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Autore: Marie Claire    07/02/2014    2 recensioni
Elliot x Leo
Si accorse che la stanza bianca stava sprofondando nell’oscurità, e allora, prima di consegnarsi definitivamente ad essa, suonò per la prima volta quel pianoforte.
“Statice … Qualcosa di immutabile che il tempo non cambia …”
Si aggrappò all’ultimo bagliore bianco, immaginando che Elliot fosse a suonarla lì con lui.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mantello rosso venne gettato senza alcun riguardo in un angolo della stanza e lì si afflosciò, creando l’impressione di una piccola pozza di sangue.
Il ragazzo cercò un sostegno per appoggiarsi mentre il respiro affannoso non accennava a fermarsi.
–È meglio che adesso si riposi. Il contratto l’ha sfiancata, Milord Baskerville.
Le iridi nero-violacee di Leo incontrarono quelle eterocromi di Vincent.
–Lo so.-si avvicinò al sontuoso letto a baldacchino e vi si abbandonò. Poi , come se si fosse ricordato all’improvviso della presenza in più nella camera,si voltò verso l’altro.
–Adesso puoi andare, Vincent.-nonostante il tono brusco rotto dalla stanchezza, c’era una punta d’insicurezza nell’ordine che fece arricciare gli angoli della bocca del biondo.
–Come desidera. Sogni d’oro.
Rimasto solo, Leo chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il proprio respiro.
Jabberwock non era stato particolarmente difficile da domare. Certo, aveva avuto un attimo di timore di fronte a quell’enorme drago nero, ma una volta che il Chain ebbe riconosciuto in lui Glen tutto era andato liscio come l’olio.
Anzi, era stato … Quasi normale.
Rise senza gioia tra sé. Ovvio che fosse stato semplice: lui era la reincarnazione di Glen, il capo dei Baskerville.
Sebbene il suo legame con la carica per ora fosse concretizzato attraverso quel contratto, il giorno dopo avrebbe abbracciato completamente quella vita e i doveri che da essa derivavano.
E magari, con un po’ di fortuna, si sarebbe lasciato indietro Leo e le sue debolezze …
Immagini sfocate comparvero davanti ai suoi occhi-tutte rappresentanti la stessa persona-e riprese a inspirare sempre più velocemente con le mani che artigliavano la coperta sotto di lui.
Pian piano si calmò di nuovo e, senza accorgersene, si addormentò.
 
 
 
Aprì gli occhi di scatto.
Si trovava in una stanza di un bianco abbacinante, talmente accecante che dovette ripararsi il viso.
Con suo stupore, avvertì sotto le dita le lenti degli occhiali, e le tastò perplesso; quando li aveva messi? Era stato Vincent?
Abituandosi poco per volta a quel candore immacolato, si guardò attorno.
Di sicuro non era la magione dei Baskerville; non c’erano stanze del genere in quel posto.
Si sforzò di capire quanto fosse grande, ma sembrava semplicemente infinita.
Al centro c’era qualcosa di altrettanto luminoso e bianco e constatò di cosa si trattasse quando vi fu vicino.
Era un pianoforte a coda. Un magnifico pianoforte, ammise.
Lucidissimo come uno specchio, semplicemente splendido. Ne toccò un tasto tremante e quello risuonò nel silenzio più assoluto, facendolo sobbalzare.
 
–Sei venuto! Era ora, è da tanto che aspetto! Quanto pensavi di metterci, eh?
 
