma mi piacciono i diamanti-
-Non
sempre sono i più preziosi..- lo sfidi -Uno smeraldo
perfetto..uno smeraldo verdescuro,
che è molto raro può valere di più-
-Oh, non
è questione di valore- ribatte timido -Mi piacciono i diamanti perchè sono
trasparenti. Senza colore. Caldi e freddi allo stesso tempo. Come fuoco e ghiaccio.
I damanti che ho visto..-
esita mordicchiandosi il labbro - era come guardare la luce. Il cuore della
luce. Credi che abbia senso?-
-Si. Mi
piace quello che hai detto. Sai che il diamante ha una strana proprietà ? Lo rende unico tra le gemme-
-No-
-Sai che
impressione fa un diamante quando lo tieni in mano? E'
freddo. Come il ghiaccio. Così freddo che ti scotta la pelle-
-Fuoco e
ghiaccio?-
-Come hai
detto tu. Esattamente-
incontri nuovamente i suoi occhi e la mente inizia a vorticare; hai la sensazione di
precipitare dall'alto, una lunga caduta inebriante e terrificante.
Anche Shun avverte qualcosa: si vede. Spalanca gli occhi,
socchiude le labbra traendo un respiro come se fosse sorpreso. Per un istante
sembra stupito, poi diffidente.
Gli posi
la mano sulla mano. E' la prima volta che trovi il coraggio di toccarlo, e il
contatto scatena in te una sensazione violenta, la più intensa che tu abbia mai provato da quando eri solo un ragazzino
ancora ingenuo. Non puoi mentire a te stesso. L'hai desiderato dal momento in
cui l'hai visto; adesso il desiderio è così intenso da farti tremare.
Tuttavia
possiedi sempre un ottimo istinto di conservazione, affinato negli anni. Ritiri
la mano e ti alzi.
-E' tardi.Devo accompagnarti a casa-
Shun ti guarda, non sembra toccato dal tono. Calma nella corolla
della sua bellezza, ti segue, siede nella corvette.
Durante il tragitto non parla neppure una volta; guarda le strade e le luci. E
tu, un ragazzo freddo e distaccato abituato a riconoscere il potere altrui lo
senti ora in questo ragazzino. E' riconoscibile come un profumo nell'aria. Rallenti quando siete vicino al locale dove lui ti ha detto di lavorare.
-Ti
dispiace farmi scendere qui?-
-Lascia
che ti porti a casa-
-No, qui
è meglio. Ho una concierge stizzosa- sorride -E' qui vicino, andrò più tardi a piedi. Devo parlare con
il padrone..per controllare l'orario di domani-
Si volta, tende la mano
affusolata -Grazie. E' stata una bella serata mi sono divertito-
La sua
mano stringe la tua e tu riesci solamente a maledire la tua incapacità di dire
qualcosa. Vorresti chiedergli
di sposarti non fosse un'impossibile
idiozia. O di venire a casa con te. O di fuggire con te. Qualunque cosa.
-Lavori
qui tutti i giorni?- chiedi finalmente quando il
ragazzo è ormai sceso e si appresta a chiudere la portiera.
Shun ti guarda con un sorriso. La dolcezza in ogni sua espressione è
predominante -Sì, finisco verso le sei. Ciao-
Raggiunge
il locale, passa tra i tavoli ed entra.
Lo seguì
con lo sguardo. Sospiri domandandoti se avrai la forza di allontanarti e di non
tornare più.; e sai di non averla. Metti in moto la
macchina. Noti vagamente le facce e le voci e le risate intorno ai tavolini
affollati. Una ragazza carina ti manda un bacio, ma tu nemmeno la vedi.
Pensi che
quel ragazzino ha solo diciotto anni. Dove aveva imparato quella sicurezza,
l'inconsapevole certezza della sua sovranità sessuale? Gliela deve aver
insegnata un uomo..chi, dove, in quali circostanze?
Con un
gemito lasci sfrecciare la corvette e tenti di
annegare il ricordo in una bottiglia di vodka e in una notte insonne.
La
seconda sera -che non credevi ci sarebbe mai stata- lo
porti a cena in un nuovo lussoso ristorante. Shun non ha cambiato atteggiamento. Accetta senza discutere
il tuo arrivo davanti al locale affollato. Sorridente e gentile. Risponde alle
tue domande, ma spontaneamente dice poco. Pone solo le domande più neutrali.
Non sono i soliti sotterfugi ai quali sei stato abituato: non ci sono domande studiate
per sapere qualcosa della tua vita, per scoprire se sei fidanzato o hai
un'amante. Ti parla del suo lavoro; chiede di Mosca, della Russia e dei russi.
