Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Ricorda la storia  |      
Autore: fivesaucewhoop    05/02/2014    5 recensioni
“Posso dirti qualcosa di magnifico? Non posso far a meno di notare che mi guardi spesso. E so che non dovrei dirtelo, ma, si vede dal tuo sguardo, tu sei innamorato di me”.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
terrible things

Now, son, I'm only telling you this because life can do terrible things.


Marley si buttò con il viso nel cuscino piangendo disperata. Lacey si sedette sul bordo del letto, accarezzandole i capelli biondi mentre il senso di nostalgia che la prendeva ogni volta che guardava sua figlia si faceva sentire. Era così uguale a lui... Marley, sua figlia quindicenne che ogni giorno si disperava perché non riusciva ad innamorarsi, credeva seriamente che l'amore fosse la cura ad ogni male e Lacey non faceva nulla per farle aprire gli occhi perché non poteva pretendere che a quindici anni Marley capisse tutto della vita. Dopotutto, anche lei alla sua età aveva commesso lo stesso errore.

Marley piangeva disperata mentre Lacey si perdeva nei ricordi. Forse, si disse, era arrivato il momento di raccontarle quella storia che tanto la tormentava.

«Quando avevo la tua età, avrei dato qualunque cosa per innamorarmi. Era tutto ciò a cui pensavo, credevo che i miei problemi sarebbero spariti non appena avessi sentito la famigerata scossa nel petto. Vedevo tutte quelle coppie innamorate intorno a me formate da persone fatte per stare insieme e mi domandavo perché io dovevo essere sola al mondo, perché non potevo anche io avere qualcuno che mi completasse. Fu più o meno allora che conobbi tuo padre, l'uomo dei miei sogni, il più bello che avessi mai visto. Capitava spesso di girarmi, in classe, e di trovare i suoi occhi fissi su di me. Io nemmeno lo notavo, all'inizio, con quei banali occhi azzurri e i capelli sempre scompigliati. Arrossiva appena e distoglieva lo sguardo quando mi voltavo verso di lui. Un giorno, però, quando i suoi occhi incrociarono i miei sorrise. Non uno di quei sorrisi sghembi o appena accennati. Un sorriso a trentadue denti, il più luminoso che avessi mai visto. Guardavo i suoi occhi, azzurri e profondi, e la prima cosa che pensai fu che fossero attraversati dall'amore. Era innamorato di me. E forse fu allora che mi innamorai un po' anche io.

Avevo un amico un po' matto, ai tempi. Quando persi una stupida scommessa mi costrinse a parlare al ragazzo con lo sguardo sempre perso su di me. Così andai da lui e gli dissi la prima cosa che mi passò per la testa, senza neanche immaginare cosa sarebbe successo dopo.

Posso dirti qualcosa di magnifico? Non posso far a meno di notare che mi guardi spesso. E so che non dovrei dirtelo, ma, si vede dal tuo sguardo, tu sei innamorato di me”. Lui rimase in silenzio e mi sorrise come aveva fatto la prima volta. Io non potei far altro che sorridere di rimando. Fu allora, nel preciso istante in cui le mie labbra si aprirono, che noi cominciammo.

She said “Boy, can I tell you a wonderful thing?

I can't help but notice you're staring at me.

I know I shouldn't say this, but I really believe

I can tell by your eyes that you're in love with me.”

Il primo bacio fu abbastanza strano. Passi quindici anni della tua vita a immaginarti di dare il primo bacio in riva al mare, al tramonto magari, e alla fine finisci per darlo chiusa in uno sgabuzzino delle scope con le guance rigate dalle lacrime. Successe così in fretta che io all'inizio nemmeno mi ero accorta delle sue labbra sulle mie. Un attimo prima piangevo disperata perché pensavo che nessuno riuscisse a capire come mi sentivo, bloccata in gabbia senza possibilità di realizzare i miei sogni, e un attimo dopo lui era chiuso lì dentro con me e scacciava via i miei pensieri e preoccupazioni. Fu quando mi baciò che mi resi conto di avere desiderato quel bacio con ogni parte del mio corpo.

