Note dell'autore: Eccovi il primo vero capitolo di questa mia
nuova storia. Spero di
essere riuscita a descrivere le emozioni di Rose e Jackie in questa nuova
situazione e, soprattutto, spero di non essere uscita dai personaggi, non lo
sopporterei.
Buona lettura e alla prossima (se volete J).
Beta: Paolettazza e
Feyilin
Capitolo I
Run
Scese con calma le scale guardandosi meglio attorno a sé.
Da sempre aveva sognato di vivere in una casa del genere. Certo, non poteva
lamentarsi della sua vita a Powell Estate con le sue feste, i suoi amici e la
sua piccola Rose, ma mancava quel qualcosa che l'avrebbe resa perfetta, il suo
amato Pete, e a quanto sembrava, nonostante
l'assurdità della situazione, l'Universo le aveva concesso una secondo
possibilità.
L'unica cosa che le stringeva il cuore e non le faceva
ancora vivere al meglio quella situazione, era il sapere che la sua piccola
Rose stava soffrendo e che lei, oltre a starle accanto, non poteva fare altro. Conosceva
fin troppo bene come si sentiva Rose, perché in
passato aveva provato lo stesso alla morte di Pete. Aveva sperato che la sua piccola
non dovesse mai provare quel senso di vuoto e dolore che comporta la perdita di
una persona così importante, un dolore che sa bene l'accompagnerà
per il resto dei suoi giorni, anche se avrà accanto altre persone.
Arrivò nella cucina di quell'immenso posto, aveva bisogno
di una buona tazza di tè, voleva chiarirsi le idee per affrontare al meglio i
giorni successivi. Doveva dare una nuova direzione alla sua vita, doveva capire
come comportarsi con questa nuova versione di Pete, ma soprattutto doveva
occuparsi di Rose, aiutarla a reagire a tutto quel dolore.
"Jackie" la voce di Pete le arrivò una volta superata
la soglia della cucina, la donna fu sorpresa di vederlo lì, seduto al tavolo da
solo, con una tazza di tè caldo tra le mani.
"Pensavo stessi dormendo" disse avvicinandosi e
stringendosi nella sua vestaglia: si sentiva imbarazzata ed emozionata. Era la
loro prima notte sotto lo stesso tetto e avevano deciso di passarla in stanze
separate, per abituarsi nuovamente all'idea.
"Avevo bisogno di un po’ di tè caldo" rispose
sorridendogli. Jackie forzò un sorriso e si versò una tazza di tè per sé, per
poi mettersi allo stesso tavolo con lui.
"Anch'io" confessò sorridendole.
"La giornata non è conclusa …"
"Senza una buona tazza di tè" dissero
all'unisono sorprendendosi entrambi.
"Anche la mia Jackie aveva quest'abitudine"
spiegò Pete abbassando lo sguardo.
"Da quanto tempo l'hai persa, se posso permettermi?"
chiese a voce bassa.
"Tre anni" rispose con
voce sommessa, senza guardarla negli occhi.
"E' stata colpa dei Cybermen" continuò con
tristezza.
"Tu?" chiese di rimando poi schiarendosi la
voce.
"Oh beh diciannove anni, per uno stupido incidente
d'auto" spiegò con calma, sorseggiando il suo tè.
"Oh diciannove, da parecchio tempo" rimase
colpito lui.
"Non abbastanza" aggiunse sinceramente
abbassando lo sguardo, stringendo la tazza calda.
"Non ti abbandona mai, immagino" continuò lui.
"Mai, la consapevolezza che non tornerà più è sempre
lì con te" ammise con la voce rotta dalle lacrime.
"Beh, potremmo aiutarci l’un l’altro, se vuoi"
le disse sorridendole e stringendole le mani. Lei sorrise.
"Possiamo provare, perché no?" rispose
sorridendo di rimando.
"Lei come sta?" chiese poi rompendo il silenzio
in cui erano caduti entrambi.
"Oh si riprenderà, è una Tyler, noi ci riprendiamo sempre" disse con orgoglio, sapendo
comunque che non sarebbe stato così semplice.
"Li ho conosciuti anni fa, erano così uniti, così …
" disse non riuscendo a trovare le giuste parole per descriverli.
"Perfetti insieme"
continuò lei.
"Beh potrà contare su noi, per venirne fuori"
rassicurò Pete.
"Anche se non sarà così facile" ricordò la
donna.
Pete le strinse nuovamente le mani per rassicurarla e le
sorrise ancora una volta con dolcezza. Jackie si lasciò trascinare da quel
senso di benessere che riusciva a provare con lui accanto, proprio come una
ragazzina alla sua prima cotta.
