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Autore: Marumind    06/02/2014    1 recensioni
Quando lasci che il tempo ti insabbia la memoria, dimenticherai tutto, anche il suo nome.
[Storia scritta ispirandomi a 'Whatsername ' dei Green Day, per il compleanno di Kuroko, 31/01. Hope you like it!]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Quando lasci che il tempo ti insabbia la memoria, dimenticherai tutto, anche il suo nome.

 

 

 

Fu per una fugace occhiata al calendario appeso accanto al frigo che si rese conto che era il suo compleanno. Sorseggiava tranquillamente il suo caffè, seduto davanti al tavolino d'acciaio della cucina con sopra poggiati i piedi, ed il quotidiano di Los Angeles tenuto con la mano libera.

Già, Los Angeles. L'america.

Se non fosse stato per l'aver appena realizzato che giorno fosse, probabilmente non si sarebbe messo a riflettere su quanto tempo fosse passato.

Una volta avrebbe sicuramente detto che sarebbe diventato un maestro d'infanzia, ma non avrebbe mai immaginato che si sarebbe persino spostato dal Giappone. Quelli, però, erano tempi diversi. Allora era solo un giovane ragazzino di nome Kuroko Tetsuya, che dedicava parte del suo tempo libero alla lettura e allo studio, ma sopratutto amava uno sport, lo sport per il quale aveva dedicato sacrifici estremi, dove aveva dato il meglio di sé per far valere il suo metodo di gioco. Su cui lavorò interi pomeriggi, causa di notti insonni e allenamenti rigorosi; era anche convinto che non avrebbe mai smesso di giocare.

Lesse con un pizzico di soddisfazione personale il titolo di una pagina del giornale. Era una piccola inserzione, sì, ma parlava di lui:

 

'IL TEMERARIO TETSUYA LAVORA AD UNA NUOVA OPERA'

 

Sorrise. Non aveva bisogno di leggere il resto, il titolo era abbastanza rassicurante da fargli intuire che i giornalisti non avevano modificato le parole usate da lui, durante quella breve intervista. O almeno, non in modo negativo.

Ricordò gli occhi luminosi e pieni di curiosità del suo intervistatore, occhi di un esordiente nel suo lavoro, emozionati davanti allo scrittore di fama che era diventato.

"Con il mio nuovo romanzo voglio creare un'atmosfera nostalgica, sui vecchi tempi andati di un giovane uomo." aveva spiegato lui in tono assertivo, quasi come se sapesse a memoria ciò che doveva dire.

"Si ispira in qualche modo al suo passato, mentre scrive?".

'Eh, bella domanda ragazzino.' aveva pensato Kuroko.

 

Si ispira al suo passato?

 

Sei ispirato dal tuo passato, Kuroko?

 

La risposta era: ‘Sì’.

Un lieve fremito della mano gli fece cadere il giornale a terra, quando il nitido ricordo di una mano calda che intrecciava le dita nei suoi capelli celesti gli si presentò come un pugno in faccia. Si alzò, raccogliendo il quotidiano e poggiandolo sul tavolo senza badarci troppo. Azionò l'acqua del lavandino e sciacquò la tazza da caffè ormai vuota, per poi poggiarla con cura nello scolapiatti. Sospirò, senza riuscire a compiere azione alcuna. La sua mente cercava qualcosa. Come la cercava ormai troppo spesso.

 

-

 

Aveva bruciato ogni loro foto, in compagnia di Larry.

Larry Bowers, il suo compagno di corso di scrittura creativa. Era a Los Angeles da due anni, allora; due anni dopo aver abbandonato definitivamente le superiori e il basket.

"Non te lo dimenticherai lo stesso, lo sai?" apostrofò Larry, seduto accanto a lui, in uno sguardo assorto e illuminato dall'arancione del fuoco del caminetto di casa sua.

Kuroko gli diede un'occhiataccia in tutta risposta, non sapendo come poter controbattere. Si voltò di nuovo verso la brace, osservando come le foto della squadra di basket di cui faceva parte si annerivano sino a diventare cenere, avvolte da scoppiettanti fiamme. Emise un lieve mugolio, pur senza accorgersene, quando vide bruciare una foto in particolare. Era una foto con quella persona.