Maturammo insieme e spesso bevevamo qualcosa di troppo, finendo a ridere alle stelle distesi sulla sabbia. Lui era perfetto sotto ogni aspetto. Sono stata con lui da quando avevo quindici anni e mai una volta ho pensato di essermi stancata di lui. Lui era uno sempre nuovo, si rinnovava continuamente ed era sempre perfetto allo stesso modo. Condividevamo tutto ed eravamo noi due, per sempre. Lui con le guance che si tingevano di rosso per tutto ed io con i miei mille complessi e tutte le mie paranoie. Eravamo troppo giovani e troppo stupidi per capirlo, ma se mi guardo indietro adesso mi rendo conto del fatto che il nostro amore fosse una storia senza paragoni.

Passò il tempo. Ogni giorno mi regalava uno di quei suoi sorrisi e mi bastava per andare avanti attraverso i tempi più bui. Lui era lì per me e non avevo bisogno di nient'altro.

Un giorno, però, mi disse una cosa che cambiò tutto. “Posso dirti qualcosa di magnifico?”. Gli si tinsero ancora le guance di rosso, amavo quando succedeva. “Ti ho fatto un regalo con carta e fiocco. Ti prego, aprilo con cura, te lo chiedo per favore. So di amarti, mi sposerai?”.

I said “Girl, can I tell you a wonderful thing?

I made you a present with paper and string.

Open with care, now, I'm asking you please.

I know that I love you, will you marry me?”

Non basterebbero parole per spiegare come mi sentii, perché l'amore non è una cosa che si può spiegare. Succede e basta, si prende come viene ed è qualcosa che ti sommerge completamente, dalla prima all'ultima cellula. E, per quanto forte tu ci provi, non potrai mai evitarlo.

Passò tempo ancora. Era tutto perfetto, nonostante gli alti e i bassi, perché alla fine eravamo noi due e nulla avrebbe mai potuto separarci o buttarci giù. Mi sembrava troppo bello per essere vero, era tutto incredibilmente assurdo per non avere una trappola sotto. E infatti la trappola c'era.

Posso dirti qualcosa di terribile?” mi chiese una volta. Non aveva il sorriso, aveva gli occhi spenti, le guance pallide senza la sua solita pelle arrossata. “Sembra che sia malato e mi restano solo settimane. Ma ti prego, non essere triste. Credo davvero che tu sia la cosa migliore che mi sia successa”.

She said “Boy, can I tell you a terrible thing?

It seems that I'm sick and I've only got weeks.

Please don't be sad now, I really believe

You were the greatest thing that ever happened to me.”

Se ne andò tre settimane dopo. Passammo quei giorni sdraiati sul nostro letto, abbracciati, lui con più lacrime di quante ne avessi io. Non voleva lasciarmi qui da sola a crescere una bambina, e non l'ha fatto. Forse ero io un po' fuori di testa, ma nei primi tempi di notte veniva a trovarmi in sogno. Parlavamo tanto, gli raccontavo di ciò che succedeva da quando lui non c'era più e gli parlavo di te, di come crescevi bene e prendevi i suoi lineamenti. Alla fine dei miei lunghi discorsi lui sorrideva, il suo solito sorriso, quello di cui mi ero innamorata, e mi diceva che sapeva già tutto perché lui da lassù ci guardava e vegliava su di noi, ma gli piaceva sentirmi un po' più vicina a lui. Mi lasciava un ultimo bacio e se ne andava, per poi tornare la notte seguente. Le sue visite furono sempre più rade, finché non scomparvero del tutto per essere sostituiti da un sogno ricorrente di me seduta su uno scoglio di un lago ad aspettare qualcosa che non arriverà mai.

