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Autore: vero_91    10/02/2014    4 recensioni
Piano. Il piano che per un attimo si era completamente dimenticata. Non può farlo. Ma Gale è qui mezzo nudo e...No. Johanna è una donna che porta avanti quello che si impone finché non ha raggiunto il suo obiettivo. E il suo obiettivo è far crollare Gale ai suoi piedi, non di certo il contrario.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Johanna Mason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fuoco e Cenere '
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Storia partecipante al contest “A ciascuno il suo – scegli il tuo genere!” indetto da Shirangel
Titolo: “Non sempre i piani vanno come vorremmo.”
Autore: vero_91
Fandom: Hunger Games
Categoria: Ero!Fic
Livello: Difficile (rating arancione)
Bonus: Si (coppia crack pairing)
Note: Storia ambientata dopo la rivoluzione, più o meno dopo tre anni. Nella mia visione Johanna ha raggiunto Gale nel distretto 2 e convivono da un anno circa. Tutte le note inutili le trovate a fine storia come sempre.

 

 

 

Johanna sente che c'è qualcosa che non va. Non riesce a dare un nome a questo sentimento, a questa sensazione di disagio che da qualche giorno si porta dentro, ma sa che c'è. Il problema è che non riesce ad individuarne la causa. Passeggia per casa avanti e indietro, sistemando oggetti che non ha mai sistemato in vita sua e camminando in tondo nel soggiorno come un animale in gabbia.
Poi guarda l'orologio appeso al muro e si rende conto che sono solo le sette del mattino. “Maledizione!” sbotta, tirando un calcio al comò che ha di fronte.
Gale esce velocemente dal bagno, l'asciugamano ancora in mano. “Che cos'è successo?” chiede, posando lo sguardo prima su di lei e poi sul povero mobile.
“Johanna quel mobile ci serve, se devi prendere a calci qualcosa vai in giardino per favore.” dice tranquillo, prima di richiudersi di nuovo in bagno.
Johanna mugugna un insulto in risposta ed esce di casa sbattendo la porta. Gale, ormai abituato ai suoi scatti di rabbia improvvisi – ci sono ancora giorni in cui l'astinenza dalla morfamina la rendono intrattabile - non se ne preoccupa più, ma Johanna sa che stavolta non è quello il motivo.
E una piccola parte di lei sa che il problema riguarda proprio Gale. Da quando hanno iniziato a convivere e ad avere una specie relazione - perché se si fa sesso e si vive insieme si ha una relazione giusto? - è passato quasi un anno, e le cose sembrano funzionare. Certo, non si parla di sentimenti, e non sono la tipica coppia che passa le serate raccontandosi dettagli inutili della loro giornata, ma questo a Johanna va bene. Di giorno ognuno vive la sua vita, di sera si ritrovano, condividono il cibo, soddisfano i desideri dell'altro e si sentono meno soli. Quindi dov'è il problema?
In quel momento Gale esce di casa, vestito per andare al lavoro. “Ti sei calmata?” chiede, studiando la sua espressione. Johanna annuisce, avvicinandosi a lui.
“Oggi ho una riunione con alcuni commercianti degli altri distretti quindi non aspettarmi a cena. Non so quanto ci vorrà.”
“Peccato. Avevo preparato una cenetta coi fiocchi.” dice Johanna in tono eccessivamente affettuoso.
Gale inarca le sopracciglia, confuso. “Sul serio?”
Johanna scoppia a ridere di fronte alla sua espressione scettica e anche un po' spaventata. “Oh Hawthorne, mi chiedo quando smetterai di credere a tutto quello che ti dico!”
Gale alza gli occhi al cielo, rassegnato. “Se hai finito io dovrei andare al lavoro adesso!” dice scendendo i gradini del portico.
“Hawthorne aspetta...” Johanna lo ferma, rubandogli un bacio a fior di labbra. “Sappi che ti aspetterò alzata.” sussurra, facendogli l'occhiolino. Gale accenna un sorriso divertito, facendole poi un cenno di saluto con la mano.
Mentre guarda Gale allontanarsi per la strada Johanna sente di nuovo quel fastidio, quella stretta allo stomaco, ed è qui che ha un'illuminazione: Gale non la cerca, mai. E' sempre lei a cercare un contatto con lui, un rapporto. E' lei a infilarsi nel suo letto la sera, è lei a sedersi sulle sue gambe quand'è sul divano, è lei a rubargli baci quando lo desidera, cioè spesso.
Comunque per Johanna questo non è mai stato un freno, anzi l'idea della caccia e della conquista le è sempre piaciuta, quindi non vede perché ora con Gale dovrebbe essere diverso.
La nota di incertezza che sente dentro di lei però le sussurra che stavolta è così, e questo la spaventa; come se fosse preoccupata che lui non la desideri quanto lei desidera lui.
Johanna allontana questo pensiero con un gesto stizzito della mano, lei è Johanna Mason, certe cose non la toccano di certo. L'orgoglio piuttosto, dev'essere senz'altro quello. Dopotutto, dov'è scritto che dev'essere sempre lei a cercarlo?
Bene, vorrà dire che non lo cercherò più, promette Johanna a se stessa, e se Hawthorne vuole qualcosa, da oggi dovrà essere lui a prendersela.
Sorride soddisfatta al pensiero che Gale probabilmente non riuscirà a resistere neanche un giorno.

