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Autore: Encha    03/02/2014    5 recensioni
Fic a moderato fluff Percy/Nico. Ho scritto moderato: qualche dentino si salverà dalle carie! (?)
Percy si sedette sul suo letto dell’appartamento di New York, scalciò via le ciabatte e incrociò le gambe.
“Me l’avevi promesso” brontolò.
Il ragazzo dai capelli corvini ed arruffati prese un altro sorso della sua cioccolata calda di un blu opaco. “Non è vero”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Sono tornato! Sì, tornatO. E ripeto, tanto per sicurezza, tornatO ç_ç
…E con una fluff! (Leggasi: Encha sguazza nel fluff e si nutre di solo zucchero e nutella)
Probabilmente questo famoso giuoco di carte sarà già stato il centro di altre fan fiction (anche se non mi sembra di averne lette), ma siccome questa è la mia OTP volevo scriverne una mia versione… Tada’! (?)
Giusto per sicurezza quindi, ci tengo a sottolineare che questa fic non scaturisce da alcun plagio u.u’
Buona lettura!
 
 
 


 
Mitomagia
 

 

 
Percy si sedette sul suo letto dell’appartamento di New York, scalciò via le ciabatte e incrociò le gambe.
 
 “Me l’avevi promesso” brontolò.
 
Il ragazzo dai capelli corvini ed arruffati prese un altro sorso della sua cioccolata calda di un blu opaco. “Non è vero”
 
“Sì che è vero, l’hai fatto proprio il giorno in cui ci siamo incontrati a Bar Harbor” gli ricordò il più grande.
Nico lo guardò negli occhi, stizzito. “Comunque non mi ricordo neanche come si gioca”
 
“Non mentirmi, so che non è vero” lo ammonì Percy, sorridendo.
 
“Ma non abbiamo neanche le carte e le statuette, le ho gettate via tutte!” asserì l’altro, messo alle strette.
 
Il figlio di Poseidone gli lanciò contro un cuscino dalla federa azzurra, ma il ragazzo lo schivò senza sforzo. “Piantala di inventare scuse, le hai recuperate dallo Stige qualche giorno dopo la sconfitta di Crono”
 
“Tu come fai a saperlo?”  chiese il più giovane, corrugando la fronte.
 
“L’ho sognato”
 
“E così mi spii con l’aiuto di Morfeo!” lo accusò, puntandogli contro un dito affusolato.
 
Percy non rispose e sul suo volto l’altro ragazzo scorse per un attimo un accenno di imbarazzo.
 
Mentre i due semidei discutevano, fuori dalla finestra piccoli fiocchi di neve cadevano pigramente dal cielo buio e si andavano a posare sui tetti degli edifici e sulle strade intasate dal consueto traffico urbano.
 
La città, come gli dèi avevano predetto, aveva già archiviato l’assedio dei Titani ed aveva ripreso il suo ritmo frenetico, con clacson impazienti e gente impegnata nella scatenata ricerca dei regali di Natale.
 
“Una promessa è una promessa!” esclamò il più grande.
 
“Va bene” concesse alla fine Nico. “Se proprio ci tieni tanto…”
 
Portò una mano sull’elsa della spada di ferro dello Stige e chiuse gli occhi; il suo corpo sembrò sciogliersi nell’ombra e scomparve.
 
Percy rimase un po’ allibito dalla repentina scomparsa dell’altro, anche se avrebbe dovuto esserci abituato dato che, da quando il Campo aveva terminato la stagione estiva, il figlio di Ade veniva a trovarlo sempre più frequentemente attraverso i viaggi nell’ombra.
 
Un paio di minuti dopo Nico ricomparve con uno zainetto colorato e un po’ sgualcito, in netto contrasto con il suo abbigliamento grigio-nero.
 
Si sedette sul letto di fronte a Percy e aprì lo zaino con cautela, come se temesse di sprigionare troppi ricordi tutti assieme, poi divise le statuette e le carte di Mitomagia  in due mazzi e cominciò a spiegare.
 
Il  più grande ebbe qualche difficoltà a comprendere tutte le regole, i punteggi, le armature e tutto il resto, un po’ per l’effettiva difficoltà del gioco ed un po’ per colpa del suo deficit dell’attenzione; ogni tanto si distraeva a fissare le labbra sottili di Nico mentre si muovevano per articolare le parole e quest’ultimo doveva richiamarlo e ripetere da dove aveva perso il filo.
 
Alla fine però, dopo un’oretta e tanta pazienza, pensò di aver capito grosso modo come giocare.
 
“Proviamo, facciamo un partita” propose.
 
Nico rispose subito con un secco “no”, ma dopo pochi minuti cedette all’insistenza di Percy e al leggero broncio di protesta che mise su.
 
“Ma solo una!” precisò, e cominciò a mescolare il suo mazzo.
 
Il due ragazzi si guardarono negli occhi, studiandosi come prima dell’inizio di un vero combattimento, poi pescarono le loro carte senza mai abbassare la guardia.
 
Percy schierò sul suo campo una sua vecchia conoscenza: il Leone Nemeo, mentre dall’altra parte Nico posizionò la miniatura di Orfeo, un uomo coperta da una candida tunica greca con una lira tra le mani e una corona d’alloro posta sul capo.
 