Come se avesse aspettato soltanto quel suono, una voce lo chiamò indispettita.
Quel tono … possibile … No …
Si voltò lentamente, e quasi crollò sul sedile accanto al pianoforte.
I capelli biondo paglia sempre scompigliati, nonostante il desiderio del proprio padrone di essere impeccabile. Le sopracciglia aggrottate sopra agli occhi azzurri dal taglio severo, ma mai crudele. Il neo sotto di essi.
La corporatura snella e agile.
Non c’era alcun dubbio. Quello era indiscutibilmente Elliot Nightray in persona.
–Beh, ti siedi?
Come un automa, le sue ginocchia si chinarono e Leo si sedette a fianco dell’amico.
–Come stai?
Era una domanda così assurdamente normale-o normalmente assurda?- da farlo rimanere zitto per qualche minuto, continuando a fissare la figura dell’altro, per la paura di vederla svanire.
–È … È tutto a posto …
Elliot alzò impercettibilmente un sopracciglio, e l’occhialuto capì che non era il genere di risposta che si aspettava.
–Ti ho chiesto come stai, non come stanno andando le cose, scemo! Rispondimi!-abbaiò rude.
–e io ti ho risposto!-l’irritazione che anticamente accompagnava le uscite del suo ex-padrone riaffiorò in Leo, che l’accolse con sorprendente familiarità mentre ribatteva:–Non è colpa mia se non dici le cose come stanno!
–Chi, io?! Non sono io quello che sta eludendo la domanda!
Silenzio.
Elliot sospirò e aprì il pianoforte, accennando ad una melodia comune.
–Hai visto Gilbert in questi giorni?
–Eh? No.-Come avrebbe potuto? Lo avevano tenuto per gli interrogatori, da quando … Scosse la testa e si concentrò sulle dita del Nightray sulla tastiera.
–Immagino che tu allora non abbia visto neanche il tappo, giusto?
Leo ebbe la sgradevole sensazione che Elliot sapesse tutto quello che aveva passato in quel periodo, compresa la sua decisione.
–No, non ho avuto modo di vedere Oz o qualcun altro.
Elliot smise di suonare e lo fissò dritto negli occhi-e poco importava che fossero coperti dalle lenti, considerando che sembrava volergli scavare dentro.
–Si può sapere che ti passa per quella testaccia vuota?
Ecco, questo era ciò che più aveva temuto di sentirsi dire.
Non voleva confrontarsi con Elliot, e per un attimo fu tentato di rispondergli per le rime e urlargli la sua disperazione e domandargli come si sarebbe comportato al posto suo … ma si fermò in tempo. Elliot non avrebbe MAI fatto uccidere il suo migliore amico per uno sbaglio. Avrebbe trovato un’altra strada, non si sarebbe arreso.
Perché era diverso da lui. Completamente.
–Io-
–Non ci credo che tu abbia scelto … Loro. Non ci credo.
Il tono dell’amico era pieno di così tanta amarezza che Leo, a dispetto dei precedenti propositi, rimbeccò:
–Come fai ad esserne così sicuro?
–Perché-Leo tremò nel vedere le iridi azzurre serie e venate da una sincera compassione e dolore-tu non lo faresti mai. Il Leo che conosco io non lo farebbe mai. Leo combatterebbe. Il MIO Leo non sceglierebbe l’ultima opzione. Lui …
–… Forse non esiste più?
Calò di nuovo il silenzio.
–Non dirlo neanche per scherzo, cretino.-ringhiò Elliot.
–Mi dispiace.
–Non rigirarmi le mie stesse parole. Ah, e perché hai smesso di portare gli occhiali?
–Eh?
–Cos’è, aspetti che me ne vada per toglierli, quando ti ho sempre detto che è uno spreco?!
–Non è così! E-
Non riuscì a completare la frase che il braccio di Elliot lo trascinò bruscamente contro il petto dell’amico.
–Hai messo gli occhiali perché non volevi vedere il mondo.-sussurrò contro la sua spalla,-E adesso che non li hai, sei ugualmente risoluto nel non affrontare la realtà?
Non rispose. Si limitò a sollevare le braccia e a stringerlo. La stretta di Elliot s’intensificò.
–È facile parlare per poi sparire di nuovo. Non rimarrai, vero?
Sentì il Nightray sorridere.-Mi piacerebbe, ma ho fatto una scelta, e non mi è concesso tornare.
–Ti stai pentendo?
–No. Era mio dovere andare fino in fondo.
Si staccò da lui, sorridendo malinconico e duro.
–Non fare quella faccia, ti fa sembrare un ebete!
–… Scemo …
Lo cercò con lo sguardo, ma era svanito.
Si accorse che la stanza bianca stava sprofondando nell’oscurità, e allora, prima di consegnarsi definitivamente ad essa, suonò per la prima volta quel pianoforte.
“Statice … Qualcosa di immutabile che il tempo non cambia …”
Si aggrappò all’ultimo bagliore bianco, immaginando che Elliot fosse a suonarla lì con lui.
  
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