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Autore: bice_94    07/02/2014    6 recensioni
c'è una grande differenza tra credere di amare e amare davvero qualcuno. Oliver ne è consapevole?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pelle bruciava, ma il suo corpo non riusciva a riscaldarsi. Il freddo avvolgeva le sue ossa doloranti. Gli occhi erano incredibili pesanti e bruciavano terribilmente. La testa pulsava con prepotenza, mentre sentiva il battito del suo cuore accelerato battere violentemente nelle sue orecchie. Il suo stomaco sembrava non voler aver pietà di lei, nonostante avesse già vomitato tre volte. Si guardò leggermente intorno.
Era ormai sera e il divano cominciava ad essere un po’ stretto.
Quella febbre la stava distruggendo. Si sente veramente uno straccio.
Tommy era partito da un paio di giorni ormai. Probabilmente quelle due settimane sarebbero serviti ad entrambi. Lui era ormai diventato una persona importante per lei, forse più come un amico che come un amante, ma rimaneva ancora qualcuno che si era fatto spazio prepotentemente nel suo cuore. Avrebbe potuto chiamarlo in una situazione del genere, ma essendo a Londra non avrebbe potuto aiutarla.
Poi c’era Diggle. Beh, lui era il suo fratello maggiore, ma anche lui era fuori città per alcune questioni personali. Probabilmente la sua ex moglie, era felice per lui.
Thea sarebbe stata al club.
Quindi facendo un rapido calcolo rimaneva solo Oliver. Lui che probabilmente in quel momento si trovava in qualche bel ristorante a cena con la splendida Laurel. No, lei non l’avrebbe chiamato.
Non sapeva perché il suo cervello stesse cercando qualcuno a cui chiedere aiuto. Non era una bambina e aveva solamente una febbre che la faceva sentire come all’inferno, ma era ancora solo una febbre.
Chiuse di nuovo gli occhi, sperando che il buio la aiutasse a fermare il dolore della testa.
Ben presto perse la cognizione del tempo, ma un suono particolarmente fastidioso la riportò alla realtà.
Il campanello.
Chiuse gli occhi nella speranza che fosse solo frutto della sua mente. Non aveva intenzione di alzarsi, ma la persona al di là di quella porta sembrava insistente. Era già la secondo volta che suonava quel maledetto affare. Respirò profondamente mentre si sedette a fatica sul divano.
F: un secondo sig.ra Lardem, arrivo.
La sua voce era gutturale e leggermente infastidita. Doveva essere la vicina, che probabilmente aveva perso di nuovo uno dei suoi gatti. Solitamente l’avrebbe aiutata, ma di certo non oggi.
Quando i suoi piedi toccarono il pavimento freddo, rabbrividì violentemente. Si alzò, ma la sua testa girava a sufficienza. Si attaccò agli appigli che aveva intorno e raggiunse lentamente la porta. Si rese conto di indossare un pigiama non proprio meraviglioso, ma non le importava gran che.
Aprì, senza prestare molta attenzione, attaccandosi con sicurezza al pomello, sperando le facesse da sostegno.
F: sig.ra Lardem, stavolta non poss-..
Le parole le morirono in bocca, quando vide chi era in realtà. Oliver Queen, con un’espressione confusa.
F: tu non sei la Sig.ra Lardem.
Un piccolo sorriso gli abbellì il viso.
O: no, l’ultima volta che ho controllato non ero questa sig.ra Lardem.
Felicity sentì un altro brivido attraversagli la schiena e il suo equilibrio farsi più precario. Approfondì la sua presa  sulla porta, appoggiandosi contro di essa.
Questo non passò inosservato all’uomo che sembrò accorgersi solo in quell’istante dell’aspetto della ragazza. Era pallida, fatta eccezione per le guance arrossate. I capelli erano leggermente in disordine, il trucco assente, gli occhi lucidi e terribilmente profondi. Le sembrò di vederla vacillare sulle gambe.
F: Oliver? Che ci fai qui?
L’uomo non le rispose, ma continuava a fissarla. Sembrava più fragile di quanto non se la ricordasse. C’era qualcosa che ovviamente non andava. La sua voce era stato un sussurro, senza divagazioni, senza troppa enfasi. Quella non era Felicity.
O: stai bene?
Felicity ammise a se stessa che, in condizioni normali avrebbe gioito per una visita a sorpresa di Oliver Queen, ma non quel giorno. Era un disastro e di certo non voleva che la vedesse così.
F: si, solo un po’ di influenza.
Cercò di staccarsi dalla porta, ma se ne pentì immediatamente quando le vertigini tornarono all’improvviso. Vide il volto dell’uomo diventare una maschera di preoccupazione e sentì il suo braccio avvolgersi saldamente alla sua vita.
O: solo un po’?
Sentì il corpo della donna appoggiarsi pesantemente al suo fianco e Oliver ebbe la sensazione di essere a casa. Era una cosa irragionevole, lo sapeva, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione. Abbassò lo sguardo, cercando il viso della ragazza. Si era fatto all’improvviso più pallido e sentì un leggero senso di panico raggiungerlo.
