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Autore: Helena Kanbara    02/02/2014    4 recensioni
«Perché proprio lui? Perché proprio Derek, intendo».
[...]
«Ti prometto che non lo vedrò più, Stiles. Non voglio che tu ti preoccupi per me, dico sul serio. E… semmai Derek dovesse uscire dal carcere e venire di nuovo a cercarmi, nulla mi fermerà dal far emettere da tuo padre stesso un’ordinanza restrittiva nei suoi confronti».
A quel punto, non ci fu bisogno di aggiungere nient’altro. Ero più che sincera riguardo alle mie intenzioni, o perlomeno lo ero in quell’esatto momento. Ne ero consapevole io almeno quanto lo era Stiles, che non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso bellissimo mentre continuava a fissarmi negli occhi con uno di quegli sguardi per i quali sarei anche stata capace di uccidere.
«Adesso sì che ragioni».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'People like us'
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N.B.: Questo missing moment si ricollega alla long parachute da me scritta e pubblicata sempre in questo fandom, ovviamente. La scena è da inserirsi verso la fine del capitolo 10, precisamente dopo che Harriet si trova a casa di Allison e prima della partita di lacrosse :) Buona lettura!




 
 
That’s my girl
 
 


 
 
Se Stiles non mi avesse chiamata, quel sabato pomeriggio, molto probabilmente avrei continuato a scacciare via il suo pensiero dalla mia mente per ancora moltissimo tempo.
Gli avevo tenuto nascosto di Derek: l’avevo fatto perché non volevo che si preoccupasse ulteriormente per me, e credevo davvero di aver agito a fin di bene. Ma ovviamente mi sbagliavo.
La reazione di Stiles alla notizia del nemico che mi accompagnava a casa dopo una festa non era stata affatto positiva. E dopo quell’ennesimo litigio, non vedevo l’ora che la terra m’inghiottisse per sempre.
Non volevo che le cose andassero così, tra di noi. Tutt’altro! Eppure, per qualche strana ed incomprensibile ragione, sembravo proprio possedere il potere naturale di combinare sempre guai. Prendevo, ogni volta, le decisioni sbagliate.
Piena di rabbia e rimorsi, mi ero fatta accompagnare da Stiles – che aveva insistito per farlo – a casa Argent, dove avevo poi passato la notte in compagnia di una delle persone migliori che avessi conosciuto lì a Beacon Hills, circondata dalla sua famiglia. Se non avessi avuto Allison vicina, molto probabilmente sarei impazzita sul serio.
Avevamo trascorso momenti magici, seppur non facendo nulla di straordinario. Avevamo studiato, in presenza del signor Argent che non si era fatto problemi a darci una mano con trigonometria, e poi ci eravamo prese del tempo per noi stesse, chiuse nella cameretta di Allison e accompagnate da tanto, troppo cibo-spazzatura.
Avevamo parlato tanto e di tutto, e l’avevo sentita diventare ogni minuto che passava un po’ più importante. La Argent aveva provato più e più volte a chiedermi di Stiles, ma ero stata piuttosto brava nell’ignorarla e nello scacciare il suo pensiero dalla mia mente. Avevo continuato a farlo anche il mattino dopo, aiutata e molto dal fatto che non si fosse presentato a scuola, proprio come Scott.
Seppur fossi preoccupatissima per quell’assenza senz’altro non pianificata, avevo nascosto il tutto in modo eccellente, ripetendomi che non dovevo pensare a Stiles – perché, ogni volta che lo facevo, le conseguenze erano peggiori.
Tuttavia, non ero riuscita a convincermi di quella teoria di autodifesa, e avevo ceduto. Perlomeno l’avevo fatto parzialmente, limitandomi ad inviare dei messaggi a Stiles, pregandolo di avvisarmi su dove fosse e come stesse, piuttosto che chiamarlo come avrei voluto. Ero un caso perso, ma le cose andavano così.