Non lascia capire di essere consapevole del suo magnetismo e tu che te ne senti
travolto e inebriato, tenti disperatamente di apparire calmo e distaccato come consuetudine.
Sforzi te stesso a guardarlo
con freddezza, come se fosse un potenziale dipendente. Porta un semplice
maglione, grigioazzurro che per contrasto ne risalta
gli occhi smeraldo, e ogni tanto scuote un orologietto
da pochi soldi perchè, dice, si ferma spesso. Ha belle mani dalle dita lunghe.
Sta seduto eretto, e c'è in lui un' assenza di
vivacità che può sembrare noiosa ma che nel suo caso è puramente ipnotica.
Un paio
di volte ti sei chiesto se abbia mentito nel dirti
l'età. A volte sembra più giovane, come un bambino ignaro del proprio fascino.
Altre volte sembra più vecchio, un ventenne nel fiore della bellezza. Spesso,
quando lo guardi direttamente, le due impressioni di innocenza e sensualità si
sovrappongono. Allora vedi la faccia delicata e deliziosa d'un giovane
beneducato, che forse ha studiato in un collegio, ha vissuto un'esistenza
protetta e che con il suo sguardo puro ispira sensazioni e pensieri impuri.
Allora la sensazione immediata del tuo corpo ti lascia
sconvolto; la vena puritana del tuo caratterre lotta
con la sensualità; immagini di fare l'amore con lui e ti rimproveri la
seduzione di quelle immagini.
E'
impossibile guardarlo spassionatamente. La tua mente cerca di giudicare, ma i
giudizi della ragione sono sommersi dal clamore dei sensi. Quel ragazzino non
porta neppure un profumo come fa invece la maggioranza dei suoi coetanei
griffati e limitati: sa odore di sapone, di pelle e di capelli appena lavati.
Per te diventa il profumo più inebriante mai conosciuto.
Finalmente,
quando arrivi a uno stato di turbamento che quanti ti conoscono crederebbero
impossibile, proponi bruscamente di andare.
-Bene-
Gli
sguardi ad incontrarsi. Nessuno dei due si muove e la tua mente si annebbia.
-Posso
portarti a casa. O se preferisci possiamo andare a casa mia. E' vicino al centro-
Gli occhi
smeraldini guardano
con calma. Senti affiorarti nella testa tutta una serie di proteste
imbarazzanti. Vuoi fargli capire che la tua non è una mossa studiata di
seduzione, non
hai secondi fini. Semplicemente, non sopporti l'idea di un'altra serata senza
di lui.
-Grazie.
Con piacere-
La
macchina sfreccia, con la musica al massimo, in una crescente ed insolita
euforia. La velocità e gli Stones a tutto volume
sembrano colmare il silenzio tra voi: provi un senso di comunione perfetta.
Lui,sa,capisce,pensi, confuso ed esultante.
Non hai
mai portato nessuno a casa tua. Lo accompagni prima nei giardini profumati di
gigli e rose, e fai tappa su di una terrazzina a
guardare il cielo argenteo e il rosso chiarore della città. Lo fai volutamente,
nell'ultimo tentativo di salvarti; perchè pensi che i ricordi torneranno e di sicuro spezzeranno il
filo forte e sottile con cui quel ragazzino magico ti ha legato.
Ma nessun
ricordo ritorna alla mente. Tu, che avevi sempre creduto di non poter sfuggire
al passato, scopri che il passato sembra aver abbandonato la presa:libero.
Lì, nel
giardino, t'accorgi solo della persona che ti sta accanto. Senza dire una
parola cancella tutto tranne il presente.
Dopo un
po' prendi coraggio e tendi la mano. Lentamente tornate insieme verso la casa.
Lo conduci nello studio, dove, in un' altra vita, un
bambino aveva pianto per la morte di sua madre. Versi da bere in un gesto
meccanico. Intanto, Shun si muove lentamente per la
stanza. Tocca la copertina dei volumi nella libreria, osservava gli acquerelli
appesi. Posi i bicchieri, ne dimentichi l'esistenza e gli vai vicino. Shun si volta a guardarti e all'improvviso ti rendi conto
che è facile parlare.
-Sai cosa
sta succedento? Lo capisci?- chiedi gentilmente
-Non so.
