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Autore: tvbashton    03/02/2014    0 recensioni
Coraline è una normale adolescente che vive in una realtà cruda di un quartiere di New York, circondata da falsi amici e sperzanze abbandonate. Non ha molti amici e leggere è il suo unico svago, ma non sa che sarà un semplice libro a stravolgerle la vita ritrovandosi poi a dover salvare l'intera umanità.
Genere: Fantasy, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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C'era la vita.
La vita che ogni giorno scorre nelle nostre vene e irradia i nostri giorni.E la vita passa, mese dopo mese, giorno dopo giorno, anno dopo anno, finchè non fai in tempo a girarti che già le ore sono passate davanti ai tuoi occhi come fantasmi alla luce. O come le farfalle, che non si fidano neanche delle docili mani di un bambino che le accoglie generoso e volano via aiutate dalla forza del vento. C'era New York con la sua caotica quotidianità: i taxi gialli che predominavano le lunghe e trafficate strade, la statua della libertà che troneggiava imponente lasciandosi erodere a poco a poco dal tempo e dagli eventi atmosferici, le piccole penisole come Manhattan o varie isole. Times Square era sempre molto visitata da turisti da tutte le parti del mondo e per chi viveva lì quella piazza era quasi come un piccolo mondo a parte. Per non parlare dell'Empire State Building o del Madison Square Garden, o ancora il Guggenheim Museum con la sua sinuosa forma a spirale.
C'era il sole, il sole che picchia sulle strade asfaltate della California riscaldando i rettili che la mattina si stendono pigri su scottanti sassi di pietra. 
C'era il mare, il mare che bagna avido le spiagge di San Diego: chilometri e chilometri di spiaggie che si estendono lungo la costa, le due a nord Ocean Beach e Pacific Beach utilizzate come divertimento per coraggiosi surfisti o per chi è amante degli sport acquatici. 
C'era la pioggia, che bagna le foreste del Sud America conferendole un clima pluviale.
C'era il mondo, pianeta blu che ruota nell'immensitá dello spazio contenendo in sè magnifici oceani, alte e innevate montagne o sterimante città che spiccano all'occhio umano a causa dei mostruosi grattacieli dove si svolge la complicata (o semplice, sono punti di vista) vita di migliaia di comuni persone. 
C'era il cielo. Il tetto dove viviamo, ma che spesso non notiamo nemmeno.
Infine, c'erano le persone: la cosa più strana, bella, complicata, confusa, triste, felice, rovinosa e influente che possa capitarti nella vita. Le persone sono strane, loro seguono la società, e se qualcosa cade a pezzi allora tutto cade a pezzi. Le persone ti uccidono, ma ti salvano allo stesso tempo. Lo sapeva bene Coraline, sdraiata a fissare il soffitto nella speranza che in uno di quegli istanti succedesse qualcosa che le sconvolgesse la vita in meglio. Ma niente, il cellulare buttato a compassione sulle azzurrine coperte del letto non si accingeva a suonare, la porta non si apriva e l'unica cosa emozionante da fare in un giovedì pomeriggio in un normale quartiere di New York era starsene sdraiati a pancia in su sul letto a braccia spalancate a fissare l'uniforme cielo che corrispondeva al suo grigio e malridotto soffitto.
Lei era una ragazza “strana”. Credeva nel paranormale, adorava leggere e spesso si isolava con le sue cuffiette quando il mondo esterno era troppo banale per essere digerito. Quanto a situazione economica, ereditava tutto da il suo ricco zio Hemmings, padre di Luke, un ragazzo viziato orgoglioso e vanitoso. Un giorno i genitori avevano provato a farli avvicinare, ma l'esperimento andò fallito dato che mentre sembravano giocare tranquillamente vicino alla piscina Luke spinse Coraline in acqua tutta vestita, per poi scappare e rischiando di farla morire annegata. Da quel momento i due facevano di tutto per non parlarsi perchè si odiavano a morte, ma purtroppo lo zio Carl faceva loro visita una volta al mese per il consueto giretto nella città per trascorrere, come diceva sua madre, “una giornata in allegria”.