I messaggi, comunque, erano rimasti tutti senza risposta, e mentre anche Scott sembrava essere sparito nel nulla, io continuavo a dissimulare. Sentivo, nonostante tutto, che non ci fosse nulla di grave in corso, e le mie idee erano state confermate proprio dalla presenza di McCall a casa Argent.
Ritornando lì dopo scuola, l’avevamo trovato fermo sulla soglia, con in viso un’aria a dir poco stralunata. Era stato proprio ciò a trattenermi dal chiedergli notizie di Stiles. Notizie che poi, tra l’altro, erano arrivate con una sua telefonata piena di preoccupazione.  
«Posso farti una domanda?».
Mi voltai a cercare proprio il suo viso, stupendomi di quella richiesta così insolita. Da quando era venuto a prendermi per riportarmi a casa, eravamo stati sempre in silenzio, e a parte salutarci a malapena non avevamo fatto altro. Volevamo fingere che andasse tutto bene, ma non era affatto così.
«Certo», risposi semplicemente a quel punto, annuendo.
«Perché proprio lui? Perché proprio Derek, intendo».
Impallidii visibilmente, riportando lo sguardo sul paesaggio al di fuori del finestrino della Jeep. Altroché dimenticare l’avvenimento e deporre il problema. Stiles, quel giorno, sembrava più che intenzionato ad avere un confronto con me.
«Voglio dire… Scott ha fiutato odore di sangue, nel giardino di casa sua, e ieri ci abbiamo trovato Laura sepolta. Allora… perché proprio lui tra tutte le persone che venerdì sarebbero state disposte ad accompagnarti a casa senza nemmeno batter ciglio? Non capisci quanto è pericoloso? Non parlo principalmente di me… perché non si tratta sempre di me, no? Mi riferisco anche a Scott, Allison… persino a Jackson e Lydia, perché lo sai che anche loro ti avrebbero aiutata se solo tu gliel’avessi chiesto! Con me l’hanno fatto, quando ero preoccupato per te».
«Stiles, io…», sussurrai, improvvisamente di nuovo agitata.
Mi mossi in ansia sul sedile dell’auto, guardandomi intorno alla ricerca di una qualsiasi scappatoia che mi permettesse di evitare l’argomento. Avevo creduto, ingenuamente, che il silenzio di Stiles indicasse una sua resa, e volesse dire per forza che l’argomento ‘‘Derek mi ha accompagnata a casa ed è improvvisamente ossessionato da me’’ fosse oramai morto e sepolto. Purtroppo, mi sbagliavo.
Non volevo affrontare quel discorso, assolutamente no. C’erano ragioni che mi avevano spinta ad accettare l’aiuto di Derek che andavano ben oltre ciò che mi ero sempre ripetuta fino a quel momento: delle ragioni che Stiles non avrebbe dovuto conoscere, perché non volevo che si sentisse ulteriormente in colpa. Non più di così, anche se avevo pensato in precedenza che se lo meritasse, accecata com’ero dalla rabbia.
«No, rispondimi, per favore», pregò Stiles a quel punto, voltandosi a cercare il mio viso solo per pochi secondi, prima di ritornare attento alla strada. «Giuro che poi non ti farò più domande. Non sono arrabbiato, davvero. Non ne ho ragione: sei una ragazza responsabile e l’ho capito. Mi dispiace averti detto il contrario. Voglio solo… sapere perché».
Di tutta risposta, mi rinchiusi ancor di più in un silenzio di tomba, sprofondando nel sedile e sperando di poterci sparire dentro. Stiles voleva sapere il perché. E come fare a spiegarglielo, quando in realtà non lo capivo nemmeno io?
«Harriet, per favore. Devi sentirti libera di parlare con me», mi rassicurò ancora, intuendo che non avrei parlato tanto facilmente.
A quel punto sbottai.
«No, okay? Non è così facile come dici: non lo è affatto! Non puoi chiedermi di spiegare una cosa che non capisco nemmeno io, Stiles».
