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Autore: Lunatica_92    12/02/2014    1 recensioni
Primo raccontino ambientato nel mio mondo AU, che si ferma alla seconda stagione. Perché mi piace immaginarli tutti vivi, sì.
Derek parla, ferisce e trova uno Stiles incapace di replicare alla sua aggressione verbale. Perché anche Stiles ha i suoi giorni no, checché gli altri ne dicano. E Stiles pensa alla sua perdita, mentre fuori dalla finestra piove e un gattino delizioso salta sul davanzale. Si sa, quanto il ragazzino logorroico ami i gatti e come sia incapace di resistervi. Soprattutto quando i suddetti abbiano un paio di iridi verdissime, sì sì!
STEREK!
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Stiles Stilinski
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Perché il Karma sa essere davvero bastardo, sì!
Un’altra saetta illuminò la volta, un altro tuono la seguì e un’ennesima goccia di pioggia cadde. Socchiusi le palpebre, imprecai e cercai di non rammentare. Inutile. A me la pioggia non piaceva. Mi rammentava mia madre distesa su un letto ospedaliero, coperta da un lenzuolo bianco e collegata a un respiratore. Mi ricordava il viso esamine della mia genitrice, mio padre seduto accanto a lei e io accovacciato vicino ai suoi piedini freddi. Riportava alla luce ricordi tristissimi, che avrei preferito seppellire in un angolino remoto della mia mente e non rivivere più. Avrei voluto dimenticarli, ma in dieci anni non vi ero riuscito e pensavo che non vi sarei riuscito mai. Perché taluni cose non è possibile dimenticarle, al di là dei nostri mille tentativi e Dio solo sapeva quanti tentativi avessi fatto. Inutilmente
In quel pomeriggio ero sdraiato sul letto della mia stanza, attendevo che mio padre ritornasse dalla centrale o che il mio migliore amico mi raggiungesse. Ero consapevole di quanto le mie attese fossero inutili, perché nessuno dei due sarebbe tornato da me e tale consapevolezza mi distruggeva il cuore. Mio padre sarebbe rincasato il giorno seguente, perché preferiva trascorrere quella ricorrenza nel silenzio opprimente del suo ufficio e detestava che qualcuno potesse comprendere quanto ancora soffrisse. Erano trascorsi dieci anni dalla morte di sua moglie, ma sembrava che per lui non fosse trascorso neanche un giorno. Il dolore era sempre lo stesso. Scott era nel giardino dell’abitazione Hale, impegnato ad allenarsi con il branco e sicuramente dopo sarebbe uscito con la sua ragazza. Finalmente Allison era ritornata in sé, aveva compreso quanto sua madre fosse una folle e il motivo per cui l’alfa di BH fosse stato costretto ad ucciderla. Il suo ragazzo sarebbe morto, se Derek Hale non fosse intervenuto e non avesse posto fine alla sua esistenza. Era stato costretto. Nonostante fosse l’anniversario della morte di mia madre, nessuno delle due persone più importanti della mia vita mi avrebbe raggiunto e io sarei stato costretto a restare da solo nell’oscurità della mia stanza. Come sempre.
 Quella mattina mi era stato categoricamente proibito di raggiungere il branco, perché la mia presenza era inutile e io rischiavo solo di destabilizzarne i membri. Ascoltami attentamente, ragazzino! Non sei un licantropo, non appartieni al mio branco e non mi piaci minimamente. Sei un sedicenne fragile, incapace di difenderti e tacere. Non gradisco la tua presenza nella mia abitazione, esigo non sentire il tuo odore sgradevole nel mio giardino e pretendo che tu non infastidisca né me e né i membri del mio branco. Non costringermi a tagliarti la gola con i denti, idiota! Tali parole mi avevano indispettito profondamente e soprattutto erano state capaci di ferirmi. Ero consapevole di quanto fossi fragile – in fondo non ero un licantropo, non bramavo il morso ed ero fiero della mia umanità. Mi piaceva essere umano, perché ero cosciente di quanto fossi speciale nella mia normalità. E nessuno sarebbe mai stato capace di condurmi a dubitare della mia certezza! - , ma ero consapevole anche di quanto non fossi idiota e di come la mia intelligenza avesse aiutato il branco di BH. I licantropi sarebbero stati decimati, se non fosse stato per la mia mente e la genialità delle mie idee. Ero la mente, io.
Avevo cercato di replicare, di condurlo a cambiare idea, ma non vi ero riuscito ed ero stato costretto a ubbidire. Probabilmente l’alfa di BH non avrebbe esitato ad aggredirmi fisicamente, se avessi osato quel pomeriggio presentarmi nella sua abitazione e io non vi tenevo a comprendere quanto dolore potesse infliggermi. Non vi tenevo affatto, no. E fu in quel pomeriggio che compresi quanto la vita fosse insolita, come fosse capace di riservare delle sorprese e di cambiarmi il pomeriggio. Improvvisamente sentii un rumore, istintivamente  voltai il viso e cercai di individuare la fonte del suono. Trovai un gattino bagnato sul davanzale della mia finestra, che cercava un rifugio ed era spaventato. Aveva il manto nerissimo, un paio di iridi verdissime ed era bellissimo.
