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Autore: Guitarist_Inside    12/02/2014    0 recensioni
One-Shot introspettiva, ambientata durante l'episodio 44 di Digimon Adventure 02, riguardante i pensieri di Ken Ichijouji, mentre il ragazzo è prigioniero sul furgone, dopo essersi consegnato ad Archenimom e Mummimon nella speranza di poter salvare i bambini da loro rapiti.
~ Dal testo:
Come potevano volere una cosa del genere? Com'era possibile che tutti quei bambini volessero davvero una maledizione del genere?
In cambio di cosa? Abilità nello studio e nello sport? Avrebbero accettato di diventare dei mostri pur di avere ciò? Pur di credersi perfetti?
Perfetti...sì, solo in apparenza.
La perfezione non esiste, e certamente non era data da quei dannati Semi delle Tenebre: la mia esperienza lo confermava. Era solo un'illusione, una superficiale apparenza che nascondeva un profondo vuoto, un'oscurità terribile e insaziabile che avrebbe dilaniato e segregato la loro anima, la loro vera essenza.
[...]
Ma cosa potevo fare? Ero impotente.
Volevo urlare, ma non riuscivo a fare neppure quello.
Loro dicevano di desiderare quel Seme, ma non sapevano cosa ciò significasse! Non sapevano nulla di ciò che li avrebbe attesi! (...)
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ken Ichijoji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi con un'altra One-Shot, la seconda che pubblico in questo fandom, sempre incentrata su Ken Ichijouji. Se non si fosse capito, è uno dei miei personaggi preferiti della serie, e adoro il suo spessore psicologico e caratteriale, oltre al fatto che ho un debole per scrivere e analizzare le incertezze e il contrasto interiore che lo caratterizzano...Ma non devo dilungarmi troppo su Ken, se no non finirei più hahah

Onestamente non credevo di pubblicare qualcos'altro così presto, ma finché università e ispirazione permettono...ne ho approfittato, diciamo.


Ecco quindi un'altra One-Shot introspettiva, ambientata durante l'episodio 44 di Digimon Adventure 02, riguardante i pensieri di Ken, mentre il ragazzo è prigioniero sul furgone, dopo essersi consegnato ad Archenimom e Mummimon nella speranza di poter salvare i bambini da loro rapiti.

Come l'altra mia One-Shot, anche questa storia è nata quasi per caso nella mia mente mentre (ri)vedevo l'anime (in Giapponese sottotitolato Inglese), e ha insistito, nonostante il tardo orario, per essere scritta. Mi scuso per eventuali errori in quanto l'ho scritta di getto e ho terminato in piena notte ahahah
Fatemi sapere che ne pensate! :) 



Powerless in front of the Darkness


Come potevano volere una cosa del genere? Com'era possibile che tutti quei bambini volessero davvero una maledizione del genere?
In cambio di cosa? Abilità nello studio e nello sport? Avrebbero accettato di diventare dei mostri pur di avere ciò? Pur di credersi perfetti?
Perfetti...sì, solo in apparenza. 
La perfezione non esiste, e certamente non era data da quei dannati Semi delle Tenebre: la mia esperienza lo confermava. Era solo un'illusione, una superficiale apparenza che nascondeva un profondo vuoto, un'oscurità terribile e insaziabile che avrebbe dilaniato e segregato la loro anima, la loro vera essenza.

Eppure parevano convinti della propria scelta. Non volevano andarsene.
Avrebbero accettato di avere in loro il Seme delle Tenebre pur di cambiare la loro vita? Avrebbero commesso tale errore? 
Avrebbero permesso di essere manipolati, così come, ora realizzavo completamente, era capitato a me? 
Avrebbero lasciato che quel dannato Seme li condannasse a una vita buia, desolata, disperata, spietata, un'esistenza basata su una menzogna di un potere pieno di egoistico nulla? 
No, non volevo permettere che una cosa del genere accadesse, non potevo lasciare che tutti quei bambini andassero incontro a un destino così nefasto e crudele. Non volevo che soffrissero come avevo sofferto e ancora soffrivo io. Non volevo che fossero trasformati in mostri senza scrupoli, megalomani insensibili pieni di sé e null'altro, come era successo a me.
Non potevo permettere che andassero incontro, sorridenti e speranzosi, a una vita accecata dalle tenebre, che avrebbe arrecato a loro e agli altri solamente desolazione, morte e distruzione, così come avevo fatto io quando mi facevo chiamare Digimon Kaiser. 
Non volevo che ripetessero i miei stessi imperdonabili errori.

Ma cosa potevo fare? Ero impotente.
Volevo urlare, ma non riuscivo a fare neppure quello.
Loro dicevano di desiderare quel Seme, ma non sapevano cosa ciò significasse! Non sapevano nulla di ciò che li avrebbe attesi!
E io non potevo fare nulla per impedirlo, legato e silenzioso... Mi sentivo inutile.
Ero come paralizzato, attonito, incapace di esprimere i miei pensieri e le mie emozioni.
Gli occhi di quei bambini mi scrutavano, nella semioscurità di quel maledetto furgone, con sguardo vuoto.
Ero certo che nessuno li aveva avvertiti del pericolo a cui andavano incontro. Nessuno li aveva avvertiti che il prezzo da pagare per essere così "perfetti" come desideravano, era nientemeno che la loro stessa anima. 
Sicuramente nessuno, né quell'uomo, né Archenimon e Mummimon, aveva detto loro l'oscuro destino che li attendeva e cosa significasse veramente fare albergare in sé un Dark Seed; altrimenti non potevo spiegarmi come considerassero me un eroe e un modello da imitare. E soprattutto non potevo spiegarmi quel loro desiderio: non riuscivo a credere che fossero disposti a perdere loro stessi.
Eppure, non riuscivo a urlar loro la verità, non riuscivo a risvegliarli prima che fosse stato troppo tardi, come avrei voluto e dovuto.

