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Autore: SilviAngel    12/02/2014    4 recensioni
SPOILER 3x18
Possibile Pre-slash
Stiles era l’umano logorroico e petulante, il ragazzino che era passato dall’essere terrorizzato da lui al cercare di salvarlo, al tentare di conoscerlo, al donargli conforto o almeno una minuscola luce.
Scott si sbagliava.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccolo momento di angst (e non è da me).
MEGA AVVISO SPOILER ep. 3x18… siete avvisati.
 
Il piccolo Stiles
 
Non era possibile!
Scott si sbagliava, non era minimamente possibile – o accettabile – che Stiles fosse il Big Bad.
Il nuovo Big Bad sorto per movimentare le giornate della cittadina in cui era tornato.
Il nuovo Alfa glielo aveva detto da poco e Derek non poteva crederci.
Stiles era l’umano logorroico e petulante, il ragazzino che era passato dall’essere terrorizzato da lui al cercare di salvarlo, al tentare di conoscerlo, al donargli conforto o almeno una minuscola luce.
Scott si sbagliava.
 
Per questo motivo era corso da quella ragazza di origini orientali che gli Oni avevano identificato come non malvagia, ma che comunque non era umana, non completamente.
Il mannaro l’aveva prelevata da scuola, costringendola ad accompagnarlo alla centrale elettrica e a spiegargli per filo e per segno cosa diavolo fosse successo.
Perché qualcosa doveva essere successo.
Kira era una kitsune e Scott era un licantropo era ragionevole che non avessero subito il minimo danno da quello scoppio immenso di elettricità.
Di certo non era lo stesso per Stiles e ciò lo faceva dare di matto.
Come aveva potuto il piccolo Stiles non riportare neppure un graffio o un livido come conseguenza dell’essere stato sbalzato chissà dove?
 
Dopo aver trovato la mazza da baseball di alluminio, Derek ebbe la certezza.
Qualcosa era successo, qualcosa di così potente da aver protetto il castano.
Un altro dubbio formatosi però nella sua mente gli stava dando speranza.
Se, come lui e Kira supponevano, la notte del rapimento era stata l’interruttore che aveva scardinato la porta nella mente di Stiles, allora chi aveva aiutato quel pazzo a evadere? Chi lo aveva protetto nella scuola? Chi aveva scombussolato la mente di Stiles prima di quel momento?
Certo una sottile voce nella parte più oscura e profonda della mente di Derek gli suggeriva che quel demone volpe – anche se dormiente – forse era già nella mente e nel cuore di Stiles e poteva aver conquistato sprazzi di potere e controllo sul ragazzo.
A questo e a mille altre cose pensava Derek guidando verso l’ospedale.
Scott gli aveva mandato da pochi minuti un sms per informarlo che Stiles era stato trovato nella tana del coyote e che non stava bene.
Non stava per niente bene.
 
Derek e Scott avevano per la prima volta avuto una conversazione civile e quasi fraterna.
Se non fosse stato seduto su una dannata poltroncina di un nosocomio, avrebbe sorriso.
Era tutto merito di Stiles.
Era sempre merito o colpa di Stiles.
Così tante cose erano accadute solo perché legate a lui, non da ultimo il suo ritorno.
 
Derek era tornato perché sapeva di dover rimettere ordine nel suo passato, ma qualcosa di strisciante lo aveva costretto a velocizzare il più possibile la sua permanenza in Sud America.
Per giorni Cora aveva dovuto convivere con un Derek più insofferente del solito a tutto e a tutti. Era visibile a miglia di distanza che voleva essere in un altro posto e che si faceva violenza pur di rimanere al fianco della sorella. Per quel motivo un bel pomeriggio, la ragazza non ce l’aveva più fatta e aveva esordito con un vago “Perché non te ne torni a casa?”
“Casa? Mi pare di ricordare che non ho da tanto tempo un posto da poter chiamare in questo modo?”
“Non è necessario un edificio. Spesso sono sufficienti le persone giuste. Torna a Beacon Hills e vai a fare il tuo dovere. Io sono qui, sarò sempre qui. Potremmo sentirci e vederci ogni volta che vorrai, ma ora ti prego toglimi da davanti quel musetto triste e vattene via” concluse scoppiando poi a ridere dello sconcerto di Derek.
 