Lui è stato la persona che più ha lasciato il segno dentro di me. Adesso penserai che è banale da dire, che tutti dicono che le persone lasciano il segno, ma quando lo provi sulla tua pelle capisci che non è banale per niente.

Da quando se n'è andato niente è tornato come prima. Tu non puoi ricordartelo, eri tanto piccola.

Non ci si riprende mai da un trauma del genere. L'amore della mia vita non c'è più, non cammina più su questa terra. Sono passati tredici anni e fa ancora male come il primo giorno.

Quindi, ti prego, non innamorarti, c'è troppo da perdere. Se ti è data una scelta, scegli di scappare, fuggire, non lasciare che ti prenda. Non posso far altro che pregare che non ti succeda ciò che è successo a me.

So che un giorno capirai, posso solo sperare che ti venga mostrato in un modo diverso.

E ti dico tutto questo perché la vita può fare cose terribili.

Ho amato Luke Robert Hemmings più di quanto sia umanamente possibile».

Lacey lasciò la camera della figlia senza aggiungere una parola. Marley aveva smesso di piangere un attimo dopo che il racconto era cominciato e non aveva più ripreso, se non per qualche singhiozzo alle menzioni del padre. Appena varcata la soglia di camera sua Lacey si sdraiò sul letto e pianse tutte le lacrime soppresse in quei tredici anni. Abbracciò il cuscino che era stato di Luke, riguardò tutte le loro vecchie foto. Ritrovò spezzoni di vecchie fotografie con gli angoli bruciati. Sorrise al ricordo della litigata più pesante che avessero mai fatto. Lei pensava avessero raggiunto il capolinea, aveva bruciato e strappato tutte le loro foto e i loro ricordi. Sorrise mentre rimetteva insieme i pezzi con lo scotch perché il dolore che aveva provato a quel tempo non era nulla comparato a quegli ultimi tredici anni.

Quella notte Lacey si sdraiò nel suo letto con una strana sensazione sul petto. Non aveva mai parlato a nessuno dei suoi sogni e in quel momento desiderò di averne un altro, uno solo, per avere un segno che Luke fosse ancora lì a guardarla e non la lasciasse mai.

Fu difficile prendere sonno quella notte perché il pensiero di Luke l'agitava al punto di non lasciarla dormire.

Quella notte, come si aspettava, Lacey fece il suo solito sogno ricorrente. Lei vestita di bianco con i capelli scuri intrecciati su una spalla, seduta sullo scoglio di un laghetto con i piedi immersi nel lago. Canticchiava sottovoce la ninnananna che Luke era solito cantare a Marley prima di metterla a dormire. Quella volta, però, c'era qualcosa di diverso. Al posto della sua solita espressione triste e malinconica, Lacey si vedeva sorridere. Un sorriso di quelli che ormai non le riuscivano più perché erano dedicati solo ed esclusivamente a Luke.

La strana sensazione al petto si fece più forte, quasi a diventare un dolore. Si era mosso qualcosa alle sue spalle, l'aveva sentito, ma non si era girata. Lo vide quando le fu davanti, in tutto il suo splendore, con quel luminoso enorme sorriso stampato sul viso. Luke.

Il dolore al petto era ormai diventato insopportabile, ma a Lacey non importava perché per la prima volta dopo dodici anni Luke era ritornato a farle visita in sogno. Lo fissava con gli occhi pieni di lacrime spalancati e lui rideva guardandola, la risata cristallina che Lacey aveva amato per tanto tempo e continuava ad amare, nonostante non la sentisse più.

Stava sospeso al centro del laghetto e come in ogni sogno precedente indossava la felpa blu e i jeans neri, i vestiti che usava di più da vivo.

«Ciao, Lacey». Luke sorrideva ancora e Lacey si sentì formicolare le gambe nel sentire di nuovo la sua voce.

«Ciao, Luke». La sua voce non uscì tremolante come si aspettava.

«Come sta andando laggiù?»