O: Felicity?
Non ricevette risposta, così provò di nuovo.
O: ehy?
Nel frattempo la ragazza stava combattendo furiosamente con il suo corpo. Solo la vicinanza di Oliver sembrava averla scaldata un po’, ma finì con il dimenticarsi quella leggera sensazione di sollievo, quando un’ondata di nausea la colpì di nuovo. No no no, non ora.
F: oh dio!
Si portò una mano alla bocca, mentre Oliver cercava di capire cosa fare.
F: Oliver sto per vomitare. Bagno, ora.
L’uomo la fissava in stato di shock, ma cercò di muoversi il più veloce possibile, senza abbandonare la presa, per paura che cadesse a terra.
O: dov’è?
F: in fondo al corridoio.
I passi furono fatti velocemente. Beh per quanto possibile. La stava praticamente trainando.
Non fece in tempo a raggiungere il water che Felicity era già piegata rimettendo quel poco che aveva ancora in corpo. Oliver le rimase vicino e le tirò indietro i capelli, accarezzandole lentamente la fronte. La sua mente era razionale, sapeva che non era altro che una banale influenza, ma vederla stare male lo disturbava. Quando ebbe finito, Felicity scivolò sul pavimento, evitando gli occhi dell’uomo.
O: aspettami qui, torno subito.
Lo sentì uscire dal bagno, ma non tirò su gli occhi. Questa era stata la cosa più imbarazzante della sua vita e ne aveva avute di occasioni imbarazzanti. Pensò che in questo momento Oliver fosse fuggito il più lontano possibile da lì. Invece, proprio in quel momento lo sentì tornare. Doveva aver tolto la giacca di pelle, perché al suo posto ora c’era solo un maglione blu, con le maniche leggermente tirate su. Si accucciò alla sua altezza e le porse un bicchiere d’acqua. Felicity alzò gli occhi, con la paura di vedere la faccia di Oliver, ma quando incontrò il suo sguardo vide solo tenerezza e preoccupazione.
O: tieni, bevi un po’.
La ragazza prese giusto un sorso, prima di appoggiare lentamente il bicchiere accanto a sé.
F: Oliver.. sono così.. mi dispiace
Oliver le accarezzò dolcemente la guancia, sorridendo leggermente e cercando di memorizzare ogni centimetro del suo viso, seppur pallido e stanco.
O: Felicity non devi scusarti per questo. Dovresti farlo piuttosto perché non mi hai chiamato prima. Vieni andiamo. Ti porto a letto.
La stava aiutando ad alzarsi, quando si rese conto di come poteva suonare ciò che aveva appena detto, ma prima che potesse spiegare, sentì Felicity ridacchiare contro il suo fianco.
F: nemmeno nei miei sogni più selvaggi questa frase suonava così bene.
Lo stava prendo in giro, ma non gli sfuggì il lampo che attraversò i suoi occhi. Tuttavia, anche Oliver fu trasportato in una risata.
O: credevo di aver appena detto qualcosa di imbarazzante. Insomma pensavo di essere stato il Felicity della situazione, ma come sempre mi hai battuto.
La ragazza gli sparò uno sguardo divertito.
F: non riesco a picchiarti, ma sappi che in questo momento vorrei farlo.
Oliver ridacchiò al suo tono, reso assolutamente inverosimile dalla sua voce flebile. Iniziarono ad uscire dal bagno, ma l’uomo la sentì vacillare sotto la sua presa. Sospirò e senza pensarci due volte la tirò a sé, mettendogli un braccio sotto le ginocchia e uno alla schiena, sollevandola da terra.
F: oh dio! Oliver mettimi giù.
Doveva stare veramente male, perché quella non sembrò sicuramente una vera protesta.
O: Felicity non riesci a stare in piedi e di questo passo non arriveremo alla tua camera nemmeno domani. Dimmi qual è.
Felicity sospirò.
F: prima porta a destra.
Nella mente della ragazza c’erano ancora molte lamentele, ma il calore del corpo di Oliver la rese del tutto innocua. La sua testa continuava a pulsare e il freddo sembrava essere peggiorato. Si appoggiò pesantemente all’uomo e poteva sentire sotto il suo orecchio il battito cardiaco costante e forte di Oliver. Sapeva di essersi innamorata di lui molto tempo prima e sapeva perfettamente che non avrebbe potuto dimenticarlo facilmente, che avrebbe dovuto combattere contro di lui e contro se stessa per farlo. Eppure in quel momento tra le sue braccia, non aveva alcuna voglia di combattere. Domani, si, si disse che avrebbe cominciato a combattere domani o dopo domani forse, ma di certo non oggi. 


p.s. eeeeeh eccoci quiiiii.. :D abbiamo fatto un bel pò di passi, ma dobbiamo arrivare ancora più in là.. il prossimo capitolo ripartirà proprio da qui.. chissà che succederà? spero siati curiosi di saperlo e spero vi sia piaciuto.. aspetto vostre notizie, come sempre d'altronde.. ciao ciao e un bacio a tutti. :D ah, buon weekend.. :D
   
 
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