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Autore: hoppiepolla    09/02/2014    1 recensioni
Da dietro una porta socchiusa o male accostata, le note stonate di “Frosty The Snowan” scivolavano furtive sul parquet, intente ad ordire un agguato ferino alla silenziosa calma dell'appartamento. La voce di Jake mugolava, lì dove la memoria gli veniva meno sul testo dei Jackson 5, il ritornello del brano. Era pure probabile che lo facesse senza malizia, ciononostante Dirk non poté fare a meno di pensare che l'altro stesse cantando con l'intenzione di fargli un dispetto.
Genere: Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Dirk Strider, Jake English
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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GRAVITY


Oltre il vetro la neve cadeva fitta, a formare una candida cortina gelata. Si era alla metà di Dicembre e per quanto inusuale fosse vedere Houston immersa nei colori tipici natalizi, tra le strade imbiancate non si scorgevano che alberi multicolori e irregolari uomini bianchi dalle braccia di legno. Nell'abitacolo dei taxi si diffondevano, soffusamente e a ripetizione, i classici della festa: “Jingle Bell” e “All I want for Christmas is you” si davano battaglia per accaparrarsi la cima delle classifiche.
Per quanto si sforzassero, gli occhi di Dirk non si sarebbero mai abituati ad una vista del genere. Il Natale era una festa che proprio non faceva per lui. Camminando per strada, da dietro gli impenetrabili occhiali di vetro nero, non poteva evitarsi di storcere impercettibilmente i tratti rigidi in una smorfia contrariata, alla vista di tutte quelle decorazioni superflue e discordanti buttate a casaccio sulle facciate degli edifici, nei negozi, da qualche anno addirittura ai bordi delle finestre dei grattacieli. Per un certo discreto periodo di tempo il texano era riuscito a tenere fuori dalla porta di casa propria quella follia schizoide e perversa. Rientrava tra quei pochissimi esemplari di americani che il Natale proprio non lo mandavano giù. In tutto, si contano a malapena sulle dita di una mano monca: a Dirk andava bene rientrare in un'élite così ristretta di persone sane di mente. Per quanto si fosse sforzato, in passato, di interessarsi ad un rituale così esasperante, non c'era stato verso con il quale i genitori (cristiani ferventi e, quindi, grandi amanti del genere) fossero riusciti ad inculcarglielo. Al culto natalizio si sarebbe immolato Dave; lui non ci avrebbe avuto a che fare mai, tanto valeva che si mettessero l'animo in pace. E poi, nelle vesti di Babbo Natale il minore stava decisamente meglio di lui. Il rosso gli piaceva tanto.
Dirk strinse le labbra producendo un rumore sinistro. Quando si azzardava a stravolgere il proprio volto in un'espressione esagerata, c'era sempre il rischio di non riuscire a riportate i tratti da umani a rigidamente scolpiti nel marmo. Per questo, se non era necessario, si limitava ad esternare il proprio disappunto con rumori di varia natura. I suoi preferiti in assoluto erano quelli prodotti con la bocca. Fece roteare gli occhi con aria esasperata, trattenendo a fatica un sospiro: si era già spinto abbastanza oltre con quel suono di labbra e non voleva esagerare. Quel giorno indossava un dolcevita nero di cashmere con bottoni sul fianco sinistro e sulla spalla destra, aderenti pantaloni di cotone beige e delle Clark nere anch'esse. Aveva scelto accuratamente il proprio abbigliamento, quella mattina, in piedi di fronte all'armadio aperto. In parte consciamente - in parte no - aveva finito con l'optare per indossare tutti quei capi che Jake, in un modo od in un altro, gli aveva fatto capire gli piacessero. Si trattava di una sorta di colpo basso che la coscienza di Dirk aveva voluto indirizzare al coinquilino. Se poi quest'ultimo fosse stato in grado di coglierlo, certo, era un altro discorso.