Ed era vero: non capivo. O per meglio dire, capivo benissimo, ma preferivo non ammettere ciò che nel profondo del mio cuore era già più che evidente da tempo.
Non potevo dire a Stiles come lo vedessi e quanto il sentirlo lontano mi ferisse. Proprio no. Sarebbe stata una cosa troppo imbarazzante per chiunque, e non volevo che fosse più evidente di così ciò che davvero sentivo per lui. Perché sì, ovviamente sentivo qualcosa. Che non era amore ma… nemmeno amicizia, o affetto fraterno.
E davvero non mi si poteva chiedere di confessare una cosa del genere.
«Posso chiederti di provarci, però. Per me».
Quelle ultime due parole mi fecero impallidire ancor di più, e per l’ennesima volta mi ritrovai a distogliere lo sguardo dal viso dalla pelle chiara di Stiles. Deglutii sonoramente, fissando gli occhi sul paesaggio fuori dal finestrino mentre pensavo bene a cosa dire.
Ancora una volta, aveva ragione. Dovevo perlomeno provarci, e dovevo farlo per lui. Avevamo bisogno di un confronto: non potevamo più continuare ad ignorare i nostri problemi, fingendo dopo ogni discussione o piccolo screzio, che nulla fosse successo.
Sospirai, preparandomi finalmente a parlare.
«Prima della festa, venerdì», mormorai, passandomi una mano tra i capelli, proprio come facevo sempre quand’ero nervosa. «Quando abbiamo avuto la certezza di cosa fosse sul serio Scott, e lui ha provato ad aggredirti. Oh, ti prego. Non farmi fare questo!».
Purtroppo la mia fu una preghiera inutile, perché al contrario di ciò che desideravo, Stiles si incuriosì ancora di più di fronte alla mia ‘‘vergogna’’.
«No. Altroché, Harriet! Adesso pretendo di sapere», ordinò infatti, fissandomi con uno sguardo che esprimeva alla perfezione tutta la sua improvvisa determinazione.
Mi sentivo, letteralmente, una spada di Damocle sospesa sulla testa. E sapevo che se non avessi parlato ben presto, sarei finita infilzata.
«Penserai che sia una stupida ragazzina che fraintende ogni minima cosa, ed è la verità», spiegai subito, con la voce flebile e lo sguardo basso. «Hai visto come ho reagito quando Scott ha cercato di assalirti, no?».
«… oh».
Avrei potuto, mai e poi mai, mettermi in una situazione più imbarazzante di quella? E farlo, tra l’altro, con le mie sole mani? Ero ormai più che convinta del fatto che la risposta fosse no.
«E improvvisamente è diventata la situazione più imbarazzante di sempre. E lo è tuttora».
Il che era la pura e semplice verità.
«Tu sei… diventato freddo, e alla festa ti ho visto a malapena. Ero sola, Stiles. E mi sento così stupida, ora. Ma mi hai chiesto la verità, ed eccola qua».
Per un attimo cadde il silenzio, e ci limitammo entrambi a rinchiuderci nei nostri pensieri. Mentre io mi sentivo le guance andare a fuoco e pregavo incessantemente che un fulmine mi colpisse in quell’esatto momento, pur di scampare a quell’assurda situazione, osservai Stiles con la coda dell’occhio e lo trovai… agitato?
Be’, se avessi dovuto scegliere un aggettivo per descriverlo in quel momento, avrei scelto senza dubbio quello. Lo si capiva, e non mi era perfettamente chiaro il perché. Bastava guardare attentamente i muscoli tesi delle braccia, e il modo in cui stringesse il volante. Si sentiva in colpa, per caso?
«Saresti potuta venire a cercarmi!», esclamò all’improvviso, alzando la voce e facendomi sobbalzare per lo spavento mentre distoglievo lo sguardo dalla sua figura alla velocità della luce.