Le parole dell’Alfa lo riscossero dai ricordi, spingendolo ad alzarsi e seguirlo.
Sul tetto dell’ospedale, i due mannari capirono cosa stesse succedendo.
Quell’essere voleva prendere possesso completo e totale di Stiles e per farlo aveva bisogno di un’altra dose di elettricità.
Una scarica lo aveva risvegliato in modo cosciente e un’altra di pari intensità gli avrebbe – forse – regalato il posto da pilota nella mente e nel corpo del figlio dello sceriffo.
Ciò che la volpe oscura non aveva calcolato era la tenacia e la bontà di Stiles che aveva lottato con tutta la sua forza nel tentativo di contrastarla, costringendola a desistere almeno per un poco.
Purtroppo l’interminabile test che il figlio dello sceriffo stava sopportando, il rumore sordo e continuato e l’essere solo con la sua mente, che continuava a giocare con lui, donarono al demone tempo sufficiente e gli indicarono la via.
Stiles cadde nell’incoscienza, si fece piccolo piccolo in un angolo della sua testa e tentò di proteggersi dall’oscurità che voleva avvolgerlo e divorarlo.
 
E fu così che Loro ottennero quando bramato da molto tempo.
Un corpo giovane e fatto di carne che sarebbe stato in grado di fare grandi cose sotto la loro guida.
L’incontro con quella donna e con le sue lucciole, non scalfì la loro sicurezza e con un sorriso sprezzante, incuranti, le voltarono le spalle, approfittando del caos che il black out aveva generato.
 
Stiles – o quello che era stato un tempo Stiles, il piccolo chiacchierone dal cuore grande – uscì indisturbato dall’edificio, incamminandosi in un parcheggio pieno di gente che urlava correndo da un lato all’altro.
Scott, concentrato sul trovare Kira dopo che Derek lo aveva informato della sua presenza all’esterno dell’ospedale, non lo vide.
Gli occhi grandi un tempo allegri e luminosi, limpidi e curiosi setacciarono l’asfalto che si apriva di fronte a loro fino a che non trovarono ciò che cercavano, la Jeep.
Fu a pochi passi dall’auto che una mano, forte e sicura, si serrò sulla spalla del liceale, costringendo il corpo a voltarsi completamente.
“Stiles”
 
Il piccolo Stiles sentì una voce attraversare l’oscurità e azzittire per un attimo quelle roche e aspre che continuavano a parlare tutte insieme attorno a lui.
Era una voce che non riusciva a ricordare, sapeva di conoscerla ne era più che certo, ma non riusciva a ricrodare.
Non era né della sua mamma né del suo papà e non apparteneva neppure al suo migliore amico.
Era un tormento.
Quella voce lo chiamava quasi con disperazione e Stiles sapeva che avrebbe dovuto darle retta e correre da lei, ma non aveva la forza di alzarsi e seguirla.
Per una volta voleva essere fragile, debole e rimanere zitto e immobile.
 
“Stiles”
 
Ancora quella voce.
Il piccolo voleva che smettesse di parlare, di chiamarlo, di illuderlo che tutto quel buio non fosse reale che tutto fosse perfetto, che la sua vita fosse perfetta.
Smettila, smettila. Fatelo smettere, per favore.
Ripeteva e loro lo accontentarono liete.
 
“Ascoltami. So che c’è un casino nella tua testa. Più del solito, intendo, ma possiamo venirne fuori. Stiles, guardami”
Gli occhi castani che aveva imparato a conoscere e ad associare a un vago concetto di casa lo fissarono sorpresi e curiosi.
Ma non erano gli occhi che Derek ricordava.
Erano spenti e cattivi, profondi come solo un abisso di oscurità poteva essere.
“Cerchi Stiles? Ci spiace ma non è più qui. O meglio è qui, ma non vi rimarrà per molto. Si spegnerà presto. È necessario solo il tempo affinché si annienti con le sue stesse mani. Non hai idea di quanto possa autodistruggersi velocemente un essere umano”
“Cosa diavolo gli avete fatto?” ringhiò il lupo stringendo la presa.
“Noi? Noi non abbiamo fatto proprio niente. Abbiamo trovato una porta aperta e siamo sgattaiolati dentro. Una porta che non era stata chiusa a dovere. Una porta che forse nessuno l’ha aiutato a chiudere. Tre erano le vie. Tre le anime pronte ad accoglierci forgiate dal Nemeton. Due hanno trovato aiuto, conforto o un qualunque appiglio che le ha allontanati da noi. Lui no. Lui è sprofondato sempre di più, sempre solo, sempre più vicino a noi. Noi ci prenderemo cura di lui, almeno fino a che non svanirà come un’effimera scintilla”
“State zitti” urlò Derek scuotendo il corpo che aveva tra le mani e attirando finalmente l’attenzione di Scott che, lasciando indietro Kira, corse verso di lui.
“Ci stai facendo perdere tempo. Vorremmo ucciderti, ma la luce di Stiles è ancora troppo forte e non sembra aver intenzione di permettercelo” un sorriso cattivo deformò le labbra del castano mentre con una forza inaspettata scaraventò il mannaro lontano, facendolo volare a metri di distanza e atterrare proprio davanti ai piedi di Scott.
 
Pochi attimi dopo, una Jeep uscì sgommando dal parcheggio.
Purtroppo per una volta Scott non si era sbagliato.
 
   
 
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