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Autore: Layla    31/01/2014    0 recensioni
Lui sta per sedersi a un tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano nel locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme, poi consegno tutto ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane – perde il controllo e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom steso a terra.
Dovrei aspettare l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un unico movimento mi inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato colpito.
Mi concentro e una leggera luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io continuo fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e la pallottola svanire completamente.
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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5)Mi manchi, purtroppo, mi manchi.

 

La mattina dopo mi sveglio di umore strano e cerco di appiccicarmi in faccia l’espressione più normale che riesco a produrre. Stranamente anche Isabel sospetta qualcosa e non voglio darle altri indizi o motivi di sospetto comportandomi in modo strano.
Scendo a fare colazione e saluto tutti apparentemente insonnolita, in realtà sono vigile come se mi trovassi in un territorio nemico e forse è così: io sono un’aliena in fondo.
Finito di fare colazione, andiamo a scuola.
In macchina io e Isabel manteniamo una conversazione leggera e divertente, entrambe vogliamo rimanere distanti dal vero nodo della questione.
Arrivate a scuola, Tom ci aspetta con in braccio Ava.
“Ciao, ragazze!”
“Ciao, Tom!”
Rispondiamo in coro sorridendo.
“Oggi Ava la tieni tu.”
“Va bene.”
Me la porge e come arriva tra le mie braccia inizia a piangere, io le do il biberon, sperando di calmarla e ce la faccio, per fortuna.
“Cosa le avrò fatto?”
“La tratti come una bambola.”
Mi risponde Tom.
“È una bambola, Tom.”
Lui sbuffa.
“Non per questo devi essere così poco affettuosa.”
“Ok.”
Entriamo a scuola e ci dividiamo, ognuno ha lezioni diverse. Io mi sto avviando alla mia quando vengo circondata da un gruppo di ragazze. Dio, ti prego fa’ che non sia per Tom, queste cose succedono solo nei telefilm!
“E così sei la ragazza di Tom!”
Esordisce una cheerleader che per la prima volta mostra il suo volto da arpia nel sorriso cattivissimo e nelle rughe d’espressione che affiorano da sotto tre quintali di fondotinta,
“No, devo solo fare un progetto con lui per scuola.”
“Se è così gira alla larga da lui!”
“Devo prendermi cura di questa bambola con lui, è ovvio che non posso, idiota!”
Lei scrocchia le dita e fa per tirarmi un pugno, io però la blocco e comincio a stringere il polso, lei geme per via del dolore.
“Sentitemi bene, imbecilli.
Se amate o siete cotte di Tom non mi interessa, sono problemi vostri e dovete risolverli da sole. Osate ancora una volta disturbare me o Izzie e vi ammazzo, sono stata chiara?”
Stringo ancora un po’il polso della cheerleader, sento l’osso che è pericolosamente vicino allo spezzarsi – è un bel rumore – e le sue guance sono solcate da lacrime di dolore.
“Avete capito?”
Loro annuiscono e io lascio andare la loro capa improvvisata e me ne vado verso la classe di arte, per un paio d’ore mi rilasserò dipingendo.
Che bello!
La mia lezione trascorre tranquillamente, peccato che entro l’intervallo tutta la scuola sappia dello scontro tra me e le ammiratrici di DeLonge e come leggenda metropolitana o  pettegolezzo è stata gonfiata fino all’incredibile. Nelle versioni più truculente si narra che io abbia spaccato il polso alla capo cheerleader e poi steso le altre a colpi di konfu.
È una vera seccatura arrivare a mensa e sentirsi gli occhi di tutti addosso e dare loro una qualche soddisfazione quando mi siedo in un tavolo con mia sorella e Tom.
“E così hai pestato qualcuno per me.”
“No, non ho pestato nessuno. Ho solo stretto un po’ troppo il polso della capo cheerleader dato che lei e le tue ammiratrici volevano picchiarmi per farmi smettere di girarti intorno.”
“Quindi, alla fine tu hai picchiato qualcuno per me.”
“E che credi che mi piaccia?
Io non voglio picchiare nessuno, soprattutto per te. Sono stanca di questa situazione, sono stanca di te!”
“Cosa?”
“Sono stufa del fatto che mi giri continuamente attorno quando non è necessario per la bambola. Sono stanca, non mi piaci, sei solo uno stalker e uno stronzo che vuole solo scoparmi.
Beh, non sarò un’altra che si aggiunge alla tua lista, né ho intensione di darti spiegazioni, ringrazia il buon Dio che ti ha lasciato vivere e basta!”
Lui mi guarda per un attimo – e giurerei che i suoi occhi avessero uno sguardo ferito – e poi se ne va senza dire una parola.
“Hai esagerato.”
Mi dice mia sorella.
“Ecchissenefrega! Adesso voglio solo mangiare!”
Questa volta Tom non mi aspetta alla mia macchina alla fine delle lezioni, mi aspetta sul portone, prende Ava e il suo set senza dire una parole e se ne va.
Forse me lo sono tolto di torno, anche se in fondo al cuore la cosa mi strazia. Sono salva, ma con il cuore a pezzi, per quanto sia insopportabile e pericoloso io amo Tom.
Izzie non mi dice nulla, ma nota che non sono troppo felice.
Devo ringraziarla per non avere infierito.
 