 

Johanna mette in atto il suo piano quella sera stessa. A differenza di quanto aveva detto, decide di aspettare Hawthorne a letto fingendo di dormire, così sarà costretto a fare la prima mossa. Quando sente la porta di casa aprirsi, a mezzanotte passata, Johanna si sistema nel letto di Gale – che a quanto pare nell'ultimo periodo è diventato anche il suo letto – e chiude gli occhi fingendo un'espressione più naturale possibile. Dopo una decina di minuti sente Gale uscire dal bagno e dirigersi verso la camera. La porta si apre e con la coda dell'occhio intravede l'ombra del ragazzo muoversi agilmente nell'oscurità; sente il materasso abbassarsi e per un attimo è sicura che gli occhi Gale la stiano osservando. Poi però si limita a sistemare la coperta per coprire entrambi – che lei aveva appositamente scalciato via così che lui potesse notare che aveva solo una misera vestaglia – e dopo un paio di minuti si addormenta.
Quando Johanna si volta a controllare sente il respiro profondo e regolare del compagno, segno che, a differenza sua, non sta affatto fingendo. D'accordo, pensa Johanna mordendosi il labbro inferiore, ha lavorato tutto il giorno, è normale che sia stanco; e dopotutto pensava che io stessi dormendo. Stasera non è da considerare, conclude sorridendo nella notte, domani, oh domani sì che lo metterò in ginocchio.