Al piano superiore, da dietro una porta socchiusa o male accostata, le note stonate di “Frosty The Snowan” scivolavano furtive sul parquet, intente ad ordire un agguato ferino alla silenziosa calma dell'appartamento. La voce di Jake mugolava, lì dove la memoria gli veniva meno sul testo dei Jackson 5, il ritornello del brano. Era pure probabile che lo facesse senza malizia, ciononostante Dirk non poté fare a meno di pensare che l'altro stesse cantando con l'intenzione di fargli un dispetto.
- Avevo detto niente canzoni, English -. La voce baritonale del texano si levò potente e monocorde alla volta delle scale, priva di emozione, fatta eccezione per un'incongrua vena spazientita che non riuscì a trattenere. Al piano di sopra, la cover si interruppe bruscamente. Dirk abbassò impercettibilmente la fronte e socchiuse lo sguardo, portandosi il pollice e l'indice alla base del naso, che presero a massaggiare in ampi gesti circolari. Era veramente incredibile come il coinquilino fosse riuscito a stravolgere in un lasso di tempo così breve l'aspetto del suo appartamento: da ordinato e familiare a follemente colorato e natalizio. Pensò quella parola come ad un insulto, stropicciando gli angoli della bocca che si piegarono malamente verso il basso. Gli sarebbe bastato girarsi di un paio di quarti appena per incappare con lo sguardo nel grande - no, “grande” non rendeva l'idea: gigantesco, enorme, spropositato abete dalle fronde addobbate che Jake aveva piazzato al centro del salone, integrandolo con palline, canditi, luci e chissà quali altre diavolerie di cui lui non conosceva né immaginava neanche il nome. Non gli servì voltarsi per sentire un brivido di puro terrore attraversargli la schiena a quell'immagine. Per un certo verso, gli sembrava di essere stato profanato con una certa leggerezza dall'intraprendenza di Jake. Che ovviamente non aveva limitato all'albero né tanto meno al salone la propria folle espansione. In un unico battito di ciglia, Dirk si vide passare davanti ogni ghirlanda, ogni calza, ogni Babbo Natale sparsi per l'intera area della casa. Se solo avesse avuto un briciolo di onore in meno, sarebbe scoppiato a piangere. A quella vista più di una volta aveva sentito la propria risolutezza vacillare; una reazione simile, in fin dei conti, non lo avrebbe meravigliato affatto.
Passò una manciata scarsa di minuti prima che la melodia riprendesse da dove era stata interrotta. Dirk raddrizzò il collo e sgranò contrariato gli occhi dietro le lenti, rischiando di spezzare definitivamente la maschera impenetrabile del viso.
- Niente canzoni, English -, ribadì con tono di voce più alto e risoluto, calcando bene sulle parole e sull'ultima in particolare, la vena che da spazientita si era fatta quasi isterica. Lo avrebbe fatto impazzire. Lo sapeva. Tutti i calcoli statistici portavano a quello stesso risultato. In tutta risposta, Jake gli dedicò una risata soffocata ma decisamente non pentita.
« Mi arrendo », pensò esasperato, buttando fuori dalle labbra parte dell'aria che aveva trattenuto in precedenza. Era inutile sprecare fiato con Jake, visto che nella maggior parte dei casi questi non fingeva neanche di starlo a sentire. Con espressione corrucciata gettò uno sguardo all'orologio da polso che teneva sulla sinistra: segnava le dieci e tre quarti. L'aereo sarebbe decollato a mezzogiorno e cinque. Era in ritardo. « Dovrei meravigliarmi? », si interrogò nel portare nuovamente gli occhi sulla città al di là della vetrata. Houston era in larga parte ancora addormentata, come un gigantesco orso in letargo godeva dell'inverno per crogiolarsi nell'ozio. Non tutti i suoi abitanti, però, avevano nascosto le teste sotto le pesanti coltri. Da quella posizione privilegiata Dirk poteva scorgere una ventina di punti sparsi sulla neve aggirarsi indaffarata per le strade intasate di bianco: gli usuali ritardatari indietro con le compere natalizie. Con gli occhi protetti dalle lenti, il texano seguì soprappensiero il percorso di un pallino dalle sfumature giallastre intento a trasportare una decina di buste tutte insieme. Di sopra provenivano, a tratti, attutiti stralci del ritornello di “Jingle Bell”. Evidentemente Jake aveva finito con lo stancarsi di ripetere la medesima melodia che il pubblico, era chiaro, non apprezzava, e aveva deciso di passare ad altro.
