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Autore: SunlitDays    11/02/2014    5 recensioni
Sally Jackson, i suoi amori, le sofferenze e la forza di andare avanti.
[SallyCentric in cinque parti]
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paul Blofis, Poseidone, Sally Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Titolo: Fortitude
Ship: Sally/OMC, Sally/Poseidone, Sally/Paul
Rating: Giallo
Avvertimenti: Trigger! Menzione di malattia terminale nella parte due. Alcuni periodi e ripetizioni voluti.
Introduzione: Sally Jackson, i suoi amori, le sofferenze e la forza di andare avanti.
Conteggio Parole: 3381 (fdp)
NdA: SallyCentric. Avevo voglia di scrivere un tributo per Sally Jackson, la donna più forte di tutte e due le saghe, e l’unica umana, ricordiamocelo.
La parte terza del racconto (quella con Poseidone) è, in senso lato, presa dalla mia fic Salty’s Ice Creem, una storia in tre capitoli sull’incontro tra Sally e Poseidone. Nel caso l’abbiate letta, noterete che alcuni avvenimenti e battute sono uguali, ma non è necessaria leggerla per capire questa.

 

i.

Sally ha cinque anni e al mondo non c’è nessuno più forte del suo papà.

La mamma spesso li guarda infornare i biscotti al burro o giocare a lanciarsi il terreno che si è attaccato nelle loro mani mentre piantavano le gardenie, e dice che potrebbe anche partire per un mese e né marito né figlia si accorgerebbero della sua assenza. Sally allora va da lei, l’abbraccia e le lascia un bacio appiccicoso di fragola sulla guancia e le dice di volerle bene, ma nessuno è più bravo del suo papà a giocare con la corda.
Ogni sera, il papà le chiede: cosa hai visto oggi, Sally Belly? E allora Sally gli descrive il mostro con centinaia di serpenti al posto dei piedi e i capelli di fuoco che svolazzano al vento e il papà le racconta delle storie, della coraggiosa e bella Sally — Si chiama come me! — che combatte mostri e salva gli altri bambini da queste malefiche creature.
Quando il papà le dice che andranno a trovare lo zio Rich e che per farlo voleranno in alto nel cielo, su su, fin sopra le nuvole, Sally è eccitata ma anche un po’ nervosa, ma il papà le stringe la mano e le sorride con dolcezza e le dice che non c’è niente di cui aver paura, perché finché c’è il papà niente e nessuno le avrebbe fatto del male.
C’è un mostro nell’aereo, la guarda, le ringhia con cattiveria, ma Sally non lascia per un istante la mano del suo papà, chiude gli occhi e immagina di essere la coraggiosa e bella Sally, di alzarsi e urlare non riuscirai a far del male ai passeggeri, ti sconfiggerò!  e quando riapre gli occhi è tutto bianco, degli sconosciuti con camici e mascherine le stanno attorno e Sally chiede dov’è papà? Dov’è la mamma? Papà! Papà!  ma nessuno le dà una risposta. Sei in ospedale, dicono, va tutto bene, la rassicurano, sei al sicuro, promettono, ma Sally vuole il suo papà, perché solo con lui può essere davvero al sicuro dai mostri che girano nei corridoi sterili e sbiaditi.
Zio Rich entra nella stanza dove Sally ha passato ore, giorni, o forse anni a piangere e a chiamare la mamma e il papà — non ha ancora ben capito la differenza tra ieri e domani, sa solo che il sole è tramontato molte volte da quando si è svegliata — e le dice di prepararsi, andrà a casa con lui.
Zio Rich ha gli stessi occhi del papà, ma la loro luce è diversa e le rughe intorno alla bocca hanno un’altra forma e non ride spesso come il papà. La rimprovera quando Sally indica un mostro — non esiste nessun mostro, ragazza! — e le lancia un sguardo arrabbiato quando lei dice di dover far pipì — il bagno è di là, fa’ da sola, ragazza! — e sbuffa spazientito quando lei gli chiede di raccontarle una storia — guarda la tv, piuttosto!
È sera — o è notte? Comunque non c’è più il sole — e Sally si siede sul divano in salotto perché da lì si vede bene la porta d’ingresso.
Quando tornano mamma e papà? chiede per l’ennesima volta e lo zio allora la guarda, e forse è la prima volta, i suoi occhi che sono uguali e diversi da quelli del papà non sono arrabbiati, ma le rughe si fanno più marcate. Ha una palla nella gola che si alza e si abbassa e Sally immagina che abbia ingoiato una pallina magica. Poi lui si gira, si stringe la cintura della vestaglia e le dice non torneranno più. Adesso va’ a dormire.
Non lo chiederà mai più.