«Voi ragazze siete tutte così schifosamente uguali. Ma tu.. tu sei diversa. Sei diversa come la margherita in un campo di rose, come l'unghia dell'indice della mano destra che colori sempre in modo diverso dalle altre nove, come quando la mattina ti svegli acida e a scuola invece di darmi il buongiorno te ne vai per poi scusarti ogni volta ricavandone un bacio. Sei diversa come i vestiti che indossi, come il trucco che hai o come il tuo carattere. Ti amo perchè sei te, sei unica e speciale.» le aveva detto in chat Aaron, il suo ex ragazzo, stile “conversazioni strappalacrime di Tumblr„. Parole dolci davvero, ma ormai a causa di quel maledetto incidente in motorino che le aveva sconvolto la vita e posto fine a quella di lui, lei era rimasta sola. Non aveva provato a farsi riavvicinare nessun ragazzo, forse per la grande paura di innamorarsi nuovamente e rivivere quella straziante avventura. O forse perchè, nel suo piccolo, tutto quello a cui segretamente bramava era solo un po' di sana e noiosa tranquillità. Non nascondeva però di avere una cotta già da parecchio tempo per Ashton, il ragazzo diciottenne ex studente di sua madre che ogni mattina l'accompagnava a scuola in cambio di un'esile paghetta per ogni mezz'ora di viaggio.
Non aveva neanche una migliore amica, Coraline: non amava annoiare le persone con i suoi stupidi monologhi in quanto fosse stato crudele il destino con la sua vita. Ma aveva solo 17 anni, cazzo. Si alzò di scatto facendo oscillare i suoi sciolti e lunghi capelli rossi color mogano quasi ordinando a sè stessa di smetterla, uscire e andarsi a fare una vita. Tanto la mamma non c'era e il papà nemmeno, tralasciando i loro presunti viaggi d'affari per settimane intere in paesi stranieri. Era lasciata in balia di sè stessa o meglio, della Zia Ellen, che se ne stava beatamente sul divano della sua spaziosa villa in centro sorseggiando tazze di the incurante di non sottostare al suo lavoro da baby sitter. Ma subito dopo, Coraline si riaccasciò sul morbido cuscino, dopo quello che l'era successo quella mattina non avrebbe più messo piede fuori casa.

«Corri Coraline, corri per sopravvivere» 
E corse. Corse come non aveva mai fatto in vita sua, aveva il cuore in gola e il fiatone a mille mentre la gelida aria mattutina le veniva controvento come se si stesse rotolando nella neve. Sentiva non così tanto in lontananza le voci di Sam, Katy e Deborah che ordinavano ai loro mastini umani, Mark e Darren, di inseguirla finchè non l'avessero bloccata e condotta da loro per poi deriderla davanti a tutta la scuola. Era quello il loro piano e la stessa Coraline non era capace di spiegarsi il perchè di quel comportamento. Ed era vero che lei aveva qualcosa che non andava, ma non sapeva cosa.
«Più veloci lumache!» urlava con la sua voce stridula Katy, la leader del gruppo di bulli di cui l'intera scuola era terrorizzata. Si diceva avessero ucciso Smith, un nuovo e debole arrivato che fu visto entrare solo i primi cinque giorni a liceo ma che dopo essere venuto a conoscenza degli oscuri segreti di quei delinquenti sia sparito e nessuno ne ha più sentito parlare. Si dice anche che il suo cadavere venga nascosto nella sgabuzzino n°24, corridoio 3 al secondo piano dell'edificio e che spesso si sentano provenire da quel luogo buio lunghi lamenti ed è per questo che nessun bidello o studente osa metterci più piede.
Sapeva cosa sarebbe successo se quei due ragazzi nerboruti e tatuati dalla testa ai piedi capitanati dalle tre oche starnazzanti l'avrebbero presa. Il bullismo era all'ordine del giorno e non solo in ambiente scolastico, in alcuni casi si era addiruttura arrivato ad uccidere qualcuno per stupidaggini, come nel caso di Fiona che era andata alla lavanderia per lavare il suo bel giacchino e si era ritrovata all'ospedale senza vita solo perchè alla ragazza di quello che l'aveva uccisa era piaciuto a prima vista e non avendolo era passata a miglior metodi.
