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Autore: berlinene    09/02/2014    5 recensioni
"Da quando ho memoria, lui c’è sempre stato e siamo sempre stati inseparabili, dal cortile dell’asilo, agli attuali banchi del liceo. Eravamo due pilastri della Shutetsu, poi la coppia d’argento della Nankatsu, poi compagni di panca in Nazionale. Sempre insieme. Sempre. Certo, c’era sempre stato anche quell’altro… Ma sempre a una certa distanza. Che, nel caso specifico della Nazionale, era, in molti casi, quella che intercorreva fra il campo e la panchina."
Prima classificata al contest VI concorso ELF: canon/fanon Contest indetto da Karon.
Coppia: JohnnyTed Prompt: Intruso
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Taki/Ted Carter, Sorpresa, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa One Shot nasce da una bozza rimasta nel mio pc davvero troppi anni (almeno cinque) e che ha miracolosamente trovato in questo contest, grazie a una quanto mai opportuna accoppiata di pairing e prompt, un finale e una nuova... dimensione. Purtroppo ci ho (ri)lavorato in un periodo un po’ incasinato e forse questa mia “figlia”non ha avuto tutte le attenzioni che meritava, ma spero comunque risulti gradevole.

Grazie a Karon per aver indetto il contest, a releuse per il betaggio, alle elfine di esistere.

Dedicata a Kara, per cui cinque anni fa era nata, scusandomi per l’immane ritardo (e per la modifica in corso d’opera lol), sperando che presto la legga. I miei "ciccioli" Teppei e Hajime sono, in realtà, modellati suoi suoi. Ci manchi, tesorina.

 

 

 

La regola dell'amico: proprio perché,
sei amico non combinerai
mai niente mai niente niente
mai "non potrei mai vederti
come fidanzato!"


883 – La regola dell’amico

dall’album “La dura legge del goal” 1996

 

 

 

La regola dell’amico

 

Apro gli occhi e la consapevolezza di quello che abbiamo fatto mi cade addosso come un macigno. Che diavolo ci è passato per la testa?

Controllo il respiro e resto immobile perché, allungando un braccio, il macigno mi schiaccerebbe definitivamente.

Sei un cretino, Teppei, sei un cretino che si lascia convincere con niente.

Soprattutto da lui. Mi viene da ridere: quando si tratta di Hajime, il mio cervello va in pappa e la testa mi serve solo per annuire.

Che gli voglio bene è sicuro, ma questo non basta a descrivere quello che provo per lui. È una sorta di fissazione, un’ossessione…

Da quando ho memoria, lui c’è sempre stato e siamo sempre stati inseparabili, dal cortile dell’asilo, agli attuali banchi del liceo. Eravamo due pilastri della Shutetsu, poi la coppia d’argento della Nankatsu, poi compagni di panca in Nazionale. Sempre insieme. Sempre.

Certo, c’era sempre stato anche quell’altro… Ma sempre a una certa distanza.

Che, nel caso specifico della Nazionale, era, in molti casi, quella che intercorreva fra il campo e la panchina.

Fino a ieri sera.

Il ruolo del più assennato è mio da che mondo è mondo. Lui la testa calda, io la doccia fredda della razionalità, quella che ti calma e ti scuote. E t’impedisce di fare cazzate.

Di solito.

Che ti voglio bene è sicuro e che c’è ben altro, anche.

Eppure non riesco a… dirti ti amo.

Non solo, peggio: non riesco a scopare con te.

Non riesco a darmi a te.

Eppure ti darei tutto, tutto: la mia vita ti appartiene già, ma non riesco, non riuscivo, mi correggo -il respiro che accelera- a concedermi.

Davvero, no dico io, davvero Hajime, c’era bisogno di TUTTO QUESTO????

 

 

Hajime ci aveva pensato a lungo: era un’idea folle, certo. Ma qualcosa dovevano pur fare. Non aveva mai dubitato, nemmeno per un attimo, dei sentimenti di Teppei nei suoi confronti, ma quella situazione di stallo andava superata. In un modo o nell’altro.

In principio aveva pensato solo di chiedergli un consiglio: quando si trattava di sesso, l’uomo da cercare era sicuramente Mamoru.

Mamoru, il più bello della scuola, da sempre, specie dopo la partenza di Genzo.

Mamoru il libertino, dalla vita sessuale strana e varia, che lui si guardava bene dal tenere debitamente privata. I racconti delle sue avventure erano immancabili nello spogliatoio e Hajime avrebbe giurato che Takasugi e Morisaki qualche volta avessero pure preso appunti.

Così quel giorno decise che gli avrebbe raccontato tutto, di lui e Teppei e dei loro problemi.