 

ii.

Sally ha sedici anni ed è la ragazza più felice e fortunata del mondo.

Questa mattina a scuola Mattew le ha preso la mano e l’ha portata nello stanzino dove i bidelli ripongono le scope. Le ha accarezzato la guancia e le ha detto che è bellissima. Poi l’ha baciata.
Non le ha recitato una poesia romantica e non si trovavano su una spiaggia al tramonto come nelle storie che lei legge in segreto, ma va bene lo stesso perché Sally ha imparato da tempo la differenza tra fantasia e realtà. Non esistono eroi coraggiosi, né amiche del cuore sincere, né mostri che si aggirano per strada. Solo la sera, quando apre il suo fedele block notes o quando legge uno dei suoi libri fantasy preferiti, si permette di sognare cavalieri dall’armatura scintillante che la salvano dagli esseri terrificanti dalle zanne a sciabola e dagli artigli affilati. Di giorno, quando è a scuola, parla con le sue compagne del vestito del ballo scolastico e di quanto è bello Mattew con quegli jeans, e quando scrive, è solo per annotare la lista della spesa o per un saggio sul Principe di Machiavelli, e quando la sua mente decide di giocarle un altro brutto scherzo, distoglie lo sguardo dal mostro immaginario che si è appostato sotto la fermata dell’autobus.
Torna a casa e subito entra in cucina per preparare la cena, la mente divisa tra le patate che sta affettando e il principe dal sorriso sensuale che nella sua storia immaginaria sta per baciare l’eroina.
Zio Rich torna a casa con il suo solito passo claudicante, ma la gamba che era stata ferita durante la guerra in Vietnam si trascina sul pavimento di marmo più del solito.
Siediti, le dice, stasera ordiniamo la pizza e Sally vorrebbe chiedergli perché, la cena è quasi pronta, che bisogno c’è, ma sa che suo zio non ama le domande e che le risposte le dà da solo, secondo i suoi tempi. Così fa come le è stato detto e mangia la pizza lentamente, aspettando che suo zio le dica cosa sia successo di tanto grave da meritare una pizza di martedì sera.
E lui glielo dice, con la sua voce baritona e i suoi soliti modi sbrigativi. Sono malato, le dice, cancro, specifica, devo licenziarmi, la informa, non che mi dispiaccia abbandonare quel lavoro da cani, borbotta, non so fino a quanto l’assicurazione sanitaria mi coprirà, finisce.
Sally ascolta, in silenzio, non fa domande e continua a mangiare la pizza fredda e dura come il cemento. Troverò un lavoro, zio, dice quando sembra che zio Rich non abbia più nulla da aggiungere. Posso studiare e lavorare contemporaneamente, non preoccuparti.
Sale fino in camera sua, lentamente e con passo leggero, si chiude la porta alle spalle con cautela e poi si getta a letto con tutti i vestiti e le scarpe. Sente una protuberanza sotto il cuscino e sa che è il suo block notes. C’è una storia che deve scrivere, che si è formata pian piano nella sua mente durante la scuola, ma adesso non la ricorda più.
Mattew l’abbraccia quando lei gli parla della malattia dello zio, ha uno sguardo un po’ imbarazzato e sembra non sapere cosa dire. Lei gli confessa di aver paura, non vuole restare di nuovo sola, e lui la consola con una pacca sulla spalla, oh, baby, mi dispiace tanto, ma vedrai che tutto si sistemerà. Lei cerca di non fare una smorfia al nomignolo “baby”, ma gli sorride grata e poi lascia che lui torni dai suoi amici di baseball mentre lei siede su una panchina e cerchia in rosso tutti i lavori part-time che riesce a trovare.
Non è vero che i mostri non esistono, realizza Sally mentre il dottore le spiega che devono aumentare l’intensità delle chemioterapie. Esistono e sono impossibili da battere. Si insinuano nel tuo corpo e si moltiplicano, mangiano le tue interiora e bevono il tuo sangue, finché di te non restano che ossa vuote e pelle secca.
I due lavori part-time non bastano per affrontare le spese mediche. Sally decide di abbandonare la scuola, così può trovarne un altro e avere più tempo per occuparsi di suo zio. Appena starai meglio mi iscriverò ad una scuola serale, gli dice una sera, mentre gli fa un’iniezione. Non è un problema, lo rassicura con un sorriso, anche se suo zio non ha aperto bocca se non per ansimare, mentre, con grande sforzo, si volta si schiena.
Mattew le promette che si sentiranno al telefono ogni sera e le amiche l’abbracciano e piangono e le dicono che la terranno aggiornata sugli ultimi pettegolezzi e, dopo il ballo, le racconteranno tutto-tutto. Sally ride e ricambia l’abbraccio e le prende in giro perché che motivo c’è di piangere, è solo una cosa temporanea.
Dopo le prime due settimane le amiche smettono pian piano di farsi sentire, ma Mattew la chiama ogni sera durante il primo mese, poi ogni tre sere durante il secondo, e poi passano settimane intere e Sally comincia a dimenticare il suono della sua voce.
Sta andando in farmacia quando lo rivede. Stringe la mano di una bionda nella sua. Sally deve tornare da suo zio perché è quasi l’ora della medicina e deve cercare di fargli mangiare qualcosa che lui non vomiti dopo dieci minuti, ma la tentazione è forte e alla fine decide di seguirli.
Entrano a Central Park e si siedono su una panchina. Sally si nasconde dietro un albero e li osserva. Mattew le accarezza una guancia, le dice sei bellissima. E poi la bacia.
Almeno è più romantico di uno stanzino per le scope, pensa Sally, mentre si morde un labbro per trattenere le lacrime e si allontana. Ma poi si ferma, perché la rabbia è cocente nel suo stomaco e si sta facendo tardi, deve ancora andare in farmacia e preparare il pranzo allo zio e molto probabilmente dovrà sostenergli la testa mentre lui rigetta tutto nella tazza del water e c’è un essere verde nell’albero che ride di lei e  Mattew sei uno stronzo bastardo! Urla e inveisce contro di lui e forse lo accusa anche di cose di cui non c’entra niente, ma non le importa. È stanca e frustrata e amareggiata e delusa e odia tutti.
Quando torna a casa, fa l’iniezione allo zio, gli imbocca l’omogeneizzato con un cucchiaino, gli aggiunge una coperta e poi torna in camera sua dove, con sguardo tormentato, guarda i fogli del block notes bruciare pian piano.

