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Autore: LadyRainbowCaos    04/02/2014    2 recensioni
Momento dopo il salvataggio di Henry dalle miniere nel quinto episodio della prima stagione di Once Upon a Time. Regina riflette sul figlio che si sta allontanando da lei mentre qualcun altro sembra proprio deciso ad aiutarla.
PS. Tutti i personaggi di Storybrooke sono come nel telefilm. unica differenza NESSUNA MALEDIZIONE,ergo niente magia e tutto il resto
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E la giornata era finalmente finita.
Henry era salvo e le miniere erano state messe in sicurezza.
Tutto sembrava finito per il meglio eppure Regina non stava affatto bene. Henry era entrato in quelle miniere per colpa sua, il Dottor Hopper l’aveva minacciata tirando fuori l’argomento “battaglia per la custodia” e Henry sembrava aver occhi solo per Emma che, dopo quel rischioso salvataggio, era diventata un eroina ai suoi occhi.
Lei rimaneva la madre cattiva, come se in quegli attimi di terrore, mentre la terra tremava e le  miniere crollavano, lei non fosse spaventata quanto Emma.
Mentre lo abbracciava, mentre lo stringeva a se, lui non ricambiava l’abbraccio, semplicemente si faceva abbracciare puntando lo sguardo verso Emma. E questo ferì Regina immensamente.
Sapeva benissimo che.. se un giorno ci fosse stata la battaglia per la custodia lei avrebbe miseramente perso. Non aveva nessuno, nessun amico, nessun parente che poteva testimoniare quanto fosse giusta e perfetta come madre. Tutti amavano Emma Swan. E se Henry avesse voluto sarebbe stato troppo semplice mentire per convincere chi di dovere ad affidarlo definitivamente a Emma. E Henry voleva Emma, non lei.
Regina sospirò calciando un sassolino e poggiandosi sul cofano della propria Mercedes mentre osservava quello che rimaneva delle vecchie miniere. Henry era andato li perché lei aveva tentato di frenare la sua fantasia, ma davvero.. non ne poteva più di essere vista dalla sola ed unica persona che amava come LA REGINA CATTIVA.
Le faceva male. Come le facevano male i mancati abbracci, gli sguardi verso Emma e il continuo scappare e non ascoltarla. Si sentiva sola ed indifesa, odiata da tutti , persino dal figlio che aveva cresciuto con tanto amore.
Sua madre glielo aveva detto prima di morire, l’amore è debolezza e nonostante ciò non le aveva creduto. Come poteva credere in una donna che aveva ucciso il proprio marito per l’eredità? Regina si sentiva persa, come quando era giovane e si era ritrovata completamente sola obbligata a sposare un uomo che non amava e a vivere con lui in quella città che la snobbava e odiava la sua famiglia. Non aveva mia avuto amici, ne confidenti. Nessuno le aveva insegnato ad amare, nessuno le aveva insegnato a sorridere e a godersi le gioie della vita, eppure era riuscita a crescere egregiamente un figlio che ora però le si stava rivoltando contro. Cosa aveva sbagliato?
Sapeva di essere dura, sapeva di avere certi atteggiamenti poco consoni a volte. Sapeva che certe sue azioni erano sbagliati e a volte rasenti la legalità. Ma tutto quello che faceva, seppur sbagliato, lo faceva per proteggersi, proteggere lei e l’unica cosa che era riuscita a riempire quell’eterno vuoto nel cuore: Henry.
Si strinse nel cappotto mentre ricordava come la sera stessa l’incidente, Henry l’aveva snobbata gridandole addosso che lei non era sua madre e che se fosse morto in quella miniera lei non se ne sarebbe preoccupata minimamente. Le lacrime calde iniziarono a scendere. Li da sola, nel cuore della notte, davanti alle miniere distrutte Regina si lasciò andare al pianto. Era al limite, non riusciva più a lavorare decentemente, a dormire, aveva perso persino l’appetito  e tutto perché suo figlio le stava sfuggendo dalle mani come polvere al vento.
Lui voleva Emma. Lui amava Emma e nonostante lei avesse provato un migliaio di volte ad allontanarla lei tornava. Tornava e guadagnava sempre più terreno. Regina si sentiva minacciata, per tutta la vita aveva cercato la felicità e persone come sua madre e il suo vecchio marito Leopold gliel’avevano strappata ogni volta. Morta la madre e morto il marito si era sentita finalmente libera e aveva deciso di adottare Henry. Era felice con quel piccolo fagottino in mano che sorrideva felice ogni qual volta Regina gli baciava la fronte. Lo stesso fagottino che ,ora più grande, la guardava con astio mentre pregava per un abbraccio di Emma.
Regina tirò su con il naso singhiozzando silenziosamente chiedendosi se fosse mai esistito un lieto fine per lei o se.. come diceva quel dannato libro di favole.. lei era destinata a perire sotto la spada del Salvatore.

