Passion and Patience
PASSIONE E PAZIENZA
1. IL RITORNO
Si dice che non si può evitare di riamare
chi ti ama.
E questo accade perché è inevitabile provare
un qualsiasi tipo di sentimento per una persona che ti considera tanto
importante. Il problema che affiora non è quello se ciò sia vero, ma se quello
che nasce sia vero amore, incondizionato come sempre deve essere, o soltanto un
riflesso del sentimento di qualcun altro, che nasce per compassione, per pietà,
o forse solo per una voglia di partecipazione nella vita dell’altro, o nella
vita in genere, perché, ritornando a ciò che spesso si dice, se non si è amato
non si è veramente vissuto. Questi sono luoghi comuni, come ce ne sono tanti,
come ce ne sono nei paesi… come ce ne sono a Withby. Uno di quei luoghi dove il
verde ti inonda gli occhi, dove non vedi altro che quel colore, e per quanto ti
sforzi è impossibile vedere in modo nitido le altre cose che da esso si
discostano. In cima a una ripida salita, vicino al cimitero di Saint Mary, si
affacciava una casetta dal tetto basso, le tegole dritte, scure, cotte dal
troppo sole. Una forte porta di legno scuro velava agli occhi del popolo la vita
della famiglia Hampton. Era una casa vivace, dove c’era sempre movimento, e ogni
giornata trascorreva serena, in attesa di qualche grande avvenimento. E quel
giorno tutto era in fermento, e niente era più al suo posto. Tutte le cameriere
erano state messe sull’attenti, e perfino il signor Hampton si stava dando da
fare in casa, cercando però più di controllare la moglie che di lavorare
veramente.
“Oh mio dio.. quando arriverà secondo te?
Non riesco a immaginarmelo! Sarà diventato così alto, e
bello..”
“Calmati, Caty.. e non parlare del Signor
Wade in quel modo..”
“Oh Sarah! È un nostro
amico..”
“Era nostro amico fino a 7 anni fa.. ma è
cambiata ogni cosa, e lui ha una certa posizione sociale
adesso”
“Ti prego, non dire più queste cose! Se
anche è cambiato qualcosa basterà poco per tornare ad essere le sue
preferite..”
“Catherine!”
Le interruppe la signora Hampton “Adesso
stai esagerando.. non siete più delle bambine, e lui non è il solito vicino di
casa.. non devi dire queste cose in giro o potrebbero immaginare chissà quale
interesse..”
“Ma mamma.. sei stata tu che hai detto che
sarebbe stata un’ottima opportunità di matrimonio.. e Sarah ha l’età giusta, ed
è abbastanza carina per piacergli!”
Le parole si spensero dietro la porta che
Sarah si chiuse alla spalle. Nell’altra stanza, china sullo scrittoio, la
secondogenita delle sorelle Hampton stava cercando di non sentire, di chiudere
il mondo fuori dai suoi pensieri, perché aveva troppa paura per mostrare agli
altri tutto quello che si stava scatenando dentro di
lei.
“Come stai
Emily?”
“Bene.. è una splendida giornata.. penso che
me ne andrò a fare una passeggiata in città”
“Ma non puoi! Stasera arriva
Andrew..”
“Mi pareva che avessi appena corretto Caty e
l’avessi convinta a chiamarlo come si
dovrebbe..”
“Non fare la guastafeste.. io e te avevamo
un rapporto speciale con lui, e posso permettermi di chiamarlo per nome finché
siamo sole!”
“Fa come vuoi..”
“Come mai sei così scontrosa oggi? Non sarà
per il suo ritorno..”
“No..cosa c’entra.. è che.. ho dormito poco
stanotte.. e comunque una passeggiata mi farà sicuramente
bene..si”
Lentamente si alzò ed afferrò il fichu che
aveva abbandonato sul mobile.
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, non ce
n’è bisogno, grazie!”
Velocizzando i suoi movimenti si affrettò
verso l’uscita, e Sarah la vide sparire dietro la porta con una strana
espressione. Il carattere volubile della sorella era difficile da comprendere, e
troppe volte ne aveva avuto una prova per potersi spaventare
ancora.
