Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: dreamcharter    06/02/2014    0 recensioni
- Perche non lasci che ti salvi? Perchè non lasci che ti riporti in superficie? - La sua voce era implorante e impulsiva.
- Perchè ti porterei a fondo con me. - Risposi fredda ma tremante.
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Lo vidi lasciarmi li, il suo passo affrettato.
I miei occhi si riempirono di lacrime che scavarono il mio viso. Mi aveva lasciato, e sapevo che questa volta non sarebbe più tornato.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap 1: Don't be yourself

Dopo il suono della campanella, che in pochi attimi si materializzò nella mia mente, riempii disordinatamente la cartella malandata, e mi diressi al di fuori dell'edificio, che da sempre è per me una prigione, la scuola.
Nel corridoio principale, distante pochi metri dall'uscita, avvistai Sasha, il mio migliore amico, nonché consulente di consigli.
Diventammo amici in prima superiore, lui mi salvò per la prima volta da Daniel. Colui che mi tormenta da quando mi trasferii qui, a Chicago.
Si può dire che mi abbia riempito le braccia di lividi, fin dal primo giorno, che purtroppo è ancora fisso nella mia mente.
Quel giorno penso che non lo dimenticherò mai. Il sole era ancora nascosto tra le nuvole soffici che puntellavano il cielo, come un viso di lentiggini.
Era un fresco mattino autunnale, ed io dopo il suono della campanella che annunciava l'inizio delle lezioni, accellerai il passo, forse troppo istintivamente, perché un ragazzo, di statura molto più grande della mia si materializzò, sorprendendomi, di fronte a me.
Io mi bloccai, avevo un pizzico di paura sotto quel maglione che quella mattina, sembrava andare a fuoco.
Le sue labbra si tesero in un sorriso malizioso, finché non capii la situazione in cui mi trovavo.
Se probabilmente mi sarei guardata attorno, avrei visto che tutta la scuola era concentrata a scrutare ciò che stava accadendo, a parte qualche studente che se la svignava in classe per non fare ritardo.
Ormai nella mia testa si erano formate così tante presupposizioni, che chi avesse potuto leggere nella mia testa, mi avrebbe dato della pazza da rinchiudere in un manicomio.
Le parole di una voce possente e roca, uscirono dalla bocca del ragazzo moro che incombeva su di me con fare arrogante.

- Come ti chiami ragazza? -

L'ultima parola, la ricordo ancora adesso, aveva un tocco di disprezzo. Sapeva che ero nuova, e voleva dimostrare a tutta la scuola, già dal primo giorno, chi fosse il capo.
Io risposi un po' seccata.

-Samantha, Samantha Brooks. -

Fin da piccola ero riuscita a tenere testa tranquillamente, a qualsiasi persona.
Il mio carattere era forte.
Esatto era, perché ormai tutto ciò che apprezzavo e tutto ciò in cui credevo, Daniel, lo distrusse.
Mi azzerò completamente. Mi fece cadere, persi totalmente la mia autostima. Persi la ragione persino... di vivere.
Mai, mai in vita mia avrei creduto che tutto questo mi avrebbe distrutto.
E tutto ciò successe in davvero troppo poco tempo.
Avrei dovuto aprire gli occhi già da subito, già il primo giorno, quando la sua risposta alla mia affermazione fu

-Samantha? Senti bambina, cresci...-

Quelle parole mi stupirono, mi assopii e spalancai gli occhi.
La sua voce roca e graffiante, mi entrò nella mente e non riuscii più a rimuoverla.
Dopo che me ne scappai in classe, non lo rividi più fino al termine delle lezioni.
Cercai di allungare velocemente il passo, in modo tale da non dover rincontrare quel ragazzo, ma invano.
Purtroppo, quello fu uno dei tanti giorni in cui tornavo a casa con graffi e lividi, e tutto ciò che riuscivo a dire a mia madre per spiegarli era

-Non sono cose che ti riguardano.-
Dopodiché mi rifugiavo o in camera o in bagno, nell'ultimo caso per disinfettare i graffi.
Non avevo, e tutt'ora non ho un buon rapporto con mia madre.
Il nostro rapporto s'incrinò quando lei lasciò mio padre. E non riuscii a passare avanti con questa storia.
Si azzerò del tutto con l'avanzare della mia adolescenza, e dal fatto che essendo, lei, una madre single, doveva lavorare tutto il giorno per quell'agenzia immobiliare, in cui tutt'ora lavora, e quando tornava a cassa del lavoro, tutto lo stress lo riversava su di me.
Insomma, io e mia madre, non andavamo proprio d'accordo.

