Ciao a
tutte! Forse alcune di voi mi conoscono già come
“scrittrice” di Questione
di punti di vista, per coloro che non mi conoscono sono
Ginny_Anastasia,
appassionata di Harry Potter , ma follemente innamorata dei Tokio Hotel
dal
2007.
Finalmente
ho deciso di pubblicare qualcosa su di loro, sperando di non
“ammazzarli” a causa
delle mie descrizioni e dei caratteri che gli ho attribuito.
Purtroppo i
personaggi non mi appartengono, perciò la storia narrata ha
solo il fine di
divertire. Per quanto riguarda il personaggio originale (Sofia
Genovese), mi
appartiene e mi piacerebbe che rimanesse così.
Voglio
ringraziare ancora Aliens , che ha realizzato questo
splendido banner,
ha davvero talento.
PS: Non ho
dei giorni fissi per l’aggiornamento,anche perché
questo è un periodo di
cambiamento nella mia vita.. quindi non rispetterei i patti (come
è accaduto
con l’altra storia che spero di aggiornare entro la fine
della settimana!).
Grazie
ancora per l’attenzione, spero di non avervi annoiato, ecco a
voi la storia..
Ah un’ultima cosa! Le recensioni sono ben accette sempre e
comunque!
Ora buona
lettura!
Un sogno per rinascere
I’m
standing in the pain
that’s
smothering me.
It’s
more becoming
My
own brother.
Attention
(Tokio Hotel)
Una volta
scesa velocemente dall’aereo raggiunsi velocemente il
check-out con la mia
borsa da viaggio beige.
Incominciai
a tirar fuori i documenti e la mia carta
d’identità, quando il cellulare prese
a squillare, il mio cuore perse un battito e lo estrassi velocemente
dalle
tasche dei jeans.
Lessi il
display: Susan Smith
Presi un
gran respiro facendo appello a tutte le mie conoscenze di inglese ..
-Pronto?-
-Parlo con
Sofia Genovese? Sono Hilary Smith-
-Ciao
Hilary- Salutai mettendomi in coda per prendere la valigia
–Sei già qui in
aeroporto?-
Sentì
la
donna sospirare .
-Hilary?-
-Ascolta
Sofia.. a mia madre è stato diagnosticato un tumore.. ho
cercato di chiamarti,
ma non rispondevi..-
-Ero in
volo-Sussurrai con il cuore a mille.
-Sì
ecco,
non posso ospitarti per adesso .. sai essendo figlia unica devo fare
avanti e
indietro dall’ospedale.. controllare mia madre e come va la
terapia-
-Certo lo
capisco- Soffiai al cellulare
-Mi dispiace
cara.. non sai quanto, se vuoi chiedo a qualcuno se può
ospitarti per un po’,
fino a quando mia madre non starà meglio..o..-
-Tranquilla
Hilary, troverò una sistemazione, tu pensa alla tua famiglia
e a tua madre-
Tentai di sorridere, ma la testa incominciava a pulsarmi.
“Non
adesso”
Pensai.
-Va bene..
allora chiama quando sarai sistemata- Disse la donna sospirando
-Certamente..
Grazie lo stesso Hilary, ora tocca a me al check-out- Spiegai
–Ci sentiamo-
-Sì,
cara,
ciao!-
-Ciao-
Chiusi la
comunicazione e presi un bel
respiro.. dovevo restare calma.
Mi avvicinai
al controllore che mi sorrideva –E’ sua la valigia?-
-Sì-
Risposi
porgendole i documenti.
La donna li
controllò velocemente prima di ristituirmeli
–Buona permanenza a Los Angeles-
Cinguettò
-Grazie-
Risposi con un filo di voce e presi il bagaglio.
Incominciai a
camminare seguendo i segnali che indicavano l’uscita
dell’aeroporto, cercando
intanto di non far caso alla miriade di gente.
“E ora
che
faccio..?” Pensai guardando i voli successivi
sul tabellone automatico“Non posso tornare a
casa..”
La mia gola
si stava facendo a via a via più secca “Non
adesso..Ti prego”.
Affrettai il
passo non vedendo l’uscita da nessuno parte .
Cercai di
sorridere, ma probabilmente risultò come una brutta smorfia.
“Sta
calma,
troverai una sistemazione..”
Mi guardai
in torno cercando di leggere le indicazioni, ma il mio inglese stava
venendo a
meno, scossi la testa “Provo a chiedere”.
Mi voltai
verso un uomo cercando di fermarlo, ma questi neanche mi
notò.
Incominciai
a respirare affannosamente e il cuore a battere freneticamente.
“Ok..
calma,
calma..” Pensai socchiudendo gli occhi.
“Devo
trovare un distributore d’acqua..” Pensai questa
volta, scossi la testa “Magari
sedermi..”
Una folla
sempre più grande mi circondò cercando di
raggiungere il check-in.
Sentii il
sangue pulsarmi nelle orecchie “Vi prego”.
Fu un
attimo.
Lasciai la valigia e la borsa a
terra e mi misi a
correre verso la zona meno affollata , raggiunsi una panchina e mi
presi la
testa tra le mani incominciando a tremare.
“Forza,
forza!” Mi ripetevo cercando di calmarmi, ma era sempre
peggio, ero
paralizzata, non ricordavo nemmeno più il mio nome .
Mi
raggomitolai sulla panchina,senza realmente capire cosa stessi facendo.
Chiusi
gli occhi e cercai di respirare normalmente, inutile.
Strinsi i
denti e mi accorsi di tremare convulsivamente.
-Serve
aiuto?- Chiese una voce.
Riaprii gli
occhi senza però riuscire a vedere realmente.
-Stai bene?-
ripeté la voce.
Scossi la testa
e richiusi gli occhi.
-Che
succede?- Un’altra voce questa volta più
lontana,poi mi sentii sollevare.
Riaprii gli
occhi e quello che vidi fu una maglietta nera.