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Autore: SunlitDays    05/02/2014    2 recensioni
La prima volta che l'Avatar Aang incontrò Katara della Tribù dell'Acqua del Sud non andò secondo i piani.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aang, Katara, Zuko | Coppie: Katara/Aang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Of Boring Councils and Failed Plans
Rating: verde
Prompt: AU: The first time Avatar Aang meets Councilwoman Katara does not go according to plan
Ship: Aang/Katara
Warning: Drunk!Katara, Cheesy!Aang, AU, OOC molto probabilmente.
Conteggio parole: 1636 (fdp)
NdA: il prompt l’ho preso in prestito dalla Kataang Week di settembre su tumblr. In ritardo, ma chissenefrega, no? Appena l’ho visto sapevo che dovevo scriverlo.
È una cosetta un po’ sciocca e surreale, siete avvisati xD

 

Aang si era preparato con insolita cura per il Consiglio di quel giorno. Non perché ci tenesse particolarmente a essere presentabile davanti a tutti quei politici spocchiosi e monotoni. Generalmente, durante quei lunghi discorsi abbelliti con parole ampollose di cui nessuno conosceva il significato, Aang si divertiva a osservare gli occhi vitrei di tutte le persone sedute al tavolo delle riunioni e a tirare a indovinare quali fantasie stessero facendo in quel momento. Ad esempio, quel vecchio saggio del Regno della Terra —che ad ogni nuovo incontro stringeva la mano dell’Avatar e non la lasciava andare finché il sudore non le aveva incollate e i muscoli facciali di Aang non si erano atrofizzati per il troppo sorridere forzatamente— aveva un debole per le pecore-cammello e Aang era convinto che spesso immaginava se stesso gettarsi dall’alto per atterrare sulla loro morbida lana.
Gyatso, invece, quando non sognava di mangiare torte, progettava nuovi scherzi da fare. E Zuko era troppo impegnato a tenere il broncio per aver perso all’ultimo Agni Kai amichevole contro Aang per poter fantasticare su alcunché di simpatico. Ma, davvero, avrebbe dovuto rinunciare a cercare di battere l’Avatar e dedicarsi a fantasie più gaie e realistiche. Soprattutto realistiche.
Quindi no, Aang non era ansioso di partecipare al quel particolare Consiglio perché gli piaceva ascoltare l’ultima pappardella sull’unione delle Nazioni e il mercato globale e tutta quella roba lì, ma perché, finalmente, quel giorno avrebbe partecipato anche Katara della Tribù dell’Acqua del Sud.
Si diceva che fosse una potentissima dominatrice, che aveva stracciato la tradizione che imponeva alle donne della Tribù dell’Acqua di essere solo delle curatrici, che aveva battuto da sola dieci banditi che volevano saccheggiare il suo villaggio e che fosse una donna di forti valori morali e di grande compassione verso il prossimo. I saggi avevano votato all’unanime perché lei diventasse membro del consiglio.
Aang l’aveva vista solo una volta da lontano, un paio d’anni prima, e non avrebbe mai dimenticato la sua pelle scura che sembrava così morbida e vellutata, quel sorriso sincero e dolce e quegli occhi azzurri mozzafiato. All’epoca non aveva avuto il coraggio di presentarsi, ma quel giorno le cose sarebbero andate diversamente, signorsì! Parola di Avatar!
Guardò con attenzione la sua immagine riflessa in uno degli ornati portacandele d’argento sparsi strategicamente per tutta l’enorme sala delle riunioni. In effetti non sembrava molto diverso dal solito, ma un occhio attento avrebbe notato la mancanza di macchie e buchi nella sua tunica da monaco dell’aria, e di sicuro una donna raffinata come Katara avrebbe apprezzato la sua aria distinta e signorile. Almeno così sperava.
Drizzò le spalle e alzò leggermente le sopracciglia, assumendo l’espressione che aveva praticato per tutta la settimana: distaccato e sicuro di sé.
Posso offrirle qualcosa da bere, Katara?
Mi permetta di accompagnarla fuori, Katara, c’è una vista splendida dalla balconata.
Il suo vestito è incantevole, Katara, mette in risalto i suoi luminosi occhi azzurri.
“Se stai cercando delle macchie nella mia argenteria, mi dispiace deluderti, ma non ne troverai.”