Peccato che l'indomani Gale non lo veda nemmeno. Quando si alza Johanna trova sul tavolo della cucina un foglietto scritto velocemente dal ragazzo, in cui annuncia che c'è stato un brutto incidente in una fabbrica del distretto e deve andare a controllare, e ovviamente non sa a che ora tornerà. L'incidente si rivela peggio del previsto e Gale torna a casa quella sera esausto e coperto di polvere, inveendo contro i Capitolini per la loro superficialità nei controlli delle fabbriche.
“Non ci sono state vittime solo perché il crollo è avvenuto di notte e la fabbrica era chiusa.” esclama furente in bagno, dopo essersi tolto velocemente la divisa sporca.
“Avete bisogno di mano d'opera?” chiede Johanna, che non riesce a distogliere lo sguardo dai pettorali ben delineati di Gale.
“Sì e anche di soldi; avremo bisogno dell'aiuto degli altri distretti. Ora mi faccio una doccia e poi farò qualche telefonata.” dice mentre mette la canottiera in lavatrice [1] e rimane solo in boxer.
“Hawthorne sono le dieci di sera, non puoi chiamare domani mattina?” Il tono di Johanna dovrebbe essere distaccato, ma i suoi occhi seguono incantati la linea dell'anca magra, scendendo fino al pube, coperto da una striscia di peli scuri.
Gale parla di qualcosa che ha che fare con un'emergenza e che tanto non è mica notte inoltrata, ma l'unica cosa a cui Johanna riesce a pensare è che in effetti non hanno mai fatto sesso sulla lavatrice. Si passa la lingua sulle labbra, pregustando già quello che accadrà da lì a poco: lei gli si avvicinerà e tapperà la bocca di Gale con un bacio, scendendo poi per la giugulare e il collo, fino ai capezzoli, che morderà non forte ma abbastanza da strappargli un gemito. Poi scenderà ancora, segnando con la lingua la linea dei suoi addominali e giocherellando con l'elastico delle sue mutande. Quando sarà in ginocchio glieli calerà lentamente e...
“Johanna?” Gale la guarda con un'espressione interrogativa e Johanna è costretta a schiarirsi la gola un paio di volte prima di rispondere:“Cosa c'è?”
“Puoi uscire che devo fare la doccia? O vuoi startene lì impalata per tutto il tempo?” Oh no, impalata no di certo, pensa, già pronta a mettere in atto il suo piano.
Piano. Il piano che per un attimo si era completamente dimenticata. Non può farlo. Ma Gale è qui mezzo nudo e...No. Johanna è una donna che porta avanti quello che si impone finché non ha raggiunto il suo obiettivo. E il suo obiettivo è far crollare Gale ai suoi piedi, non di certo il contrario.
Così cerca di darsi un minimo di contegno e passandosi una mano fra i capelli dice: “Se è proprio questo ciò che vuoi.” Così va bene, dopotutto non ha mai detto che non poteva stuzzicarlo. Basta che non sia lei a cedere per prima.
Gale aggrotta le sopracciglia, perplesso. “Direi di sì. Tu che mi fissi mentre faccio la doccia sarebbe piuttosto inquietante.”
A Johanna vengono in mente un paio di insulti che per fortuna rimangono solo nel suo cervello, poi scuote le spalle fingendo disinteresse e si avvia verso la porta ancheggiando spudoratamente. Ormai sulla soglia dice maliziosa: “Be se dovessi aver bisogno di qualcosa, chiamami.”
Gale la guarda per un attimo come se stesse soppesando sul serio la sua offerta, e Johanna sente già uno strano calore nelle viscere.
“Sì grazie. Nei prossimi giorni avremo bisogno anche della vostra legna, quindi chiama Greg e digli che sarete costretti a fare più turni del previsto.” detto questo si toglie le mutande ed entra in doccia, borbottando qualcosa sulle spese di cui dovranno farsi carico.
Johanna esce dal bagno sbattendo la porta, e stavolta gli insulti escono dalla sua bocca senza freni.

