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Autore: xitsgabs    09/02/2014    1 recensioni
Chi sono queste persone? – Era la domanda che ronzava nella testa di Primrose da ore. C’era un via vai di persone ad ella sconosciute che abbracciavano tutta la sua famiglia, eccetto il papà che, secondo la bambina, non sembrava essere intenzionato a rincasare prima di qualche giorno.
[Questa fanfiction si è classifica seconda e vincitrice del "Premio Lacrima" nel contest: "About spoiled children and pretty girl" di M4RT1]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Viaggio infinito

 

Chi sono queste persone? – Era la domanda che ronzava nella testa di Primrose da ore. C’era un via vai di persone ad ella sconosciute che abbracciavano tutta la sua famiglia, eccetto il papà che, secondo la bambina, non sembrava essere intenzionato a rincasare prima di qualche giorno. Sua madre piangeva a dirotto fra le braccia della gente che entrava, sua sorella Katniss invece era impassibile: apriva la porta a chi si introduceva in casa, accettava delle cose chiamate condoglianze e offriva qualcosa da mangiare – anche se, da mangiare, non avevano già niente –, dopo un po’ Primrose si ritrovò annoiata e decise di scappare nella propria stanza a giocare con le sue bambole. Proprio sue, non lo erano. Facevano parte delle cose che, da Katniss, erano passate a lei. Ma alla biondina le bambole piacevano proprio per questo. Erano appartenute a sua sorella maggiore, che era diventata così forte e bella, anche se aveva solo undici anni, che per Primrose era essenziale seguire le sue orme. Le pareva quasi anomalo il fatto che, solo pochi anni prima, anche la sua eroina giocava con quelle stesse, identiche, bambole.

Improvvisò una storia d’amicizia tra un bambolotto e un orsacchiotto, che riuscivano ad essere migliori amici nonostante le differenze e i diversi gusti in fatto di cibo – in fondo, a chi importa se un orso ti mangia? Magari, dopo il banchetto, è abbastanza buono per essere il tuo migliore amico. Sempre se lo superi, il banchetto –, ma la piccola aveva solo sette anni. Chi non ha mai fatto storielle assurde a quell’età? Quando non esisteva la pioggia – era solo acqua che il cielo mandava ai più poveri – e c’erano solo gli arcobaleni – un giorno, Primrose, avrebbe sicuramente trovato la tanto ambita pentola d’oro! –.

Dopo un’oretta passata così, decise di alzarsi e sistemò le sue bambole e pupazzi. Si guardò allo specchio e sorrise nel notare il modo in cui era vestita. Una bellissima treccia bionda che le cadeva sulla schiena, l’abito azzurrino corto e le scarpette anch’esse azzurrine. Non sapeva perché sua sorella l’avesse vestita di tutto punto, ma le piaceva. Sembrava una principessa.

Oh, piccola, ma tu sei una principessa! La voce di suo padre le risuonò in testa e arrossì a quel complimento, che aveva solo immaginato.

Amava così tanto il suo papà: egli era buono, amabile e gentile. Abbracciava sempre la propria secondogenita e le diceva che era bella, esattamente come la primula della sera.

 

«Prim, posso entrare?» la dolce voce di sua sorella era diversa, così diversa che la bambina quasi pensò di non aprirle la porta. Era così strano sentire il timbro della ragazza velato di tristezza. Insomma, parliamo di Katniss: anche se era una ragazzina di soli undici anni, il suo essere fredda e impassibile la caratterizzava già.

Primrose aprì la porta e lasciò entrare sua sorella che l’abbracciò di slancio. Ricambiò con tenerezza e sorrise, felice di quel piccolo contatto con la sorella, anche se quest’ultima la riempiva sempre di dolci attenzioni. Una volta ritrovatasi faccia a faccia con sua sorella, notò le lacrime scendere da quegli occhi grigi tipici del Distretto 12 e, istantaneamente, anche il volto della primula si intristì.

