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Autore: lyssa    12/02/2014    4 recensioni
Moriarty depone scettro e corona, si sfila di dosso gli occhiali da sole e i costosi completi Westwood e diventa semplicemente Jim. Jim che indossa una semplice t-shirt bianca, Jim con i capelli arruffati e i piedi scalzi, Jim che si lamenta in continuazione della carta da parati, Jim che è incollato a lui, lo sguardo sul televisore, il braccio intorno alla sua vita e la testa sul suo petto.
[ Sheriarty - What if? ]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Cenere
Fandom: Sherlock BBC
Personaggi: Sherlock Holmes, Jim Moriarty
Rating: Verde
Conteggio Parole: 2176
Avvertimenti: What if?
Riassunto: Moriarty depone scettro e corona, si sfila di dosso gli occhiali da sole e i costosi completi Westwood e diventa semplicemente Jim. Jim che indossa una semplice t-shirt bianca, Jim con i capelli arruffati e i piedi scalzi, Jim che si lamenta in continuazione della carta da parati, Jim che è incollato a lui, lo sguardo sul televisore, il braccio intorno alla sua vita e la testa sul suo petto.
Note: Sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di abbastanza fluff e chu. La Sheriarty è una coppia angstissima e siamo tutti d'accordo - amo tantissimo le fanfiction piene di angst e dolore - ma ogni tanto ho bisogno di scrivere anche qualcosa di un po' più leggero. Inoltre la tag della sheriarty su tumblr è piena di cose carine su di loro e mi ha un po' contagiato -???????-
What if perchè ovviamente è un po' discostata dal canon. Non sono sicura dell'IC di Sherlock, ma sinceramente non mi pare così fuori dal personaggio da dover mettere l'avviso-! Spero che vi piaccia ; A ;


 
 

Sherlock non sa con esattezza come si comportino normalmente le coppie – l’ambito delle relazioni sentimentali non ha mai catturato il suo interesse, di conseguenza ha eliminato dalla propria mente qualunque informazione al riguardo – ma è abbastanza sicuro che il suo rapporto con Jim esuli da ogni norma e convenzione.

I loro appuntamenti tipo consistono nel camminare, solitamente abbracciati, per il centro di Londra e dedurre il maggior numero di cose possibili riguardo alle persone che li circondano: a volte commentano volutamente a voce un po’ troppo alta solamente per vedere l’espressione della gente e ridere come due dodicenni che hanno appena fatto uno scherzo telefonico. Altre volte invece fanno delle specie di gare: vince chi trova la persona più interessante o scopre il maggior numero di fatti e il perdente deve solitamente scontare una penitenza decisa dall’altro o pagare la cena o fare qualunque altra cosa.

Jim per San Valentino gli ha regalato un caso di dimensioni internazionali, con tanto di triplo omicidio e riferimenti alle varie occasioni in cui si sono incontrati, che rientra indubbiamente tra i cinque casi più interessanti di cui si sia mai occupato.

La loro relazione è assurda e impossibile agli occhi di tutti, ma a Sherlock non interessa. Potrebbe nasconderla, ma in realtà quello è l’ultimo dei suoi pensieri; non riesce proprio vedere l’utilità nel fare una cosa del genere. Le loro giornate sono fatte di deduzioni, baci, incontri rubati e assassinii, a volte decidono tuttavia di passare le serate come una semplice coppia comune, accoccolati sul divano a guardare un poliziesco che manca decisamente di credibilità.

È troppo orgoglioso per ammetterlo ad alta voce, ma adora quel tipo di momenti. Sono rilassanti, piacevoli e aiutano a distendere i nervi: sono attimi in cui smettono di essere consulente investigativo e criminale e diventano solamente Sherlock e Jim.

Moriarty depone scettro e corona, si sfila di dosso gli occhiali da sole e i costosi completi Westwood e diventa semplicemente Jim. Jim che indossa una semplice t-shirt bianca, Jim con i capelli arruffati e i piedi scalzi, Jim che si lamenta in continuazione della carta da parati, Jim che è incollato a lui, lo sguardo sul televisore, il braccio intorno alla sua vita e la testa sul suo petto.