Lestamente mi alzai dal letto, lo raggiunsi e strinsi a me. Avvicinai le labbra carnose al suo visino, vi depositai un bacino e gli chiesi cosa facesse nella mia stanza. Da dove venisse, se qualcuno lo cercasse e se volesse restare con me. Ovviamente il gattino non mi rispose, ma apprezzò tantissimo il mio bacino e mi dimostrò quanto esattamente lo avesse apprezzato. Con la sua linguetta ruvida mi leccò il viso, portandomi a stringerlo maggiormente a me e a baciarlo nuovamente. Minuziosamente mi accertai che non avesse alcuna pulce, notai quanto il suo pelo fosse pulitissimo e non resistetti alla tentazione di accarezzarlo. Aveva un pelo foltissimo, lunghissimo e morbidissimo. Delicatamente lo poggiai sul mio letto, presi delle salviettine e iniziai ad asciugarlo. La sua reazione mi destabilizzò totalmente. Il gattino iniziò a fare le fusa, sfiorò il mio corpo con la sua testolina e io arrossii furiosamente. Decisamente arrossii, sì. Ritornai a distendermi sul mio letto, sperai che il mio ospite si distendesse accanto a me e la mia speranza fu esaudita. Il gattino si acciambellò vicino a me, poggiò la testolina sul mio braccio e si addormentò. Dopo qualche minuto anch’io lo seguii nel mondo dei sogni. E per la prima volta dopo dieci anni riuscii a dormire per otto ore consecutive, senza che alcun rammento sgradevole riuscisse a turbare il mio riposo. Fu una bellissima esperienza.
Erano le due di notte, quando aprii le palpebre e avvertii quanto fossi affamato. Il gattino era sveglio,era alquanto tranquillo e non faceva altro che osservarmi. Le sue iridi verdi analizzavano attentamente il mio corpo, sembravano controllare se avessi qualche ferita e io istintivamente sorrisi. Solo mi madre era stata capace di preoccuparsi tanto per me, prima che si ammalasse e morisse. Scesi dal letto, calzai le ciabatte, aprii la porta della mia stanza e scesi in cucina. Sicuramente anche il mio ospite era affamato, e non avendo cibo per gatti, avrei dovuto cucinargli qualcosa di umano. Magari un po’ di carne, sì. Aprii il frigo, estrassi una confezione di carne e iniziai a cucinarla. Fortunatamente la sua cottura non richiedeva troppo tempo, perché ero davvero affamato, e dovendo giudicare dal miagolio del gattino, anche lui doveva avere tanta fame.
 Dieci minuti dopo ero seduto vicino al tavolo, il mio ospite era saltato su una delle due sedie e entrambi eravamo impegnati a mangiare. Io con le posate e il gattino con i denti. Avevo sempre amato i gatti – prima che mia madre si ammalasse, avevo un gattone ed era davvero delizioso. Una palla di pelo bianchissima, con un paio di iridi azzurre e incapace di restare fermo per un secondo. Un po’ iperattivo, come me. - , poi mia madre era deceduta e io avevo deciso di non avere più nessun gatto in casa. Perché i gatti erano legati a un periodo bellissimo della mia vita, che mai più sarebbe ritornato e da quella certezza era scaturita la mia decisione. Poi quel pomeriggio avevo trovato quel gattino sul davanzale della mia finestra, e non avevo resistito alla tentazione di tenerlo con me, perché qualcosa in lui mi aveva colpito profondamente. Forse le sue iridi verdissime, chissà.
Quasi sicuramente il gatto aveva un padrone da cui ritornare – forse era uscito a causa del temporale, che magari lo aveva un po’ spaventato e disorientato. Il mio ospite non aveva più di qualche mese, probabilmente quello era stato il suo primo temporale e tutti quei tuoni dovevano averlo confuso. - , ma la sola idea mi riempiva ancora una volta il cuore di tristezza. Volevo che quel gattino restasse con me, senza né se e né ma. Rapidamente terminammo il nostro pranzo notturno, notai quanto il mio ospite fosse nuovamente stanco e decisi di rimandare di qualche ora la pulizia della cucina. Presi il gattino in braccio, salii al piano notte ed entrai nuovamente nella mia stanza. Ormai il temporale era terminato, le stelle illuminavano la volta e la luna non era visibile. Era una notte di novilunio.
Lasciai la finestra aperta, perché il leggero venticello era abbastanza caldo e mi sdraiai ancora una volta sul letto. Non che avessi nuovamente sonno, però volevo restare lì con il mio gattino e non pensare a niente. Non pensare all’alfa venticinquenne di BH, che era stato capace di ferirmi ancora una volta e di ignorare quanto le sue parole mi avessero quasi ucciso. Non pensare ai membri del suo branco, che non avevano obiettato alle sue parole e tacitamente le avevano confermate. Non pensare al mio migliore amico, che non aveva osato proferire sillaba o al mutismo del suo zio psicopatico. Quantomeno mi sarei aspettato una protesta da Scott, Peter e forse da tutto il branco. Sicuramente da Lidia e Allison, che nonostante fossero umane, quel pomeriggio avevano raggiunto il branco di BH. Certamente erano capacissime di difendermi, eppure anch’io sarei riuscito a difendermi, se qualcuno avesse cercato di insegnarmelo. E invece nessuno vi aveva mai tentato, anzi! In fondo io ero il sedicenne iperattivo, loquace, sarcastico e inutile. Un’autentica palla al piede, come avrebbe detto l’alfa di BH. Quelle emozioni riuscirono a destabilizzarmi, e prima che potessi realmente piangere, notai un qualcosa di anomalo sul collo del mio ospite.
