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Autore: Jelsa    06/02/2014    2 recensioni
"Perchè lui?" chiedeva sua sorella alla Luna
"Perchè lui se n'è dovuto andare?"
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Frost
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta, in un paese lontano lontano, un ragazzo di appena sedici anni che abitava in una baita con la sua famiglia. Il ragazzo aveva dei profondi occhi scuri, simili a quelli del legno mogano, che facevano contrasto alla sua pelle chiara. I caratteri di un bambino misti a quelli di un uomo si intrecciavano perfettamente nel suo corpo.
Il ragazzo amava la neve, non vedeva l’ora che arrivasse l’Inverno e sperava che potesse durare sempre un po’ di più dell’anno precedente. Danzava sotto i fiocchi di neve, pattinava sul ghiaccio come se partecipasse a delle gare. I suoi amici e la sua famiglia credevano che scherzasse sempre quando diceva che voleva dominare il freddo o meglio, tutti credevano che scherzasse sempre. Jack, così si chiamava, amava divertirsi, trovava il bello anche nelle cose più brutte, per lui non esisteva la tristezza, il sorriso gli tagliava il viso in una curva dolce e splendente.
Un giorno arrivò l’Inverno e Jack divenne felice appena il primo fiocco gli si posò sul naso. Incrociò gli occhi per cercare di vederlo e sua madre lo rimproverò perché non sta bene incrociare gli occhi, neanche per scherzo. Jack quella mattina era felice e non andò a scuola perché la neve era tanta. Uscì di casa appena fatto colazione e insieme a sua sorella Susan iniziarono a giocare nel boschetto.
“Jack! Jack! Tanto vinco io!” e Susan iniziò a correre tra gli alberi lanciando le palle di neve a suo fratello.
“Oh bimbetta questo è ciò che speri!” diceva Jack mentre la prendeva in braccio da dietro e la scuoteva dolcemente.
“Ma tu Jacky non ce l’hai la ragazza?” chiese poi quel giorno quando la mise giù delicatamente. Jack la guardò dolcemente e vide gli occhi di Susan scavargli dentro. Era sì piccola quella bimba, ma solo i bambini sanno farti dire la verità.
“Ho già una sorella che mi sta sempre dietro, perché avere una ragazza che fa lo stesso?” le rispondeva poi divertito. E iniziavano a ridere, per tutta la giornata, finché il sole non scendeva dietro le montagne sempre bianche.
Di notte Jack metteva a letto Susan e le prometteva che l’uomo nero non l’avrebbe mai presa perché c’era lui a proteggerla e quando la bambina si addormentava dopo l’ultima favola lui scendeva nel bosco. Lì ascoltava il gufo in lontananza e l’ululato dei lupi. Sospirava e immaginava la città piena di luci, il vociare nei locali, il chiasso per le strade. Chiudeva gli occhi e si immaginava a mille miglia da lì, al mare o in montagna, non importava. Quella notte immaginò di essere sulla Luna così iniziò a camminare sul tappeto bianco, scalzo. Si guardò indietro e vide le sue orme impresse nella tela soffice. Iniziò a correre nel bosco tra il freddo e la neve che gli entravano dentro. Ispirò il gelo della notte, si sentiva felice mentre la brina lo accarezzava. Vide la luna che perdeva colore e il cielo stava mutando così si voltò indietro e corse a casa, lì decise che ormai ora di dormire davvero.
Jack sognò la neve e in quella cascata spuntò una figura celeste, quasi trasparente, di una ragazza, forse leggermente più grande di lui. Lo chiamò Figlio Della Luna e lui non capì perché. La ragazza lo invitò nella sua bufera, era tempestosa ed era sola. Jack ebbe timore di quella ragazza e fuggì lontano, ma la giovane lo inseguiva. Lei lo prese per un braccio e lo avvicinò a sé, stava per dire qualcosa.
“Jacky!” Susan gli piombò sulla pancia come solo lei poteva fare. Jack la prese, la spostò delicatamente e aprì le finestre. Il sole era leggero lassù, nascosto tra le nuvole calde.
 Dalla cucina arrivò la chiamata della loro madre per la colazione e i due scesero velocemente, facendo a gara per chi arrivasse prima e chi prendesse i biscotti con più cioccolato.
“Lo sai mamma che oggi Jacky mi porta a pattinare?” cinguettò felice Susan mentre sua mamma le versava il latte nella sua tazza rigorosamente lilla. La madre guardò Jack e lui alzò le spalle e sorrise come faceva sempre d'altronde. I due fratelli finirono con calma i loro ultimi biscotti preparati dalla loro mamma; presero i cappotti, i pattini e uscirono veloci verso il laghetto vicino casa. Iniziarono a correre felici e spensierati, Susan rideva mentre Jack la faceva volare sulle sue spalle, senza troppi pensieri a tempestare le loro menti.
Arrivarono al laghetto in meno di cinque minuti e i due si misero i pattini, felici per quella nuova giornata piena di giochi e divertimenti. Jack mise un piede sul ghiaccio e gli sembrò abbastanza solido da poterci pattinare, lui era un vero esperto di ghiaccio secondo Susan, si fidava ciecamente di suo fratello. Susan seguì Jack sul ghiaccio e i due iniziarono a pattinare, quasi sapessero fare solo quello nella vita.