«Ho bisogno di parlarti, Prim.» sussurrò con voce compatta la ragazzina e le porse la mano che l’altra accettò senza esitare. Andarono in salotto e Primrose notò che gli invitati si erano decimati. Anzi, ne erano anche di meno. La sorella salutò i restanti, scusandosi per la sfacciataggine che aveva nel lasciare soli gli ospiti e uscì di casa.

 

L’altra non sapeva dove stessero andando, non conosceva molto bene quella strada del Giacimento, ma aveva l’impressione che la sorella la facesse ogni giorno. Una volta arrivate, capì dove l’aveva portata: era il bosco. Comunque non si fermarono, anzi, accelerarono di poco il passo. Katniss doveva parlare. Il fatto era che non era brava con le parole: aveva un carattere troppo distaccato per sapersi esprimere con tatto. A pensarci, però, questo era un problema che poteva avere con persone estranee alle sue vicende, non con chi viveva la sua stessa situazione. Così pensò a ciò che avrebbe voluto sentirsi dire e lasciò che le parole fuoriuscissero dalle sue labbra.

«Tu studi un po’ di geometria, giusto?» domandò la sorella più grande. La seconda annuì, senza fiatare. «Sai dirmi cos’è un segmento?»

Primrose fu allibita da tale domanda, ma annuì ciononostante. «È una  linea che ha un inizio ed una fine.»

«Sì, Prim. Esattamente. Sai, noi persone siamo un po’ come i segmenti. Abbiamo un inizio che è la nostra nascita, poi c’è la fine.»

Poteva fare di meglio, avere un po’ più di tatto. Per l’amor del cielo, le stava annunciando la morte di suo padre paragonando la sua vita ad un segmento?

«La fine? La fine di cosa?» chiese in un sussurro la piccola, confusa.

Alla primogenita si strinse il cuore, chiedendosi come avrebbe fatto a darle quella dolorosa notizia. Si fermò di scatto e si abbassò alla sua altezza, accarezzandole dolcemente il visino latteo.

«La fine della nostra esistenza.» forse questo è un po’ troppo esplicito! – pensò Katniss, letteralmente nel pallone e subito provò a correggersi. «Ma non è così male, forse ... vedila un po’ come l’inizio di un’avventura tutta nuova, un viaggio infinito.»

«Perché mi dici questo, Katniss?» domandò ancora Prim, incuriosita.

«Perché papà ha cominciato questo viaggio.»

Allora capì. Aveva sette anni, ma non era stupida. Non lo era mai stata, forse era troppo ottimista per conoscere realmente il significato di morte, ma non era di certo una sciocca: non avrebbe ancora saputo quanto e come il padre avesse sofferto nella tragica conclusione della sua vita e così doveva essere, perché alla fine a sette anni chi può capire la morte? Capisci che una persona non fa più parte della tua vita, capisci che non la vedrai più. Ma capisci davvero il concetto di morte in sé?

Si sedette sulla terra calda e pianse. Però era diverso dal solito: non era il pianto che una bambina fa quando si sbuccia il ginocchio, tantomeno quello che fa quando un’amichetta le ruba una bambola. Era un pianto reale, un pianto di mancanza e di dolore, un pianto d’addio.

«La supereremo, Prim.» sussurrò Katniss fra le lacrime silenziose, strappando con delicatezza dei fiorellini e intrecciandoli fra i capelli color oro della sorellina. Erano i fiori da cui Primrose prendeva il nome, le Primule della Sera. «La supereremo insieme, come sempre.»

Dopo trenta o quaranta minuti, i singhiozzi si erano placati. Gli occhi erano ancora lucidi e il viso umido, però riuscivano finalmente a controllarsi. Così uscirono dal bosco e s’incamminarono per casa loro.

«Katniss,» chiamò Primrose «quando rivedrò papà?»

Katniss aspettò qualche secondo prima di rispondere, non sicura della risposta da darle. Si sporse verso la sorellina e le baciò la fronte, con tenerezza. «Quando comincerai anche tu questo viaggio infinito.»

  
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