"Rose"
suonò la voce del Dottore nel buio della sua camera,
svegliandola, ma lei la ignorò girandosi dall'altra parte decisa a continuare a
dormire, sprofondando di più in quelle calde coperte.
"Rose
è ora di alzarsi" risuonò ancora, sempre più vicino.
"Va
via!" urlò lei nascondendo la testa sotto il cuscino.
"Su,
Rose" aggiunse buttandosi sul suo letto accanto a lei. Decisamente
doveva imparare a chiudere la camera per evitare tutto questo.
"Come
puoi dormire in una giornata come questa" disse attirando la sua
attenzione e facendole uscire la testa da sotto il cuscino.
"Cosa succede di così emozionante oggi?" chiese
guardandolo scettica.
"Tutto"
disse semplicemente sorridendo freneticamente.
Rose si voltò dall'altra parte sperando di poterlo ignorare,
nascondendo nuovamente la testa sotto il cuscino.
"Come
puoi anche solo pensare di dormire, sapendo cosa ci può
esser fuori le porte del Tardis" continuò togliendole il cuscino,
costringendola a voltarsi e affrontarlo.
"Ho
bisogno di dormire, lo sai" si difese lei.
"Oh ma
voi umani dormite così tanto da perdervi le cose
migliori di questo universo" si lamentò.
"Abbiamo
un patto noi due, mi lasci dormire per otto ore e poi facciamo quello che
vuoi" ricordò la biondina.
"Ma
senza di te mi annoio così tanto" si giustificò
mettendole il broncio.
Rose
sorrise non riuscendo a resistere a quella espressione.
"D'accordo,
dammi il tempo di vestirmi" disse alzandosi.
"Aspetto
qui!" disse mettendosi comodo su quel letto, mentre la ragazza andava
verso il bagno.
"Ah
Rose, questo è un sogno, ora devi svegliarti"
disse il Dottore fermandola.
Si svegliò di colpo trovandosi in quella vuota e
silenziosa camera da letto. Sospirò sentendosi una
stupida a sognare tutte le notte la stessa cosa,
sognare lui che veniva a svegliarla nella sua camera del Tardis, come ogni
tanto in passato era successo.
Si mise seduta e si passò le
mani sul viso, era stanca, aveva sonno, ma i ricordi e il dolore le impedivano
di dormire tranquillamente, era passata solo una settimana, ma ancora il petto
e il cuore le facevano tremendamente male.
Si voltò e sul comodino alla sua destra vide la sua
chiave, lasciata lì come un qualsiasi oggetto. Ne accarezzò i contorni con la
punta delle dita, pregando di poter avere ancora una possibilità di avere con
sé il suo amato Dottore, di poter tornare a stringergli la mano e correre
insieme verso nuove avventure.
Doveva reagire in qualche modo, riprendere in mano la sua
vita, era bloccata nuovamente sulla terra, nonostante tutto. Doveva dargli un
minimo di senso, altrimenti tutto quello che aveva fatto con il Dottore non sarebbe servito a niente e lei non voleva
tornare ad essere nessuno, voleva che il suo Dottore, anche se lontano, potesse
essere davvero orgoglioso di lei.
Prese la chiave sul comodino accanto a lei e si alzò;
aveva bisogno di rilassarsi e cacciare per un attimo il pensiero
di lui dalla sua mente, anche se sapeva quanto fosse difficile.
Pete, Jackie e Mickey cercavano in tutti modi di farla
sentire a suo agio, in questo nuovo mondo, di farla
sentire a casa, ma in realtà viveva il tutto come un’estranea. Per non farli
preoccupare tentava di sorridere e uscire dalla sua camera anche solo per un
saluto e mangiare qualcosa, nonostante lo stomaco rifiutasse categoricamente il
cibo.
Quella casa era enorme, ma c'erano volte in cui si
sentiva in trappola, soprattutto quando erano tutti in salotto o in cucina a
mangiare. Mickey e sua nonna si erano trasferiti lì e, nonostante volesse bene
entrambi, a volte desiderava solo essere ancora sola con sua madre nel suo
piccolo appartamento a Powell Estate.
Sentiva i muscoli in tensione e non sapeva come fare a
calmarsi. Erano ancora le quattro e mezza e non sapeva
cosa fare, gli altri ancora dormivano e sicuramente non si sarebbero alzati per
altre due-tre ore.