Avvicinai il gattino a me, identificai il qualcosa e compresi cosa fosse. Il gatto aveva un collarino rosso, che prima non avevo affatto notato e sul quale vi erano incise due lettere. Due lettere enormi, per essere precisi. E quando le lessi, compresi quanto il Karma fosse un grandissimo bastardo. Quelle due lettere potevano significare tutto e niente, potevano indicare qualsiasi cosa, ma io non potei non associarle a un’unica persona. A Derek Hale, sì. Non mi risultava che il grande alfa di BH avesse un gatto – sarebbe stato un conflitto di interesse, se un licantropo avesse avuto un gattino come animale domestico. Avrebbe dovuto lottare quotidianamente tra il desiderio di accarezzarlo, azzannarlo o scacciarlo dal suo territorio. Che poi è risaputo quanto cani e gatti non abbiano alcuna affinità. Non che Derek Hale fosse un cane, però era un lupo e si supponeva che lupi e cani appartenessero alla medesima famiglia. E forse i lupi odiavano quanto i cani i gatti, mah! - , ma non mi risultava neanche che a BH vi fosse un’altra persona che si chiamasse Derek Hale, perché quella D e H dovevano obbligatoriamente essere le iniziali di quel nome. E quindi? A chi apparteneva quel gattino?
Con tali interrogativi mi addormentai nuovamente, senza notare quanto il gattino si fosse avvicinato a me e sembrasse estremamente interessato al mio viso corrucciato. Avrei notato il suo sorrisino machiavellico, se avessi fatto attenzione a simili dettagli e forse avrei anche compreso chi fosse quel gattino. Non a chi appartenesse, ma chi fosse. E invece
Iridi rosse. Ancora una volta vi erano un paio di iridi rosse, estremamente interessate al mio corpo nudo e al mio pene eretto. Un paio di mani lambivano il mio corpicino, gentilmente sfioravano il mio orifizio e una lingua rosa leccava sia il mio pene che i miei testicoli. A breve avrei eiaculato, se il mio sadico torturatore non avesse deciso di interrompere la tortura e non avesse preteso il mio sguardo sul suo viso. E quando soddisfai la sua richiesta, compresi a chi quelle mani appartenessero e le mie gote si screziarono di rosso. Ero imbarazzato, eccitato, frustato e pretendevo che il mio torturatore mi penetrasse. Le dita affusolate del mio aguzzino ritornarono a lambire il mio orifizio, io ripresi a gemere e poi il suo pene si sostituì alle sue dita. Avvertii il suo pene dentro di me, andai in contro alle sue spinte e iniziai a gemere sommessamente. Nonostante fossi imbarazzato ancora, non esitai a circondare il suo corpo con le mie braccia e a pregarlo affinché continuasse a darmi piacere. E lui non si fece pregare, non più di tanto. Gentilmente continuò a spingersi dentro di me, massaggiò il mio pene eretto e insieme venimmo. Insieme, sì. Ero pronto a dirgli quanto mi fosse piaciuto, quando sentii un miagolio a me non proprio estraneo e immediatamente aprii le palpebre.
 Non di nuovo, no. Avevo nuovamente sognato l’alfa di BH, che ancora una volta mi scopava sul letto della mia stanza e in quel momento mi ritrovavo con un’erezione enorme tra le gambe. Fantastico, sì. Rapidamente raggiunsi il bagno, aprii il getto della doccia e iniziai a masturbarmi. Venni, sbuffai e compresi che non potevo continuare in quel modo.
Erano mesi che sognavo quel genere di cose, ma sapevo benissimo quanto i miei sogni non potessero diventare realtà. Non perché fossi omofobo, o giudicassi l’omosessualità una malattia, anzi ero consapevole di quanto mi attraessero sia gli uomini che le donne, ma perché sapevo quanto Derek Hale non fosse omosessuale e come non avrebbe mai potuto trovarmi attraente. Era costantemente circondato da donne bellissime, non era indifferente al gentil sesso, e se anche fosse stato bisessuale, io non avrei mai potuto rientrare nelle sue preferenze. Era incapace di fidarsi del prossimo – come non comprenderlo, dopo la pessima esperienza con la zia di Allison? Avrebbe avuto ancora una famiglia, se non fosse stata per quella cacciatrice folle e incapace di rispettare il codice della propria famiglia - , però tale cosa non gli impediva di frequentare delle donne e più di una volta i suoi beta avevano avvertito odori femminili sul suo corpo. Rammentavo ancora i sogghigni di Jackson, i sorrisini di Boyd, quelli di Isaac, di Erika, i rossori di Scott, le risatine di Peter, di Lydia e i sorrisi di Allison.
Non avrei mai potuto competere con le donne che frequentava, non avrei mai potuto attrarlo, e al di là di tutto lui mi considerava un perfetto idiota. E forse lo ero davvero, perché da mesi continuavo a sognarlo e non ero capace di fare nulla. Né di confessargli quanto mi attraesse – la mia cotta per Lydia apparteneva a un passato remoto, che non sarebbe mai più ritornato, perché avevo compreso quanto non avessimo nulla in comune e che preferissi averla come amica. Perché era un’ottima amica, sì! - , né di cessare di sognarlo e né di concentrare la mia attenzione su un’altra persona. Perché non vi era nessuno che mi interessasse minimamente, al di là dell’irascibile alfa di BH. Uscii dalla doccia, mi asciugai, entrai nella mia stanza e lì mi rivestii. Il mio ospite era ancora acciambellato sul mio letto, non sembrava intenzionato ad andare via e io dovevo comprendere cosa farne.
Era domenica, non vi era scuola e avevo un po’ di tempo libero. Lo sceriffo di BH non sarebbe rincasato prima di dopo pranzo, io non potevo raggiungere il branco di BH – come ogni domenica dovevano aver organizzato un pranzo nella tenuta Hale. Forse in quel momento erano impegnati a cucinare, considerando che erano già le dieci di mattina. – e vi era un’unica persona che potesse aiutarmi realmente. Fu da lui che decisi di andare con la mia jeep, il gattino e la consapevolezza che quasi sicuramente sarei stato costretto a dirgli addio. Quasi sicuramente, sì.
