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Autore: Painting_Flowers    05/02/2014    1 recensioni
[Alex Gaskarth/Taylor Jardine]
Dall'ottavo capitolo:
- A volte ci penso. È buffo, abbiamo cominciato a odiarci e guarda dove ci ha portato tutto questo: siamo stesi sul prato di una casa sconosciuta coperti di...è gelatina? – disse Alex, assaggiando la sostanza zuccherina verde sul suo mento e Taylor rise.
- È tutta colpa di Jordan. Prima o poi lo soffocherò con il cuscino mentre dorme. – replicò lei con un sorriso dolce. Il cielo li sovrastava con le prime stelle che comparivano tra le sfumature blu scuro. Anche se credevano che sarebbe stato meglio tornare da quel gruppo di scalmanati, preferivano rimanere lì: non sapevano che in realtà era esattamente quello che i loro amici speravano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8

- Te l’avevo detto che sarebbe stato pazzesco! – esclamò Rian ridendo e battendo il cinque al suo amico.
- Se scoprono che abbiamo buttato noi la gelatina e la tintura ci distruggono. - commentò sogghignando Jordan.
- Adesso continuiamo? – chiese lui.
- Tu da Taylor, io da Alex. – confermò il moro e si allontanò verso una delle due uscite del percorso, mentre l’altro si dirigeva verso la seconda.
 
- Porca puttana...- imprecava Gaskarth pulendosi gli occhi dall’appiccicume verde.
- Bella mascherina, Alex. Sei moccio? – domandò Rian sghignazzando e assaggiando la faccia dell’amico; - con vomito di unicorno in testa. – aggiunse dopo aver visto la macchia rosa sui suoi capelli.
- Buono. Sai di zucchero. – commentò il moro, dopo essersi pulito le dita nella propria maglietta.
- Chiudi quella fogna e va’ a dire al tuo amico Jordan che lo strangolerò appena gli metterò le mani addosso. – replicò Alex, con la rabbia che lentamente svaniva e cominciando a prenderla sul ridere.
- Non è mica colpa sua. – lo difese Rian, mentendo completamente. Non aveva mai messo in dubbio neanche per un secondo il suo complotto, era sempre stato sicuro di ciò che faceva e sapeva che in un modo o nell’altro quel piano avrebbe funzionato.
- Io vado in bagno. – disse il biondino terminando la conversazione e lasciando lì il suo amico.
 
- Taylor? Oddio, stai bene? Che ti è successo? – disse Jordan alla ragazza con apprensione. Chiunque conoscesse Jordan da più di dieci secondi capirebbe che la parte del ragazzo ansioso e preoccupata gli stava come i calzini stanno al gelato alla crema. Purtroppo per lei, lo conosceva solo da sette secondi, nei quali lui si era comportato da ragazzo volenteroso e responsabile.
- Non lo so. Mi hanno buttato della roba addosso. – disse lentamente Taylor, guardando un punto fisso sul muro. La situazione era così assurda che non riusciva a darne una spiegazione: era un’azione di bullismo? O un semplice scherzo di Halloween a vittime casuali? Non riusciva a spiegarselo.
- Ti consiglio di andare in bagno. – gli suggerì Jordan, che sembrava sinceramente preoccupato dopo aver visto la reazione dell’altra. Per un secondo si chiese se lui avesse fatto la cosa giusta: il fine era positivo, ma il mezzo lo era altrettanto? No, quella volta aveva esagerato e se ne rendeva conto.
- Quello delle femmine è chiuso per un guasto. Ci hanno buttato dentro un paio di assorbenti e un mucchio di carta e ha rigurgitato tutto. – continuò lui, ragionando su come ormai non potesse fermare tutto, ma solo rimediare dando il proprio contributo.
- Ti accompagno in quello dei maschi. – propose il ragazzo.
 
Il bagno dei maschi sembrava vuoto, nessuno rispondeva al bussare, così Jordan la fece entrare.
Taylor si diresse subito verso il lavandino e guardandosi allo specchio, vide che un paio di occhi la stavano fissando.
- Gaskarth. – disse lei, sorpresa di vederla sporco come lei. Fortunatamente i buffoni che si erano divertiti a fare quello scherzo non disponevano di molto materiale e i vestiti dei due si erano in parte salvati, mentre le uniche zone danneggiate erano spalle e testa.
- Jardine. – replicò l’altro seccato, continuando a lavarsi i capelli nel lavandino.
- Ci hanno tirato un brutto scherzo. – commentò Taylor, prendendo una ciocca di capelli e cercando di districarla.
- Secondo me Jack c'entra qualcosa. – disse Alex, strofinandosi i capelli ormai puliti.
- Che è quella roba rosa? – domandò Taylor, cominciando a bagnarsi il viso a sua volta.
- Boh. Non capisco perché non vada via. – rispose lui guardando in cagnesco quelle ciocche rosa. Alzò le spalle mostrando indifferenza e cercò di uscire, ma la porta era bloccata. Cominciò a bussare, ma l’unico che rispondeva alla sua chiamata fu il silenzio e l’assordante musica della palestra.
 
