Era
una splendida giornata di primavera. Attraverso le grandi
finestre di casa Son il magnifico verde dei monti Paoz si mostrava
interamente
in tutto il suo splendore agli occhi di coloro vi si fossero posati. Il
cinguettare degli uccelli contribuiva a rendere armoniosa e paradisiaca
quell’immensa
distesa di natura incontaminata, in mezzo alla quale la famiglia Son
trascorreva una tranquilla quotidianità.
Era
una delle prime giornate calde e soleggiate della
stagione, che annunciavano l’imminente arrivo
dell’estate. Una di quelle
giornate che ti mette di buon umore di primo mattino. Una di quelle
giornate
che nessuno si sognerebbe di sprecare.
Sfortunatamente
Son Goten non era dello stesso avviso.
Immerso nei propri pensieri stava tristemente appollaiato
sull’erba, immerso nei
propri pensieri.
Era
oltremodo assurdo. Persino capacitarsene, persino
semplicemente ammetterlo a se stesso gli parve impossibile.
Goten
Son, o meglio “l’inguaribile
perdigiorno”, il “classico
dongiovanni” ammirato e bramato da tutte le ragazze della
scuola, come lo si
soleva etichettare, colui al cui fascino nessuna ragazza aveva mai
saputo
resistere, si ritrovava a passare un interminabile sabato pomeriggio
disteso
tra le verdi fronde dei cespugli che adornavano i monti Paoz, a
soffrire la
pena peggiore che la vita possa riservare ad ogni giovane presuntuoso
playboy sicuro
della massima efficacia dei propri metodi di seduzione,
qual’era il
secondogenito di casa Son.
Bramare
l’amore, o anche semplicemente la considerazione
dell’unica fanciulla che non lo aveva mai minimamente tenuto
in conto. Dell’unica
ragazza che gli passava davanti senza degnarlo di una parola o di uno
sguardo,
a eccezione delle volte in cui si divertiva a canzonarlo per la sua ben
nota
stupidità. Il giovane Son non ricordava una sola
dannatissima occasione in cui
lei gli avesse rivolto la parola se non per deriderlo. E in fondo non
era forse
questa l’immagine ricorrente che aveva di lei? Bra che ride
della sua ingenuità,
che si burla di ogni sua azione, che fin troppo spesso è in
grado di umiliarlo,
senza minimamente rendersene conto, o meglio, senza minimamente
interessarsene.
Lei che non ha considerazione per i sentimenti di nessuno
all’infuori dei propri,
lei che sa scrutare con i suoi grandi, impenetrabili occhi di ghiaccio
e
intimidire in qualsiasi situazione. Lei che soltanto volendo
può tenere il
mondo tra le mani.
Proprio
lei, angelica creatura dal cuore di ghiaccio,
piccola, perfida, insopportabile smorfiosa era inspiegabilmente
riuscita a
rubare il suo cuore. Il suo giovane cuore che tante e tante volte si
era
volutamente offerto all’amore, ma alla dolcezza del quale non
aveva mai ceduto.
Se avesse avuto anche la benché minima idea di una
plausibile motivazione
avrebbe scommesso che lei lo detestasse, fin dai meandri profondi del
cuore.
L’amore
… Un sentimento strano. All’uomo non è
dato di comprenderlo
fino in fondo, come del resto non gli è dato di fuggire da
lui. Ti si piomba
davanti pronto a colpirti con le sue frecce dorate quando meno te lo
aspetti,
senza che tu possa sognarti di impedirgli di impadronirsi di tutto il
tuo
essere. Il nemico peggiore che ci si possa trovare davanti. Il giovane
Goten si
ritrovò a pensare che, senza ombra di dubbio, sarebbe stato
preferibile
affrontare nuovamente Majin Bu piuttosto che trovarsi davanti lui,
fantomatico
distruttore di cuori, in grado di farti toccare il cielo con un dito e
un
attimo dopo farti sprofondare nel baratro dell’inferno.