Nei due giorni successivi lei trascorre le giornate nei boschi del distretto 2 con la sua squadra ti taglialegna mentre Gale torna a malapena a casa, se non per farsi una doccia o prendere qualcosa dal frigo; le lascia dei biglietti dicendole che dorme in ufficio, anche se conoscendolo Johanna sa che passerà la notte a lavorare.
Così rimane sorpresa la terza sera quando rientrando a casa trova il ragazzo seduto in cucina con una coscia di pollo in mano. “Scusa, volevo aspettarti ma stavo morendo di fame.” dice, indicando il piatto che ha davanti ormai mezzo vuoto.
“Ho già mangiato con quelli della squadra.” dice Johanna scuotendo la testa e rendendosi conto solo ora quanto gli fosse mancata la sua presenza. “Avete finito?”
“Questi ultimi tre giorni abbiamo lavorato sodo, il peggio è passato. Quindi ho pensato fosse ora di tornare a casa.” Spiega, accennando un sorriso. Johanna sorride di rimando, chiedendosi se in quel casa fa parte anche lei, provocandole uno strano calore al petto.
“Era ora, cominciavo a darti per disperso Hawthorne.” dice, avvicinandosi e posando le labbra sulle sue. Questo posso farlo, pensa. Dio, quanto mi sono mancate. Le labbra di Gale sono proprio come se le ricordava, carnose e morbide; sa che basterebbe solo una piccola spinta per socchiuderle al suo tocco, dando così il permesso alla lingua di entrare. Ma sa anche che poi non riuscirebbe più a fermarsi, così raccoglie tutta la sua forza di volontà e malvolentieri si stacca da lui.
Gale per un attimo sembra sorpreso dal suo gesto, ma poi la sua espressione torna ad essere quella di sempre. “Però ho dovuto portare del lavoro a casa.” con la testa accenna a un enorme pila di carte all'angolo del tavolo, “Noie burocratiche.” aggiunge davanti allo sguardo inorridito della ragazza.
“Divertiti.” Johanna si versa un bicchiere d'acqua e fa il punto della situazione.
In passato avrebbe sicuramente aspettato una mezz'ora, giusto per dargli il contentino ed evitare una ramanzina su quanto il lavoro sia importante, poi avrebbe buttato tutte quelle scartoffie a terra, si sarebbe seduta a cavalcioni su Gale e ignorando le sue inutili - e anche poco convincenti - lamentele, si sarebbe tolta la maglietta lasciando in bella vista il seno sodo. Avrebbe affondato la mano nei suoi riccioli scuri, azzerando la distanza dei loro corpi e le loro lingue velocemente si sarebbero trovare. Johanna avrebbe morso il labbro inferiore di Gale, strofinandosi su di lui in modo sempre più languido. Hawthorne a quel punto avrebbe afferrato uno dei suoi seni e avrebbe succhiato il capezzolo, provocandole brividi di piacere.
E Johanna li sente e li brama quei brividi, mentre appoggiata contro il lavello guarda il suo compagno con aria famelica. Sa che a questo punto l'unica cosa da fare è giocare d'astuzia. Se non può prendersi quello che desidera, sarà lui a desiderare di volerlo. Così lascia Gale alle sue carte e va a farsi una doccia, sapendo che massimo tra un paio d'ore il suo compagno non ne potrà più, ha sempre odiato il lavoro d'ufficio.
Johanna si presenta di nuovo in cucina dopo due interminabili ore, con addosso solo una maglietta del ragazzo. “Ho preso questa, spero non ti dispiaccia.” dice, con un tono per niente dispiaciuto.
Gale mugugna qualcosa in risposta, lo sguardo ancora fisso sui fogli che ha davanti e una mano immersa nei capelli scuri. Johanna ovviamente non demorde e avvicinandosi posa una mano sulla spalla del ragazzo mentre con l'altra gli accarezza l'avambraccio. “Non ti sei ancora stufato? Sarai stanco” sussurra, le labbra vicine al suo orecchio.
Per la felicità di Johanna, Hawthorne sembra finalmente accorgersi della sua presenza, perché smette di digitare nervosamente sulla calcolatrice e alza lo sguardo su di lei. Maledetti occhi grigi, pensa mentre lui continua a fissarla e lei sente il suo cuore accelerare, dovrei essere io a farti questo effetto, non tu.
Gale alza un braccio e dolcemente le sposta un ciuffo di capelli dal viso, sistemandoglielo dietro l'orecchio. Non va bene, pensa Johanna immobile, non va affatto bene.
Le gentilezze e le premure l'hanno sempre messa a disagio, forse perché fin da piccola le hanno insegnato che provare e trasmettere sentimenti è sinonimo di debolezza, e lei di certo una debole non lo è mai stata. E di questo ne è grata, per la vita che ha vissuto i legami erano solo una fonte di problemi e sofferenza.
Per questo la relazione con Gale è improntata in tutt'altro modo, loro comunicano più con dei botta e risposta che con delle paroline dolci. Si toccano con gli sguardi, e quando si desiderano si prendono, non hanno bisogno di stupide moine. E' come se ci fosse un tacito accordo, in cui entrambi sanno che le premure e le dichiarazioni d'amore sono proibite ovviamente, perché tra loro non c'è nulla del genere. Farsi coinvolgere porta solo guai, l'hanno sperimentato sulla loro pelle.
Ora però Gale sembra voler cambiare le carte in tavola, con quel suo sguardo preoccupato e quella mano posata sul suo viso. E un Hawthorne premuroso e gentile è decisamente peggio di un Hawthorne senza maglia, perché a questo Johanna non ci è abituata e non sa proprio come reagire.
Riprenditi Mason, smettila di comportarti come una stupida quindicenne di fronte alla sua prima cotta.
“Johanna...” Gale la chiama con la sua voce roca e profonda e solo in quel momento la ragazza si rende conto di star trattenendo il respiro. “Cosa?” mormora, deglutendo rumorosamente.
“Sei sicura di stare bene? Sei un po' strana.” Gale sposta la mano sulla sua fronte, preoccupato per l'improvviso rossore sulle guance della ragazza.
Johanna si scansa da quel tocco, imbarazzata. “Certo che sto bene!” All'improvviso si sente troppo scoperta, troppo esposta, quasi preoccupata che Gale possa capire quanto quella gentilezza le faccia piacere. “Cos'è non posso preoccuparmi per te adesso?”
Gale assottiglia lo sguardo, come se stesse cercando di decifrare il suo comportamento.
“Comunque fai come ti pare – aggiunge, bisognosa di interrompere quella conversazione il prima possibile – non sono mica tua madre!”
Hawthorne la guarda stupito ancora per un attimo, poi scoppia a ridere. “Sì, di questo me ne ero accorto.” E resta lì a fissarla con un sorriso complice, e Johanna sente di nuovo il terrore di qualche giorno prima scorrergli nelle vene, perché è coinvolta, e la reazione incontrollata del suo corpo ne è la conferma. Maledizione Hawthorne, dovresti essere tu quello con le palpitazioni e le gambe molli, non io di certo!
“Be sono stanca, vado a letto. Buonanotte!” Johanna gira su stessa ed esce a passo spedito dalla cucina, e solo quando è al rifugio sotto le coperte riesce a placare quel calore diffuso in tutto il corpo. “Te la farò pagare Hawthone, sono io a condurre il gioco, non tu!” borbotta fra sé e sé cercando di riacquistare la sua solita freddezza. Stasera è stata colta alla sprovvista, ma non succederà di nuovo, domani farà la sua mossa e ne uscirà vincitrice.
Bene, se è il gioco duro che vuoi Hawthorne, lo avrai.