Sherlock gli lancia un occhiata veloce e riporta l’attenzione sullo schermo, dove si sta svolgendo un indagine. No, indagine non è il termine giusto. I personaggi si concentrano su aspetti dal significato nullo e tralasciano ogni dettaglio in grado di rivelare la vera natura dell’omicidio: è un’operazione inesatta, assolutamente senza senso e incredibilmente stupida. Disastro è sicuramente un vocabolo più appropriato.

«In quattro fate il cervello di Anderson!» Esclama, sbuffando teatralmente.

Incompetenti, dal primo all’ultimo. L’irritazione lo pervade in un’ondata di calore che gli impedisce di stare fermo e lo fa agitare sul posto. La spiegazione logica è lì, ballerina sulla punta della sua lingua, Sherlock vorrebbe solamente permettergli di uscire e di esibirsi; l’unico fattore che lo trattiene è l’assenza di pubblico – Jim è abbastanza intelligente da essere arrivato alla sua stessa conclusione e sa di non poterlo sorprendere con così poco.

«Tesoro, sono incredibilmente stupidi, è vero, ma si tratta di un semplice film. Ideato da persone comuni per persone altrettanto comuni, non puoi aspettarti troppo. Cerca di apprezzarlo per quello che è.» Jim fa spallucce e strofina la guancia sul suo petto.

«Ma allora perché girare un film così inesatto! Anche la finzione deve essere curata nei minimi dettagli. Anzi, richiede un’attenzione decisamente maggiore rispetto a quella richiesta dalla realtà.» Vuole cercare il telecomando e spegnere tutto in un impulso di rabbia, allo stesso tempo non riesce però a spostare lo sguardo dal televisore. Alla fine è quest’ultimo l’istinto vincitore: Sherlock segue con occhio attento ogni singolo fotogramma, anche quando Jim inizia a baciarlo attraverso il tessuto sottile della camicia. «Fermo, sto cercando di concentrarmi!» Sbotta, muovendo la mano in un rapido gesto che gli fa ottenere in risposta solamente un piccolo morso.

Uno dei personaggi del film scopre della cenere sui rimasugli dell’abito della vittima – finalmente c’è arrivato! – e la tocca con la punta delle dita, portandosela poi sotto al naso. Sherlock non fa in tempo ad essere sollevato che un’inquadratura appena più ravvicinata e dettagliata gli rivela l’ennesimo errore.

«No! Siete ciechi?!» Sbraita, diretto al televisore. L’analisi della cenere è una ricerca incredibilmente interessante, lui è inoltre particolarmente ferrato sull’argomento. Vederlo trattato con una simile superficialità gli lascia l’amaro in bocca.

«Riesco a vederlo da qui! Quel tipo di cenere non è quello della marca di sigarette di Richard!»

La risata di Jim è alta e cristallina e si sposa bene con l’espressione divertita che si è formata sulle sue labbra, Sherlock non ha bisogno di vederlo per immaginare il modo in cui i suoi lineamenti sono piegati. Sente il naso del consulente criminale sulla porzione di pelle lasciata scoperta dal colletto e aggrotta appena le sopracciglia, sebbene il contatto non sia né inaspettato né sgradito.

«Sei un vero esperto della cenere, mhn?»

«Ovviamente. Ho scritto un post dove elenco t-»

«Tutti i duecentoquarantatré tipi di versi di cenere da tabacco, con tanto di scheda tecnica e guida per il riconoscimento. Lo so.»  La voce di Jim è ora un sussurro basso, suadente e caldo come l’alito che percepisce sul collo. Le labbra dell’irlandese sono presto sul suo collo: può sentirne la morbidezza e alla sensazione di calore si aggiunge presto quella pungente provocata dalla barba. Lo sguardo di Sherlock guizza su di lui per un istante soltanto, tempo un battito cardiaco e l’attenzione è nuovamente sulla tv.

«L’ho letto.» A quelle parole qualcosa scatta. Sherlock volta il capo in un movimento veloce e istintivo.

«Davvero?»