“Accettalo, fatti
trasportare dalla sua magia, è l’unico modo per
tenergli testa.” Facile a
dirsi. Facile a farsi anche. Ma il caso di un amore non corrisposto era
un
tantino diverso …
L’amore
…
“Un
lurido dannato bastardo che non ha la più pallida idea di
come prendere la mira.”
A
questo pensava Goten Son mentre sbuffando si rotolava
sull’erba per poi fermarsi a fissare l’azzurra
immensità che si mostrava ai
suoi occhi. Un’immensità infinitesimale se
paragonata a quei due splendidi
frammenti di zaffiro imprigionati in quei suoi grandi occhi, che lui
adorava
immaginare come un piccolo ritaglio strappato dal cielo.
Sorrise
malinconicamente a quei pensieri che ormai erano
divenuti tanto familiari al suo cuore innamorato.
Nessuna
era stata mai immune al suo fascino. Nessuna tranne
lei. La più antipatica e bisbetica delle snob. La sua
splendida, piccola
principessa.
I
pensieri del giovane Son furono bruscamente interrotti
dalla voce del padre, che lo chiamava a gran voce. Volse quindi lo
sguardo
nella direzione dalla quale sentiva provenire l’aura paterna
e scorse in breve
la figura di Goku, che con il solito ingenuo sorriso entusiasta gli si
avvicinava saltellando. Appena gli fu sufficientemente vicino espose
allegramente la proposta che pensava di fare al figlio ormai da
svariati
giorni.
“Hey
figliolo, come va la vita? E’ una bellissima giornata
oggi, che ne diresti di allenarti un po’ con il tuo
papà, una volta tanto che
non sei impegnato ad uscire con qualche bella ragazza?!”
A
dire il vero non aveva la benché minima voglia di
allenarsi. Era triste e demoralizzato fino al midollo, ma come
spiegarlo a suo
padre, che probabilmente neppure conosceva il significato di quel
termine? Così
a malincuore decise di accontentarlo. In fondo era parecchio tempo che
non si
allenavano insieme. Magari un allenamento massacrante era proprio
ciò che ci
voleva per scacciare, anche se momentaneamente i suoi ricorrenti e
tristi
pensieri dagli occhi turchini.
L’allenamento
cominciò. Goku era naturalmente in netto vantaggio
rispetto al figlio, poiché, nonostante l’
indiscutibile talento ereditato dal
padre, il giovane non si era mai dedicato al combattimento con troppa
dedizione, in modo particolare dopo che la minaccia di Majin Bu era
stata
scongiurata.
Quel
giorno tuttavia la disparità tra i due pareva addirittura
superiore al solito. Il
giovane Goten
incassava senza neanche provare a reagire i colpi del padre, nonostante
quest’ultimo
non avesse ancora cominciato ad attaccarlo seriamente.
La
passività del figlio in verità lo
preoccupò non poco,
così, dopo avergli assestato un ultimo feroce colpo nello
stomaco, al quale il
giovane naturalmente non aveva reagito, si fermò, e
incrociando le braccia al
petto prese a fissarlo con uno sguardo pieno paterna preoccupazione.
Avvicinatosi
lentamente posò una delle proprie mani forti
sulle spalle del secondogenito, il quale, non essendosi ancora del
tutto
ripreso dal colpo subito ansimava tremante inginocchiato al suolo,
premendo con
entrambe le mani sulla parte lesa.
“Goten,
figliolo va tutto bene? Oggi mi sembri completamente
assente … C’è qualcosa che ti
preoccupa?”
A
quelle parole il giovane, dimentico del lancinante dolore
allo stomaco, balzò in piedi per rassicurare il padre nel
tentativo di non
farsi porre altre domande alle quali non aveva la benché
minima voglia di
rispondere.