«Spero che tu lo sappia. Non ci avrai mica abbandonate?». Lacey sorrise per far intendere che non volesse accusarlo. Dopotutto, lui se ne era andato e non aveva motivo di continuare a rimanere legato alla vita terrena, guardando una quotidianità che non poteva essere sua.

«Lo so bene. Sono sempre con voi, in ogni momento». Tacquero un attimo, ma nessuno dei due trovò quel silenzio pesante. Si guardarono, forse fu più Lacey a guardare Luke. Nelle foto non rendeva così tanto come di persona – o di sogno, in quel caso.

Lacey si asciugò una lacrima con l'unghia del pollice e continuò a sorridere a Luke. «Sei sempre uguale» gli fece notare.

«Dove sono io non si invecchia mai».

«Piacerebbe anche a me non invecchiare mai, per poter restare sempre come te».

Le lacrime iniziarono a uscire copiose dagli occhi di Luke e le sue guance rimanevano bagnate nonostante continuasse ad asciugarsele con le maniche della felpa. Il sorriso scomparve dalla faccia di Lacey nel vedere quella scena. Le sembrava di star rivivendo il maledetto giorno in cui Luke le aveva spiegato la sua condizione.

«Luke?» lo chiamò, sperando che capisse come la stava facendo sentire e smettesse. Lui si asciugò ancora il viso e alzò lo sguardo su di lei. Anche se era un sogno aveva i suoi difetti terreni, come gli occhi rossi e gonfi per il pianto. Lacey sperava che le guance gli si tingessero ancora di rosso, per rivederlo un ultima volta prima di lasciarlo andare per sempre. «Cosa succede?»

«Lacey, mi dispiace tanto» singhiozzò ancora Luke. Lacey avrebbe voluto raggiungerlo per abbracciarlo e stringerlo a sé, ma sarebbe caduta nel lago prima di arrivare da lui e avrebbe finito per svegliarsi, abbandonando quel sogno.

«Per cosa? Continuo a non capire, Luke».

«Io ti amo. Ti ho amata sempre e sempre ti amerò, penso che tu questo lo sappia. Anche se non ti bacio fisicamente da tredici anni, anche se non ti tocco da quanto avevamo ventotto anni, anche se io sono quassù e tu rimani sempre laggiù». Fu bloccato da un singhiozzo e Lacey sentì le lacrime scorrere tra un sorriso mentre lo sentiva pronunciare quelle parole con tutta la convinzione che poteva metterci.

«Ti amo anche io. Da quando te ne sei andato non sono più andata avanti, l'hai visto. Perché piangi? Dov'è il problema?» domandò. Non riusciva a capire cosa ci fosse di male nel continuare ad amarsi nonostante non potessero più stare insieme. «Saremo di nuovo insieme un giorno, te lo prometto».

Luke assunse un'espressione seria e guardò Lacey, ma lei poteva perfettamente vedere che era lo stesso sguardo che aveva in prima liceo quando la guardava di sottecchi da un lato all'altro della classe. «E' proprio questo il problema» esordì. Continuò a parlare prima che Lacey potesse interromperlo di nuovo. «Ho insistito per venire io, al fine di renderti tutto meno doloroso»

«Di cosa stai parlando?»

«Il giorno è arrivato, Lacey. Saremo di nuovo uniti tra poco». Ignorando il lago davanti a lei, Lacey corse ad abbracciare Luke. Lo strinse a lei e lui ricambiò la stretta ancora più forte di quanto non facesse in vita. Lacey guardò giù e si sorprese nel vedere che era sospesa a qualche metro dall'acqua, proprio come Luke.

Non avevano nulla di più da dirsi. Lacey non era mai stata più felice o innamorata. Amava Luke e l'avrebbe seguito ovunque lui avesse voluto pur di poter stare con lui per l'eternità. Luke la prese per mano e la trascinò lontano dalla riva del lago. Lacey lo seguì senza porsi domande su cosa sarebbe successo nelle prossime ore, e forse avrebbe dovuto.