Mi manca.
Incredibilmente – benché sia stato una seccatura per tutto il tempo – mi manca e darei qualsiasi cosa per tornare indietro nel tempo e non dire nulla.
Lo vedo fare lo scemo con le ragazze nei corridoio e vedo che loro sono tornate felici, una volta lo becco addirittura a pomiciare con quella puttana a cui ho quasi rotto il polso nel cesso delle femmine.
Me ne sono andata senza dire nulla, anche se dentro di me pensavo che quel giorno avrei fatto bene a spaccarglielo quel cazzo di polso e magari ficcarglielo nel culo.
Sono imprigionata nelle conseguenze delle mie azioni, io di sicuro non gli chiederò scusa e – se conosco bene lui – non si farà certo vivo, perché l’ho offeso.
Cosa posso fare?
Non lo so e i giorni passano. Ci alterniamo con Ava come due perfetti estranei, da parte sua non c’è più nessun tentativo di comunicare con me, forse ha capito di aver perso la guerra per avermi.
“Perché non gli chiedi semplicemente scusa?
Sono sicura che gli farebbe piacere, l’hai ferito.”
Mi dice Izzie, io alzo le spalle.
“Ho ferito solo il suo orgoglio, quello che si era fissato su di me per potermi scopare.”
“No, non è così. Tu non lo conosci.”
“Tu sì, vero?
Adesso che esci con Mark credi di conoscere anche il suo migliore amico!”
Sputo acida.
“Ok, io lascio perdere. Fai come vuoi, ma ricordati dei miei consigli, almeno quello..”
Io annuisco e penso che la mia vita ha preso una brutta piega a causa di Tom e questa volta nemmeno Johnny riesce a tirarmi su.
Mi sento uno schifo e l’unico sfogo è parlare con Ava, che almeno tace e non mi fa pesare il fatto di aver fatto io il danno.
È strano occuparsi di lei, volente o nolente una voce dentro di me mi rinfaccia che nessuno ha fatto questo per me. Non so chi sia mai madre, non so chi sia mio padre, non so se siano stati felici quando lei ha scoperto di essere incinta.
Mi piace pensare che lo siano stati e che poi qualcosa di brutto li abbia costretti ad allontanarsi da me e a mandarmi su questo pianeta per salvarmi.
Un’altra voce dice che forse mi hanno semplicemente qui, perché non mi volevano.
Abbandonata come un cane in autostrada d’estate, indifesa e senza gli strumenti adatti per cavarsela e qualcuno di adulto a cui chiedere aiuto quando le cose erano troppo difficili.
Qualcuno mi ha mai coccolata?
Qualcuno mi ha  mai nutrita o mi ha cantato una ninna nanna per farmi addormentare?
Qualcuno ha mai vegliato il mio sonno  perché mi voleva bene e voleva stare con me?
Sono domande che rimangono e sono sempre rimaste senza risposta, ma che ora dentro di me generano un buco nero.
È come se stessi tornando a essere la bambina che vagava nel deserto appena fuori Poway e questa volta non c’è la mano di Johnny che stringe la mia.
Sono da sola, terribilmente da sola.
Mia madre sembra accorgersi che ho qualche problema, perché la penultima sera in cui mi tocca Ava entra in camera mia.
“Tutto bene, tesoro?”
“No, niente va bene. ogni volta che guardo questa bambola mi chiedo se qualcuno prima che mi lasciasse  nel deserto, abbia fatto le stesse cose per me.
Allattarmi, coccolarmi, cantarmi una ninna nanna, semplicemente guardarmi come se fossi una bella cosa.
E poi mi chiedo perché sono finita nel deserto e che ne è stato dei miei genitori mi hanno abbandonato? Hanno avuto un incidente e sono stati mangiati dai coyote?
Perché?”
Lei si siede sul letto.
“Non so dove siano i tuoi genitori, né perché ti abbiamo abbandonato, ma so una cosa: ti hanno voluto bene.
Per cinque anni ti hanno cresciuto bene, senza farti mancare nulla perché quando sei arrivata all’istituto eri ben tenuta e non denutrita.
Se per te è così importante, non smettere di cercarli.”
“Così mi sembra di fare un torto a voi. Da voi ho avuto amore e sono stata cresciuta benissimo in mezzo a tanto affetto.
Non so come ringraziarvi.”
Lei sorride.
“Mi fa molto piacere sentirti dire questo perché il nostro obbiettivo quando ti abbiamo adottata era che tu ti sentissi amata. Sono contenta che ci siamo riusciti, malgrado i nostri litigi e incomprensioni.
Per il fatto che vuoi cercare i tuoi veri genitori è perfettamente normale cercare le proprie origini e voler sapere perché i tuoi genitori ti abbiano lasciato alle cure di altre persone.
È perfettamente normale voler sapere la verità, in modo da poter decidere con equilibrio, una volta avuti tutti gli elementi in mano.”
Io abbraccio mia madre e penso che sia una donna fantastica, mi piacerebbe essere come lei. È dolce, forte e comprensiva nello stesso tempo, se ti trovi nei guai lei arriva e ti ci toglie.
Le sono infinitamente grata e sono spaventata, perché un giorno dai guai dovrò togliermici da sola e non so se sarò in grado.