“
… Ehm, no nulla papà, oggi sono solo un
po’…. Ehm, distratto
tutto qui!! Non hai di che preoccuparti, figurati!! Eheheheh
...” Goten si
grattò nervosamente la nuca ridacchiando imbarazzato, in uno
di quei gesti che
lo rendevano tanto simile a suo padre. Sperava vivamente che il suo
tentativo di
ingannare il genitore sul proprio reale stato d’animo non
fosse vano. Non
poteva ammetterlo. A nessuno. Aveva negato di fronte a Trunks, di
fronte a
Gohan, di fronte alla piccola Pan. E la stessa cosa avrebbe fatto di
fronte a
suo padre. Non avrebbe ammesso che aveva voglia di scoppiare in lacrime
ogni
qualvolta si trovava di fronte alla triste, maledetta certezza di
essere un
inetto, un povero idiota, di non essere minimamente alla sua altezza.
Non
avrebbe ammesso che l’immenso stuolo di ragazze che gli
morivano dietro, con le
quali fingeva di divertirsi non servivano a costituire in
realtà neppure una
magra consolazione. Tra questi pensieri il giovane abbassò
lo sguardo e si fece
sfuggire uno sbuffo sonoro.
E
in quel momento per Goku fu tutto chiaro.
Sorrise
paternamente, e con lo sguardo pieno di tenerezza e
comprensione gli rivolse la domanda che il giovane non si sarebbe mai
aspettato
di sentire dalla sua bocca.
“Si
tratta di una ragazza non è vero?”
Goten
strabuzzò gli occhi incredulo e sospirando sonoramente
abbassò lo sguardo sconsolato verso il terreno. Non aveva
più senso portare
avanti quella sciocca sceneggiata. Suo padre era il miglior confidente
che si
potesse avere. Probabilmente non lo avrebbe capito, e per questo motivo
sarebbe
stato sciocco aspettarsi un consiglio utile da parte sua, ma lo avrebbe
certamente ascoltato, sarebbe stato un’ottima spalla su cui
piangere. Così
decise di dar sfogo per la prima volta ai dissidi del proprio cuore.
“Si
papà, si tratta di una ragazza. Una ragazza che mi
detesta, per la quale non rappresento niente, oltre che naturalmente un
povero
sciocco da umiliare e prendere in giro. La cosa peggiore è
che dovrei
detestarla esattamente come mi detesta lei, e invece non riesco a
togliermela
dalla testa. A volte sono certo di non voler più continuare
a sostenere una
situazione del genere, sono ad un passo dal farmi coraggio per correre
da lei e
dirle tutto, ma poi
penso che ….”
Il
giovane si interruppe digrignando i denti dalla
disperazione e stringendo i pugni.
“Poi
pensi che lei sia la creatura più splendida sulla faccia
della terra, egoista ed egocentrica, ma anche la più
brillante, la più intelligente,
la più trascendente, inarrivabile, dolce fanciulla
dell’universo … Mentre tu …
Tu sei solo uno sciocco, insignificante moccioso con la coda, un
perfetto
idiota che oltre a combattere non è in grado di fare nulla.
Ti chiedi perché
mai dovrebbe scegliere proprio te, che non puoi offrirle
nient’altro che il tuo
amore, se lei soltanto usando la propria astuzia potrebbe tenere il
mondo tra
le mani e cavarne il meglio … Ho indovinato?”
Goten
lo guardava sconvolto. Mai e poi mai avrebbe potuto
immaginare che suo padre apprendesse a pieno tutte le incertezze che
giornalmente avevano preso a sconquassargli le budella.
Continuò ad osservare
il volto paterno, e vi notò un sostanziale mutamento
d’espressione. La solita serena,
spensierata felicità aveva ceduto il suo posto ad uno
sguardo di malinconia e consolazione,
che il giovane Goten credette di non aver mai visto su quel viso tanto
amato.
Credeva addirittura che suo padre non fosse capace di provare
sentimenti che non
fossero quelli che, secondo tutti, gli erano abituali.