Ma sorvolando la crudele realtà della vita di un adolescente come Coraline in quelle circostanze, qualcosa di positivo c'era: il bar del caffè la mattina, la libreria distante a pochi passi dalla sua modesta casa o Garfield, il suo gatto nero chiamato come quello della TV solo perchè era obeso ed estremamente coccoloso.
La velocità di Coraline l'aveva intanto salvata, ma si ritrovava improvvisamente in un vicolo a senso unico con sole due strade; una portava alla vecchia e trascurata biblioteca del quartiere, e 
l'altra dritta dritta alla discarica. «Penseranno che si andata alla discarica dato che è un posto dov'è facile nascondersi. Ma invece, farò l'esatto contrario» e detto fatto, svoltò rapidamente a sinistra per poi trovarsi davanti all'antica e decrepita libreria nascosta dai vari palazzi diversamente colorati. Sembrava così piccola in confronto a quest'ultimi, e si diresse verso la porta con una maniglia che raffigurava una testa di toro con tanto di corna. Non doveva essere molto frequentata, a prescindere dal fatto che quella zona non era frequentata affatto. Aprì lentamente e la prima cosa che le saltò all'occhio furono i tavolini al centro della sala e le pareti tappezzate di scaffali e libri, le finestre in alto conferivano un'atmosfera quasi inquietante ma nonostante ciò i ragazzi o le signore che si erano fermati seduti a leggere si trovavano a loro agio grazie alle lampadine poste sui tavoli di legno: quei libri sembravano guardarla e dire "leggimi, leggimi.." ma subito dopo si ricordò del perchè era entrata lì dentro, allora si accostò alla porta finestra scostando le tendine rosa per poi osservare con soddisfazione i suoi inseguitori che confusi si dirigevano verso la sporca discarica. Notò poi l'anziana signora direttrice della biblioteca immersa nella lettura di "Moby Dick", il romanzo di Herman Melville che racconta del capitano Achab che naviga i sette oceani a caccia di un'enorme balena bianca. La raggiunse, aveva i lunghi capelli bianchi raccolti da un elastico nero in un elegante chignon degno della più esperta parrucchiera e indossava un paio di occhiali color guscio tartaruga con tanto di catenella abbinata. Le rughe erano evidenti, avrà avuto circa 70 anni, e incuriosita dalla sua persona si avvicinò evitando di interrompere l'attenta lettura ma lei la precedette, alzò la testa e la scrutò attentamente per circa un minuto.
«Cerca qualcosa, signorina?» si decise finalmente a parlare abbassandosi gli occhiali da lettura.
Coraline diventò leggermente imbarazzata anche se doveva aspettarselo, e preso un po' di coraggio cominciò a conversare con la vecchia che le ricordava tanto la sua temutissima professoressa di matematica.
«No grazie, volevo solo curiosare un po'» e fece per andarsene, prevedendo invano che la conversazione sarebbe finità lì. Ma la bibliotecaria continuò:
«Come ti chiami?» adesso aveva anche cominciato a darle del tu.
«Coraline, e lei?»
«Oh, io mi chiamo Jennifer e sono a capo di questa vecchia biblioteca da anni, ormai. Vecchia proprio come me..»
«Ma no signora, non si abbatta. Gli anni passano per tutti, ma guardi il lato positivo: più si diventa vecchi più si ha esperienza e si è colti, ed immagino che per lei che ama acculturarsi sia un fattore importante.»
«Giusta osservazione, ragazzina. Sembri una tipa interessante e non una sciaquetta di quelle che si trovano in giro e pensano solo ai ragazzi sai? Immagino che ti piaccia leggere.»
«Adoro leggere.» disse convinta. «E forse..» continuò «leggo troppo.»
«Ma cosa dici mai!» Spostò la sedia e sembrò agitarsi come svegliata da un lungo torpore. «I libri non sono mai troppi.» Coraline si chiese come mai stesse per raccontare ad una sconosciuta un suo fatto personale e come mai quell'anziana sembrava esserne così interessata, ma non si fece problemi e spiegò il tutto.