Di tutta risposta, lo fulminai con lo sguardo. Non aggiunsi nulla, però. Non c’era bisogno di parole: infatti persino Stiles capì dai miei occhi cosa volessi dire.
«D’accordo», sospirò infine, quasi arrendevole. «Capisco perché tu non l’abbia fatto. Ma… parlarmene prima? Perché hai sempre l’impressione che potrei giudicarti male per ogni cosa? Devi fidarti di me, Harry».
Rimasi incredula ancora una volta di fronte a quella domanda piena di verità. Mi limitai a sentirla ripetuta nella mia mente mentre donavo a Stiles uno sguardo sorpreso. Com’era possibile che mi capisse, anche lui, meglio di quanto certe volte mi capissi io?
Perché avevo sempre l’impressione che potesse giudicarmi male per ogni cosa? Era sbagliato, vero?
«Scusami. È che ci conosciamo da poco. Non sono mai stata il tipo di ragazza che si apre subito. Senza offesa», sussurrai dopo un bel po’ di tempo, non convinta che fossero quelle le parole più giuste da dire.
«E Scott? Allison? Anche loro ci sono per te, lo sai».
«No… loro ci sono l’uno per l’altra, Stiles», esalai, apredomi in un sorriso amaro. «Sono stati insieme tutta la sera – be’, perlomeno finché Scott non è dovuto andar via – ed io non ho potuto far altro che osservare la loro felicità da lontano. È successa la stessa identica cosa con Lydia e Jackson, quindi non chiedermi anche di loro, ti prego».
Di nuovo il silenzio cadde nella Jeep, e nel mentre mi presi dell’altro tempo da dedicare alla Beacon Hills che mi sfrecciava veloce al fianco. Era solo una mia impressione, o sul serio quel viaggio verso casa stava durando un’eternità? Che Stiles avesse allungato la strada di proposito?
Aggrottai le sopracciglia. Perché puntualmente succedeva il contrario di ciò che desideravo di più?
«A questo punto immagino che in tutto ciò Derek sia il tuo cavaliere dall’armatura scintillante», borbottò Stiles a quel punto, con un tono di voce che esprimeva alla perfezione quanto in realtà fosse amareggiato.
Trovai immediatamente la situazione più che divertente, e mi costò anche parecchio sforzo trattenere una sonora risata. Di tutta risposta, mi limitai a scuotere la testa più e più volte, stringendo gli occhi per scacciare via dalla mia mente la visione di Derek in versione principe azzurro. Oh mio Dio: proprio non riuscivo ad immaginarmelo!
«Derek era… semplicemente lì quando nessun altro c’era», mi sforzai di dire dopo un po’, stringendomi le mani convulsamente ed evitando di guardare il viso di Stiles in ogni modo. «Essere la nuova arrivata non è facile, okay? E non per colpa vostra, perché siete tutti delle persone fantastiche e ci tengo a voi: nessuno escluso. Ma… tutti siete giustamente già in… gruppo. Vi conoscete e sapete cose che io non so. Mi servirà tempo per ambientarmi al meglio, lo sai, no? Il problema di base sono proprio io. E Derek lo sa. Lui capisce. Lui mi capisce».
«Voglio sapere solo un’ultima cosa», mi pregò Stiles immediatamente, guadagnandosi un mio sospiro rassegnato.
Ancora non riesco a spiegarmi perché, ma credevo che quella discussione non avrebbe avuto fine presto. E che quell’‘‘ultima cosa’’ che Stiles voleva sapere, non sarebbe stata affatto l’ultima. Quello, al contrario, sembrava proprio nient’altro che l’inizio. Lo esortai con un debole cenno del capo a parlare, e Stiles ubbidì subito.
«Come vuoi che mi comporti, esattamente? Perché, Harriet, non so se l’hai capito ma un licantropo accusato di omicidio – arrestato questa mattina stessa – ti ronza intorno da ormai un po’ e tu davvero non puoi chiedermi di farmi andar bene la cosa. Né di fidarmi di te o cose del genere, perché qui non si tratta di fiducia. Tipi come Derek della fiducia non se ne fanno nulla».