Il
prolungato silenzio del figlio comunicò tacitamente a Goku
di aver colto nel segno. Come non avrebbe potuto capirlo in fondo? Gli
ricordava se stesso in tutto e per tutto. L’unica differenza
era stata che per
lui non c’erano stati consigli o consolazioni. E aveva
compiuto la propria
sciocca scelta da solo. Ma lo stato di cose era differente. Non avrebbe
permesso al figlio di compiere il proprio stesso, stupido errore.
“Ascoltami
bene, figliolo. Non
darti per vinto prima di averci provato.
Non sprecare le occasioni, altrimenti finirai per pentirtene quando
sarà troppo
tardi, e quando ti renderai conto del tesoro che hai perso
un’altra persona più
furba di te avrà finito col portartela via facendola sua.
Non aver paura di un
rifiuto, non sarà mai peggio del dubbio eterno e della
consapevolezza di non
aver fatto nulla per tenerla stretta tra le tue braccia.”
Goten
sbuffò nuovamente.
“Oh
papà, quanto vorrei darti ascolto … Dovresti
vedere
quanto … Quanto è bella …”
Goku
sorrise tristemente al figlio.
“Lo
so bene figliolo … E’ bella esattamente come sua
madre.”
Disse
le ultime parole sussurrando, quasi a se stesso. Ma
Goten non poté fare a meno di sentirle comunque.
Sentì stringersi il cuore nel capacitarsi
del senso del discorso che il padre gli aveva fatto.
“Papà,
mi dispiace non potevo immaginare….”
Goku
cominciò a sentire le lacrime bruciare contro le proprie
palpebre serrate. Riaprire vecchie ferite, mai rimarginate era il colpo
peggiore che si potesse infliggere ad un cuore innamorato. Ma
ugualmente non
avrebbe permesso loro di uscire. Serrò i pugni e
spiccò il volo, senza
ascoltare per intero la risposta del figlio.
*
Non
aveva mai avuto una grande dimestichezza con i sentimenti
umani, Goku. Nonostante egli stesso avesse parecchie volte provato a se
stesso
e all’universo intero di aver combattuto solo ed unicamente
per essi. Non aveva
avuto dimestichezza con loro finché non aveva incontrato
lei. La sua splendida
ninfa dagli occhi color del mare.
Tra
questi pensieri si fermò su di un’alta rupe,
rimirando
malinconicamente il cielo.
“Bulma
… Cosa mai avrebbe potuto offrirti uno come me?
Cos’avrei
potuto darti io in più rispetto a lui? E soprattutto in che
modo avrei mai
potuto renderti felice?” Afferrò da terra un
ciottolo, e lo scagliò con
violenza nell’acqua della cascata sottostante, causando un
rumoroso tonfo.
Fissò i propri occhi neri nell’acqua della
cascata, e gli parve di vedervi
riflessi i suoi occhi, i suoi capelli.
“Avevi bisogno di un uomo migliore di me, un uomo che si avvicinasse al tuo livello. Il mio amore non sarebbe bastato a darti tutto questo. Mi accontenterò di guardarti da lontano vivere la tua felicità a fianco di qualcuno che non sia stato tanto sciocco da lasciarti andare, e ci sarò sempre amica mia, nel caso in cui tu ne avessi bisogno. Sarò accanto a te per proteggerti, e la mia unica consolazione sarà quella di continuare per sempre a sorridere ammirando o sognando i tuoi splendidi, grandi occhi di zaffiro.”
***********************************************Angolo autrice: Ciao a tutti!!! Seconda fic, ancora su Dragon Ball :DD la scelta della coppia GotenXBra potrà sembrare banale,ma al contrario la GokuXBulma è a mio avviso una delle più fantasiose e particolari. Mi alletta alquanto, devo ammetterlo, ed essendo piuttosto rare le storie su questa coppia ho deciso di cimentarmi in questa One-Shot! Spero sia di vostro gradimento, in caso contrario si accettano naturalmente critiche costruttive!! Un bacio, love_vegeta96 :**