Capelli rossi come sangue, così come quegli occhi pieni di energia e forza, solcati da sopracciglia spettinate e scure. Il suo braccio destro gli cingeva il suo con la cui mano stava facendo il gesto che ricordava uno 'Yo'. La osservò sbriciolarsi e consumarsi nel fuoco con il fiato sospeso, e quando ne rimase soltanto cenere dovette ricacciare dentro gli occhi le lacrime.

"Hey, musone." lo richiamò Larry, tentando di sdrammatizzare, "Ti va una birra?".

Kuroko si voltò verso di lui, sicuro di aver eliminato per sempre il rimpianto di quel passato ormai troppo lontano per essere recuperato. "Va bene."

'I rimorsi sono inutili' disse a se stesso. E per il resto della serata non ci pensò più.

 

Eppure ricordarsi perfettamente quel momento, dettaglio per dettaglio, confermava le parole che gli disse l’amico:

"Non te lo dimenticherai lo stesso, lo sai?"

Già, tutt’ora era vivo nei suoi pensieri. Ogni giorno sempre più presente. Di fatti, non era un caso, che proprio lui era la musa ispiratrice per il romanzo su cui stava lavorando. Come una vocina che diceva "Guarda un po’! Hai delle emozioni nascoste che puoi sfruttare scrivendo, tesoro caro!". Tutto a causa di quella piccola frazione di secondo che fu in grado di riportarlo per un breve istante nel passato.

 

Camminava su un affollatissimo marciapiede, durante l’ora di punta. Indossava i suoi abiti formali, il suo completo da meeting ed i viandanti furono utili solo a popolare la scena; infatti, la figura che tra questi spiccò era quella di uomo che passò proprio accanto lo scrittore, il quale gli rivolse uno sguardo di sfuggita, Kuroko si voltò bruscamente a guardarsi dietro, concentrato soltanto su chi aveva appena incrociato.

Riuscì a contraddistinguere la sua chioma rosso scuro, in contrasto col celeste del cielo che era tanto simile al colore dei suoi capelli. Aveva avuto l'impressione che anche l'uomo gli avesse dato un'occhiata sfuggevole, mentre si incrociarono. Anzi, ne era certo. Aveva percepito su di lui i suoi occhi, ardenti come lava. Si lanciò in una corsa a perdifiato, voleva raggiungerlo. Doveva raggiungerlo. Ma l'imponente figura dell'uomo si confondeva sempre di più tra la folla, sfuggendogli sempre di più dalla vista. Forse avrebbe dovuto gridare, richiamare la sua attenzione, ma c'era qualcosa in lui che glielo impediva.

E fu in quel momento che si levò improvvisamente a sedere sul letto, rendendosi conto con amarezza che si trattava soltanto di un sogno, non ricordandosi più il nome di quella persona che stava cercando di raggiungere.

 

Questo era il fardello più grande, questa dimenticanza, che sembrava sminuire l’importanza di quella persona.

'I rimorsi sono inutili.' Ripeté a se stesso quella sera, rigirandosi tra le coperte senza che il sonno tornasse.

Eppure, grazie a questo tormento, aveva trovato la giusta spinta per scrivere il romanzo, che ancora continuava.

 

-

 

L'uomo si diresse verso lo studio di casa sua, una stanzetta dalle pareti grigie ed una finestrella che dava verso la stradina sottostante e il quartierino dove abitava. Si sedette davanti alla scrivania, quindi accese il portatile e continuò il lavoro da dove l’aveva lasciato.

L'uomo del romanzo raccontava in prima persona. La trama in generale faceva pensare ad un genere tra l'horror e il noir, ma la storia era incentrata sull'amicizia tra il protagonista ed un personaggio secondario, così presente nel racconto che sicuramente sarebbe stato meglio classificare come coprotagonista. I due si incontrarono per caso in un fast food, e tutte le sere finivano sempre col ritrovarsi seduti nello stesso tavolino. I loro caratteri erano affini e a lungo andare i casuali incontri divennero una piacevole abitudine, sicché cominciarono a frequentarsi.

 

'Si ispira in qualche modo al suo passato, mentre scrive?'

 

'Si ok! Sono ispirato al mio passato!' Rispose mentalmente Kuroko, con esasperazione. La domanda del giornalista li tornava sempre in mente durante la stesura della sua opera, nonostante avesse già dato una risposta durante quell'intervista.