Era così persa nei suoi pensieri che non notò il maggiolino giallo parcheggiare accanto alla sua Mercedes. Non notò la donna bionda scendere dall’auto e avvicinarsi a lei.
-Salve..-
Sussurrò facendo sobbalzare Regina che velocemente si asciugò le lacrime dal viso sebbene gli occhi lucidi, il rossore del naso e il mascara sbavato la dicevano lunga su ciò che le stava accadendo. Non rispose subito alla bionda, temeva che se avesse parlato la sua voce avrebbe tradito le sue emozioni.
Emma le si appoggiò accanto in silenzio, guardando un punto imprecisato del cielo che pullulava di stelle. Dopo l’incidente Henry era voluto andare da lei a tutti i costi e Regina per evitare una scenata assurda di fronte a tutti aveva accettato. Emma però aveva visto il malessere interiore della donna, aveva visto gli occhi lucidi e la postura leggermente piegata come a voler abbracciare se stessa. Come quando il corpo umano istintivamente fa per proteggersi da un pericolo. Emma deglutì tristemente quando capì di essere lei quel pericolo di cui Regina aveva tanta paura. Senza sapere come stava portando via Henry da lei. Non che lo volesse. Voleva solo conoscere Henry ed essere presente nella sua vita. Tutto qui. Eppure il ragazzino non sembrava comprendere il dolore che stava affligendo nella madre adottiva.
-Come mai è qui? Dovrebbe essere a casa a festeggiare con SUO figlio –
Sussurrò Regina tentando di tenere ferma la voce mentre infilava le mani nelle tasche. Si sentiva così inutile, così sola. Come lo era stata anni prima. Anzi no, peggio. Ora che aveva assaggiato con Henry la vera felicità, vedersela strappare da sotto agli occhi era come sentire il proprio cuore essere schiacciato e sbriciolato da una presa ferrea
-Signor Sindaco.. io non voglio festeggiare..-
Emma si girò fissando il profilo della mora che faceva di tutto per nascondere il dolore.

Granny le aveva raccontato la sua storia. Madre abusiva e padre praticamente assente. Trasferiti qui dal Messico quando Regina aveva appena 6 anni. Ovviamente a quei tempi, gli immigrati venivano guardati con disgusto e astio dai locali.  Poi la morte del padre per cause non pervenute anche se tutti pensavano che la stessa madre di Regina centrasse qualcosa.  Poi il matrimonio combinato con il padre di Mary Margaret,  un matrimonio abusivo e pieni di violenze nascoste dietro una bella facciata di famiglia ricca e  bella. Crescere in quel modo era forse peggio di crescere senza genitori come aveva fatto lei. Poi l’arresto della madre per appropriazione indebita e la sua morte in prigione. Il vivere completamente soli incastrata in un matrimonio dove il marito poteva essere suo padre. Poi la svolta, la morte del marito e finalmente la libertà. Questo però quando ormai Regina aveva costruito immensi e spessi muri attorno a lei facendola diventare la donna fredda e calcolatrice che Emma aveva conosciuto, la stessa donna però che  allo stesso tempo poteva essere capace di grandi prove d’amore per suo figlio. Figlio che , ahimè, l’odiava.

-Voglio aiutare..-
Regina rise leggermente scrollando le spalle
-E come.. portandomi via l’unica cosa decente della mia vita? –
Emma sospirò tristemente guardandosi le mani. Cosa voleva fare? Voleva il bene per Henry ma non solo.. voleva che Regina non soffrisse più. Perché? Perché Regina.. Regina le piaceva. Era una bella donna e come lei aveva avuto un passato terribile e quello che le serviva era solo un po’ di speranza. Lentamente mordendosi il labbro avvicinò la propria mano a quella di Regina,che riposava sul cofano , per poi stringerla leggermente
-Voglio aiutarla a riavere suo figlio, voglio aiutarla a farla tornare a sorridere..-
Regina sconvolta si girò verso di lei senza però allontanare la sua mano, da quanto qualcuno non la toccava? Non le sorrideva o l’abbracciava? Da sempre forse..
-Cosa? E perché?-
Emma scrollò le spalle puntando gli occhi chiari in quelli scuri e magnetici della bruna.
-So cosa si prova a sentirsi completamente soli e privi di speranza. E mi rendo conto che avete solo bisogno di qualcuno che creda in voi e vi aiuti a superare le difficoltà. Henry tornerà da lei, e io l’aiuterò-
Regina continuava a sentirsi confusa. Tirò su con il naso vedendo la bionda vicino  a lei e osservando le sfumature dei suoi occhi. Si morse il labbro  e sospirò leggermente. Poteva fidarsi? La sua testa le gridava di no, di spingere via quella donna mentre il suo cuore voleva solo smettere di sanguinare e potersi appoggiare a qualcuno per avere l’aiuto che in fondo meritava. Ed Emma era disposta a darglielo.
-Continuo a non capire-
Emma sorrise prendendo un profondo respiro avvicinandosi e lasciando la mano libera a coppa sulla guancia di Regina. Aspettò qualche secondo per dare la possibilità alla bruna di ritrarsi per poi poggiare le sue labbra sottile sopra quelle gonfie e rosse di Regina. Il baciò durò qualche secondo, un semplice e timido sfiorarsi di labbra. Quando Emma si staccò entrambe erano rosse in viso. Quest’ultima si alzò in piedi sistemandosi la giacca e dando un ultima occhiata alla mora.
-Deve solo capire che ora.. non è più sola. Non le permetterò di esserlo.. non più-
Detto questo si girò e salita in macchia ripartì verso casa mentre la mora ancora confusa si toccava le labbra dove il fantasma del bacio risiedeva ancora.
L’alba arrivò lentamente obbligando Regina a rintanarsi in auto e tornarsene a casa per una doccia e una lunga dormita. Le poche parole di Emma le rimbombavano ancora nella mente.
Il cuore che per qualche istante, aveva smesso di sanguinare.
Forse c’era speranza..

 
   
 
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