Me ne rimasi imbambolata in silenzio ad ascoltare il discorso senza dubbio toccante di Stiles, concentrandomi però solo su una piccola parte di esso, ovviamente quella meno opportuna. Certo, mi erano piaciute le sue parole e mi faceva felice vederlo così preoccupato per me, ma… io davvero non sapevo cosa dire di buono.
«Derek è stato arrestato?», mi limitai perciò a chiedere, con una nota di sincero divertimento nella voce che nemmeno mi preoccupai di nascondere. «È per questo che tu e Scott avete fatto assenza a scuola, questa mattina?».
«Sì», rispose prontamente Stiles, fermando la Jeep di fronte casa nostra.
Solo allora mi accorsi della fine del viaggio che avevo aspettato con immensa ansia, e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo nell’inquadrare bene casa Stilinski, vuota come quasi sempre.
«Te l’ho detto che il corpo di Laura è stato ritrovato nella sua proprietà», continuò a spiegarmi Stiles dopo un po’, voltandosi a guardarmi.
«Ne sono felice. Del fatto che sia in carcere, intendo».
E lo ero davvero, proprio da come lasciava intuire facilmente il sorrisone che mi deformò il viso immediatamente. Ora capitemi: non avevo poi chissà cosa contro Derek, fino a quel momento non aveva fatto poi molto per guadagnarsi il mio odio o un comportamento del genere – da persona che gongolava per le sue disgrazie – eppure mi aveva fatto prendere un bello spavento con quella storia dei post-it lasciati nella mia cameretta, e come se non bastasse aveva rovinato il mio rapporto con Stiles. Come mi si poteva chiedere di non essere felice all’idea di non avere più a che fare con le sue continue intromissioni nella mia vita?
«Harry, non è niente di definitivo. Potrebbe sempre essere liberato e…».
Interruppi Stiles mentre ancora stava parlando, voltandomi a guardare il suo viso a mia volta mentre gli posavo una mano sul braccio, sperando che quel gesto riuscisse a tranquillizzarlo almeno un po’.
«Ti prometto che non lo vedrò più, Stiles. Non voglio che tu ti preoccupi per me, dico sul serio. E… semmai Derek dovesse uscire dal carcere e venire di nuovo a cercarmi, nulla mi fermerà dal far emettere da tuo padre stesso un’ordinanza restrittiva nei suoi confronti».
A quel punto, non ci fu bisogno di aggiungere nient’altro. Ero più che sincera riguardo alle mie intenzioni, o perlomeno lo ero in quell’esatto momento. Ne ero consapevole io almeno quanto lo era Stiles, che non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso bellissimo mentre continuava a fissarmi negli occhi con uno di quegli sguardi per i quali sarei anche stata capace di uccidere.
«Adesso sì che ragioni». 









Non so bene cosa dire, perciò mi limiterò a lasciare a voi tutti i commenti possibili ed immaginabili. Proprio da come scrissi su fb, non sono pienamente soddisfatta di questo missing moment, e non sono riuscita a far nulla affinché la situazione cambiasse. Potevo fare di meglio, questo è certo, ad ogni modo sono curiosa di sentire cosa ne penserete voi al riguardo XD
Dato che questo è il primo aggiornamento col nuovo (bellissimo ahahah) nickname, mi premuro di fare l'avviso a scanso di equivoci: A new beginning ero/sono/e sarò sempre io, solo che ho deciso di cambiare nick perché così mi andava, e quando mi metto in testa una cosa io allora è la fine. Non ho nient'altro da dire, il nuovo capitolo di parachute arriverà presto, e forse anche il prossimo. Non vorrei esagerare ma ultimamente lavoro piuttosto velocemente .-.
Adesso vi lascio, sperando di ricevere pareri! Alla prossima.
hell
   
 
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