Il mattino seguente, Johanna si presenta in cucina nuda. Quando Gale alza gli occhi dal giornale, per poco non si soffoca con il caffè che sta bevendo. Johanna continua a comportarsi come se in realtà fosse vestita di tutto punto, prendendo anche lei una tazza di caffè e rubando un biscotto dal tavolo. Si appoggia poi al lavello della cucina, in attesa, pregustando già il sapore della vittoria.
“Johanna sei nuda.” riesce a dire il ragazzo mentre si tampona distratto una macchia di caffè sui pantaloni.
Johanna abbassa lo sguardo sul suo corpo, come se si accorgesse solo ora della cosa. “Ottima osservazione, Hawthorne.”
Gale continua a fissarla sconvolto, chiedendosi se non sia impazzita sul serio stavolta. “Okay riformulo, perché sei nuda?”
“La cosa ti turba forse? Non è niente che tu non abbia già visto comunque.” Johanna posa la tazza e si volta verso il lavandino, mettendoci più tempo del previsto per prendere un bicchiere d'acqua.
Gale guarda il sedere della ragazza e pensa che sarebbe anche eccitante se non fosse preoccupato per la sua sanità mentale. “Puoi coprirti per favore? Siamo in febbraio, ti prenderai una broncopolmonite.”
Johanna a quel punto si volta verso di lui e si rende conto che la sta guardando davvero come se fosse pazza. Non vi è ombra di desiderio sul suo volto, riesce quasi a vedere i pensieri dentro al cervello di Gale che si rincorrono febbrilmente, alla ricerca di una risposta logica per il suo comportamento. Probabilmente non ti desidera abbastanza, dice una vocina dentro di lei e questo, per qualche strano motivo, la ferisce e la fa infuriare.
In pochi secondi, l'acqua che prima era nel bicchiere finisce addosso a Gale, precisamente sul viso e sui suoi capelli. “Così nel caso saremo in due ad avere una broncopolmonite!” urla la ragazza prima di uscire dalla cucina.
Gale è sempre più sconvolto, e quando alla fine reagisce inseguendola Johanna si è già chiusa a chiave nella camera. “Johanna esci subito da lì, pretendo una spiegazione oltre a delle scuse ovviamente! Perché stavolta la tua pazzia non basterà come giustificazione!”
“L'unica spiegazione che avrai Hawthorne, è che sei un idiota, soddisfatto?” Johanna esce rabbiosa dalla stanza, stavolta con addosso una vecchia maglia.
“Johanna, fermati!” Gale afferra il polso della ragazza, bloccandola in corridoio. “Si può sapere che diavolo sta succedendo? E' da qualche giorno che sei strana. E no, non mi riferisco al fatto che ti preoccupi per me – aggiunge, anticipando quello che la ragazza stava per dire – c'è dell'altro vero?” Il suo tono di voce è duro ma si percepisce comunque un velo di preoccupazione.
Gale continua a fissarla in silenzio, attendendo una risposta; gli occhi grigi fissi sul suo viso. Johanna si morde il labbro inferiore, sentendosi una perfetta idiota e non sapendo da dove iniziare a spiegare. I capelli del ragazzo gocciolano ancora, le gocce seguono i lineamenti del suo viso, cadono dalla punta del naso e alcune restano intrappolate sulle sue labbra. Johanna, come incantata, ci appoggia due dita sopra, sostituendole poi con la sua bocca. Gale ricambia il bacio e per un attimo la ragazza pensa che va bene anche così, che è stato stupido metterlo alla prova e che è disposta a cercarlo anche per una vita intera. Ma il dubbio ormai si è insinuato in lei, e qualsiasi cosa faccia sa che quel tarlo continuerà a tormentarla.
Così si stacca da lui e le parole le escono prima che possa fermarle: “Tu mi desideri?”
Gale aggrotta le sopracciglia, pensieroso. “Perché non dovrei?”