Il viso del veterinario era alquanto corrucciato, supposi che non fosse un buon segno e attesi che dicesse qualcosa. Per la prima volta lasciai che fosse un’altra persona a iniziare una conversazione con me, perché io non sapevo davvero cosa dire o fare. Avevo un’unica certezza ed era quella di non volermi separare dal gattino. Perché era stato l’unico a restare con me, a impedirmi di rammentare la morte di mia madre e di versare mille lacrime. E poi le sue iridi verdissime erano state capaci di stregarmi, sì. Il dottore Deaton continuò a osservare il gattino, non osò sfiorarlo e mi chiese come esattamente lo avessi trovato. Ancora una volta me lo domandò, sì.
-Ero sdraiato sul mio letto, quando ho sentito un rumore e visto il gattino sul davanzale della mia finestra. L’ho asciugato, ha dormito con me, abbiamo pranzato insieme alle due di notte e abbiamo dormito ancora nel mio letto. Ha mangiato la carne, perché non avevo cibo per gatti, e prima che mi addormentassi nuovamente, ho notato il suo collarino e ho dedotto che dovesse avere un padrone. Solo che non so di chi sia, perché non so se le due lettere incise sul suo collarino siano le iniziali del nome del suo padrone o significano altro. Che poi non conosco alcuna persona che abbia tali iniziali del nome e cognome, tolto il minaccioso alfa di BH, ma non penso che Derek Hale abbia un gattino come animale domestico. Non che non potrebbe averlo, però non mi sembra il tipo e poi sarebbe un conflitto di interesse.
-Conflitto di interesse, Stiles?
-Mah, sì. E’ risaputo quanto cani e gatti non abbiano affinità. Comunque penso che sia opportuno affiggere dei volantini, così il suo padrone potrà ritrovarlo o quantomeno noi potremmo accertarci se abbia o meno un padrone. A me piacerebbe tantissimo tenerlo con me, perché amo i gatti e poi questo gattino è davvero bellissimo. Non avrei problemi  a prendermi cura di lui, se non dovesse avere un padrone o se il suo padrone non fosse più interessato a lui. E…-
-Non occorre affiggere dei volantini, Stiles. Il gatto non ha alcun padrone.-
-Come fa a saperlo, dottore? Insomma è troppo inoffensivo, pulito, fa le fusa e poi ha un collarino. Deve per forza avere un padrone!-
-Con me non è minimamente inoffensivo, Stiles. Ha i denti digrignati, gli artigli di fuori ed è pronto a mordermi. Non esiterebbe a graffiarmi, se solo osassi toccarlo. E certamente non mi farebbe le fusa.-
-Con me è stato assolutamente inoffensivo, dottore. Forse sente su di lei l’odore dei lupi, cani, licantropi o qualche altra strana creatura. In fondo BH è piena di bestiacce. Come spiega il collarino?-
-E’ stato Peter Hale a mettergli il collarino, Stiles! Da ieri pomeriggi il branco è impegnato a cercarlo, siccome il signorino ha ben pensato di dissolversi nel nulla e di non lasciare tracce dietro di sé. E Peter Hale gli ha messo il collarino, perché nessuno pensasse di potersene appropriare e anche per prenderlo in giro.
-Cosa ha a che vedere quello psicopatico di Hale con il gattino, dottore? Perché mai il branco è impegnato a cercarlo, poi? Non vorranno mica sbranarlo? Forse Allison e Lydia vogliono cucinarlo oggi per pranzo? No, assolutamente.
-Possibile che tu non abbia ancora compreso, Stiles? Eppure sei la mentre del branco, quello che idea idee geniali. –
-E a cui non è concesso raggiungere il branco, perché potrei destabilizzarne i membri. Parole precise dell’alfa. Di quel grandissimo e irascibile alfa. E non ho capito.-
-Stiles, ascoltami attentamente. Il gattino ha il manto nero, le iridi verdi, è insofferente alla mia presenza e ha un pessimo caratterino. Il branco di BH è impegnato a cercarlo, questa notte vi è stato il novilunio, Peter vi ha messo al collo questo delizioso collarino, le lettere incise corrispondono alle iniziali del nome di Derek Hale e sai benissimo che Derek non ha alcun gatto. Riesci a comprendere?-
In quel preciso momento compresi quanto fossi stato uno stupido, perché non avevo affatto capito chi quel gattino fosse e gli avevo permesso di dormire anche nel mio letto! Una settimana prima avevo consultato il bestiario degli Argent, letto una nota abbastanza interessante e non avevo esitato a informare sia Derek che il branco. Tale nota diceva che il pomeriggio prima del novilunio di quel mese vi sarebbe stata una particolare congiunzione astrale, che avrebbe alterato i flussi magici e reso l’alfa del branco della cittadina di BH totalmente innocuo. Avevo ipotizzato che Derek Hale avrebbe perso un po’ della sua forza, Peter aveva scommesso che tale congiunzione astrale lo avrebbe costretto a un riposo prolungato, ma nessuno di noi due avrebbe mai potuto prevedere una simile cosa. La congiunzione astrale aveva trasformato l’alfa di BH in un gattino bellissimo, morbidissimo e assolutamente innocuo. Incapace di difendersi. Ed era un bene che il branco e i cacciatori avessero stabilito una tregua, altrimenti cosa ne sarebbe stato di Derek? Il solo pensarvi mi uccideva, sì.
-Avevo completamente dimenticato la congiunzione astrale, dottore. Non capisco il motivo per cui sia venuto da me, però.
-Non lo capisci, Stiles?-
-Affatto. Ieri mattina mi ha dato dell’idiota, mi ha proibito di avvicinarmi al suo territorio e mi ha detto quanto fossi inutile. A rigor di logica sarebbe dovuto restare con il suo branco, no? O temeva che i suoi cuccioli potessero azzannarlo? Non penso che lei o il padre di Allison lo avreste permesso, perché suppongo che ambedue abbiate provveduto a minacciare il branco con l’aconito, no?