Quell'anno, né i genitori né Dave avevano dichiarato di essere intenzionati a venirlo a trovare. Austin si era dimostrata ben più accogliente di Houston riguardo il clima, e certo madre e padre non avrebbero abbandonato una temperatura tanto favorevole per addentrarsi nella ghiacciata cittadina ad Ovest del Golfo. « Ti faremo gli auguri via Skype », avevano dichiarato a conclusione della telefonata; Dirk aveva salutato con voce piatta, senza neanche prendersi la briga di rispondere. Il fratello minore, invece, sarebbe partito per andare a trovare un chum conosciuto l'anno precedente. Sapere che non avrebbe rivisto neanche lui, con il quale, contrariamente ai genitori, andava discretamente d'accordo, lo aveva particolarmente contrariato. Ciononostante si era evitato esternazione d'ogni tipo, limitandosi ad accettare passivamente la situazione: avrebbe trascorso Natale da solo. In fin dei conti quella prospettiva non lo dispiaceva; avrebbe potuto dedicare tutta la notte della Vigilia alla costruzione del proprio robot, al quale mancavano pochi ritocchi appena prima che fosse definitivamente concluso. E soprattutto, si sarebbe evitato l'imbarazzo dello scambio dei regali. In assoluto quella era la parte della festa che lo entusiasmava di meno.
Un concitato rumore di ruote lo strappò dalle proprie divagazioni per riportarlo rapidamente alla realtà. Dirk attese di sentire chiaramente il consueto passo pesante avvicinarsi alle scale, quindi torse il collo in direzione di queste ultime. In prossimità della parete, le dita della mano destra appoggiate al corrimano di legno decorato con fastosi festoni rosso fiammante, stava Jake, trolley alla mano. Indossava un paio di pantaloni a coste verde scuro sotto un cardigan panna, il tutto avvolto da un indefinibile quantità di accessori di lana - guanti, sciarpa, cappellino, paraorecchie - ed una giacca a vento scura. Il primo pensiero di Dirk fu su come potesse anche semplicemente respirare, con tutta quella roba indosso. Non diede voce ai propri pensieri, limitandosi a ricambiare in silenzio lo sguardo eccitato del coinquilino.
- Sono pronto! -, trillò esaltato, muovendo confusamente gli arti superiori che stavano leggermente distanti dal busto (forse a causa dell'eccessiva imbottitura dell'outfit). Indirizzò un largo sorriso a Dirk prima di afferrare saldamente in una mano la maniglia laterale della valigia ed intraprendere l'ardua discesa delle scale. Il texano ne seguì i movimenti senza parlare. Soffermò lo sguardo con dovizia di attenzione sui gesti goffi compiuti dall'altro per scavalcare un gradino dopo l'altro; strinse le pupille da dietro le lenti scure per mettere a fuoco ed imprimersi indelebilmente nella retina quelle immagini. Jake esagerava ogni più piccola movenza, con il risultato che dopo appena qualche passo fu costretto a fermarsi per riprendere fiato: il primo ed ultimo essere umano capace di stancarsi durante una discesa.
Ci vollero in totale circa cinque minuti perché toccasse nuovamente un piano stabile. Sotto tutti quegli strati, l'italiano mostrava evidenti segni di fatica. - Fa… fa caldo qua dentro, eh? -, gli chiese con voce rotta dal fiato grosso, il busto piegato in avanti.
- Non direi. Sei tu ad essere imbottito come una bambola. - ribatté Dirk, poi, dopo una pausa, lanciò una seconda occhiata all'orologio da polso ed aggiunse: - Sei in ritardo -.