 

L’ultima giornata con Ava trascorre un po’ tristemente.
Quasi quasi mi dispiace consegnarla alla Jenkins insieme alla mia relazione,Tom non mi guarda nemmeno di striscio e questo mi procura una piccola fitta al cuore.
Non era quello che volevo?
Non volevo ch mi lasciasse in pace?
E allora perché fa così male?
A mensa mi siedo al tavolo di mia sorella e delle sue amiche, Tom fa il cretino al tavolo delle cheerleader. Fingo che non mi importi, ma infilzo con fin troppa violenza il mio nugget.
“Chia, stasera mi accompagni al Soma?
Così mamma mi lascia andare.”
“Va bene, ma io non penso di rimanere lì.”
“E dove vai?”
“Fatti miei!”
Rispondi piuttosto brusca, mia sorella si è abituata al mio malumore di questi giorni e non dice nulla.
Finite le  lezioni, mia sorella chiede a mia madre il permesso di andare al Soma.
“Solo se ci va tua sorella.”
“L’accompagno io, mamma. Non ti preoccupare.”
Lei annuisce e mia sorella quasi mi stritola nel suo abbraccio. La sera arriva comunque troppo presto per i miei gusti.
In un attimo siamo a cena e l’attimo dopo siamo sulla nostra macchina dirette verso il Soma, Izzie non sta più nella pelle, io invece sono depressa come non mai: non ho voglia di incontrare Tom.
Arrivate nel parcheggio e trovato un posto, vediamo Mark che la aspetta davanti all’entrata, lei scende dalla macchina e gli salta in braccio, io li raggiungo pigramente.
“Ciao, Mark. Ti affido mia sorella, trattala bene visto che i miei credono sia sotto la mia protezione.
Adesso vado a farmi un giro, divertitevi.”
Torno alla macchina e guido fino alla spiaggia, lì la parcheggio e scendo.
Lo so che è da pazzi fare una cosa del genere, che i maniaci sono in agguato ovunque, soprattutto sulle spiagge, ma io ho bisogno di stare da sola.
La storia con Tom si è risolta in un gran casino, che mi fa stare male e che forse fa stare male lui. Non ne sono tanto convinta, una volta che io gli ho detto di andarsene lui è tornato dalle cheerleader come se nulla fosse successo.
Forse ha capito che ero una preda troppo difficile o forse…
La verità è che tra tutti i miei “forse” non ho idea del perché sia successo e il mio orgoglio ferito manda deboli lamenti, la mia voglia di stare con lui aumenta e mi chiedo quando tornerà alla carica per capire cosa sia successo al Blue Moon.
Ho troppi pensieri nella testa, ho paura che scoppi.
Mi avvio lungo un sentierino che porta verso la battigia, c’è qualcuno che ha acceso i fuochi e ancora canta, nonostante sia passato un bel po’ tempo dall’estate e ci sono coppie che amoreggiano.
Che tristezza!
Arrivo alla battigia e mi siedo sull’ultima striscia di sabbia asciutta, ascoltando semplicemente il rumore del mare. Un’onda se ne va e una arriva, con calma e naturalezza.
Alcune cose vengono depositate sulla spiaggia, altre vengono  portate via con la stessa naturalezza delle onde.