 

iii.

Sally ha diciannove anni e non crede più nell’amore.

Non ci sono molti sbocchi lavorativi per una giovane donna senza diploma e senza genitori che le coprano le spalle, ma l’estate è calda e Montauk è affollata e il signor Creem le ha offerto un lavoro nella sua gelateria il cui salario le basterebbe a stento per l’affitto se lui non le avesse permesso di vivere nella sua cabina sulla spiaggia.
Sally lavora per otto ore al giorno più straordinari, offre gelati e sorrisi ai bagnanti e si ciba di fish and chips perché è più economico. Conserva il mensile sotto una mattonella della sua cabina e spende con parsimonia la mancia dei clienti più generosi.
Ha grandi progetti Sally. Innamorarsi di un dio greco e rimanere incinta non fa parte di essi.
Lui entra un giorno in gelateria con una scintillante armatura e un letale tridente e Sally si spaventa così tanto che fa cadere la scatola di latte in polvere. È bello e imponente e assolutamente frutto della mia immaginazione. Dice di chiamarsi Poseidone e parla di cose strane e tutti sembrano volersi inchinare davanti a lui.
Sally cerca di evitarlo. Non vuole, non deve farsi travolgere dalle fantasie.
Ma lui continua a tornare e le fa le domande più strambe e parla come un uomo che ha vissuto secoli sulla terra.
Non vuole, non deve farsi travolgere dalle fantasie. Ma, inesorabilmente, è proprio ciò che accade.
Lui le sussurra poesie romantiche nell’orecchio, le racconta miti e leggende di valorosi eroi e antichi dei e la bacia sulla spiaggia al tramonto.
Davvero, per essere una persona che ha passato gli ultimi tredici anni della sua vita convincendosi che mostri ed eroi romantici non esistono, Sally non ci mette molto a credere che sia tutto vero, che non è pazza e i mostri esistono davvero e, cosa più assurda di tutte, anche l’amore.
Ma Sally è una sognatrice, non una sciocca. Sa che anche questo periodo felice finirà.
Paradossalmente è lui ad accorgersene per primo. Sei incinta, le dice e Sally gli crede perché lui è un dio e sa molte cose e perché anche lei la sente, questa nuova vita, questa meraviglia che cresce dentro di lei.
Vieni con me, le dice. Ti costruirò un castello nel fondo del mare, promette. Avrai tutto, sarai felice, non dovrai più lavorare, non dovrai più soffrire, Sally, implora. Vieni con me, ripete.
Sally Jackson è una sognatrice senza un soldo e senza fissa dimora, ma è anche una combattente — e una madre! — e non sfuggirà alle difficoltà, non si rifugerà in un castello di sabbia. Affronterà questa situazione con la stessa serenità e costanza con cui ha affrontato il cancro di zio Rich.
Addio, gli dice lei.
Arrivederci, risponde lui.