Aang vide il suo riflesso arrossire leggermente e staccò gli occhi dal portacandele per voltarsi verso il suo amico Zuko. “Lo dici con tale orgoglio che quasi sembra che sia stato tu a lucidarla, Principe Zuzù.”
Zuko aggrottò le sopracciglia. “Non chiamarmi così!” Incrociò le braccia al petto, come faceva sempre quando erano ragazzini e Aang lo prendeva in giro chiamandolo “cocco di mamma”, ma poi subito di corresse, stendendo di nuovo le braccia e guardandosi attorno per accertarsi che nessuno avesse visto l’erede al trono comportarsi in modo infantile.
Aang aprì la bocca per rimbeccarlo un altro po’, ma il movimento di un vestito blu alle spalle dell’amico lo distrasse.
“Che c’è?” chiese Zuko voltandosi.
“Niente,” rispose Aang. Era solo la sua impressione o la sua voce era salita di un’ottava? “È solo… vado a prendermi da bere.”
Zuko lo bloccò afferrandogli la tunica. “Il tavolo delle bevande è dall’altra parte.” Cercò con lo sguardo il punto esatto dove gli occhi di Aang puntavano e sorrise, un luccichio malizioso negli occhi. “Ah, ecco perché sei arrivato in anticipo e sembri così interessato all’argenteria.”
“Non so di cosa tu stia parlando,” disse Aang.
“Certo che no. Va’ pure, io mi godrò lo spettacolo da qui.”
L’Avatar sospirò, ma non era il momento di rispondere per le rime al suo amico. Che lo prendesse pure in giro, Aang non si sarebbe fatto sfuggire di nuovo l’opportunità di presentarsi a Katara della Tribù dell’Acqua del Sud. Si voltò di nuovo verso il portacandele e aggiustò la tunica sgualcita.
“Come sto?” chiese a Zuko.
“Sembra che tu sia costipato.”
“Cosa? No, no, questa è l’espressione di un uomo distaccato e sicuro di sé.”
Zuko si morse le labbra per non ridere apertamente. “Ma certo, come ho fatto a non capirlo subito? Vai, signor Costipazione, affascinala con i tuoi modi distaccati.”
Aang sospirò di nuovo. “Assicurati soltanto che nessuno interrompa la nostra conversazione.”
Si avviò a grandi passi verso l’angolo dove Katara era impegnata in una conversazione con un saggio della Nazione del Fuoco. Sentiva le braccia penzolare inutilmente ai suoi fianchi e desiderò aver avuto la lungimiranza di far aggiungere delle tasche alla sua nuova tunica per poterci nascondere le mani sudate.
Era solo a una decina di passi di distanza quando cominciò a chiedersi come avrebbe fatto a interrompere il loro discorso. Poteva dividerli come si faceva per chiedere un ballo a una dama? Ma non c’era musica lì. Forse poteva inserirsi nella loro conversazione in modo naturale, ma se il tema fosse stato il mercato globale avrebbe solo fatto la figura dell’ignorante. Doveva mettersi al suo fianco in silenzio e aspettare che finissero di parlare? Certo, non c’era proprio nulla di inquietante in una figura ferma e silenziosa che ti guarda.
Forse doveva solo rinunciare.
Un cameriere gli tagliò la strada all’improvviso per offrirgli da bere. Aang rifiutò. Non voleva rischiare di avere l’alito che puzzasse d’alcol. Ma quando voltò di nuovo la testa Katara non era più lì.
Si guardò intorno, ma della dominatrice dell’acqua non c’era traccia.
Sconsolato, si voltò per tornare indietro e subire l’umiliazione della sconfitta che di sicuro Zuko gli avrebbe rinfacciato, e, nel farlo, andò a sbattere contro qualcuno.
“Oh, no!” esclamò Aang vedendo la macchia bagnata che si allargava sul suo petto.
“Mi dispiace tanto.”
Alzò lo sguardo, furioso, e incontrò gli occhi che da anni lo tormentavano.
“Oh, che sbadata!” esclamò Katara. Cercò di tamponare la macchia con un fazzoletto, ma riuscì solo a peggiorare la situazione. La mano che sorreggeva il bicchiere si inclinò e il resto del drink finì sui pantaloni di Aang. E tanti saluti al voler essere presentabili e al non puzzare d’alcol.