Noi umani siamo diversi, non riusciamo a farci portare via alcune cose e farne arrivare di nuove. Alcune rimangono per secoli dentro di noi, come una cancrena, distruggendoci lentamente e occupano così tanto spazio che non può entrare più nulla, sia di buono che di cattivo.
Stasera c’è una luna fantastica, illumina tutta la spiaggia come un faro, io prendo un bastoncino e inizio disegnare sulla sabbia umida quegli strani segni che porto sulla schiena, forse aspettando una rivelazione divina.
Non arriva ovviamente, quando ti serve – quando ogni più piccola fibra del tuo essere è inginocchiata in attesa di qualcosa in una tensione spaventosa – non arriva nulla.
C’è solo silenzio e, in questo caso, il rumore.
Vai e torna.
Vai e torna.
Chissà chi sono i miei genitori?
Chissà da dove vengo?
Perché sono qui?
Perché sono qui da sola?
E con queste domande tornano anche quelle che mi sono posta qualche giorno fa, è come un fiume che tenta di rompere uno sbarramento e ce la sta facendo.
Sono stanca di portarmi queste domande addosso, sono stanca di essere diversa, vorrei che qualcuno dei miei si svelasse e mi dicesse che va tutto bene e che – anche se i miei sono morti o  non potevano tenermi con me – i miei genitori mi hanno voluto bene e per loro sono stata una fonte di gioia.
La risposta è sempre il silenzio, un fragoroso silenzio in cui non c’è niente. Nessuno mi risponderà, nessuno verrà qui per me, nessuno mi batterà sulla spalla dicendo che va tutto bene e mi racconterà chi sono.
Devo accettare che la mia vita sarà sempre un buco prima di uscire dalle uova e che è inutile sperare in una qualche sorta di risposta.
Scoppio a piangere, lasciando che le lacrime corrano sulle mie guance sempre troppo pallide e poi vadano a cadere sulla spiaggia già umida.
La marea le porterà via, come se non fossero mai esistite, purtroppo non potrà portarsi via i motivi, quelli rimarranno sempre lì a farmi male.
Erano anni che non piangevo così e probabilmente avrei continuato ancora a lungo se una mano – grande, un po’ callosa, calda e maschile – non si fosse appoggiata sulle mie spalle.
Io sobbalzo, ho abbassato del tutto le difese e ora rischio che un maniaco mi faccia fuori, cerco di nuovo di mettermi sulla difensiva e mi volto pronta a dare battaglia.
La persona che mi ha toccato non è un maniaco, ma Tom.
“Tutto bene?”
Mi chiede, è piuttosto a disagio.
“Sì.”
“E come mai stavi piangendo?”
Non riesco a trovare le parole giuste per rispondergli, così gli butto le braccia al collo, mi faccio abbracciare da lui e continuo a piangere, lasciando che questa volta le mie lacrime cadano sulla sua maglietta.
È tutto sbagliato, ma non riesco a staccarmi da lui, è come se fossimo attirati l’uno verso l’altra da una potente calamita invisibile.