-Forse riteneva casa tua un luogo sicuro. Pensava che tu lo avresti protetto contro tutto e tutti.-
-Come avrei potuto farlo, dottore? Sono solo un umano inutile, incapace di difendere me stesso e le persone che amo. –
-Stiles, non sottovalutarti. Tu sei speciale.-
-Derek Hale non la pensa così, dottore. E comunque ora devo andare. Non vorrei che mi uccidesse, siccome ho osato toccarlo e asciugarlo. Sa quanto detesta il contatto fisico, almeno quando sono io a sfiorarlo accidentalmente. Dovrebbe ritornare normale alle dodici di oggi, tra meno di venti minuti e quindi può chiamare il branco. Penso che gli serviranno dei vestiti.-
-Stiles, resta. Penso che…-
-No, devo andare.-
Ignorai l’espressione dispiaciuta del dottore, resistetti alla tentazione di sfiorare ancora una volta il pelo del gattino e non prestai attenzione al suo miagolino triste. Lasciai il gattino nello studio del veterinario, salii sulla jeep e decisi di non ritornare a casa. Avevo bisogno di pensare un po’, perché era accaduto davvero tanto e non sapevo come affrontare le conseguenze. Sicuramente Derek in versione gattino aveva compreso quanto fossi eccitato quella mattina, forse mi aveva anche sentito sussurrare il suo nome nel sonno e quasi sicuramente aveva udito i miei gemiti nella doccia. Non che la congiunzione astrale non avesse alterato le sue doti soprannaturali, però era risaputo quanti i gatti avessero i sensi maggiormente sviluppati rispetto a quelli degli uomini e come potessero avvertire con precisione suoni e odori. Non avrebbe esitato a tagliarmi la gola con i denti, considerando quanto mi detestasse. Solamente non comprendevo il motivo per cui avesse deciso di venire da me, perché fosse restato con me e la ragione per cui non avesse preferito il branco o una qualsiasi delle sue donnine. Che sicuramente sarebbero impazzite per un gattino dalle iridi verdissime, eh! E fu così che mi diressi da mia madre, perché il giorno prima il temporale non mi aveva permesso di raggiungere la sua tomba e di portarle dei fiori. Rose rosse, perché lei le amava.
 
Erano le diciotto di domenica pomeriggio, quando rincasai. Trovai mio padre seduto al tavolo della cucina, impegnato a compilare dei moduli e con una tazza di caffè decaffeinato vicino a sé. Distrattamente ci salutammo, decidendo che non fosse il caso di porre domande. Sapevo dove fosse stato il giorno precedente, e sicuramente lui sapeva dove avessi trascorso la maggior parte della domenica. Silenziosamente salii al piano superiore, entrai nella mia stanza e cercai di allontanare la malinconia dal mio cuore. Inutilmente. Diceva mio padre che fossi identico a mia madre, che avessi ereditato da lei i grandi occhi da cerbiatto e il marrone particolare delle iridi. I lineamenti del viso erano quelli della mia genitrice, e vedendo le foto di mia madre, non potevo non concordare con il mio genitore. Da mio padre quasi nulla avevo ereditato, tranne un po’ il colore dei capelli e forse la propensione a svelare i misteri. Amavo risolvere i casi irrisolti. Decisi di sedere sul letto, e prima che potessi togliere le scarpe, un rumore sinistro mi costrinse a squittire e a cercare di fuggire dalla mia stanza. Conoscevo quel rumore, sì.
-Dove sei stato, ragazzino?-
Derek Hale sedeva sul davanzale della mia finestra, indossava un paio di jeans neri e stranamente nessuna maglietta particolarmente stretta. La sua espressione visiva era alquanto indecifrabile, tamburellava le dita sul davanzale e attendeva che io rispondessi alla sua domanda. Che fosse realmente interessato al luogo dove ero stato? Per quale ragione, poi?
-A te cosa riguarda? Non sei mica mio padre. Neanche lui mi ha chiesto dove fossi stato, non che io gliel’abbia detto, quindi per quale motivo dovrei dirlo a te? Cosa ti interessa?-
-Limitati a rispondere, se non vuoi che…
-Se non voglio che tu mi tagli la gola con i denti, sì. Sono stanco delle tue minacce, dei tuoi modi rozzi e del tono della tua voce. Non sono un licantropo, non appartengo al tuo branco e non gradisci la mia presenza. Quindi perché sei nella mia stanza? Per quale motivo non mi lasci stare? Ti serve qualche ricerca? Puoi tranquillamente chiedere a un membro del tuo branco, che non esiterà a dirmelo e sicuramente lo farà con un po’ di gentilezza. Penso che anche tuo zio si rivolgerebbe a me con gentilezza, se dovessi domandarmi qualcosa. E quindi…-
-Non mi occorre alcuna ricerca, ragazzino. Voglio sapere solo dove sei stato e lo voglio sapere ora.-
-E perché mai lo vorresti sapere?-
-Non mi piace l’odore che hai addosso.-
-A me, sì. Quindi non…-
-Ti piace l’odore di un altro addosso?-
Era innegabile quanto Derek  fosse una persona introversa, assolutamente non logorroica e incapace di utilizzare un numero sufficiente di parole in un discorso. Solitamente le sue frasi erano abbastanza cripte, bisognava decifrarle e quasi sempre vi riuscivo. Quasi sempre, perché in quel momento non comprendevo cosa l’alfa di BH volesse comunicarmi e non capivo cosa dovessi rispondergli. Non ero stato in alcun locale, e certamente al cimitero di BH non vi erano altre persone oltre me, quindi non comprendevo a quale odore si riferisse. Cosa aveva di insolito il mio odore? E soprattutto a lui cosa interessava? Possibile che soffrisse di disturbo bipolare, che non rammentava cosa ieri mattina mi avesse ringhiato contro o pensava che io lo avessi dimenticato? Che come ogni volta non avessi dato peso alle sue parole? Quella volta errava totalmente, se supponeva una cosa del genere, sì.