«Sai, comincio a pensare che la mia immaginazione si faccia troppi.. come dire.. filmini mentali. Ad esempio, ieri notte ho sognato di trovarmi in una foresta bianca. Gli alberi sempreverdi erano quasi sommersi dalla neve, tuttavia non faceva freddo ed io mi ritrovavo a camminare da sola e a non fermarmi mai perchè non ero mai stanca. Era un paesaggio immobile e non c'erano altre forme di vita nei dintorni, quando ad un certo punto sento dei forti tonfi nel terreno dietro di me. Erano come degli enormi passi a ritmo regolare, allora spaventata mi giro e vedo che è un enorme gigante di pietra che mi fissa apatico. Allora comincio a correre, correre per seminarlo ma più corro veloce più lui mi è dietro con il suo solito passo regolare e senza mai distaccare i suoi occhi di pietra da me. Improvvisamente vedo cadere dal cielo dei grossi meteoriti viola che una volta atterrati si trasformano in creature sovraumane dotate di denti appuntiti e occhi rossi, ed io non posso scappare perchè da una parte ho il gigante che potrebbe essere offensivo, dall'altra le creature che mi sbranerebbero appena potrebbero. Ad un certo punto però, il gigante mi afferra con le sue enormi mani ma nonostante la sua mole lo fa con estrema delicatezza, e con altrettanta cura mi poggia su una rupe spuntata dal nulla, dove su una roccia è posata un ciondolo color rame raffigurante un triangolo rosso con la punta all'insù che mi attira a sè come una calamita. Allora la afferro e...» Si interruppe un attimo.
«E?» la incitò la signora.
«Beh, poi è suonata la sveglia ed è sparito tutto.»
«Ah» annuì la bibliotecaria osseravandola. «Vieni con me.» Si alzò dalla sedia di legno e fece segno di seguirla, avanzando tra i tavolini dove diverse persone leggevano in silenzio, attraversando poi un piccolo atrio fino a giungere a delle nere scale a chiocciola nascoste che fino a quel momento erano sfuggite al suo sguardo. Lei continuava a salire e Coraline la seguiva, incerta su che intenzioni avesse, ma sentiva dentro che poteva fidarsi di lei. Arrivarono a una porticina chiusa al pubblico quando la signora tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi con appeso un portachiavi a forma di libro, giusto per stare in tema, e infilò la chiave nella serratura: ne venì ai loro occhi una stanza quasi gigantesca contentente il triplo, anzi no il quatruplo dei libri che erano contenuti nella stanza al piano di sotto. Coraline si guardava intorno estrefatta ammirando le alte librerie che sfioravano il soffitto, la scala di legno appoggiata ad una di esse serviva per orientarsi e trovare ciò che si cercava.
«Come mai questa stanza non è aperta al pubblico?» non c'era anima viva, a parte lei e Jennifer.
Quest'ultima restò in silenzio, sembrava concentrata a cercare qualcosa di speciale in mezzo a quei vecchi tomi che avranno avuto almeno mille anni, a molti mancava anche la copertina.
«Vedi, questi sono libri speciali che non tutti possono capire.» 
«E io cosa c'entro?» chiese Coraline.
«Tieni, al volo!» esclamò l'anziana signora con un fare da ragazzina lanciando il libro in aria e facendo fare alla traiettoria il resto, perchè capitò dritto dritto nelle mani della ragazza.
«Cosa dovrei farci?»
«Leggerlo, no?» Jennifer si sistemò lo chignon e se ne andò via sbattendo la porta.
"Bella situazione" pensò. A dir la verità, non ne aveva neanche voglia. Ma dopo qualche minuto fu vinta dalla noia e, saltando il prologo, ripetè nella mente ogni singola parola.
“I QUATTRO ELEMENTI, TOMO II” era intitolato. Ma cosa? Potevano esistere i fantasmi, ma la magia era tutta finzione. E poi chissà che fine aveva fatto il tomo I.
“I primi elementi superiori e spirituali sono il fuoco e l'aria:
L'aria è l'elemento della purificazione, della mente subconscia, dell'amore e delle emozioni; la sua magia era considerata l'elemento primordiale per eccellenza. Il suo simbolo è rappresentato con un triangolo giallo rivolto all'insù avente una linea che separa la punta dalla base.