iv.

Sally ha ventun’anni e se ne sente addosso quaranta.

Di mattina è una commessa di un negozio di abbigliamento, di pomeriggio una barista di uno squallido locale e di sera una madre di un bambino meraviglioso. È stanca e le sembra che ogni giorno le faccia male un muscolo diverso.
Percy è un bambino sano, allegro e intelligente e la prima parola che ha pronunciato è stata “mare”. Quando riesce ad abbinare le ferie, Sally lo porta a Montauk, dove lui è più al sicuro e dove spera che suo padre lo guardi mentre sguazza nel suo elemento. Ma più cresce, più Sally vede mostri in agguato, pronti a fargli del male.
Nel locale si respira puzza di sudore e birra e il caldo è opprimente e appiccicoso. Un uomo si avvicina al bancone ridendo sguaiatamente con i suoi amici e urlando oscenità. Sally fa una smorfia e quasi rimpiange il tanfo del locale quando il puzzo di sudore, alcool e frutta marcia dell’uomo le assalta il naso. Dammi una birra, zucchero, le dice con sguardo lascivo. Sally trattiene un brivido e il respiro e cerca in tutti i modi di ignorare la pacca sul sedere che accompagna le sue parole. Fare una scenata e perdere il lavoro non è considerabile.
Torna a casa sentendosi sporca e violata. La baby-sitter tira un sospiro di sollievo, prende i soldi e indossa il cappotto nel giro di due minuti. Quel marmocchio è una peste! esclama, si è arrampicato sul frigorifero, continua, no, ma dico: sul frigorifero, ripete, non sta fermo un attimo, lamenta, e se ne va. Sally sa che non la rivedrà mai più, come quella che l’ha preceduta, e quell’altra, e quell’altra ancora… Domani te ne troverò un’altra, tesoro, dice dolcemente al bambino tra le sue braccia, magari una più simpatica e gentile, sì?
Fanno il bagno insieme e Sally cerca di non spaventarsi quando la testa di Percy non emerge dopo qualche secondo. Ridono e giocano e Sally le racconta le storie del bello e coraggioso Perseus, che combatte mostri e salva il mondo e sopravvive sempre, sempre, sempre, sempre...
Percy si addormenta sul letto di sua madre, una mano a stringerle il dito e una in bocca e Sally non ha mai amato qualcuno con tanta intensità in vita sua.
A volte vorrebbe odiare con tutta se stessa Poseidone, ma come puoi odiare qualcuno che ti ha dato un dono tanto prezioso? Quando lei e Percy vanno a Montauk, con pochi litri di benzina in macchina e vestiti di seconda mano, spesso ha la tentazione di entrare in mare e urlare e imprecare fino a farsi rossa in viso. Invece sorride sempre e sussurra: guardalo, Poseidone, ha i tuoi stessi occhi.
Non può nemmeno sperare di ricevere l’assegno degli alimenti.
La maestra dell’asilo non sa come possa essere successo, siamo al terzo piano, come può essere entrato un serpente qui? Sally si arrabbia e minaccia di denunciare tutto l’istituto, ma i suoi occhi continuano a tornare sul serpente morto che hanno trovato tra le mani di suo figlio e sa che le sue urla di rabbia sono in realtà di terrore.
Dammi una birra, zucchero, le dice l’uomo come ogni pomeriggio. Puzza di sudore, alcol e frutta marcia. Sotto le sue ascelle ci sono due enormi macchie di sudore. È disgustoso, disdicevole e assolutamente perfetto.
Quando lui le chiede (comanda) vieni al bagno con me, zucchero Sally trattiene un brivido e il respiro e lo segue.

 

v.