«Ovviamente. Sono sempre stato il tuo più grande fan, Sherlock. » Un altro bacio, questa volta la lingua indugia di più sulla pelle. «Brillante.»

La voce di John risuona nella sua mente – nessuno è interessato a leggere l’analisi di duecentoquaranta tipi diversi di cenere, Sherlock! – e lui non può fare a meno di aprire le labbra in un ampio sorriso.

Jim ha letto il post. La cosa non dovrebbe stupirlo e tanto meno dovrebbe renderlo così schifosamente contento; si maledice mentalmente e cerca di soffocare la risata di pura gioia che sente nascere in gola. Si sente un po’ il ragazzino di tanti anni prima: il piccolo Sherlock che per la prima volta riesce a battere il fratello maggiore, il ragazzino adolescente che viene ascoltato per la prima volta dalla polizia dopo anni passati a essere ignorato.

«È un peccato che tu l’abbia cancellato.» Jim parla tra un bacio e l’altro e va a slacciare veloce i primi bottoni della camicia. «Non che sia un grande problema:  l’ho imparato a memoria nel momento stesso in cui l’hai postato.»

Sherlock sorride nuovamente. Non ha alcun dubbio che Jim abbia memorizzato l’intero post – un banale esercizio di memoria è quasi un affronto alla sua mente brillante – ma decide di metterlo alla prova ugualmente. Lo sguardo ritorna nuovamente sul televisore, ma questa volta in Sherlock non vi è il minimo interesse per le sequenze che velocemente si susseguono sullo schermo luminoso.

«Trentasette.»

«Golden Virginia Absolute. Tabacco inglese, prodotto dal 1877. È fresco, umido, sminuzzato non finemente. Questa varietà in particolare è però leggermente più secca, in quanto non trattata con additivi o altri composti. Il nome viene dalla colorazione leggermente dorata del tabacco e anche la cenere è abbastanza riconoscibile.» Una piccola pausa. «Almeno per me.»

«Centocinquantatré.»

«Perique. Un tabacco molto dall’aroma intenso e penetrante, viene preparato con un metodo particolare, motivo per il quale è particolarmente costoso. Molto scuro, dal sapore forte, è considerato il re dei tabacchi da pipa.» Jim si lascia andare a una piccola risata e strofina nuovamente il naso sul suo collo. «Non pensi che mi somigli?»

Sherlock non risponde. Non gli piace rispondere alle domande ovvie, è uno spreco di energia e di tempo.

«Ottant-»

Le parole gli muoiono in gola nel momento stesso in cui Jim poggia la bocca sulla sua. Il contatto dura non più di una manciata di secondi, le labbra di Jim sono serrate e si allontanano velocemente – forse troppo?

«Noooooooioso.» Cantilena, inclinando appena la testa. «All’inizio era divertente, ma non ho molta voglia di continuare. Sappiamo entrambi che ho letto tutto il post e credimi quando ti dico che rimanere qua fino alle tre e mezza a parlare di tabacco non è esattamente ciò che avevo in mente.» Apre le labbra in un sorriso malizioso e si avvicina di nuovo, senza però toccarlo. «Con quelle labbra potresti fare qualcosa di meglio che interrogarmi.»

«Devo ricordarti che sei tu quello che si lancia in interminabili monologhi.»

«Oh, ma tesoro, io devo farlo!» Jim ride di gusto e si allontana appena. «Sai, i monologhi interminabili sono una caratteristica dei cattivoni vecchi stampo.» Le labbra si torcono in una smorfia divertita. «Devo attenermi al mio copione!»

«Sei una dannata drama queen.»

Sul volto dell’altro prende vita un espressione falsamente offesa. «Sherlock! Io sono il re. Però, se vuoi, puoi essere la mia regina, Sherly.»
Sherlock sbuffa per l’ennesima volta della serata e rotea gli occhi. Non gli piacciono i soprannomi e le abbreviazioni: li trova incredibilmente dozzinali e poco d’impatto – anche se deve ammettere che non suonano poi male se detti dal suo accento irlandese. Le dita di Jim lo sfiorano appena con i polpastrelli, toccandogli il collo in un modo che gli provoca un brivido su per la schiena.