Era pomeriggio inoltrato e l’aria fresca
muoveva le cime degli alberi. Le foglie ondeggiavano al vento frusciando
incessantemente e producevano un sottofondo musicale che la cullava durante il
cammino. Le strade erano ancora affollate di gente, era estate inoltrata e tutti
si attardavano all’aperto. Fanciulle vestite di sgargianti colori, con gonne
lisce o plissettate, ondeggianti per le strade. Uomini vestiti non troppo
elegantemente, come era solito nelle afose giornate d’agosto, che le
sorreggevano per un braccio, o camminavano al loro fianco, aprendosi in larghi
sorrisi, accompagnandoli con ampi gesti delle braccia. Sola, Emily attraversava
la città affollata di chiacchiere e rumori, contenta di essere fuggita alle
domande della sorella e dal silenzio dei suoi pensieri. Da quando era arrivata
la lettera di Andrew non aveva fatto altro che pensare a lui, a quando, sette
anni prima, se ne era andato ad abitare a casa dello zio, poco dopo la morte dei
suoi genitori. Gli zii lo avevano cresciuto come il figlio che non avevano
avuto, gli avevano dato un’educazione, e lo avevano presentato al mondo come il
loro erede. Insomma, pur mantenendo il suo cognome, Andrew Wade era diventato il
futuro possessore di grandi ricchezze, un partito che nessuna fanciulla si
sarebbe fatto scappare. E lui, dopo molto tempo, decideva di tornare in quel
paese dove aveva trascorso i prima vent’anni della sua vita, forse senza pensare
che questo avrebbe significato rivedere lei.
“Non
solo me..”
ricordò a sé stessa.
Ma era più forte di lei: nonostante quello
che diceva, aveva sempre creduto di avere un rapporto speciale con Andrew, e
quando lui se ne era andato aveva perduto una parte di sé.. aveva perso la sua
sicurezza, le sue certezze. Era divenuta dubbiosa, incerta, e tante volte
l’avevano rimproverata per il suo oscillare da un’idea all’altra, senza mai
scegliere, senza mai sbilanciarsi più del necessario. Perché anche se non se ne
era mai resa conto, lui era sempre stato la sua
certezza.
Cercò di riportare alla memoria il suo viso,
ma più ci provava e più si sentiva confusa. Non aveva mai dimenticato niente di
lui, né del tempo passato insieme, ma a poco a poco il suo volto era andato
sfumando, lasciando il posto ad uno più ideale, a quello che avrebbe dovuto
avere una volta divenuto un uomo. Probabilmente la sua vera paura era proprio
questa, scoprire che il ragazzo che aveva aspettato ogni giorno e sognato ogni
notte per sette anni fosse soltanto un’immagine perfetta creata da lei, e che
aveva poco a che fare con l’originale. Perché -cercò di ripetersi mentre
svoltava l’angolo- lui non era più quello di una volta. Troppo coinvolta dai
suoi pensieri non si accorse delle due donne che le vennero incontro. La prima
la salutò con una mano guantata, scuotendo il lungo abito giallo, mentre la
seconda le corse incontro allegramente, senza preoccuparsi di ciò che l’altra le
urlava dietro. Nonostante fosse una donna amante di regole ed etichette, Mrs
Felton era una donna intelligente, e, anche a causa della sua immensa
biblioteca, era la zia preferita di Emily.
“Come stai
cara?”
“Molto bene grazie.. e
voi?”
“Oh! Sono un po’ stanca.. questa pazzerella
mi fa correre dalla mattina alla sera! Per fortuna gli altri due sono entrambi
maschi..”
“Mamma!”
“Su, cara, devi ammettere che Richard non mi
ha mai fatto camminare così tanto, e neanche
James”
Emily si voltò verso la cugina, trattenendo
un sorriso. Adorava Amy. Aveva la stessa età di sua sorella Catherine, ma era
meno interessata alla bella vita, e non aveva come scopo quello di fare un buon
matrimonio. Era una ragazza semplice, che aveva in comune con lei la passione
della lettura e che proprio per questo tante volte fuggiva dai suoi fratelli per
passare del tempo con lei e Sarah.
“Hai già visto
Andrew?”
Le sussurrò Amy
all’orecchio.
“No.. e non mi interessa neanche
vederlo”
“Contenta te.. allora non ti dirò quello che
mi ha detto..”
“..lui? Cioè.. l’hai già
incontrato?”
“Si.. poche ore fa, era appena arrivato e ha
visto me e la mamma per la strada.. è stato così gentile! Non mi aveva
riconosciuta, d’altra parte avevo solo undici anni quando se ne è andato.. ma
sai che era molto amico di mio fratello e mi ha invitata ad andare a pranzo da
lui, domani, insieme a Richard naturalmente, e anche alla mamma se potrà
venire”
“Non ti ha chiesto niente di me .. e di
Sarah..?”
“Oh bè.. mi ha chiesto se stavate tutti
bene, e se pensavo fosse una cosa sconveniente che si presentasse da voi
stasera”
“Stasera?!”