Ingenuamente mi ero consegnato a quei due Digimon, sperando di poter liberare le giovani vite innocenti di quei bambini, ma loro non volevano essere liberati. Perchè?
Avevo creduto di aver agito per il meglio, ma avevo solo peggiorato la situazione. 
Sarebbe stato meglio se fossi restato a combattere a fianco di Motomiya-kun e gli altri...
Avevo creduto di poter liberare quei bambini, ma li avevo solo condannati.
Avevo forse pensato che consegnando me stesso, rischiando la mia vita per salvare quella altrui, avessi potuto riscattarmi dal mio odioso passato? Avevo forse creduto che fosse un modo per espiare quelle colpe che non riuscivo a perdonarmi?
O era stata la mia troppa bontà e gentilezza, quella riportata anche sulla mia Digipietra e che avevano visto Wormmon e mio fratello, a farmi agire in quel modo? Quando ero andato a Digiworld per la prima volta, Wormmon mi aveva avvertito che dovevo stare attento e la mia troppa gentilezza avrebbe potuto ritorcermisi contro... Era questo che voleva dire?
In ogni caso, il mio era stato un atto tutt'altro che eroico, ma piuttosto ingenuo. Era stata una dannatissima e stupida ingenuità per cui avrei pagato e, peggio ancora, avrebbero pagato anche quei bambini innocenti che volevo salvare ma avevo involontariamente condannato.

Perché quell'uomo voleva infliggere a tutti loro le pene che avevo sofferto io? 
Perché desiderava trasformare quei bambini in mostri senza scrupoli? 
Perché voleva creare tanti potenziali Digimon Kaiser o altri esseri ugualmente crudeli, da manipolare a proprio piacimento?
Perché voleva fornire carne fresca e innocente al potere delle tenebre?
Perché e come aveva fatto a creare i suoi scagnozzi Archenimon e Mummimon? 
Perché voleva distruggere l'equilibrio tra Digiworld, il mondo reale e tutti gli altri mondi paralleli? 
Perché aveva scelto proprio me, mandandomi quella mail dopo la morte di mio fratello? 
Perché voleva me?
Perché ora voleva impiantare i Semi delle Tenebre anche in quei bambini?
Quali erano i suoi oscuri scopi?
Chi era in realtà?
Aveva detto di chiamarsi Oikawa Yukio, di essere un ex-collega di mio padre... Ma fin da quando l'avevo incontrato per la prima volta, al funerale di mio fratello, aveva esercitato su di me un'aura cupa e inquietante. 
Era davvero umano? Poteva un essere umano, o meglio un essere vivente, essere tanto crudele e inquietante?
Perché si stava dirigendo verso Hikarigaoka? Perché si divertiva storpiando il nome del luogo, sostituendo la parola Hikari, Luce, com termini indicanti il Buio?
E soprattutto... Io cosa potevo fare?

Troppe domande e nessuna risposta. 
Nella mia testa trovavo solo confusione, pentimento, dolore, frustrazione, rabbia... e altre domande. 

Anche il tempo era contro di me: Oikawa si stava già avvicinando a me con quell'aggeggio per rilevate le spore del Seme delle Tenebre, con cui convivevo mio malgrado, per poi impiantare altri semi e contagiare quei bambini ignari e ancora innocenti. 
Mi aveva chiesto con falsità e malvagio sarcasmo il permesso per fare ciò, ma tutto quello che ero riuscito a fare era stato rispondergli a tono con un « È una domanda? O solamente un ordine? », cercando di non mostrarmi impaurito e di prendere tempo.
Era ironico come l'ultimo carattere del mio cognome, il "ji" di Ichijouji, fosse scritto proprio col kanji di "tempo"; quel tempo che ora scorreva veloce e inesorabile, scivolando via mentre io non potevo fare nulla per fermare tutto ciò.
Sapevo che i miei compagni erano sulle tracce di quel dannato furgone; mi era addirittura parso di sentire, per un attimo, che Motomya Daisuke-kun e Wormmon fossero vicini... Ma non avevo più tempo. 
Da solo, con le mani legate dietro la schiena e l'animo legato da sofferenza, frustrazione, rimorso e mille domande senza risposta, non sapevo cosa fare. 
Non potevo fare nulla per fermarlo, dannazione. 
Quei bambini sarebbero stati condannati a sofferenza ed errori, come lo ero stato io, davanti ai miei occhi. Ed era anche per colpa mia. 
« Oh, non ti farà male. » finse di rassicurarmi Oikawa, con tono sadico, sempre più vicino al mio collo.
Come se me ne fregasse qualcosa. Il dolore fisico che poteva causarmi era l'ultimo dei miei pensieri, ovviamente. 
Ormai era sopra di me e io non potevo far nulla se non fissarlo con odio e terrore, frustrato e impotente.
Mise la sua grossa mano sulla mia spalla, ridendo malvagiamente e bloccandomi più di quanto già non fossi, obbligandomi a reclinare la testa in avanti e puntando il lettore verso il mio collo.
Due lacrime sfuggirono al mio controllo, scendendo dai miei occhi lucidi.
« Motomiya... Wormmon... » fu tutto ciò che riuscii a dire, invocando i loro nomi in un'ultima disperata richiesta di aiuto e di perdono, prima di perdere i sensi.
   
 
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