All’ombra del tendone di un bar vicino alla spiaggia, Izawa lo guardava con gli occhi sgranati, mescolando con aria assorta il caffè che aveva davanti.

“Insomma, tu e Teppei… wow! Non me lo sarei mai aspettato… e fammi capire: voi vi amate – lo disse come fosse una parolaccia- ma non riuscite a scopare. Francamente ho più esperienza del caso inverso ma… immagino il problema sia, della serie che siete troppo amici e che sia difficile per voi vedere l’altro in un… come dire… ruolo diverso. Tipo “la regola dell’amico”… ma non lo so. Non mi ci sono mai trovato in una situazione del genere, ecco.”

Hajime lo guardava intensamente, pendeva dalle sue labbra.

Mamoru sorbì pensoso dalla tazza, poi la riappoggiò sul tavolo e si sprofondò nella sedia. Intrecciò le mani in grembo e da sotto le sopracciglia folte lanciò al compagno uno sguardo sospettoso:

“E io cosa c’entro?”

Inchiodato da quel profondo sguardo color nocciola, Hajime ebbe un fremito. Aveva la gola secca e la lingua sembrava non volerne sapere di muoversi. Inghiottì a vuoto un paio di volte prima di riuscire a balbettare:

“Non lo so… sei tu no, lo specialista nelle faccende d’amore… di sesso… di donne… di uomini…”

Mamoru si toccò imbarazzato la nuca: “Specialista… beh… ho un po’ di esperienza, questo sì, ma…”

Hajime scattò in piedi e si chinò per guardarlo dritto in faccia, poggiando le mani sulle ginocchia dell’altro.

“Questo fine settimana. I miei saranno fuori. Organizziamo una cena da me e tu racconterai qualcuna delle tue avventure…”

“… delle mie cazzate, vorrai dire”.

Hajime sbatté le palpebre perplesso: “Non mi dirai che…”

“Beh insomma… a volte lavoro un po’ di fantasia, diciamo così,” ammise.

Il numero sette della Nankatsu ci rifletté un attimo, poi scosse la testa: “Fa niente! Non mi importa se ti sono successe davvero o no, tu raccontagliele e basta.” Chiuse gli occhi e serrò la presa sulle ginocchia di Izawa. “Resti comunque la mia ultima speranza” disse, con voce rotta. Poi si alzò e gettò dei soldi sul tavolino. “A sabato” concluse, allontanandosi rapidamente.

 

Teppei si fermò un attimo a guardarsi in una vetrina, prima di suonare il campanello. Con la mano libera sistemò il colletto della camicia e ravviò i ricci ribelli. Inutile: quelli stavano come volevano loro.

Raddrizzò le spalle e suonò il campanello. La voce di Hajime risuonò allegra dal citofono: “Sali”.

Afferrò con entrambe le mani l’involto contenuto nel sacchetto che aveva con sé e salì le scale attento che il dolce preferito dal padrone di casa non si rovinasse proprio sul finale. Pericolo che corse seriamente poco dopo, quando, alla vista di Mamoru spaparanzato sul divano, le mani dell’attaccante rischiarono di perdere la presa.

Cosa ci faceva lui, lì? Quando Hajime l’aveva invitato, Teppei aveva creduto si trattasse di una serata solo per loro due e ora si sentiva profondamente deluso.

“Ti ci entrano le mosche” gli sussurrò allegro Hajime, dandogli una sonora pacca sulla schiena che fece vacillare ancora una volta, pericolosamente, la vaschetta.

“Eh?” Cadde dalle nuvole il nuovo arrivato.

“Se stai così a bocca aperta”. Il padrone di casa gli spinse dolcemente il mento con le dita, invitandolo a chiudere la mascella, quindi gli sfiorò la guancia con un bacio leggerissimo. Al che Teppei mollò davvero la presa. Per fortuna Taki fu svelto ad afferrare al volo la vaschetta, esclamando deliziato: “Shiruko*!!!”

“Bella presa Taki!” commentò Mamoru dal divano, ironico. “Da far invidia a Wakabayashi”.

“Forse al Capitano no ma a Morisaki di sicuro!” rispose l’altro ridacchiando.

Normalmente Teppei si sarebbe spanciato dal ridere a sentire quella battuta, sfottere Morisaki e Ishizaki era uno dei passatempi preferiti degli ex della Shutetsu, ma in quel momento proprio non era in vena: Hajime lo aveva appena sbaciucchiato davanti a Mamoru! Che lo avesse fatto senza pensarci? Eppure non mostrava segni di pentimento o vergogna. L’attaccante girò piano la testa verso Izawa che, dopo avergli rivolto un cenno di saluto, si era rimesso tranquillamente a guardare la partita ostentando altrettanta indifferenza.

Ok, forse se l’era sognato.