A quelle parole, sul volto di Jake si susseguirono nell'arco di un minuto una ventina circa di emozioni diverse e discordanti. Dirk osservava la scena senza fiatare, braccia conserte. Quando, infine, non rimase che lo sconforto, l'italiano si portò le mani ai capelli - o a dove questi si sarebbero trovati, se non fossero stati interamente nascosti dalla stoffa -, aprì le labbra e si lasciò sfuggire un mugolio disperato: - Sono in ritardo! -
- È quello che ho detto -.
- Devo correre in aeroporto e fare il check-in, chiamare mamma e papà e… e… - senza smettere di parlare, Jake si era avviato inesorabilmente alla porta d'ingresso, trascinandosi appresso il trolley gonfio tanto quanto il proprietario, - E avvertire gli zii che sto arrivando, comprare le cuffie!, stavo quasi dimenticandomene, e… ciao, Roxy! - Da oltre la porta socchiusa, effettivamente, si intravedeva Roxy che con il consueto sorriso enigmatico salutava con la mano Jake e il proprietario di casa. Dirk mosse impercettibilmente il capo, al contrario l'italiano avvolse il corpo sottile della vicina tra le proprie braccia imbottite.
- Come stai Roxy? Tutto bene? Stai benissim-- -
- Sei in ritardo, - gli ricordò irremovibile il texano.
- Sono in ritardo! - ripeté meccanicamente quello con voce acuta, quindi, rivolto alla ragazza: - Scusa Roxy ma devo proprio scappare! Ho da prendere un aereo tra meno di un'ora e dovrei già essere a fare il check-in da un pezzo! -
I saluti tra i due si conclusero tra le risate di Roxy e l'aria preoccupata di Jake, indeciso nonostante il ticchettare delle lancette se rimanere a salutare la vicina o andarsene e lasciarla con quella spiegazione abbozzata. Finì con l'optare per la seconda e, dopo un'altra manciata buona di scuse e baci lanciati per aria, Jake oltrepassò lo zerbino, si affrettò sul pianerottolo verso l'ascensore e sparì tra le porte di quest'ultimo.
Roxy scivolò dentro al posto suo, silenziosa come un gatto, e si richiuse alle spalle la porta di legno.
Seguì un silenzio pesante, al quale Dirk voltò le spalle per tornare con gli occhi sulla finestra, oltre il vetro, verso la strada.
- Finalmente se ne è andato. Rischiavo di impazzire con tutte queste decorazioni. -
- Allora è il caso che ti dia una mossa a toglierle, - disse Roxy con voce vellutata, inclinando il capo biondo su una spalla mentre gli si avvicinava con passo felpato.
Dirk non replicò. Teneva lo sguardo bene incollato sul vetro brinato e le braccia incrociate al petto, dando le spalle all'amica. Strinse impercettibilmente lo sguardo nel tentativo di mettere a fuoco un punto lontano.
- Ti manca -. Non era una domanda. Pur senza vederla, Dirk seppe che Roxy stava sorridendo. Lo sentiva da come aveva formulato la frase, scandendo bene le lettere, una per una. Il puntino scuro mosse qualche passo incerto sul marciapiede innevato e poi si fermò, indeciso. A Dirk sembrò di vedere chiaramente l'espressione confusa aleggiare sul suo viso coperto fino al naso. Improvvisamente provò una sensazione di vuoto e pesantezza insieme all'altezza dello stomaco, come se questi fosse stato svuotato di tutto per poi essere interamente riempito da una bolla d'aria. Raddrizzò impercettibilmente la schiena per compensare a quel peso inatteso, cercando di scacciare il disagio sbattendo la lingua contro il palato.
Non distolse lo sguardo dalla strada quando Roxy gli cinse delicatamente la vita tra le braccia né quando Jake, fermato finalmente un taxi libero, si fu allontanato dal marciapiede fino a confondersi con il paesaggio circostante.

Only know you've been high when you're feeling low
Only hate the road when you missing home
Only know you love her when you let her go
And you let her go
  
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