-Soffri di schizofrenia, Derek Hale? Ieri mattina mi hai ringhiato contro quanto non tollerassi la mia presenza, poi vieni qui oggi e pretendi che io ti risponda a un qualcosa che non comprendo. E come se non fosse sufficiente, vieni anche da gatto qui! Pensavo che fossi con il tuo branco a ridere di me, a raccontare ai tuoi cuccioli quanto fossi un umano idiota e come…-
-Cosa avrei dovuto raccontare ai miei beta? Perché avrei dovuto ridere di te? Cosa dici, ragazzino!-
Parlare con Derek Hale equivaleva a sostenere un colloquio orale con un datore di lavoro, perché quell’alfa venticinquenne aveva il dono di sfinirmi ed esasperarmi. Sarei potuto uscire dalla mia stanza, avrei potuto ignorarlo, chiamare il mio migliore amico e dirgli di liberarmi da quella bestiaccia. Sicuramente Scott vi avrebbe tentato, quasi sicuramente sarebbe stato ammazzato dal suo alfa e io non avrei potuto non sentirmi responsabile. Senza contare che quasi totalmente non avrebbe risposto alla mia chiamata, perché probabilmente era con Allison, e quando era con la sua ragazza, spegneva il cellulare o semplicemente non rispondeva a nessuno. Avevo già provato a contattarlo in quei momenti, sì. Inspirai lentamente, tolsi le scarpe, espirai, poggiai la schiena contro i cuscini del mio letto e decidi di fare un ultimo tentativo. Avrei ancora provato una volta ad avere una conversazione pacifica con l’alfa di BH, e se non vi fossi riuscito, avrei rinunciato sia a preoccuparmi per la sua incolumità che ad accettarmi della sua sopravvivenza. Lo giurai a me stesso, sì.
-Durante la congiunzione astrale sei mutato in gatto, mutamento davvero inaspettato e per quale motivo sei venuto da me? Saresti potuto restare con il tuo branco, che sicuramente non ti avrebbe arrecato alcun danno o semplicemente avresti potuto raggiungere la clinica veterinaria. Perché sei venuto qui, Derek?-
-Non ho bisogno di un motivo per venire qui, per allontanarmi dal mio branco o per fare qualsiasi altra cosa. Non devo spiegazioni a nessuno, ragazzino.-
-Forse a me, sì. Ti ho asciugato, sfamato, lasciato dormire nel mio letto e preoccupato per la tua salute. Penso che una spiegazione tu me la debba.-
-Non eri tenuto a farlo, ragazzino. Potevi lasciarmi sul davanzale della tua finestra, gettarmi di sotto o scacciarmi come se fossi stata una bestia. Non eri tenuto a fare nulla.-
-Pensi che io sia un mostro, Derek? Immagino che tu sia abituato a frequentare solo persone superficiali, e sicuramente le tue esperienze passate non ti aiutano ad avere fiducia nel prossimo, ma pensi davvero che io sia un mostro privo di cuore? Come avrei potuto buttarti di sotto, Dio!-
-Non sapevi che fossi io. Se avessi collegato la congiunzione astrale al gatto dalle iridi verdi, sicuramente non avresti esitato a scacciarmi. Non sei certo un mio fan, ragazzino.-
-Casomai sei tu a non essere un mio fan, Derek! In piscina sapevo benissimo chi fossi, eppure non ho esitato a tenerti a galla e certamente non perché speravo che distruggessi il Kanima. Avrei potuto lasciarti lì, sarei riuscito a fuggire via e quel mostro ti avrebbe ucciso. Invece non l’ho fatto, perché non avrei mai potuto farlo, checché tu ne possa dire.-
-Mi sembra di averti già ringraziato per quella volta, non occorre che tu lo ridica.-
-Non voglio che tu mi ringrazi nuovamente, anzi. Voglio solo comprendere il motivo per cui sei venuto qui, Derek. Per favore.-
-Non mi crederesti.-
-Lascia decidere a me se crederti o meno, Derek. Per favore.-
-Ero cosciente delle mie azioni, sapevo che il mio branco non avrebbe mai potuto arrecarmi danno, eppure ero consapevole di quanto quello non fosse il posto giusto per me. Avvertito l’assenza di qualcuno, di qualcuno di importante per me e allora sono fuggito via. Ho ignorato gli ululati del mio branco, le loro grida e ho raggiunto casa tua. Sul davanzale della tua finestra ho compreso chi fosse il qualcuno di cui avvertito l’assenza, ho annusato il tuo odore e mi sono tranquillizzato. Il lupo in me si è tranquillizzato, Stiles.-
-Il lupo in te, Derek? Eri un gattino! E poi come potevi avvertire la mia assenza? Sei stato tu ad allontanarmi dal tuo branco, a ringhiarmi quanto fossi inutile e come destabilizzassi sia te che i tuoi cuccioli.-
-E’ la verità, ragazzino. Tu riesci a destabilizzare i miei beta, perché non possono non concentrarsi su di te e cercare in ogni modo di proteggerti. Tutti i membri del mio branco, senza alcuna eccezione. Anche Lydia e Allison, le compagne di due dei miei beta, non riescono a non proteggerti. E destabilizzi me, perché il mio lupo prova attrazione per te e vuole preservarti da ogni pericolo. Sei una costante tentazione.-