Johanna sospira, stizzita. “Non lo so, dimmelo tu.”
Gale scuote la testa, perplesso. “Qual'è il punto Johanna? Perché ti giuro che non ci sto capendo nulla.”
“Il punto è che tu non mi cerchi, mai!” Ora Johanna sta urlando, e lei odia fare scenate come una ragazzina isterica, ma non riesce a trattenersi, come può non capire? “Quindi Hawthorne dimmi la verità per favore, mi desideri almeno la metà di quanto ti desidero io? Perché è così che mi sento ora, e sappi che è parecchio frustrante come cosa!” Il tono di voce dovrebbe essere acido, ma la stessa Johanna riesce a percepire l'insicurezza che cerca di nascondere.
Perché si sente così? Da quando questo le importa così tanto?
Gale d'altra parte, sta superando livelli d'incredulità tali che pensava d'aver già raggiunto quando ha visto Johanna nuda in cucina. Gli ci vuole qualche minuto per collegare lo strano comportamento dei giorni scorsi e la sfuriata appena avvenuta. “E' per questo?” esala infine “E' questo il motivo per cui in questi giorni eri così... distante?” Gale non sa se l'ultima parola usata è effettivamente quella giusta, ma non sa proprio come altro definirla.
Ora è il turno di Johanna per essere confusa. “Distante? Ma se non ho fatto altro che cercare di attirare la tua attenzione!” sbotta.
“E come? Svignandotela ogni volta con qualche frase vaga quando eravamo insieme?”
“Volevo che fossi tu a fare il primo passo per una volta! Stavo... flirtando!” quest'ultima parola viene seguita da un'espressione di disgusto, come se non credesse alle proprie orecchie.
E anche Gale pare essere dello stesso parere, l'incredulità ormai a picchi massimi. “Flirtando? Tu non flirti Johanna, tu non hai bisogno di certi giochini per ottenere ciò che vuoi. Ed è questo che mi piace di te.”
Johanna resta in silenzio, confusa, l'ultima frase che continua a ripetersi in loop nel suo cervello. “Johanna, guardami.” Il ragazzo le afferra il mento sollevandole il viso, delicato ma deciso: “Smettila con questa insicurezza. Tu non sei così, e non voglio che lo diventi per colpa mia. Se qualcosa ti rende insicura dimmelo e basta d'accordo?”
Johanna annuisce, mentre una strana consapevolezza si fa strada dentro di lei.
“Noi non abbiamo bisogno di questi sotterfugi; siamo sempre stati sinceri e diretti l'uno con l'altro, è per questo che funzioniamo.” aggiunge Gale accennando un sorriso.
“E poi temo di aver sbagliato anch'io. Ero così convinto che ti piacesse fare la prima mossa, che mi sono abituato alla cosa. In questi ultimi giorni, vedendo che non facevi nulla, ho pensato che semplicemente non avevi voglia di stare con me.”
Siamo sempre stati sinceri e diretti l'uno con l'altro, è per questo che funzioniamo.” Johanna si rende conto che non è così, o almeno per quel che la riguarda. E' da tempo che lei non è più sincera, e la paura è lì per ricordarglielo.
“Vieni qui, stupida.” L'abbraccio di Gale non ha niente di erotico o sessuale, è semplicemente rassicurante. Johanna appoggia le mani sul petto del ragazzo e si lascia cullare, il mento di Gale appoggiato sulla sua testa e una mano che le accarezza i capelli. Si sente debole, indifesa, ed è questo che la terrorizza. Ha la sensazione che se abbassa la guardia, per lei non ci sarà più scampo.
Esitante stende le braccia, appoggiandole sulla schiena del ragazzo e aggrappandosi alla sua maglietta. Inspira profondamente, il profumo di Gale le penetra fin nei polmoni, tranquillizzandola.
Va tutto bene, posso farlo. E' solo Hawthorne.