“Oops!” Katara emise un risolino.
Era… ubriaca?
“Mi dispiace,” disse di nuovo. “Sokka mi ha detto che non reggo l’alcol e io gli ho risposto: ‘Certo che lo reggo!’ Forse era questo che intendeva?” Agitò il bicchiere ormai vuoto. “Reggere l’alcol… sorreggere il bicchiere d’alcol. Capito?” E rise di nuovo per la sua battuta arguta.
Aang era troppo stralunato per poter far altro che battere le palpebre.
“Dimmi,” sussurrò lei, alzandosi sulla punta dei piedi per avvicinare i loro volti. I suo alito sapeva di qualcosa di fruttato e di alcol, una combinazione che mandò Aang su di giri. “Per caso, hai visto l’Avatar in giro?”
“L’Avatar?”
“Sì, sai, l’Avatar. Dovrebbe avere una freccia come la tua.” Tracciò il tatuaggio con un dito, dal centro della testa fino alla fronte e Aang socchiuse gli occhi dal piacere. “E dovrebbe essere vestito come te.”
“Beh, ecco, vedi…” Aveva difficoltà a parlare. Il dito di Katara era ancora sulla sua fronte e il suo viso vicinissimo a quello di Aang.
“Ho delle cose da dirgli,” disse Katara, picchiettando l’indice sulla punta della freccia.
“Ch-che tipo di cose?” riuscì a farfugliare Aang.
“Devo baciarlo, poi devo chiedergli di fare un giro insieme sul suo bisonte voltante —ho sempre desiderato farlo!— poi devo impegnarlo in una conversazione brillante e intelligente e poi presentarmi,” rispose lei, posando la mano sulla spalla di Aang per sorreggersi. “Ma forse non era questo l’ordine adatto.”
“Ba-baciarlo?” Ma Katara sembrava già essersi dimenticata di lui e con passo malfermo si allontanò. “Aspetta!” Le si portò davanti con un salto e alzò le mani davanti a sé per fermarla.
“Po-posso offrirti qualcosa da be— No, forse no. Il tuo vestito è… mmh… andiamo alla balconata e…”
“Sei ubriaco?” lo interruppe Katara, piegando la testa di lato.
Aang scosse mentalmente la testa e assunse di nuovo l’espressione che aveva praticato. Distaccato e sicuro di te, Aang, distaccato e sicuro di te.
Si schiarì la gola e con un tono di voce basso e suave disse: “Volevo chiederti se ti andava di godere dello splendido panorama dalla balconata con me.”
“Hai problemi intestinali?”
“Cosa? No!”
“È che hai una faccia. Sembri costipato.”
Aang si chiese come fosse possibile farsi umiliare da una donna completamente ubriaca. Sentì una risata familiare alle sue spalle. Zuko non gli avrebbe fatto dimenticare questo momento per molti, molti anni.
“Vuoi venire fuori con me o no?” chiese, esasperato.
“Non posso. Te l’ho detto: devo cercare l’Avatar,” rispose lei, come se stesse parlando con un bambino un po’ lento.
“Beh, si dia il caso che io sono l’Avatar.”
Tu sei l’Avatar?” urlò Katara e diverse persone si voltarono verso di loro.
“Sì, perché?” chiese, risentito, ma poi Katara posò entrambe le mani sulle sue spalle, si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulle labbra, così, all’improvviso e davanti a tutti, e Aang dimenticò perché un attimo prima si fosse sentito offeso.
Appena il suo cervello registrò che era il caso abbracciarla e non starsene fermo come un pilastro, lei si staccò.
“Ho dimenticato se prima dovevo presentarmi o impegnarti in un discorso brillante e intelligente.”
Aang sorrise e finalmente trovò il coraggio di muoversi e prenderle la mano. “Dato che i nostri piani non funzionano, che ne dici se seguiamo l’istinto e saltiamo presentazioni e discorsi?”
Mentre si allontanavano, vide Zuko fargli l’occhiolino e molti sguardi curiosi, ma non se ne preoccupò.
E solo quando il Consiglio si aggiornò l’Avatar Aang e Katara della Tribù dell’Acqua del Sud fecero ritorno.

   
 
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