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Autore: japanmaniac    07/02/2014    0 recensioni
Jin va in America. La storia racconta le sue esperienze le sue emozioni e quell'incontro con i vecchi fantasmi che lo metterà in crisi..
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando ho sentito per la prima volta la parola America sono rimasto senza fiato. Sognavo di diventare un cantante sin da bambino e ora la vita mi stava regalando un'occasione.

Ero un idol, una star nel mio paese. Le ragazze si strappavano i capelli per me e i ragazzi mi imitavano. Io e il mio gruppo facevamo il tutto esaurito ai concerti e i nostri album vendevano parecchio, ma a me non bastava.

Io volevo essere qualcuno. Volevo che il mio nome fosse davvero famoso, inserito nella scena musicale mondiale.

Quando ricevetti la proposta non salutai nessuno, né parlai ai miei compagni, lasciai che fosse la stampa a dare la notizia, come se la cosa non mi importasse, come se quei ragazzi che consideravo dei fratelli, all'improvviso non valessero più nulla.

Salì sull'aereo e mi ritrovai nella terra promessa: l'America.

Ovviamente fu un trauma. Trasformarmi nel signor Nessuno non fu semplice, né piacevole.

Niente ragazzine urlanti, ne fotografi o giornalisti. Mi aggirai nell'aeroporto come un qualsiasi turista chiedendomi se avessi fatto la mossa giusta, ma quello era il mio sogno...

Quando arrivai nell'ufficio del mio nuovo manager trovai una graziosa segretaria a ricevermi. Le pareti dell'ufficio erano zeppe di foto di cantanti famosi, un sogno per me.

Ricordo che quando entrai e lo vidi rimasi colpito. Era un uomo di mezza età con un grosso cappello da cowboy. La prima cosa che fece quando ci presentammo fu una mossa di karate che schivai per un soffio, e che accompagnò da un urlo alla Bruce Lee.

Lo fissai mentre se la rideva alle mie spalle e pensai che a quel tipo stavo affidando il mio futuro.

Comunque non mi importava: ero in America e questo era l'importante!

Feci ascoltare a quell'uomo i miei pezzi ma quello non mi fece nemmeno finire rifilandomi un brano commerciale, convincendomi del fatto che con quella roba avrei sfondato. Io ero poco convinto, mi chiedevo come potesse piacere un brano così sciocco ma feci come diceva, infondo lui era il manager di un sacco di cantanti famosi, chi ero io per giudicarlo.

Incredibilmente in breve tempo la canzone finì prima in classifica, e iniziarono a girare i veri soldi. Cifre da capogiro mai viste in Giappone. E con i soldi, arrivarono anche le donne, belle e profumate, molto più disinibite rispetto a quelle che avevo conosciuto sino a quel momento. Ricordo la mia prima uscita serale. Era stato proprio il mio manager ad organizzarmela. Entrai nel locale sorpreso dalla mole di persone e alcol. Erano tutti su di giri, questo lo ricordo perfettamente. Tom aveva organizzato tutto per festeggiare il mio successo. I festeggiamenti comprendevano due bionde mozzafiato.

Ho scoperto che in America i ragazzi giapponesi non sono visti bene. Non piacciono, vengono considerati effeminati e poco dotati. Qui vivono di stereotipi, per loro i giapponesi vivono in kimono, i ragazzi sono tutti come Bruce Lee e le donne tutte geishe, ci facciamo le seghe con i cartoni animati e ci nutriamo solo di sushi.

Sono stato chiamato in tutti i modi: femminuccia, muso giallo, frocio e questo solo per citare i nomignoli più gentili. I soldi però cambiano tutto e infatti in un attimo mi ritrovai circondato da nuovi 'amici'.

Le due bionde non aspettarono nemmeno un ora prima di infilarmi la lingua in gola e di questo ringraziai davvero quel paese fantastico.

Circondato com'ero da soldi e gente mi scordai completamente del mio passato. Ignorai la mia famiglia a cui, ricordo, feci solo una telefonata per dire che ero vivo e stavo bene. Ai miei vecchi compagni nemmeno una parola, solo ora mi rendo conto di essere stato un coglione, ma, andiamo! Ero un ragazzo di vent'anni con un sogno e tantissimi soldi! Chiunque si sarebbe comportato così...

Un giorno, feci una conferenza stampa per il nuovo album e tra tutti i giornalisti trovai dei rappresentanti della più famosa emittente di Tokyo. Le domande ovviamente si concentrarono sulla mia dipartita dai Kat tun. Ricordo che mi arrabbiai moltissimo: ero in America, ero famoso, ricco e popolare e quelli mi chiedevano cose a cui non importava nulla a nessuno! Ero ancora ubriaco della sera prima, era un periodo intenso in cui non dormivo quasi mai, registravo i miei pezzi e passavo le serate tra donne e alcol. Quel giorno era uno di quei momenti. Ero stanco, e ancora sballato. Ero così nervoso che urlai esasperato che non me ne importava nulla di quella gente, che io avevo fatto il mio percorso e che ciò che quei ragazzi facevano non mi riguardava.

Quando il giorno dopo lessi quell'intervista mi sentì uno stupido ed era esattamente quello che ero.

 

Rientrai in Giappone solo due anni dopo e l'unica ragione per cui lo feci era che mia madre mi aveva praticamente implorato in lacrime di tornare a casa per Natale.

Quando entrai in casa i miei mi accolsero con sorrisi e abbracci. Tutto mi sembrava stranissimo.

I miei abitano in una vecchia casa tradizionale, nemmeno tutti i miei soldi sono riusciti a convincerli a trasferirsi in un appartamento più moderno. Il cibo giapponese non mi piaceva più e per mia madre ero diventato troppo magro e più maleducato.

Nessun alcolico a casa mia, e il mio vecchio fu ton era così scomodo e duro. Alle nove e mezza erano tutti già a letto e a me non restava che starmene lì, nella mia stanza, in un silenzio che non conoscevo più da anni a guardare il soffitto.

Quella notte uscì nella veranda, fissando quella nottata di luna piena, con la sigaretta tra le mani e la testa piena di pensieri.

Ovviamente quando si sparse la voce che ero tornato, molte vecchie conoscenze si fecero vive e così una sera ricevetti la telefonata di Koki che mi invitava ad una cena con i vecchi compagni.

Sulle prime rifiutai, poi quel ragazzo impossibile fece tanto che fui costretto ad accettare...

  
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