Ad un tratto Susan si fermò, le sembrava di aver sentito un rumore strano. Jack si fermò e chiese a sua sorella come mai se ne stesse ferma lì, fece per avvicinarsi a lei, ma si bloccò. Jack notò delle crepe sul ghiaccio sotto i pattini di Susan. La bambina guardò in basso e iniziò ad avere paura.
“Jack…” mormorò spaventata, sull’orlo del pianto.
“Ei, ei, sono qui…” rispose il fratello “n-non guardare basso” aggiunse. Jack guardò sua sorella negli occhi e ci vide il terrore che solo i bambini hanno. Il ragazzo prese un bastone lì vicino e provò ad avanzare verso la bimba, ma ad ogni movimento il gelo si crepava.
“Jack ho paura…” disse Susan immobile.
“Non preoccuparti, andrà tutto bene, te lo prometto! Noi… Noi ci divertiremo” fece lentamente Jack cercando una qualche maniera per avvicinarla a sé.
“Non è vero!” urlò piano Susan ormai con qualche lacrima sulle guance.
“Ti sembra che stia scherzando?” disse con un sorriso non troppo vero sulle labbra. Gli serviva forse per mettere a suo agio Susan, ma ebbe l’effetto contrario.
“Sì! Tu scherzi sempre!” lo rimproverò sua sorella e mosse un piede, il gelo si crepò.
“No no, non questa volta… Ehm… Noi… Giochiamo a campana! Sì, a campana, come quella che fai a scuola con i tuoi amici!” rise Jack mentre poggiava un piede qua e uno là sul ghiaccio, mentre si crepava.
“Uno, due…” stava su un piede, con il bastone in mano e il gelo che sembrava ali di farfalle. Al ‘tre’ si gettò verso la sorella e la scaraventò via, lontana dal ghiaccio instabile. Jack si alzò sui gomiti e vide la sorellina che allungava una mano verso di lui mentre sprofondava nel buio del lago ghiacciato.
“Jack!” urlò con tutta la voce che aveva dentro di sé. Ma Jack non tornava su, il ghiaccio si muoveva e stava per chiudersi.
“Jacky!! Ti prego!” continuava Susan, senza sapere che fare, impotente, lì, con un problema decisamente più grande di lei.
Susan tornò a casa da sola quel giorno, aveva paura nel bosco senza il suo fratello. Teneva i pattini per le mani e aveva la brina che le rigava il viso. La madre era davvero preoccupata, chiamò il padre che era sempre a lavoro e lui corse veloce al laghetto, ma il giacchio si era fatto forte e Jack non si trovava.
La sua famiglia pianse molto quella notte, Susan non si addormentò facilmente e quando lo fece sognò.
Era al laghetto e pattinava da sola, malinconica mentre dal cielo scendevano dei fiocchi duri, spigolosi, che la ferivano. Ad un certo punto cadde e appoggiò le mani al ghiaccio per evitare di sbatterci il viso. Guardò perplessa oltre il vetro opaco e vide un ragazzo, biondissimo, aveva gli occhi chiusi. Il ragazzo galleggiava e toccò, quasi senza vita, il ghiaccio dall’altra parte, forse per toccare la bimba. Poi aprì gli occhi e Susan ci vide il cielo di quando nevica. Era Jack, ne era sicura, era lui. La bambina colpiva il ghiaccio, ma il ragazzo fu risucchiato dal buio del fondo del lago.
Susan si svegliò e corse in camera del fratello, sicura che magari era tutto solo un sogno, sicura che lui era in camera sua mentre dormiva dopo aver danzato sul suo palco bianco. Aprì la porta di botto e Jack non c’era. Il letto vuoto, freddo, senza Jack a scaldarlo. Susan si sedette al ciglio del letto e pianse quelle poche lacrime che le erano rimaste.
Fu allora che sentì il gelo entrarle nel corpo. Si girò, ma non c’era nessuno. Delusa, si alzò e si incamminò fuori. Risentì il freddo, sul naso, proprio dove cadevano sempre i primi fiocchi a Jack. Si voltò, ma non c’era nessuno così si sedette e guardò il cielo.
“Perché lui? Perché?” chiese alla Luna innocentemente. Abbassò lo sguardo e udì la risata di Jack dietro un albero.
“Jacky? Sei tu?” attendeva un sì, una risposta, sperava fosse lui. Susan si alzò e camminò verso quell’albero, gli girò attorno ma niente. Chiuse gli occhi e sospirò, si sentì infinitamente sola e triste. Li aprì lentamente e si sentì avvolta in un abbraccio gelido che la portò in aria.
“Ei bimba, pensavi davvero che ti avrei lasciato sola?” fece una voce, lì nel freddo, ridendo.
La bambina rise, perché Jack non faceva altro che farla ridere, anche quando piangeva, anche quando ormai non c’era più.
E rideva, si divertiva, perché infondo Jack era così.







#Spazio autrice (?)
Eilà people! Bene, dopo un interminabile periodo Larry, fanfiction gay a gogo, oggi mi sono cimentata in un tema del tutto nuovo! Se siete qui sicuramente avrete visto Le 5 Leggende (non è sdhfvoi ** ??)... Bene, mi sono innamorata di Jack e così ieri, mentre mi sparavo filmini mentali su di lui, mi è venuto in mente di scriverci una storia... Che poi non me la sono inventa, ho semplicemente messo per iscritto la sua morte, che triste... Bho vabbè, spero sia piaciuta...
Ciao!!!!
  
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