Johanna sa perché continua a sentire questa punta di disagio, perché la dolcezza e la gentilezza la innervosiscono, perché questo implica attaccamento, e l'attaccamento implica dolore. E il dolore, Johanna, non vuole provarlo mai più.

Quando sente la testa di Gale sollevarsi, Johanna fa altrettanto, per cercare il suo sguardo. Le loro labbra si incontrano, ma non c'è solo passione, c'è qualcosa di più, c'è complicità.

Soffrire non è un vantaggio. [2]
Da quando è entrata nell'arena per la prima volta, non ha fatto altro che ripeterselo. Col tempo poi, si è accorta che dover badare solo a sé stessi senza avere nulla da perdere era più comodo, più facile. Quando però ha incontrato Hawthorne la prima volta era troppo debole, troppo stanca, troppo distrutta fisicamente e psicologicamente per combattere anche contro l'interesse che provava per lui. Così si è lasciata andare, si è lasciata coinvolgere convinta che poi col tempo si sarebbe annoiata, o in ogni caso sarebbe riuscita ad arginarlo. Illusa.

Gale sposta le labbra sul collo della ragazza, depositando piccoli baci fino alla clavicola. A quel tocco Johanna infila le mani sotto la sua maglia, seguendo con le dita i contorni delle cicatrici che ha sulla schiena.

Era stata lei a desiderarlo, a cercarlo per prima. Aveva indossato la sua solita maschera, il cui motto è “Io sono Johanna Mason e quello che voglio me lo prendo.” e usando questa scusa l'aveva raggiunto nel Distretto 2 e aveva iniziato a convivere con lui – all'inizio in realtà l'aveva quasi costretto, ma questi sono dettagli. [3]
Il fatto poi che lui fosse ancora innamorato della Everdeen rendeva tutto più semplice, significava che non c'erano legami, non c'era niente da perdere.

Gale posa le mani sui suoi fianchi, avvicinando ancora di più i loro corpi, scendendo poi fino alle natiche per sollevarla e posarla sul comò di fronte. Johanna sente qualcosa cadere e andare in pezzi, mentre con le mani si aggrappa al collo del ragazzo, decisa a non lasciare la presa.

Era per questo che voleva essere sempre lei a cercarlo. Voleva essere sicura di avere in mano la situazione, di non sottomettersi ai desideri dell'altro ma di essere lei a decidere quando lo voleva, dando inizio alla sua caccia personale. Aspettava così il momento in cui si sarebbe stancata di quel gioco. Peccato che quel momento non arrivava mai.

Johanna si scosta dal ragazzo giusto il tempo per permettergli di togliersi la maglia. Poi inizia a baciargli il petto, partendo dalla giugulare, soffermandosi sulla cicatrice che ha sulla spalla, per poi risalire e cercare di nuovo le sue labbra.

Così quando qualche giorno fa si è accorta di voler essere cercata, di voler essere ricambiata, Johanna ha capito che era spacciata. Ha capito che poteva nascondere la cosa dietro a una sfida personale, truccarla con l'orgoglio, ma la verità è che nel frattempo Hawthone è diventato la sua casa, la sua famiglia, il suo punto di riferimento.

Una mano di Gale le accarezza la gamba, risalendo fino all'interno coscia, andando a toccarla lì dove è più sensibile. Johanna inarca la schiena, l'eccitazione che inizia ad annebbiarle il cervello.
Si stacca dalle sue labbra giusto il tempo per prendere fiato, sulla bocca sente il suo sapore e il suo respiro accelerato.

Potrebbe fuggire. Potrebbe scappare lontano e lasciarsi alle spalle tutti questi sentimenti e legami che la terrorizzano. Ma l'idea di lasciare Hawthorne è impensabile, ormai. Johanna sa che è arrivato il momento di abbassare le barriere, di mettere da parte il suo orgoglio e la sua armatura, perché lui è più importante di tutto questo.