Non sono sicuro- Shun esita -Mi spaventa-
-Spaventa
anche me- sorridi
-Potrei
andare..- Shun guarda la
porta per un momento -Forse, se me ne andassi ora..-
-E' quel che vuoi?-
-No- due
vampate di colore gli salgono alle guance -E' che..non mi
aspettavo..non avevo pianificato..-
S'interrompe
e tu gli accarezzi una guancia. Ti intenerisce e ti diverte che un ragazzo così
giovane parli di piani; e forse Shun lo intuisce
perchè agrotta la fronte, come se si sentisse
insicuro.
-Pensi
che sia uno sciocco?-
-No- ritorni serio -Io vivo tutta la mia vita secondo i piani.
Tutto prestabilito e ordinato. Ho vissuto così da anni, da
quando...- trai un respiro -Da molto tempo-
-E
adesso?-
-So che
non contano niente. L'ho sempre saputo- scrolli le spalle -Piani. programmi.
Strategie. Organizzano il tempo: permettono di dimenticare quanto è vuoto-
Gli tieni
ancora la mano ma distogli il viso. Shun resta immobile e ti guarda. Una luce danza nella sua
mente: prova una calma onirica e una certezza convulsa. E' stato così fin dal
primo momento che ti ha visto, e per tutta la sera ha cercato di resistere.
Mentre sedeva
di fronte al ristorante si era finto calmo, aveva discusso con se stesso. Non
sta succedendo, s'era detto all'inizio; e poi..sta succedendo, ma non è
troppo tardi, posso smettere.
Quando siete arrivati alla villa erano incominciate altre voci. La
voce di sua madre, la voce di Ikki.
Gli
ricordavano che gli uomini mentivano, soprattutto quando
desiderano; mentivano come il suo Aniki stesso aveva
mentito.
Gli
ammonimenti si sono ripetuti nella sua mente fino a che è entrato in quella
stanza e tu hai cominciato a parlare.
Adesso
quelle voci sussurano ancora nella sua mente; ma
lanciano messaggi assurdi. Mentre guarda attentamente il tuo viso, pensa che
anche un ragazzo come te può essere vulnerabile.
-Hyoga- Ed è la prima volta che ti chiama per nome, e tu volti di scatto il
viso verso di lui.
-Credi di sapere..credi si capisca quando
qualcosa è così giusto da non lasciare altra scelta?-
-Sì. Lo
credo-
-Anch'io- ti guarda solennemente e poi, prima che tu possa dire
altro, respira profondamente per farsi forza e si avvicina d'un passo.
-voglio
restare- dice -Non voglio andar via. Non l'ho mai voluto. Ecco..l'ho
detto- esita e alza la testa con un'espressione imbronciata.
-I
ragazzini non dovrebbero dire così vero?
Ma mi sembrava stupido mentire. Non ha senso. Voglio restare. Sarei
rimasto con te ieri sera, se me l'avessi chiesto. Probabilmente appena ti ho
incontrato. Potevamo salire in macchina e venire subito qui e sarei..rimasto.
Così.Senza sapere nulla di te. Però ho la sensazione
di conoscerti. Mi piaci. Credi che stia sbagliando? Ti scandalizza?-
Sorridi
divertito e felice. Lo strano modo serio in cui parla, la franchezza, la timidezza,
l'innocente impressione che quanto sta dicendo sia audace, quando tu eri
abituato a gente che esprimeva con disinvoltura i propri desideri..tutto questo ti colpisce profondamente.
Ti senti
impressionato da tanta innocenza e sai che se lasciassi
trasparire il tuo affettuoso divertimento, lo mortificheresti. Gli stringi la
mano con la tua.
-No- rispondi -Non mi scandalizzo. E non credo sia sbagliato. Voglio che tu
rimanga. Lo voglio più di qualunque altra cosa al mondo. E questo..lo
trovi scandaloso?- le labbra di Shun s'incurvano in
un sorriso. Uno dei suoi bellissimi sorrisi.
-No-
-Quando avevo lasciato l'ufficio, ieri sera..- non sai se devi
continuare. t'interrompi. Shun
ti guarda in faccia: e allora sentì che devi dirgli la verità. -Quella sera
cercavo qualcuno. Una persona qualunque. C'erano ragioni...inutile dire quali,
sembrerebbero scuse, e non voglio. Cercavo una persona..lo facevo spesso, in
questi ultimi anni. E ho incontrato la persona. Ho avuto questa
sensazione. Tu devi averlo saputo. Voglio che lo sappia. Lo so, sembra assurdo.
Non hai motivo di crederlo ma..te
lo giuro, è la verità-
Ti fermi
e lasci ricadere la mano nel vederlo arrossire. Sei furioso con te stesso per aver
parlato. Shun è troppo puro per capire: non avevi il
diritto di introdurre quelle complicazioni. Devi aver parlato come il più
banale dei seduttori.
