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Autore: gabryweasley    31/01/2014    6 recensioni
"Era arrivato un tempo in cui per sopravvivere era stato necessario cercarsi fisicamente, un tempo in cui il contatto con l’altro era diventato un bisogno impellente per capire che erano sfuggiti alla morte, in qualche modo.
Erano quelli i momenti in cui Katniss capiva di esistere."
[Everlack - post Mockingjay]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Deb e LaGattaImbronciata. O meglio...
 
a Il Pavone e la Piantana,
che hanno ispirato queste righe con la poesia delle loro storie
e che mi regalano un mare di risate
con i loro scleri la loro simpatia fuori dal comune!
 


Welcome Home

 
Heal the scars from off my back
I don't need them anymore
You can throw them out or keep them in your mason jars
I've come home
 

Era arrivato per loro un tempo di tocchi distratti, di carezze tranquille, di abbracci consolatori, di baci urgenti.
Si erano parlati, prima di quel periodo. Avevano entrambi ascoltato le parole dell’altro, si erano liberati di colpe che sentivano verso loro stessi, si erano asciugati le lacrime a vicenda, tolti le maschere che avevano indossato per tanto tempo.
Era arrivato un tempo in cui a Katniss mancava la vicinanza di Peeta, come se le mancasse aria.
Era arrivato un tempo in cui Peeta temeva molto meno le voci nella sua testa, e combatteva bene quei ricordi luccicanti che lo avevano cambiato.
Era arrivato un tempo in cui per sopravvivere era stato necessario cercarsi fisicamente, un tempo in cui il contatto con l’altro era diventato un bisogno impellente per capire che erano sfuggiti alla morte, in qualche modo.
Erano quelli i momenti in cui Katniss capiva di esistere.
Si sentiva nuova, fra le lenzuola, con le mani di Peeta che premevano sulla sua schiena e mentre lei gli lasciava una scia di baci sul collo, e poi sul petto.
Si sentiva viva quando le dita di lui la spingevano ancora più vicina e toccavano le sue cicatrici, e le guarivano, e le cancellavano.
Si sentiva essenziale quando Peeta la pregava di non smettere, sussurrando il suo nome più volte.
Katniss si sentiva ardere di fiamme insolite ogni volta che lo sentiva dentro di sé.
Lei, che di fuoco era un’esperta, avrebbe potuto giurare che al mondo non esistesse nulla capace di ardere quanto aveva fatto la sua rabbia.
Poi aveva sentito le mani di Peeta su di lei la prima volta che, risolute e bramose, avevano percorso il suo corpo accendendola di un incendio senza precedenti. E non ne era stata spaventava, anzi, aveva avvertito il desiderio di continuare ad abbandonarsi a quella smania per ore, giorni, perché loro due lo sapevano che era il solo modo rimasto per curare le loro ferite.
Paradossalmente, smetteva di boccheggiare e respirava. E si condannava a volte, mentre sperava di espiare le sue colpe, per averlo abbandonato quando aveva più bisogno di lei, in quei giorni sfocati che ora parevano uno solo.
Peeta riusciva a capire la fame di Katniss, perché era la sua fame. Era la brama di ritrovare se stesso in quell’amore che lo aveva fatto sopravvivere quando era solo un ragazzino, in quell’attrazione che lo aveva consumato quando si era perso, in quella dolcezza e quelle attenzioni che lo avevano fatto innamorare di nuovo quando era tornato.
Aveva avuto paura all’inizio, preoccupato che non fosse amore. Così, ogni volta che il desiderio dei loro corpi li avvicinava, ogni spinta era tormento, angoscia, tortura. Ma non poteva evitarlo, non poteva rinunciare alla guarigione.
Quando Katniss se ne era accorta aveva cominciato a guardarlo negli occhi, ogni volta. E in quello sguardo Peeta ci aveva visto la liberazione vera da quell’inquietudine che lo attanagliava, il risanamento che cercava.
Quando si strappavano via agli incubi, quando cercavano di rimettere insieme i loro pezzi uno alla volta, quando erano fin troppo vicini a buttarsi via, si amavano. Anche solo per sentirsi vivi. O morti. Perché, dopo tutto quello che avevano passato, si stupivano di poter provare sensazioni come quelle in vita.
Non se ne curavano, però. Qualunque fosse il motivo, insieme si saziavano di baci e andavano avanti.
Era quello che avevano sempre fatto: proteggersi a vicenda.
 
All my nightmares escaped my head
Bar the door, please don't let them in
You were never supposed to leave
Now my head's splitting at the seams
And I don't know if I can
 
Here, beneath my lungs, I feel your thumbs press into my skin again
 
 
 
Radical Face – Welcome home
 
 
 
**********
 
 
 
Bene... Ventesima storia nel fandom! :D E chi lo avrebbe mai detto!
Il titolo è quello della canzone citata: Welcome Home dei Radical Face. L’ho riascoltata giorni fa e oramai, quando sento di cicatrici e incubi, il mio pensiero va dritto dritto agli Everlack! ♥
Voglio ringraziare tutte le persone conosciute qui da quando ho cominciato a scrivere di HG. Perché mai, MAI, avrei immaginato di poter pubblicare venti storie e appassionarmi così tanto a questo mondo.
Spero che questo esordio in un rating diverso dal verde non sia stato un fiasco totale! ^^ fatemelo sapere in ogni caso, se vi va!
Gabry
   
 
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