Le sue mani percorrono febbrilmente il petto del compagno fino a scendere al gancio dei pantaloni, abbassandoli insieme alle mutande. Poi avvicina ancora di più i loro corpi, avvinghiando le sue gambe alla vita del ragazzo. In un attimo di lucidità Johanna si accorge di avere ancora addosso la maglietta, e l'istinto le dice che probabilmente Gale non gliel'ha tolta perché non vuole che prenda freddo.
A questo punto sa che nessun muro, pur quanto spesso e ben costruito, potrà più proteggerla. Basterà una semplice carezza, una parola pronunciata più dolcemente, un sorriso complice e Hawthorne lo demolirà ogni maledetta volta. E Johanna non è una stupida, sa riconoscere quando una battaglia è persa, anche quando è contro sé stessa.
“Aspetta...” mormora Johanna sulla sua bocca, bloccandolo appena prima che lui entri in lei.
“Ti prego Johanna, non dirmi che stai flirtando di nuovo.” Gale si scosta di poco per guardarla, gli occhi grigi lucidi di desiderio risaltano sul viso arrossato.
In un'altra occasione gli risponderebbe che è un idiota, adesso però sa che non è questo che vorrebbe dirgli, sono altre le due parole che le rimbombano in testa e le muoiono in gola.
Accettare il fatto di essere innamorata di Gale Hawthorne però è ben diverso dal dirglielo.
E per questo Johanna sa di non essere pronta, nessuno dei due lo è.
Così si limita a baciargli dolcemente le labbra, spostandosi poi al naso, agli zigomi, alle ciglia, per ritornare di nuovo alla bocca. Spera che le sue labbra bastino per comunicare a Gale il suo cambiamento e i suoi sentimenti, perché quello di Johanna è un atto d'amore, e per ora è l'unica cosa che può fare. Il fatto che Gale lo capisca e lo accetti, continuando a baciarla mentre entra dentro di lei lentamente, le basta per il momento.

 

 

 

--- note autrice ---

Giuro che stavo scrivendo un'altra storia, poi però tra ultimi esami e tesi il mio cervello non ha retto e ha minacciato di suicidarsi, così ho deciso di cambiare strada e ne è uscita QUESTA, che non ho proprio idea di cosa sia.
L'idea era di scrivere una commedia erotica, come si sia infilato il percorso interiore di Johanna io proprio non lo so. Posso solo dire che secondo me il fatto di essere innamorati ognuno lo capisce a suo modo, be per me questo è quello di Johanna! XD
Avendo già scritto del percorso di Gale in modo più drammatico, con lei volevo alleggerire il tiro, senza farla sembrare comunque troppo dolce, stucchevole o innamorata ecco!
A proposito di Gale, essendo il maggiore di quattro fratelli credo che a lui venga naturale preoccuparsi e prendersi cura delle persone a cui tiene, pur essendo una persona piuttosto riservata e fredda in apparenza.
Nel mio immaginario sia Gale che Johanna sono nella fase in cui sanno che non è semplice attrazione la loro ma c'è molto di più, solo che non hanno il coraggio di ammetterlo.
Ho comunque il terrore che i personaggi risultino OOC, visto che il tono e i temi sono piuttosto distanti da quelli del fandom di Hunger Games abituali, in questo caso non esitate a dirmelo.
Insomma, prendete questa storia come una prova, una sfida personale, qualsiasi giustificazione per salvaguardare la mia dignità!
Grazie davvero per essere arrivati fin qui, e qualsiasi commento vogliate lasciare sarà ben accetto, anche gli insulti of course! :D
A presto spero

Vero

 

Note:

[1] Non so se nel distretto 2 c'è la lavatrice, ma essendo uno dei più ricchi ho immaginato che fosse plausibile come cosa. In caso contrario, prendetela come una licenza poetica. :D

[2] La frase è presa da “All lives end. All hearts are broken. Caring is not an advantage, Sherlock.” da A Scandal in Belgravia, Sherlock (BBC). Ho sempre amato questa frase, e mentre scrivevo di Johanna mi è sembrata piuttosto adatta. (aggiungiamoci poi che è appena finita la terza stagione e io sto navigando in un mare di lacrime in attesa della prossima.)

[3] Riferimento a un'altra mia storia: “Non sono come te, non sono...” che come ho detto prima parla dal punto di vista di Gale.  

  
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