“Cosa succede? Come mai piangi?”
Non riesco a trovare le parole adatte a spiegare quello che mi è successo con grandi e incomprensibili gesti, tanto che lui mi guarda incredulo, senza capirci molto.
“C’entra Ava in tutto questo?”
Io annuisco.
“Mi sono chiesta come fossero i miei veri genitori, se mi abbiano voluta o no e perché a cinque anni mi hanno abbandonata nel deserto.”
“Tu sei stata adottata?”
La sua faccia stupita sarebbe comica, se non fosse che mi viene ancora da piangere.
“Sì, sono stata adottata. Molta gente non se ne accorge perché io e Izzie ci somigliamo molto, per uno strano caso delle vita.”
“Capisco e cosa c’entra Ava in tutto questo?”
“Te l’ho detto prima, mi sono chiesta se qualcuno ha fatto tutto quello che noi abbiamo fatto per Ava per me e non ho una sola cazzo di risposta.
Non ho ricordi antecedenti a prima che mi trovassero nel deserto.
Niente, non una faccia, non un suono.
Niente.
Il mio primo ricordo è il deserto e percorrere una strada mano nella mano con Johnny.”
“Capisco, cioè…”
Io faccio un sorriso sghembo.
“In realtà non capisci del tutto, vero?”
Lui annuisce.
“Beh, hai avuto fino all’anno scorso una madre e un padre, quindi non sai come sia non avere radici. Soffri perché si sono separati, ma sai che in fondo saranno sempre lì per te.
Anche la mia famiglia adottiva sarà sempre lì per me e gliene sono grata, ma non sarà mai come la mia vera famiglia.
Magari se li incontrassi mi farebbero schifo, ma ho bisogno di vederli e farmi un‘idea e non posso.”
“Capisco, mi dispiace.”
Io rimango un attimo in silenzio a guardare il mare.
Vieni e vai.
Vieni e vai.
“Mi dispiace per tutto quello che ti ho detto, ero solo  fuori di me per questi motivi.”
“Figurati, forse sono stato un po’ invadente.”
“Un po’?”
Lui ride.
“Ok, molto invadente. Non mi capita tutti i giorni di incontrare una ragazza che mi rifiuti, dovevo, devo, vederci chiaro.”
Io scuoto la testa, senza sapere cosa dire, è davvero uno strano ragazzo.
“Sei davvero strana, Malone.
Molto strana, quasi come se fossi un’aliena e questo mi intriga.”
“Basta che non diventi di nuovo invadente e ti fai vedere in compagnia delle oche cheerleader per farmi incazzare.”
“Te ne sei accorta?”
“Diciamo che le ragazze hanno, come dire?
Un occhio più sviluppato per queste cose, voi pensate di essere dieci passi davanti a noi, in realtà siete almeno venti indietro.”
Rido divertita,la risata di Tom fa eco alla mia ed è una sensazione bellissima.
Forse non è poi così male questo sabato sera, posto che mia sorella si comporti bene.
Sì, non è male e nemmeno essere amica di Tom lo è.
Vai e vieni e a volte ci lasci qualcosa, vero mare?

Angolo di Layla

Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione. 

   
 
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