Il più grande sferrò il suo attacco, ma aveva fatto male i calcoli e il suo felino dalla pelliccia aurea fu ammansito dalle dolci note dell’avversario e sconfitto  con facilità; allora tentò di usare contro di lui un manipolo di sirene, ma neanche il loro canto nulla contro la sublime arte del figlio di Calliope.
 
Al termine della partita la vittoria fu assegnata a Nico, che accennò un sorriso compiaciuto.
 
“Devo solo prenderci la mano”  borbottò Percy.
 
Quando chiese una rivincita, il figlio di Ade non sembrò tanto seccato nel concedergliela, ma al contrario nei suoi occhi scuri vide una punta di divertimento, nonostante cercasse di non darlo a vedere.
 
Nel secondo round la Dea Bendata fu a favore di Percy che, nonostante l’iniziale batosta subita quando il segugio infernale di Nico aveva sbranato la sua insulsa dracena, pescò e fece scendere in campo il famoso eroe Perseo.
 
Il suo omonimo, fiero sul suo cavallo alato Pegaso, sbaragliò tutte le creature infernali che l’altro ragazzo gli mandò contro, facendogli così vincere la partita.
 
“E’ stata solo fortuna” borbottò Nico, stringendosi nelle spalle.
 
Il più grande sorrise e gli passò affettuosamente una mano tra i capelli corvini. “Un altro giro?”
 
L’altro semidio annuì con un ghigno combattivo.
 
Così, partita dopo partita, Nico sembrava riacquistare il coinvolgente entusiasmo di quando si erano conosciuti; i due esultavano quando vincevano, imprecavano quando subivano una sconfitta, facevano battute e scoppiavano a ridere e ogni tanto si scambiavano terribili minacce o segni d’affetto.
 
Quando il suo ciclope in perizoma venne fatto a pezzetti da Aletto, la sua insegnate di matematica, il figlio di Poseidone ci rimase un po’ male; stessa compassione non tocco anche a Tritone, il suo fratellastro, che venne divorato dal Cerbero avversario.
 
“Beccati questa!” esclamò il più giovane, stringendo il pugno e dando una gomitata verso il basso a mo’ di esultanza, mentre il cane a tre teste si deliziava con del raffinato sushi divino.
 
Alla ventiduesima o ventitreesima partita, il figlio di Ade pose sul suo campo la miniatura di Dioniso, raffigurato come un uomo basso e grassottello con una coppa di vino in mano e un’espressione non troppo sveglia.
 
“Se la vedesse, il Signor D ci tramuterebbe in tralci di vite” notò Percy.
 
“Già, la realtà è difficile da accettare” rispose l’altro.
 
Si guardarono per qualche secondo negli occhi con espressione seria, poi cominciarono a ridere di gusto.
 
Qualche combattimento mortale dopo, la situazione cominciò a scaldarsi.
 
La dea Atena, dopo aver tenuto testa ad uno squadrone di iperborei di Nico, venne colpita e disintegrata da un’ondata di energia nera del Signore degli Inferi in persona, o meglio, in miniatura.
 
Negli occhi del ragazzo brillò un scintillio d’orgoglio per il padre, ma la sua soddisfazione non poté durare a lungo, poiché il suo avversario chiamò in suo soccorso nient’altro che Poseidone, il suo genitore divino.
 
I due semidei si scrutarono di sottecchi, decisi a vincere quella che sembrava esser diventata una faida familiare.
 
Da una parte, lo Scuotitore della Terra impugnava il suo fedele tridente sulla sua biga trainata da ippocampi, dall’altra, il Re dei Morti guidava un carro trasportato da cavalli neri come la notte mentre l’elmo del terrore scintillava sinistro sul suo capo.
 
Il duello avvenne: ai ragazzi sembrò quasi di vedere i due potenti fratelli scontrarsi, con i loro rispettivi eserciti di creature marine e infernali e il rumore assordante della battaglia.
 
Con somma insoddisfazione di entrambi, però, lo scontro terminò in parità.
 
Per qualche attimo non si sentì nient’altro che il rumore lontano della vita notturna di New York che cominciava ad accendersi, finché l’espressione accigliata di Percy non si aprì in un caldo sorriso.
 
“Be’, credo che per questa sera basti così” annunciò, poi afferrò con delicatezza il colletto della maglia grigia dell’altro per avvicinarlo a sé e posò le labbra sulle sue.
 
Dopo  la sorpresa iniziale, Nico ricambiò con piacere il bacio e portò una mano dietro la nuca del più grande; dalla mano pallida l’ultima carta che aveva pescato cadde e svolazzò in aria lentamente come un fiocco di neve: Amore.
 
 


 
Angolino dell’autore: Oooookey, il finale non è dei migliori, ma è una delle cose che non sono capace di fare, come i titoli, le note e le introduzioni c.c”
Nel libro nelle acque dello Stige galleggiano i sogni e le speranze gettate via dagli uomini, per questo ho pensato che le carte di Mitomagia di Nico fossero finite lì dopo la morte di Bianca.
Già, pensieri contorti per menti contore (?)
Spero che questa fic vi sia piaciuta nonostante il finale altamente discutibile e.e
Sono graditi regali di Natale tardivi, miniature di ubriaconi e soprattutto recensioni, alla prossima! ^^
   
 
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