- Siamo chiusi dentro. – dichiarò Alex con occhi sgranati.
- Cosa? – esclamò l’altra, sbattendo la testa contro il rubinetto, mentre il ragazzo continuava a provare ad aprirla.
- La finestra è aperta. – disse Taylor, cercando di camminare verso la parete, ma bloccandosi.
- Mi sono stancata di queste fottutissime scarpe. – inveì la ragazza, togliendosele e lanciandole contro il muro.
- La prossima volta non le metti e fai prima.- rispose Alex acidamente.
- Dammi una mano a uscire piuttosto. Con questo vestito non riesco a muovermi. – disse lei, aggrappandosi ai lati della finestra per uscire e sentendo le mani di Gaskarth che la spingevano. Appena uscita, tese la mano per aiutare l’altro, il quale con un balzo atterrò sul prato del cortile.
- I tacchi! – ricordò improvvisamente Taylor, con l’orrore negli occhi per ciò che avrebbe detto la madre. Alex tornò indietro visibilmente irritato e li riprese, solo per farla stare zitta.
 
Si diressero verso l’altro lato della scuola, ma una recinzione appena messa sbarrava loro il percorso.
- Da quando è qui? – domandò Taylor, osservandola sconcertata.
- L’hanno messa oggi per non trovare coppie in movimento. – spiegò Alex, battendo i pugni su essa.
- Quindi come facciamo a uscire? – chiese ancora la ragazza con disperazione. Lui la guardò infastidito: non faceva altro che chiedere, chiedere e chiedere; mai una volta che riuscisse a trovare una risposta ai suoi problemi.
- Scavalchiamo la staccionata.- propose il ragazzo, osservando la casa a fianco alla scuola.
- Ma è una zona privata, non possiamo! – disse Taylor, dandogli uno schiaffo in testa.
- Piantala! Vuoi tornare a casa? Allora fai come dico. – sbottò Alex, cominciando a salire. Mentre cercava di scendere senza svegliare qualcuno, borbottò qualcosa, simile a “Non ci credo...” e “Ma come ho fatto a pensarlo?”
 
Alex atterrò con un tonfo nell’erba e dopo aver visto che non vi era alcun pericolo, incitò Taylor a seguirlo. In quello stesso istante lei sentì un ringhio dall’altra parte della staccionata, così si affrettò a salirla per aiutare l’altro a fuggire dal cane che lo inseguiva.
Appena scesa e caduta a terra, Taylor si riprese e vide come il suo accompagnatore, dalla sicurezza quasi arrogante, fosse irrimediabilmente chiuso in un angolo da un grosso labrador.
- Gaskarth, corri! Sbrigati! – urlò lei, correndo con tutta la velocità di cui disponesse verso l’altra parte del giardino, seguita a ruota dall’altro, il quale dovette zigzagare per evitare il cane che lo inseguiva abbaiando.
Ben presto si ritrovarono nel giardino accanto, fortunatamente sprovvisto di presenza canina.
- Era innocuo quel cane. - disse Taylor con il fiatone per la corsa e cominciando a ridere senza ragione.
- Mi sarebbe saltato addosso! – si difese Alex con la schiena appoggiata alla staccionata, mentre il labrador abbaiava ancora.
- Povero piccolo, il cane cattivo ti voleva fare la bua? – lo canzonò lei tirandogli una guancia.
- Hai le guance morbide. – commentò la ragazza, tastandole e tirandole.
- Per tua informazione, mi stai rompendo le palle. – replicò il biondino, alzando quei tronchi che aveva al posto delle sopracciglia, ma sopportò l’ingiuria.
 
Taylor si divertiva modellando le sue guance e facendogli fare le facce più assurde e stupide, fino a che Alex le tolse le mani di dosso.
- Basta. – disse con uno sguardo cupo e si stese a terra, con la testa nell’erba dalla stanchezza. La ragazza invece rimase in piedi, osservando il viso della persona stesa ai suoi piedi. Era strano, pensava di poter rimanere tutto il giorno a fissare quel volto, con due occhi castani semplicemente...
- Da qui ti vedo le mutande. – dichiarò Alex. “Ecco, Gaskarth” pensò lei “non potevi rovinare questo momento in un modo peggiore.“ Gli mollò un calcio alle costole, facendogli fare un verso di dolore e mugugnare un “stronza”, e si stese accanto a lui.
- Non si guardano le mutande alle ragazze. – disse Taylor rimproverandolo e mollandogli un pugno sul braccio.
- Troppo debole. – commentò Alex con indifferenza. A quel punto l’altra concentrò tutte le sue forze e gliene diede un secondo, che stavolta fece lamentare la sua vittima.
- Meglio? – domandò retoricamente lei.
- Decisamente. – replicò l’altro, tenendosi il braccio con gli occhi chiusi.
- Non dovresti sottovalutarmi. – continuò l’altra soddisfatta.
- Certo che no. A proposito, carine le mutande a pois. – disse lui sogghignando, ottenendo solo uno schiaffo in testa e esalando un “ahi”.
- Sei violenta però! – protestò Alex, guardandola sconcertato. Taylor voleva controbattere, ma era troppo stanca per farlo, perciò guardò il cielo, puntinato da poche stelle.
 