“Accomodati pure,” gli disse Hajime indicando il divano su cui sedeva il numero otto, poco prima di sparire in cucina.

Teppei si sedette a mezzo metro buono da Izawa e, sbattendo perplesso le lunghe ciglia, si trovò a studiarne il profilo. Dalla spalla su cui posava, osservò la C birichina formata da una ciocca dei lunghi e folti capelli neri e risalì su accarezzando con lo sguardo l’ovale affilato, il particolarissimo taglio degli occhi, il naso perfetto e lievemente piegato all’insù: insomma, proprio un bel ragazzo. Era ancora, suo malgrado, perso in quelle riflessioni, quando l’oggetto delle sue attenzioni si voltò verso di lui, permettendogli di contemplare anche le sopracciglia folte e l’intenso color nocciola delle sue iridi. Nonché le labbra sottili che si piegarono all’istante in un sorriso aperto e gentile:

“E allora Kisugi? Che mi racconti di bello?”

“Mmm?” Fece quello, cadendo dalle nuvole. Poi si riscosse: “Niente di che… tu?”

Proprio la domanda che Mamoru voleva. Ora sarebbe iniziato lo show.

Sotto lo sguardo stupito di Teppei, il centrocampista intavolò un lunghissimo monologo circa un improbabile migliore amico dai tempi dell’asilo che aveva rincontrato ultimamente e che si erano visti, e che lui ne era molto attratto ma quando si arrivava al dunque proprio non riusciva…

Mentre il fiume di parole scorreva, Teppei passò dallo stupito, al sospettoso all’incavolato. Infine lo interruppe, serio e brusco:

“Basta così.” Aveva lo sguardo duro e le braccia incrociate sul petto. “Hajime ti ha raccontato di noi?”

Da un po’, dalla cucina non giungeva alcun rumore.

Mamoru, imbarazzato, non sapeva cosa rispondere. Fu Taki, materializzatosi sulla porta ad ammettere: “Sì”.

Teppei inspirò ed espirò profondamente, con la testa fra le mani.

“E perché mai, di grazia?” chiese tra i denti, sarcastico.

Hajime corse vicino a lui e si gettò in ginocchio, appoggiandogli la testa in grembo.

“Non ti arrabbiare!” La voce giungeva attutita perché la faccia di Hajime era premuta contro i jeans di Teppei. “Speravo ci potesse aiutare!”

“O per meglio dire, che riuscisse a convincermi…” sibilò l’attaccante.

“No” dichiarò Hajime con voce ferma. Poi gli si sedette accanto e gli accarezzò i capelli. “Solo farti capire che non c’è niente di male,” gli sussurrò in un orecchio.

“Esatto,” fece eco Mamoru con lo stesso tono dolce e carezzandogli a sua volta i ricci morbidi. Poi il centrocampista ristette un attimo, guardò i compagni di una vita e, improvvisamente, baciò Hajime.

Kisugi si irrigidì e rimase come congelato a guardare quei due baciarsi con passione: sì, perché Taki, sorprendentemente, ricambiò subito e con slancio il bacio di Izawa.

Teppei osservò con un misto di stupore e invidia le loro labbra che si cercavano voluttuose e trasalì quando, un attimo dopo, il bacio si fece ancora più profondo.

 

 

Il rossore sale nuovamente alle mie guance ripensando a quel momento e un formicolio mi percorre le parti basse.

Devo ammetterlo, per quanto mi costi: è stato terribilmente eccitante.

Ma ad accecarmi, a spingermi ad agire non era stata solo la fregola ma una bruciante, devastante gelosia.

A quel ricordo si sovrappone, quello, ancora più bruciante, di un letto che non c’era stato tempo di disfare...

 

Si erano buttati sul copriletto.

Aveva sentito la sensazione di freddo del tessuto lucido. Ma solo per un attimo.

Poi c’era stato il calore di corpi avvinti, gambe che si intrecciavano, mani che si cercavano, labbra che si bramavano.

Baci. Baci ovunque.

Morsi. Leggeri. Ma anche voraci. Come se avessero fame. Come se mangiare fosse possedere.

Mani ancora mani, sempre più vogliose.

Dita che afferravano... la nuca per approfondire il bacio, le spalle, per non farlo fuggire e farlo, lentamente, voltare.

Unghie, sulla schiena e le braccia.

Dita fra i capelli, lungo la spina dorsale, attorno alle natiche e poi nel…

Paura. Voglia.

Dita incomprensibilmente certe, qualcosa di alieno, fresco e piacevole. Perché non facesse male.

Avrebbe fatto male?

Paura. Voglia.

Dolore.

Riprendere a respirare.

Dolore. Dolcissimo. Piacere. Spaventevole.

Sbagliato?