 

-

 

"Beh, confesso che in parte sì, sono stato ispirato dal mio passato." Aveva risposto titubante Kuroko, davanti al giovane intervistatore.

"Può dirci qualche parola a riguardo?".

Kuroko era rimasto per un po’ a fissare, con lieve imbarazzo e insicurezza, il ragazzo. Kuroko Tetsuya, colui che passava sempre inosservato, si era ritrovato a partecipare ad un’intervista. Non era più tanto inosservato, ora che era entrato nel circolo della fama.

"Non ho nulla di particolare da dire." Aveva risposto infine. Nella sua voce era perennemente rimasto quel suo tono inespressivo che da sempre lo aveva contraddistinto.

"E non c'è nessuno in particolare a cui pensa mentre scrive?" Aveva insistito il giornalista, senza perdersi d'animo.

Kuroko sapeva bene che quel ragazzo viveva di notizie, e che in quel momento stava cercando di tirare fuori più informazioni possibili da lui, ma in qualche modo, aveva sentito dentro di sé che avrebbe dovuto rispondere a quella domanda, che aveva bisogno di farlo; perché così l'avrebbe ammesso anche a se stesso.

"Sì, penso a un caro amico che adesso non sento più."

Si era stupito della sua innata naturalezza.

"Mh, quindi si può dire che la nostalgia è basata anche sul ricordo di questo caro amico?"

"Sì,... Potrebbe." Aveva risposto, dopo una breve esitazione.

Successivamente l'intervista andò a inalberarsi su questioni più vaghe e generali del racconto, come la data entro il quale Kuroko credeva di poter finire, il numero di pagine che aveva scritto fin ora, eccetera.

 

In quel primo periodo in cui aveva iniziato a lavorare sul romanzo, però, non riusciva a mandare avanti il racconto. Si era bloccato, fissava lo schermo assorto nei suoi interrogativi. La sua mente continuava a cercare costantemente quella cosa, quella cosa che non trovava.

'Ricordo bene il suo viso' Rifletteva combattuto,

'Mi ricordo che era alto. Altissimo. Arrogante alla massima potenza, di quelli che non vengono scoraggiati da nulla. Veniva... dall'America. Da Los Angeles.' Quest'ultimo pensiero gli fece mancare un battito cardiaco o due, dato che inconsciamente si era trasferito nella sua città natale.

'Ma non riesco a ricordare il suo nome.' Concluse infine con dolore.

 

-

 

E anche in quel momento, mentre digitava parola dopo parola, lui era ancora nella sua mente.

Il ricordo della sua presenza era vivo. Era vago, insabbiato dal tempo. Ma c'era. Voleva qualcosa, quel ricordo, voleva risalire a galla.

Eppure, anche se la memoria gli fosse funzionata correttamente, il tempo non sarebbe comunque tornato indietro per lui, anzi continuava ad allentare quei frammenti di memoria e lui non poteva farci niente.

'I rimorsi sono inutili'.

 

E così, gli rimase solo di sfruttare al massimo le sue emozioni e coinvolgerle il più possibile nel suo lavoro. Le emozioni servivano. Il tempo serviva. Perché per quanto la sua memoria lo avesse allontanato da quella persona, le emozioni che trasmettevano in lui il suo viso non le avrebbe mai dimenticate.

 

 

---

 

 

La luce pomeridiana si poggiava sulle loro schiene come una coperta calda e proiettava le loro ombre davanti a loro. Erano seduti su un marciapiede, davanti ad una schiera di case; il ragazzo dai capelli di fuoco stringeva sotto il braccio un pallone da basket.

"Hey." Ruppe il silenzio richiamando l'attenzione di Kuroko. "Adesso che abbiamo il diploma, non saremo più parte della squadra di basket del Seirin. Però… Tu continuerai a giocare, vero?"

Si girò verso Kuroko osservandolo e aspettando impazientemente la risposta del compagno. Kuroko deglutì, con lo sguardo perso nel profondo rosso degli occhi del compagno, sentiva che lo rimproveravano, perché la risposta che avrebbe dovuto dare non sarebbe piaciuta a nessuno dei due. Abbassò lo sguardo verso il dislivello tra il marciapiede e l'asfalto, incapace di reggere lo sguardo su quegli occhi.