- Ti piacciono le stelle? – domandò il ragazzo, guardandole con lei.
- No, ma mi rilassa. A volte le guardavo dal terrazzo di casa mia. – ripose Taylor. Si era stancata di quell’alternarsi di atteggiamenti: dovevano detestarsi o essere amici, non potevano continuare con quel va e vieni di sensazioni, risate e discussioni.
- Io non ci ho mai fatto caso. Non mi interessano, le stelle. Non riesco a trovare tutta quella poesia di cui parlano. – replicò Alex, avvicinandosi alla spalla dell’altra.
- In realtà non la capisco neanche io. Sono pianeti che brillano, dove starebbe la parte poetica? – concordò la ragazza, senza essersi accorta della distanza accorciata con il suo interlocutore.
- Boh. Ma alla gente piacciono. Mi chiedo come sia, piacere alla gente senza sapere perché. – disse l’altro.
- Tu non eri il ragazzo popolare che piace a tutti? – chiese retoricamente Taylor, ricordando il suo status da emarginata sociale.
- No. Ho il mio gruppo e fine della storia. Questo posto di merda è troppo fighetto per gente come me. – spiegò Alex, alzando le mani in segno di resa. Non era migliore di lei e questo purtroppo lo capiva solamente in quel momento.
- Io ho un paio di amici sparsi per la scuola e persone che saluto. Non sono messa meglio di te. – disse lei, quasi leggendo la mente dell’altro.
- Però non sono il tipo di ragazzo che ti piacerebbe a prima vista. – continuò il ragazzo, scuotendo la testa con serietà.
- Non sembri un teppista, mi pare. – replicò lei. – Almeno quello. È una bella consolazione, pensando all’abitante medio di Baltimora.-
 
- Sai, alla fine non ti odio. – disse Alex dopo un silenzio che sembrava infinito.
- Non mi odi? – sillabò Taylor sconcertata. “E sarebbe un complimento?” voleva aggiungere.
- Non così tanto. Sei anche simpatica, più di quello che sembri. – replicò lui, rispondendo allo sguardo.
- è un complimento? – domandò la ragazza, confusa.
- Direi di sì, visto che prima non ti sopportavo. – continuò il biondino, mettendo le mani dietro la testa.
- Non me n’ero accorta. – replicò ironicamente Taylor, ma si ricordò della sua promessa a se stessa di deporre le armi e continuò :- Poi cos’è cambiato? –
- Non lo so. Abbiamo cominciato a parlare e eravamo in sintonia. Non so perché te lo sto dicendo. – rispose Alex, faticando a trovare le parole. Non voleva aprirsi con lei, ma si sentiva a suo agio chiarendo il loro bizzarro rapporto.
- Abbiamo un paio di cose in comune, ma non per questo dobbiamo essere amici, giusto? – intervenne Taylor, pensando a qualcosa di intelligente da dire. All’improvviso voleva solo parlare, anche dare aria alla bocca, pur di fare colpo su di lui. Voleva rimanesse colpito dalla sua personalità e avesse un’impressione positiva di lei. Era la prima volta che si preoccupava tanto per l’opinione altrui.
 
- Perché non dovremmo? – chiese il biondino. In fondo non gli sarebbe dispiaciuto: nonostante qualche sintomo da pre-mestruo e alcune frecciatine, quella ragazza non era niente male.
- Perché...Non lo so neanch’io, in effetti. – dovette ammettere Taylor. Col passare del tempo si era intestardita, catalogando Alex con un adesivo con la scritta rossa “Da evitare”. Alcune volte però rivedeva le proprie certezze, notando come la persona più odiosa diventasse piacevole all’improvviso.
 
- A volte ci penso. È buffo, abbiamo cominciato a odiarci e guarda dove ci ha portato tutto questo: siamo stesi sul prato di una casa sconosciuta coperti di...è gelatina? – disse Alex, assaggiando la sostanza zuccherina verde sul suo mento e Taylor rise.
- È tutta colpa di Jordan. Prima o poi lo soffocherò con il cuscino mentre dorme. – replicò lei con un sorriso dolce. Il cielo li sovrastava con le stelle che comparivano tra le sfumature blu scuro. Anche se sapevano che sarebbe stato meglio tornare da quel gruppo di scalmanati, preferivano rimanere lì: non sapevano che in realtà era esattamente quello che i loro amici speravano.









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Bunsalve a tutti voi! Sono sorpresa della mia incredibile puntualità, perchè spesso e volentieri ho lasciato perdere alcune fanfiction, ma voglio portare questa alla fine, quindi potete anche compatirmi perchè dovrete sorbirmi per un po'.
L'ho scritto nei ritagli di tempo di questi due giorni e non so quale accozzaglia di parole sia saltato fuori. Ripeto, compatitemi.
Ok, no, così suona troppo patetico...Creeeeeeeeeedo che adesso me ne andrò.
Bene. Arrivederci. Già. Mmmh. Yeah. Bye.
  
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