Emily aveva sperato che perlomeno sarebbero
passati un paio di giorni prima che lui avesse trovato il tempo libero di far
visita a
qualcuno.
“Si.. e io gli ho detto che sareste stati
così contenti di vederlo da non far caso all’ora..”
“E quindi verrà
stasera?!!!”
“Non lo so..”
“Ehi, voi due.. di cosa
state parlando?”
“Di niente mamma! Stavo descrivendo a Emily
il nuovo vestito che mi hai comprato”
“Una vera delizia non è vero? Ma su, Amy,
dobbiamo andare.. Emily! dì a mia sorella che deve venire a trovarmi un giorno
di questi.. è troppo tempo che non facciamo qualche pettegolezzo sulla gente di
Withby..”
Ma Emily non stava più ascoltando. Il suo
cervello lavorava veloce, alla ricerca di una scusa per non farsi trovare a casa
quella sera. Era più che decisa ad evitarlo, e anche se non avrebbe potuto farlo
per sempre, sperava che sarebbe riuscita a farlo per quel tanto che le sarebbe
servito a calmare il suo cuore. Non lo aveva ancora visto, e già lui era tornato
ad occupare gli istanti della sua vita. Completamente rapita dai suoi pensieri
si era allontanata dalla città, dirigendosi automaticamente verso casa. Non
ricordava neanche di aver salutato la zia ed Amy, ma sapeva che non se la
sarebbero presa in ogni caso. Imboccò uno dei sentieri del bosco, quello che
portava dietro la vecchia casa degli Wade. George e Caroline Wade
erano stati per lei come dei secondi genitori. Le volevano bene, e la trattavano come una di
famiglia… ma ovviamente la consideravano come tale, data l’idea che sua madre
aveva dato loro: quella di unire le due famiglie facendo sposare Andrew con
Sarah. Non sapeva perché, ma l’idea non le era mai andata giù. E fortunatamente
era stata la stessa cosa anche per Sarah. Davanti ai suoi occhi apparve d’un
tratto l’immensa casa bianca, e subito una sensazione familiare le attanagliò lo
stomaco. Strinse le braccia al petto, sentendo sotto le mani i brividi della
pelle, lasciata scoperta dalle maniche del vestito che arrivavano solo fino ai
gomiti. Rimase lì per molto tempo. La nebbia fasciava il bosco, una strana
brezza aleggiava sui verdi campi, trasportando, ampliandoli, i rumori che
provenivano da sotto il fogliame, opera di animali dormiglioni svegliatisi sul
far della sera. Il sole tramontava calando lento, come se non volesse andarsene
e lasciare il posto alla sorella luna. Per quanto il paesaggio fosse bello però,
la mente di Emily non si era ancora allontanata da quel primo pensiero che la
tormentava e consumava dall’interno. Improvvisamente, tutti i motivi per cui se
ne stava fuori, tutte le ragioni che aveva accampato per evitarlo suonarono
vuote e senza senso. Probabilmente le avrebbe fatto bene rivederlo.. magari era
diventato egoista e presuntuoso, come quelli del suo rango. Magari possedeva uno
strano accento cittadino, di cui si sarebbe servito per impressionarla, sarebbe
stato galante ma noioso, arrogante come pochi altri che aveva conosciuto. E lei
l’avrebbe dimenticato, cancellato dalla sua memoria come se non vi avesse
dimorato neanche per mezzo secondo. Presa la sua decisione, riprese la marcia
verso casa, velocizzando il passo ogni volta che qualche dubbio tornava ad
insinuarsi tra le pieghe della mente. Quando vide da lontano la casa si mise a
correre, gettandosi a perdifiato giù dalla collina. Affannata, spinse la porta,
per trovare tutti riuniti in sala da pranzo.
“Sono
tornata!”
“Emily! Ma dove sei stata tutto questo
tempo?”
“Io.. scusate, non mi ero resa conto.. ora,
vado subito a cambiarmi”
“Non ce n’è bisogno cara. Il signor Wade è
appena andato via..”
“E’ stato
qui?”
Il mondo le crollò addosso. Era venuto e se
ne era andato.
“Vieni Emily, andiamocene di
sopra”
Trascinata dalla sorella salì le scale, e
non si accorse di essersi seduta fin quando non le venne voglia di alzarsi. Una
volta in piedi misurò la stanza a lunghi passi, continuando a rimuginare sui
suoi pensieri nonostante Sarah continuasse un discorso del quale, pur con la
voglia di farlo, non afferrò neanche una
parola.