-Il tuo lupo è attratto da me? Cosa diamine significa, Derek? E non hai risposto alla mia domanda, poi. Come potevi essere un lupo, se eri un gattino?-
-Sei snervante, ragazzino! Esteriormente ero cambiato, ossia da umano ero mutato in gatto, ma interiormente ero sempre un lupo. Con una forza notevolmente ridotta, però la mia natura era sempre quella di lupo e alfa. Solo per tale motivo i miei beta non cercavano di attaccarmi e continuavano a rispettarmi. E il mio lupo è attratto da te, sì. –
-Puoi essere meno cripto, Derek?-
-I lupi sono monogami, scelgono un unico compagno e giurano di proteggerlo per tutta la vita. Il mio lupo non aveva mai incontrato il compagno, non prima di incontrare te. Solo in questi giorni ho realizzato la cosa, compreso il motivo per cui avvertissi la necessità di proteggerti e preservarti da ogni pericolo.-
-Immagino che la cosa ti abbia sconvolto! E’ ovvio che tu non sia omosessuale, e se lo fossi, io non sarei certamente il tuo tipo. Sono un autentico idiota, come tu stesso mi hai ringhiato contro. Sinceramente non capisco come il tuo lupo possa pensare che io sia il tuo compagno, se non facciamo altro che litigare e tu non esiti a maltrattarmi continuamente. Non è che il tuo lupo è un po’ sadico? E poi io sono un maschio, con me il tuo lupo non potrebbe mai riprodursi e la dinastia Hale sarebbe destinata a estinguersi. Mi sa che il tuo lupo ha bisogno di uno psicanalista.-
-Hai finito di dire idiozie, ragazzino?-
-Ho appena iniziato, caro il mio alfa. –
-Non importa, perché ora lasci parlare me. Penso che tu sia abbastanza intelligente da comprendere che l’omosessualità non è una devianza, una malattia o qualsiasi altra stupidata detta da qualche illustre perbenista. Anche in natura esiste l’omosessualità, non è insolito che due animali siano tali e certamente il mio lupo non necessita di alcun psicanalista. Il mio lupo ha scelto te come mio compagno, perché sei stato capace di conquistarlo lentamente e di condurlo ad avere fiducia nel prossimo. Non avrebbe un branco, se non fosse stato per te, siccome hai sempre cercato di proteggere sia lui che i suoi beta. E vi sei anche riuscito sempre. Ha scelto te come compagno, perché riesci a tranquillizzarlo e sei capace di lenire le sue ferite. Quelle ferite che gli sono state inflitte da Kate, dalla donna che io pensavo di amare e che non ha esitato ad approfittarsi del mio amore. Da quella donna che ha incendiato la mia casa, ucciso la mia famiglia e decimato il mio branco. Da quel mostro. E il mio lupo sa che tu non sei lei, che non potresti mai uccidere il suo branco e ferirlo nuovamente. Il mio lupo lo sa. –
-Certo il tuo lupo lo sa, ma tu cosa sai Derek? Suppongo che per il tuo lupo io sia il compagno ideale, perché davvero non potrei mai distruggere il tuo branco, ma per te cosa sono? Oltre un ragazzino inutile, cosa sono?-
-Non hai mai dato tanta importanza alle mie parole, ragazzino. Perché ora le consideri così tanto? Sono mesi che ti ringhio contro parole non proprio piacevoli, ma non hai mai esitato a rispondermi e ora perché le tieni tanto a cuore?-
-Non sempre a me va di scherzare, Derek. Non riesco a essere sempre sarcastico. Ieri era uno di quei giorni no, avrei tanto voluto che qualcuno mi abbracciasse e invece non ho ottenuto alcun abbraccio. Mio padre è restato in centrale, Scott è stato a casa tua, tu mi hai proibito di raggiungervi e io sono restato solo con il mio dolore. Con la consapevolezza che fosse trascorso un altro anno, che ancora una volta non sarebbe entrata nella mia stanza per augurarmi la buona notte e che fossi davvero solo al mondo. Ieri è stato il suo anniversario.-
-Anniversario di chi, Stiles?-
-Di mia madre, Derek. E ancora una volta non hai risposto a una mia domanda, antipatico alfa! Cosa sono io per te?-
Fu così che mi ritrovai Derek Hale seduto sul mio letto, con i palmi delle mani poggiati sulle mie ginocchia e un sorrisino mefistofelico a inclinarne le labbra. E annegai nelle sue iridi verdi, che scrutavano il mio collo e analizzavano minuziosamente il mio corpo. Nuovamente le mie gote si screziarono di rosso, sì. Iniziai a sudare, il battito del mio cuore accelerò e Derek avvicinò le sue labbra alle mie. E sentire il suo odore fu alquanto destabilizzante, perché era tanto buono quanto unico. Era una fragranza afrodisiaca, sì.