«Sai vero che non potrà essere sempre così?» Qualcosa è cambiato in Jim, Sherlock se ne accorge nel momento stesso in cui posa lo sguardo su di lui. Ha le labbra appena sollevate, ma i suoi occhi scuri non sorridono più. Vi legge qualcosa di strano che non riesce a decifrare, qualcosa che non è felicità, che non è tristezza e nemmeno eccitazione o delusione e che gli fa aggrottare le sopracciglia in un moto di confusione.

«Io ti brucerò.» Il tono con cui Jim pronuncia quelle parole da vita a un ulteriore brivido. Ricorda l’adrenalina, ricorda il senso di terrore che lo aveva pervaso nel vedere un ordigno attaccato al corpo del suo migliore amico e ricorda anche l’ammirazione che si era ritrovato (suo malgrado) a provare per una persona brillante come Moriarty. Ricorda ogni minaccia, ogni provocazione , ogni parola e ogni singola virgola: Jim lo ha tenuto sveglio per notti intere e – in quelle rare volte che chiudeva gli occhi per concedersi l’ammontare minimo di sonno di cui il corpo umano necessita – ha popolato i suoi incubi.

«Non fraintendermi Sherlock, adoro tutto questo.» Il sorriso diventa appena più ampio e i suoi occhi sembrano quasi brillare di luce propria – sa che non sta mentendo.

«Ma… Non siamo altro che all’intervallo. Lo spettacolo deve continuare.» Jim schiocca la lingua sul palato e fa una piccola pausa prima di continuare. «Non possiamo sfuggire allo scorrere del tempo, prima o poi arriveremo all’atto finale. L’ultimo problema, quello che conta davvero.» La voce è un sussurro appena udibile; le dita di Jim si spostano sempre più in basso, accarezzano il pomo d’Adamo e arrivano poi fino allo sterno. Scendono ancora, carezzandogli delicatamente la pelle come un sospiro leggero, fino ad arrivare al punto dove si trova il cuore.

La fitta di dolore che prova quando le sue unghie si piantano nella carne lo coglie di sorpresa. Lo graffia, tracciando segni rossi sulla pelle.
La vita per Jim è un grande spettacolo. È una persona melodrammatica e teatrale, desiderosa di stare al centro dell’attenzione, eppure in Moriarty c’è qualcosa di più di un ego incredibilmente grande. Tutta quella messinscena non è altro che un tentativo per rendere la vita più interessante e degna di essere vissuta – Jim odia la monotonia e Sherlock può capirlo. Ha provato la noia, ha provato la disgustosa sensazione che si prova nel vivere in un mondo che non riesce a soddisfarti pienamente: un mondo dove l’inerzia diventa un dolore da scacciare in ogni modo – droga, risolvere casi, che differenza fa?

C’è qualcosa però che non riesce a comprendere: il concetto di “atto finale” continua a lasciarlo perplesso

Sherlock non ama l’ignoto. Non ama ciò che non può dedurre: non avere il pieno controllo su tutto ciò che lo circonda gli fa paura e lo lascia in uno stato di terrore che non può definire.

Vuole umiliarlo pubblicamente? Vuole forse ucciderlo? Vuole mettere fine entrambe le loro vite? – È quello ciò che intende con il problema finale? Sfuggire per sempre alla noia?

Jim smette di torturare la sua pelle e Sherlock perde momentaneamente il filo dei propri pensieri.

«Chissà come sarà la cenere del tuo cuore, Sherlock.» Cantilena e lo guarda dritto negli occhi, chinandosi poi a depositare un piccolo bacio sul petto graffiato. Il contatto è però effimero: le labbra di Jim si scostano velocemente e lui solleva il capo, in modo da ritornare nuovamente alla stessa altezza di Sherlock.

Lo fissa negli occhi e rimane immobile prima di ridere improvvisamente. Ride di gusto e gli afferra il colletto della camicia, che va a stringere delicatamente tra le dita.

«Avanti, non fare quella faccia, tesoro!» Sussurra, le labbra aperte in un sorriso. «Non ci siamo ancora arrivati, possiamo goderci tutto questo ancora per un po’!»
   
 
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