Si fermarono esattamente al centro del lago. Luke si piegò e premette deciso le labbra su quelle di Lacey, che chiuse gli occhi lasciandosi andare alle emozioni. Attraverso le palpebre intravide un'abbagliante luce bianca, ma non vi prestò attenzione, perché Luke era tutto in quel momento.

Luke e le sue labbra che sembravano fatte apposta per seguire quelle di Lacey, le sue braccia che sapevano esattamente dove stringerla quando la baciava, le sue lunghe dita che passavano senza intralci tra i capelli di Lacey, sciogliendole delicatamente la treccia.

Nessuno poteva dir loro che il destino non esisteva, perché loro erano destinati a stare insieme e ci erano riusciti.


Marley spense svogliata la sveglia e si alzò, trascinando i piedi fino alla cucina. Quando non trovò la colazione in tavola, andò a bussare alla camera della madre e non sentendo risposta aprì la porta.

«Ciao, mamma» pianse in un sussurro.


Marley consegnò le sei pagine di tema al professore di italiano. Erano passati ormai tre anni, si era ripresa quasi completamente, ma la storia dei suoi genitori era qualcosa di unico a suo parere, tanto che ci aveva scritto il tema più lungo e bello che fosse mai riuscita a comporre.

«Il tema non era su come è morta tua madre» le fece notare imbarazzato il professore guardando il titolo scritto in cima al foglio.

«Lo so. “La cosa che più ti abbia mai colpita” era la traccia, e l'ho seguita perfettamente». Tornando al suo posto, Marley ripeté nella sua testa le ultime righe del suo scritto.

I risultati dell'autopsia parlavano chiaro: infarto fulminante. Ma io ho una mia teoria, e per quanto assurda possa sembrare, so che è la verità. Non è stato un infarto ad uccidere mia madre, è stato l'amore. E so che suona tanto soap-opera di ultima classe, ma è proprio così che è andata.

E nonostante mia madre mi abbia detto di non innamorarmi mai, il mio desiderio si è accentuato ancora di più. L'amore fa soffrire, distrugge, uccide, ma alla fine nessuno potrà mai negare che sia la cosa più bella che ci sia, l'unico motivo per cui siamo veramente qui.

Forse può essere un po' fraintendibile come affermazione, ma io sono contenta che mia madre non cammini più sulla mia stessa terra. Lei è morta assieme a mio padre, sedici anni fa, e credo che per lei morire fisicamente sia stata la cosa che l'abbia resa più felice e viva. Il fatto che sia morta qui non significa che non possa essere viva da qualche altra parte, finalmente in pace con sé stessa e mio padre.

Non m'importa del mio dolore, di quanto mi manchi o del fatto che io sia costretta a vivere con i miei zii. Se lei adesso è felice con mio padre, lassù, sono felice anche io. Perché si amano e nessuno ha mai detto che l'amore esista soltanto sulla terra.”

---

Allora, premetto che questa storia non è mia, è di una mia amica. L'ha salvata sul mio computer, a me piaceva tanto e lei non aveva il coraggio di pubblicarla, così l'ho fatto io per lei.

Però lasciatemi vantare del fatto che l'ispirazione gliel'abbia data io ahah :)

Non so se tutti avete capito, comunque questa OS è ispirata a “Terrible Things” dei Mayday Parade nella prima parte (il discorso di Lacey). Poi dato che ero rimasta molto male per come finiva la canzone ho cercato di dare un mio lieto fine, e beatrice ci ha scritto una fanfic :D che io adoro, tra l'altro.

Vi lascio il mio twitter (@woalukey) e non quello di bea perché è già tanto che non mi uccida per aver pubblicato questa OS.

Grazie per avere letto e recensite per dimostrare a beatrice che questa OS è bellissima :D

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: fivesaucewhoop