-Io sono il mio lupo, il mio lupo è me e tu cosa sei per me? Mi sembra ovvio cosa tu sia per me, ragazzino. Sei la mentre del mio branco, quello che idea le strategie vigenti e con una risatina di scherno riesce a placare i miei beta. Sei un ragazzino iperattivo, logorroico, petulante, sarcastico e sfiancante. Sei il mio ragazzino, che se mi tradisse, mi ucciderebbe, perché è riuscito a legarmi indissolubilmente a sé. Tu sei il mio compagno. Sei la mia lupa. –
-Non sono una femmina, caro il mio alfa. Sono un maschio e…-
-Non sei un mio beta, ragazzino. Sei la mia lupa, punto.-
-Dai per scontato che io provi qualcosa per te, Derek. E se non provassi nulla per te? Se fossi solo interessato ad aiutarti, ma non volessi una relazione con te? E poi chi ti dice che io sia omosessuale? Sai benissimo che ho sempre avuto un forte interesse per Lydia, interesse che potrei continuare ad avere e…-
-Non esistono etichette sessuali, Stiles. A me non è mai interessato un ragazzo prima di te, come a te non è mai interessato un ragazzo prima di me. Le persone si innamorano, al di là del sesso del loro amato. So benissimo che non hai più alcun interesse per quella ragazzina, e se lo avessi, non esiterei a persuaderti del contrario. E’ ovvio che tu voglia avere una relazione con me, perché le pulsazioni del tuo cuore sono accelerate e sei indubbiamente eccitato. E non dimenticare che questa notte ho dormito con te, ti ho sentito mormorare il mio nome e stamattina ti ho visto correre verso il bagno. La cosa mi ha divertito molto, sì. –
-A me non ha divertito per nulla, anzi! Sono mesi che sogno quelle cose, che mi sveglio eccitato e non riesco ad allontanare il tuo viso dalla mia mente. E non è affatto divertente, credimi. Ora vieni qui, mi dici queste cose, mi rendi la persona più felice di questo mondo e io non so cosa fare. Cosa dovrei dirti, Derek? Che voglio una relazione con te? Che se mi lasciassi, distruggeresti il mio cuore? Che…-
-Non potrei mai lasciarti, ragazzino. Sei il compagno del mio lupo, sei il mio compagno e lasciarti mi distruggerebbe. E poi quelle cose che hai sognato possiamo farle.-
-Questo è un invito a nozze per un sedicenne con gli ormoni impazziti, sappilo!-
-Lo immaginavo.-
Improvvisamente mi ritrovai Derek sdraiato accanto a me, con le mani sulla mia pancia e sentii la necessità di accoccolarmi contro di lui. Forse avvertivo quanto fossi importante per lui, come non avrebbe mai potuto arrecarmi dolore e sentivo la necessità di sottomettermi a lui. Avrei accettato anche il suo morso? Chissà!
-Grande lupo, ho una domanda.-
-Che non sia idiota, possibilmente.-
-Mi morderai?-
-Non con l’intenzione di trasformarti, perché non sei destinato a essere un mio beta. Non potrei mai farlo, come non potrei permettere a nessuno di farlo, ragazzino.-
-E con quale intenzione mi morderai, allora?-
-Con quella di comunicare agli altri quanto tu sia mio. Perché nessuno dovrà osare toccarti, sfiorarti o accidentalmente  palparti. Licantropo o umano che sia. E non mi piace la vicinanza che hai con Scott, come non mi piace questo odore che ancora hai addosso.-
-Scotto è il mio migliore amico, stupido licantropo. E quale odore particolarmente sgradevole ho addosso? Non mi risulta che qualcuno mi abbia palpato!-
-Lo spero sia per te che per la persona in questione, ragazzino. E comunque qualcuno si è avvicinato troppo a te. Odori di rose, terriccio e uno sgradevolissimo profumo a vaniglia.-
-Ah, sì. Sarà della fioraia.
-Quale fioraia?-
-Quella che mi ha venduto i fiori. Ho portato delle rose rosse a mia madre e…-
Nuovamente la malinconia invase il mio cuore, il battito del mio cuore accelerò e Derek avvicinò le sue labbra alle mie. Delicatamente le sfiorò, baciò il mio naso, le mie palpebre e anche la mia fronte. Gentilmente mi strinse ancor di più a se, portò le sue labbra al mio orecchio e vi sussurrò un qualcosa di bellissimo. Davvero bellissimo, sì.
-La prossima volta vi andremo insieme, Stiles. –
-Verrai con me da mia madre, Derek?-
-Verrò, sì. Perché non è giusto che tu viva questo dolore da solo.-
-Anch’io verro con te, quando sentirai il bisogno di andare dalla tua famiglia. Perché io non sono Kate, non potrei mai decimare il tuo branco e desidero che tu abbia fiducia in me. Di me potrai fidarti sempre, Derek.-
-Lo so, ragazzino. E ora lascia che ti chiarisca un ultimo dubbio.
-Mi sembra che abbiamo chiarito tutto, caro il mio alfa. –
-Non quello su quanto possa desiderarti o meno, ragazzino petulante.-
Quella domenica pomeriggio facemmo sesso. E quella volta facemmo realmente quelle cose che sognavo da tempo. Derek fu comprensivo, dolce e gentile con me. Rise della mia euforia, impazienza e brama di averlo dentro di me. Brama che si calmò, quando finalmente ebbi il suo pene dentro il mio orifizio. Fu doloroso, sì. E quando raggiungemmo l’orgasmo, non vidi né farfalle e né sentii gli uccellini cinguettare. Fu una prima volta un po’ fastidiosa, proprio perché era la nostra prima volta e in assoluto era la mia prima volta. Ma non nego che la seconda volta fu decisamente migliore. Lo fu, sì. E mentre cingevo il suo corpo con le mie braccia, andavo in contro alle sue spinte, non potevo non pensare a come impedire che la dinastia Hale si estinguesse. Dubitavo fortemente che suo zio vi tenesse a procreare – perché era abbastanza indeciso tra la madre del mio migliore amico e il padre della ragazza del mio migliore amico. Scott lo avrebbe avuto nella sua famiglia, in un modo o nell’altro! - , e quindi spettava a noi pensarvi. Decisamente a noi, sì.
Inseminazione artificiale eterologa, una donatrice di ovuli da rintracciare e una madre surrogata da trovare. Un’ottima soluzione, sì.
E quando raggiungemmo nuovamente l’orgasmo e Derek mi strinse a sé, compresi che effettivamente vi fosse ancora tempo per decidere. Avevamo una vita intera, sì. Anche se Claudia Laura Hale sarebbe stato un nome ideale per una nostra bambina. Decisamente, sì.

 
  
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