Sally ha trentatré anni e crede che la vita le abbia già lanciato tutte le sorprese possibili e impossibili. Divine e non.

Aveva sognato questo corso di scrittura creativa per anni e ancora non crede di essere riuscita finalmente ad iscriversi.
Entra nell’aula circospetta, si stringe la borsa al petto e si guarda intorno, timorosa di vedere solo facce giovani e fresche. È invece con molto sollievo che nota molti suoi coetanei, alcuni addirittura più grandi e pensa che è proprio vero ciò che le diceva sempre zio Rich: non è mai troppo tardi per un caffè, ragazza!
Bene, zio, sussurra fa sé, vediamo di trangugiare questo caffè bollente.
Non si accorge di lui finché non sente un timido è libero questo posto?
, gli risponde. Sono Paul Blofis, si presenta, Sally Jackson, risponde lei senza fiato, perché il sorriso di Paul è sincero e affascinante e la sua presa salda ma delicata e i suoi occhi non si spostano un attimo da quelli di Sally.
Paul l’aspetta tutti i giorni fuori l’aula (come fai ad essere sempre in ritardo?) e alla fine delle lezioni l’accompagna sempre fino alla macchina (credi forse che qualcuno possa rapirmi?). Le offre sempre ciambelle calde piene di zucchero che puntualmente gli cade sulla giacca come fosse neve (sei un disastro, Paul) e a Sally pare che abbia letto tutti i libri del mondo (sono solo uno sfigato professore di inglese).
Percy parte per un’altra impresa e non torna a casa e Sally passa le serate facendo pulizie ossessive. Decide di accettare l’offerta di Paul di studiare insieme perché in fondo che male c’è e almeno si sarebbe distratta dalla costante preoccupazione per suo figlio.
Paul ha un lessico più ricco, ma Sally ha più fantasia e insieme cominciano a scrivere un libro (fantasy!) (fantasy?) (desidero scriverne uno fin da bambino) (anch’io).
Gli parla spesso di Percy, gli dice che è un ragazzo dolce e coraggioso, che ogni mattina le dà il buongiorno e un bacio sulla guancia, che adora il cibo blu e negli ultimi tempi ci vorrebbe un intero ristorante per sfamarlo. E Paul ascolta e sembra sinceramente interessato. I suoi occhi sono così limpidi e umani, realizza improvvisamente Sally in uno di quei lieti pomeriggi. Paul non ha nulla di imponente né divino, non puzza e la tratta con rispetto, condivide la sua passione per la letteratura e fa battute stupide che la fanno ridere. E, aggiunge nella sua mente mentre Paul le afferra con delicatezza il volto e sfiora le sue labbra con le proprie, i suoi baci sono delicati e passionali insieme, e sono romantici anche senza spiagge al tramonto.
La mattina dopo si sveglia col panico in gola, corre in camera di Percy ma è ancora vuota, i suoi vestiti puliti sono piegati ordinatamente sulla sedia della scrivania, ma ormai hanno perso il profumo fresco del bucato. Decide di saltare per la prima volta la lezione di scrittura creativa e s’impegna a pulire casa da cima a fondo.
Paul la telefona quattro volte, lei non risponde, e proprio mentre sta per sfornare i biscotti preferiti di Percy (non si sa mai) suona il campanello.
Posso? chiede lui. Sono occupata, al momento, risponde lei, c’è un buon profumo, commenta lui, sono i biscotti per Percy, risponde lei, è tornato a casa? domanda lui e Sally scoppia a piangere e si odia per questo.
Paul non le fa domande, l’abbraccia, le asciuga le lacrime, spegne il forno e le si siede accanto. È così premuroso che Sally piange ancora un po’ e poi decide che gli deve una spiegazione.
Ho un figlio, dice, è un ragazzo problematico, spiega, ma non è colpa sua, insiste, non so se accetterebbe un altro uomo in casa, sussurra, sono una persona ritardataria e disordinata, aggiunge, non ho un lavoro fisso e sto sempre con la testa fra le nuvole, continua e non capisce perché lui sorrida e continua a stringerle la mano. Vorrebbe dirgli tante altre cose, ma lui le tappa la bocca con una mano, continuiamo il nostro libro, ti va?
Sally ha trentatré anni ed è davvero troppo vecchia per innamorarsi di nuovo ma poi il viso di Percy le compare davanti, mamma, sei felice? e Sally decide che è arrivato il momento di permettere a se stessa di esserlo.

   
 
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