-Scusami.
Non dovevo dirlo. Ora vorrai andar via..-
Fai per
scostarti, distogliendo il viso. Shun non ha smesso
un istante di guardarti. Sa cosa significa sollecitare un rifiuto, anticipare
la sofferenza e prevenirla; aveva imparato la tecnica all'istituto, anno per
anno.
Aveva
pensato ingenuamente che fosse esclusivamente sua, e adesso la riconosceva in
un altro.
Avanza di
un passo e tu ti volti -Hyoga, non fa nessuna
differenza. Sono contento che tu l'abbia detto. Voglio restare-
La luce
gli riapparve negli occhi. Shun prende la tua mano e
se la preme sul petto.
Diamante
nello smeraldo. Sotto le dita, senti battere il cuore di Shun.
Nella
camera da letto, Shun si ferma a qualche passo da te
e si sfila il maglione. Quando è nudo rimane immobile con le mani lungo i
fianchi. Solo il respiro rapido rivela la sua emozione.
La pelle
d'avorio,i capezzoli turgidi. Guardi la curva perfetta
dalle cosce alla vita sottile, il dolce viso di bambino e la voluttuosità del
ragazzo. Shun si morde le labbra. Resta immobile a
guardarti mentre anche tu ti spogli.
Quando
sei nudo, bello e armonioso come una divinità greca, ti avvicini
inginocchiandoti. Gli premi il viso sullo stomaco, lo baci risalendo
dall'ombelico al petto.
Sul letto
c'è un drappo di seta cinese, ricamata a farfalle, fiori e uccelli del
paradiso. Shun guarda la seta per un momento e
l'ombra di un ricordo lontano lo fa rabbrividire. E' un attimo e l'immagine scompare. Lo attiri accanto a te sulla coperta. Il
calore della sua pelle; Shun si lascia sfuggire un sospiro, poi resta fermo.
Rimanete
distesi a lungo in silenzio, senza muovervi. Poi, gentilmente, gli prendi il viso
tra le mani e incontri i suoi occhi.
Shun sente il respiro che gli sfiora la pelle, il tocco delle labbra, delle
mani.
Chiude
gli occhi. Non ci sono suoni, solo un contatto che purifica la sua mente. Lo
penetri con delicatezza, e Shun sente un po' di
dolore, poi una grande pace. Mentre si muove sotto di te ha la sensazione di
essere trasportato sotto il mare, in un'oscurità smeraldina, in un luogo dove
le maree gli scorrono nel sangue.
-Aspetta-
dici quando Shun è vicino
all'orgasmo; ti sei accorto che, giovane e inesperto com'è, si sforza
freneticamente di raggiungerti.
-Shun. Aspetta. Con me, non contro di me-
Shun apre gli occhi e rimane immobile per un momento. Le guance arrossate.
Poi li richiude e comincia a muoversi con un ritmo nuovo, così potente e dolce
da fargli quasi perdere il controllo.
Viene
all'improvviso inarcandosi sotto di te; e tu senti che l'esperienza acquisita
in tanti anni ti sta abbandonando, e provi sollievo. C'è un'ardente stella
scura, una fonte che devi raggiunge; Shun dice il tuo
nome nel momento il cui lo conquisti, e tu avverti il tuo stesso corpo sussultare nella
violenza della liberazione.
Poi
rimanete fermi nel silenzio. Quando la calma del respiro ritorna lo lasci, e improvvisamente provi una certa paura. Resti in attesa, attendendo il ritorno del ribrezzo per te stesso,
il disgusto che segue sempre il desiderio.
Non
accade. Senti solo una grande pace; dopo un po' la tensione si dissolve.
Shun parla per primo. Cerca la tua mano. La sua voce è ancora spezzata.
-Hyoga. Tu hai portato via il passato..-
Lo senti
lo stupore nella sua voce; e poiché provi la stessa sensazione, sorridi nell'oscurità
-Il
passato, sì- mormori
Il sonno
vi coglie insieme.
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Che cos’è
mai questa? A dire il vero non lo so. Non mi pare faccia tanto schifo ma non ne sono del tutto sicura. Più che altro nasce
come prologo di qualcosa di molto lungo che ho tutta l’intenzione di portare
avanti –con i miei tempi certo- anche se l’ho messa
sotto one-shot
Il fatto
è che sono molto confusa in questo periodo e non so nemmeno io quel che
combino. Data la giustificante spero comunque che questo “incontro” tra i miei due Saint preferiti vi sia piacicchiato
almeno un po’.