Prese la decisione di uscire un attimo nel giardino,
sicuramente sarebbe stata meglio. Si legò i capelli in
una coda alta, prese un paio di pantaloni di tuta, una maglia e una felpa, mise
la chiave attorno al collo e uscì da quella stanza. Il corridoio era buio e
silenzioso, tutti come previsto stavano ancora
dormendo tranquillamente. In punta di piedi attraversò il corridoio superando
la camera da letto dei suoi, scese di sotto e diede
un’occhiata in giro con calma. Non aveva ancora avuto modo di memorizzare quel
posto; non era male, era grande, spazioso e ben arredato, anche se mancava ancora un tocco femminile, anzi, mancava del tutto
il tocco di sua madre. Era evidente che in quegli anni, da quando era morta
l'altra Jackie, Pete non aveva avuto alcuna storia importante.
Andò in cucina, superando la sala da pranzo, e diretta
verso il frigo aprendolo, magiare qualcosa poteva aiutarla, peccato che non avesse
voglia di niente in quel momento. L'odore di cibo che proveniva dal frigo
aperto le fece venire un po’ di nausea, richiuse, quindi, subito e si fermò
sulla finestra che dava sul giardino. Ricordò quando era stata in quella casa e
i cyberman arrivavano diretti proprio dalla fine di
quel posto. Scacciò subito quel ricordo per non ricadere sempre nello stesso
circolo, aveva voglia di correre, correre lontano da
quei ricordi e così fece. Senza rendersene conto, con un profondo respiro, aprì
quelle porte finestre e corse fuori senza una meta prestabilita. L'aria fresca
contro la sua pelle fu rigenerante, i muscoli tesi fino a quel momento
sembravano sciogliersi con un gesto così familiare per loro. Oh sì, correre
l'avrebbe aiutata a riprendere in mano la sua vita.
Aveva corso per parecchio fino ad arrivare in un
delizioso parco, si sentiva decisamente meglio, i
nervi e i muscoli si erano rilassati e lei era più tranquilla. Il peso e il
dolore, che in quella settimana l'avevano accompagnata, sembravano assopiti,
sentiva che poteva farcela, poteva affrontare il
tutto.
Dopo essersi fermata a prendere qualcosa da mangiare,
decise di riprendere la via di casa. Osservava attorno a sé curiosa, il sole
faceva una sua timida apparizione nel cielo sereno, la vita a Londra sembrava
prendere vita con calma, la calma delle prime ore di
luce. Non aveva idea di che ore fossero, nel suo impeto era partita senza
telefono e orologio. Camminò per un bel po’ prima di arrivare a villa Tyler, la
porta finestra della cucina era aperta come l'aveva lasciata, dentro sua madre
e Pete in vestaglia camminavano nervosamente con il viso teso e preoccupato.
"Oddio, eccola!" disse sua madre nel vederla
entrare. Corse ad abbracciarla stringendola a sé.
"Dove dovrei essere?" chiese
scettica guardando Pete.
"Non ti abbiamo vista nel
letto e ci siamo preoccupati" disse l'uomo.
"Dove sei andata, hai idea di come mi hai fatto
stare?" la rimproverò sua madre sciogliendosi dall'abbraccio e guardandola
con severità.
"Scusa non è stato
intenzionale, sono solo andata a correre" disse avvicinandosi al microonde
per riscaldarsi la brioche che si era presa prima.
"E' andata a correre, non lo hai mai fatto in tutta
la tua vita. Non puoi andartene in giro come se
niente fosse, e se ti fosse successo qualcosa?" la rimproverò ancora sua
madre.
"Sto bene mamma, posso cavarmela anche da sola, lo
sai" rispose Rose non sopportando quell'atteggiamento che le ricordava
troppo l'apprensione che il Dottore aveva nei suoi confronti.
"Jake non è ancora riuscito a trovarla …" entrò
in cucina Mickey con il telefono in mano, anche lui in pigiama. Si ammutolì
quando vide la biondina.
"Oh eccoti" disse sorridendole.
"Vado a farmi una doccia" disse seccata per la
discussione avuta con sua madre. Prese la sua brioche e uscì dalla cucina, correndo
nuovamente in camera sua.
I ricordi del Dottore tornarono prepotentemente nella sua
testa, il dolore e il peso che sentiva nel petto tornò a tormentarla, buttò via
la brioche nauseata dall'odore e sentendo lo stomaco richiudersi di nuovo,
sbuffò e si chiuse in bagno per farsi una doccia, forse lì poteva nuovamente
trovare un po’ di pace.
Fine
Capitolo 1