Non vedo perché la gente debba preoccuparsi perché due persone si vogliono bene. Dovrebbero preoccuparsi di chi la gente l’ammazza, la stupra, la mena… no?

Chi l’aveva detto? Hajime? Oppure Mamoru? Chissà quando, chissà dove.

E poi, il piacere era esploso, accompagnato da un grido.

Anzi due.

Hajime era uscito da lui e si era buttato subito al suo fianco. Gli si era rannicchiato vicino senza dire una parola, e Teppei gli aveva preso la testa fra le mani, e portandosela verso il viso, con un gesto possessivo, l’aveva baciato, quasi con rabbia.

Proprio come aveva fatto neanche un’ora prima, per sottrarlo a Mamoru. E averlo tutto per sé.

Poi si erano addormentati.

 

Teppei allungò la mano per sfiorare il fianco di Hajime che, nel sonno, mugolò e si strinse di nuovo a lui.

Teppei sorrise. “Ho fame.” Sussurrò.

Hajime dischiuse appena un occhio e storse le labbra in un sorriso birichino, i suoi denti un po’ sporgenti che facevano capolino rendendo la smorfia ancora più buffa. “Sei insaziabile, Kisugi.”

“Ma se la cena non l’abbiamo neppure toc-” protestò, rendendosi conto con un attimo di ritardo a cosa l’altro alludesse, con quella strana luce negli occhi. “Che scemo.” Ridacchiò e si chinò per baciarlo.

“Sempre che Mamoru non si sia portato via tutto.”

“Eh?”

“Beh, in fondo lo avevo invitato a cena. Prima che se ne andasse gli ho detto che si prendesse qualcosa. Spero abbia lasciato lo Shiruko” concluse con un sospiro.

“Ma sarà diventato freddo…”

“Mi piace lo stesso. E poi… l’attesa aumenta il piacere…”

“Sei sicuro?”

“Con te ha funzionato.” Sentenziò, alzandosi agevolmente dal letto. S’ infilò un paio di boxer e una maglietta e sì avviò verso la cucina.

Teppei si rivestì e lo seguì a sua volta. Si fermò sulla porta della stanza, osservando il compagno – che sapore nuovo aveva quella parola- armeggiare per riscaldare le varie portate.

“Mamoru è stato piuttosto parco, dai. Sono spariti completamente solo gli onigiri, per il resto... manca qualcun altro all’appello ma ce la possiamo fare. Ha assaggiato anche il dolce.” Rise di gusto, mostrando le gocce rossastre sul bancone della cucina vicino alla ciotola.

“Come lo sapevi?” chiese all’improvviso Teppei.

“Cosa?”

“Che avrebbe funzionato?”

“Cosa?”

L’attaccante sbuffò, portandosi una mano alla testa. “Come sapevi che Mamoru mi avrebbe convinto?”

“Non lo sapevo.” Rispose l’altro con un’alzata di spalle, ficcando poco elegantemente il dito nella zuppa per sentire se era calda, senza voltarsi. Poi poggiò le mani sul bancone della cucina, abbassò la testa e sospirò. Si voltò verso di lui. “Ero disperato.” Sussurrò, puntandogli addosso i profondi occhi scuri. “E anche lui, credo, visto i mezzucci cui è ricorso,” ghignò.

Teppei deglutì a fatica e abbassò lo sguardo. “Grazie,” mormorò accennando un inchino.

Vide le pantofole di Hajime apparire nel suo campo visivo. Un calice di vino si materializzò sotto il suo naso, spingendolo a sollevare il viso. Lo prese dalle mani di Hajime.

“A Mamoru,” sorrise birichino Hajime, alzando il bicchiere e inclinandolo verso di lui.

Teppei lo imitò, facendoli tintinnare appena. Ridacchiò. “Passi per questa volta, ma se ti vedo ancora baciare qualcun altro io-”

“Com’è che dice lui?” Proseguì pensieroso Kisugi, quasi non lo avesse sentito. “Quella cosa un po’ hippie sul volersi bene?” Gli chiese, avvicinando il proprio volto al suo e sorridendo, come a garantire che non ci sarebbe stato mai più un intruso fra loro.

“Non me lo ricordo,” mentì Teppei, trattenendo un sorriso. Ecco chi l’aveva detto.

 

Mamoru. D’improvviso lo ricordo che si alza dal divano, subito dopo avermi fatto l’occhiolino.

Era sparito a recuperare la giacca e, evidentemente, gli onigiri e qualcos’altro.

Poi ci aveva lasciati soli.

 

 

* Un dessert tradizionale giapponese. Si tratta di una specie di zuppa dolce preparata con azuki, i fagioli rossi. Spesso nella zuppa si mette mochi, dango o delle castagne, a piacere.

   
 
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