"Ecco... è molto difficile per me doverne parlare, ma... io voglio continuare gli studi, e penso che non avrò più tempo per allenarmi." Si fermò, ma notando che il compagno era rimasto assorto ad ascoltare, decise di proseguire. "Io dovrò cominciare ad abitare da solo, a mantenermi da solo per la precisione. Cercherò un lavoretto..."

Fu a quel punto che l'altro lo interruppe, "Due minuti per allenarti gli potrai trovare!" Sbottò. "Dopo tutti gli allenamenti che abbiamo fatto assieme non credo avrai bisogno di ore per un piccolo allenamento quotidiano."

Nella sua voce c'era agitazione, paura, dolorosa consapevolezza che ciò che diceva Kuroko era vero, e che le sue insistenze erano praticamente inutili.

Sospirò. "Io... io non so se sarà lo stesso senza di te."

"Ti ho già detto che mi dispiace..." Mormorò combattuto Kuroko, "...ma ho già fatto la mia scelta. Non ho più tempo per il basket. Ho riflettuto a lungo questi giorni, la mia decisione non è presa alla leggera."

E non mentiva di certo.

Aveva passato giornate e notti intere riflettendo su cosa sarebbe stato meglio per lui. Il basket era entrato nella sua vita e lui lo aveva accolto, fatto crescere, aveva ottenuto vittorie che non avrebbe dimenticato. Persino alle medie per il suo talento era considerato assieme ai suoi compagni fenomenali 'la generazione dei miracoli'; poi c'era stato il liceo Seirin, dove conobbe nuovi compagni di squadra... e lui, il suo più grande amico.

Ma il basket aveva avuto la sua parte ed era arrivato il momento di voltare pagina.

"Non l'hai presa alla leggera... peggio ancora! Ma non voglio criticare le tue scelte, anzi fa come ti pare..." Riprese a parlare l'ex compagno di squadra e suo amico, stanco di dover sopportare quelle strane dimissioni che dava Kuroko.

Di scatto si alzò dal marciapiede. Kuroko alzò lo sguardo verso lui, accorgendosi che aveva il volto contratto, pieno di rancore. Gli lanciò un'occhiata fulminante che non avrebbe mai dimenticato, la stessa occhiata che si sarebbe sentito addosso quando fece il suo sogno ispiratore, anni dopo.

"Se le cose stanno così significa che noi abbiamo chiuso."

"Beh, potremmo comunque sentirci anco..."

"Non ne voglio sapere più niente di te!" Sbottò nuovamente, con sguardo inferocito. "Hai chiuso con il basket, hai chiuso con me. Mi stai abbandonando, Kuroko! E io me ne sto andando!".

Per un attimo gli sembrò che gli occhi del ragazzo fossero lucidi, ma non poté mai avere modo di confermarlo perché si voltò verso il termine del marciapiede e si fece strada camminando a passo svelto.

"Addio." Sussurrò, e se non fosse stato per il perfetto silenzio di quel pomeriggio Kuroko non lo avrebbe mai sentito. Ricordò di aver gridato.

 

Ricordò le ultime frasi gridate all'uomo di cui in un prossimo futuro avrebbe ricordato il volto, ma non il nome. Frasi che lui non avrebbe ascoltato, parole al vento perché ormai le loro strade si erano divise.

"ASPETTA! Non andartene, ti prego! N-non voglio dimenticarmi di te...

 

 

...(Kagami-kun!)".

 

 

Note dell'Autore.

 

Hi people!

Ricompaio dopo secoli che non pubblicavo più fiction... e non ne aggiornavo (Le mie scuse più sincere!). Ma sapete, ho avuto molte difficoltà per via dell'assenza del mio computer (Infatti questo capitolo me lo sono davvero sudato. Tutto col telefono, capite!? TwT ).

Ma parliamo della storia.

Io non ho sinceramente idea di come sia venuta fuori (e ringrazio l'autrice Elsa Maria per avermi corretto alcune cose, prima di pubblicarlo.).

Diciamo che ho disconnesso il mio lato critico (non so se sia un bene! ) e lasciato scorrere liberamente la mia creatività.

 

Ringrazio i Green Day, che con la loro canzone mi hanno ispirato. E continueranno a farlo con altre canzoni, ne sono certa.

E concludo, altrimenti finisce che le mie note diventano più lunghe di questa misera one-shot.

Spero lasciate una piccola recensioncina, cari lettori, e vi ringrazio per l'attenzione che avete dedicato.

 

See you!

 

  
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