Il fuoco è il più puro dei quattro elementi. La purezza assoluta del fuoco identificata dai pagani era riconosciuta anche dagli alchimisti che provavano un grande rispetto verso tale elemento. Il suo colore preferito è il rosso, la stagione ad esso legata è l'estate. Il suo simbolo è invece un triangolo rosso con la punta rivolta verso l'alto.” 
«Che strano. È lo stesso simbolo presente sulla rupe dove il gigante mi ha posata, nel sogno. O forse è solo una coincidenza.»
Incuriosita, si mise comoda su una piccola poltroncina di vimini anni '50 e, illuminata dalla poca luce che filtrava dalla finestra intarsiata di legno e lontano da occhi indiscreti, si precipitò nella lettura. Tirò su con il naso perchè nel frattempo le era preso un bel raffreddore, ma non usava fazzoletti altrimenti la pelle intorno al naso si sarebbe irritata. Anche se da come aveva visto in precedenza alcune pagine si leggevano a stento, il continuo del sogno sarebbe potuto arrivare anche quella stessa notte e doveva farsi trovare pronta.
“La terra costituisce il grembo senza il quale nulla può essere prodotto o riportato in vita.”
Coraline si aiutava a non perdere il segno con l'indice della mano destra quando qualcosa, o meglio qualcuno, attirò la sua attenzione.
«Ehi! E tu che ci fai qui?» aveva davanti ai suoi occhi un ragazzo che avrà avuto la sua stessa età. Il suo volto aveva lineamenti orientali, occhi a mandorla naso leggermente schiacciato e labbra abbastanza carnose, le sue sopracciglia folte e nere venivano quasi coperte dai capelli dello stesso colore che arrivavano fino alle orecchie. Indossava un paio di scarpe da Hip Hop, dei Jeans strappati ed una felpa nera che gli arrivava alle ginocchia, in contrasto con tutto il resto.
«Ci sei? Sto dicendo a te. Questo posto non è ammesso al pubblico» esclamò Coraline.
Il ragazzo sembrò cambiare espressione.
«Calum Hood, piacere» allungò la mano accorciando così la manica della felpa che gli arrivò al gomito, sbucciato da un livido che doveva essersi procurato di recente.
«Come hai fatto ad entrare qui?» insisteva lei.
«Ma come, non sai chi sono? Calum Hood, nonchè il nipotastro della bibliotecaria. Sono contento oggi di aver conosciuto una bella e simpatica ragazza come te» 
Caroline intuì che quel ragazzo che ora la fissava malizioso, anche chiamato Calum, doveva avere lo stesso carattere di Luke e questo quasi le permise di erichettarlo come "persona da cui stare alla larga".
Lui continuava a sorridere e ad un certo punto prese un'altra poltroncina e la avvicinò a quella della ragazza. Lei cercava di far finta di niente, ma si trovava a disagio con la sua imponente figura a dieci centimetri di distanza e uno sguardo magnetico che continuava a guardarla.
«È simpatica Jennifer, non trovi?» Calum voleva attaccare bottone, ma Caroline non era affatto disponibile. Il ragazzo si passò una mano tra i folti capelli e riportò le maniche della felpa alla loro posizione originale mordendosi il labbro quasi fosse un tic nervoso.
«Come ti chiami?» chiese poi.
«Caroline»
«Ok» 
“Che conversazione interessante” pensò lui, che aveva messo gli occhi su quella ragazza fin dal primo attimo in cui l'aveva vista entrare in biblioteca. Era bellissima anche se lei non si reputava tale, aveva gli occhi verdi e i capelli rossi, le labbra sottili e le guancie tempestate di lentiggini. Si vestiva in modo solare e solare era il suo carattere così come il modo di parlare.
Ma mentre guardava quegli occhi vispi che nella foga di leggere si muovevano velocemente a destra e a sinistra, notò qualcosa.
Qualcosa di strano, qualcosa che forse avrebbe potuto cambiarle la vita per sempre.
  
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