Raggiunsi Sasha appoggiando il mio braccio intorno alle sue spalle, e salutandolo con un sorriso.
Lui si volto nella mia direzione, e mi salutò con un grosso abbraccio, dopo esser usciti dall'edificio.
Subito all'inizio del cortile principale.

-Allora, come va con il progetto?-

Gli chiesi. Non ero solita a fare queste domande, infatti lui, dopo essersi seduto sul muretto, mi squadrò da capo a piedi, per scoprire se qualcosa mi aveva accidentalmente fatto un lavaggio del cervello.
Io infatti, avevo imparato ad essere la ragazza indifferente, quella che di rado sorride, quella apatica fuori, ma che è soltanto una corazza che indossa ogni mattina, prima di uscire di casa. Per non far vedere agli altri che è debole. Per non far vedere soprattutto a Daniel, che nonostante ogni percossa, lei è ancora più forte di prima.
Pare funzionare in questa società. Pare funzionare in questa scuola dove ti etichettano anche solo da come ti allacci le scarpe al mattino. Da come cammini. Da come parli. O solamente da come ti vesti.

-Sei sicura di essere veramente tu, Sam?-

Disse con la sua dolce voce, mentre aggiustava la cartella che aveva appoggiato sul muretto di mattoni.
Io annuii sorridendo timidamente. Poi gli proposi sedendomi sul muretto accanto a lui.

-Senti oggi volevo passare in negozio da Alaska... Mi accompagni?-

Alaska era la mia migliore amica, nonché tatuatrice personale. Non ha la mia stessa età. Io ne o 17, tra pochi mesi 18, mentre lei ne ha 20. E' un'artista nata. Tutti i miei tatuaggi sono la sua arte, e di lei mi fido.
Non corrisponde esattamente allo stereotipo di ragazza-tatuatrice. Lei è sempre curata, sia nell'aspetto fisico, sia nel suo linguaggio.
Ha sempre tutta la chioma di capelli biondi, raccolti in una coda di cavallo, e all'incirca sulla pelle ha lo stesso mio numero di tatuaggi. I suoi sono ricchi di significato, come i miei d'altronde, ma lei essendo anche maggiorenne e non avendo una madre che l'assilla, ha dei tatuaggi molto più grandi dei miei.
Ora, non voglio dare l'impressione sbagliata del significato che io voglia dire.
Anche se i miei tatuaggi sono più piccoli, raccontano dentro di se un grosso e importante significato per me.

- Un altro tatuaggio? A che quota siamo? Otto? Come facciò a convincerti di smettere?-

L'ultima sua domanda era più un'affermazione.
Data la mia mancata risposta, decise di rispondere da vero amico che era, e di accontentarmi, dato che conoscendomi così bene, sapeva che l'avrei addirittura trascinato a forza.
Oppure anche semplicemente, data la mia testardaggine, alla fine avrebbe ceduto.

- Va bene, ti passo a prendere alle tre?-

Disse lui sconfitto. Io annuii e dopo essere balzata giù da muretto, lo salutai e m'incamminai verso l'uscita del cancello, per dirigermi verso casa.
Appena sull'uscita, una grossa mano mi afferrò il polso immobilizzandomi.
Era Daniel.

 

 

 

 

< Spazio autrice >

Salve a tutte ragazze, questo è il primo capitolo della fan fiction che sto scrivendo.
Spero di essere stata abbastanza chiara su com'è l'inizio di questa storia.
Riassumendo in breve, Samantha si è trasferita a Chicago all'inizio della prima superiore, e già dal primo giorno è stata presa di mira dai bulletti della scuola, ovvero Daniel e la sua truppa.
Daniel ha subito imposto la sua autorità e Sam, lo ha sminuito.
Da quel giorno è sempre sotto al loro mirino, e con l'avanzare del tempo, Sam imparò a non dimostrarsi debole, imparò ad essere più forte, anche se dentro, voleva solo abbandonare la sua vecchia vita.
Spero di essere stata esaustiva nella semispiegazione.
A presto.

Camilla.

  
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