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Autore: favre88    13/02/2014    0 recensioni
I sentimenti a volte possono trasportare una persona verso terre lontane. A volte sono paradisi terresti, altre baratri in cui l'anima tormentata sprofonda senza poterne più uscire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Languidi, melanconici, inattesi ricordi risalgono la corrente dei miei pensieri, come vapori esalati dal terreno. Fetidi miasmi che arricciano le narici e obbligano a voltare lo sguardo.  Non fu mai un mio desiderio, non fu mai una mia tentazione, non chiesi mai che la mano dell’eterna lotta, che da millenni svuota l’animo dell’uomo, si posasse su di me, rendendomi burattino nelle mani di un gioco troppo grande per me.
La mia mente voleva viaggiare sui mari dell’infinita scoperta, oltrepassare quelle colonne d’Ercole che rappresentano il limite del genere umano, e quindi approdare su terre in cui avrei potuto strabiliarmi di fronte a colori che credevamo non esistessero, profumi dimenticati che richiamano in noi la gioia di vivere.
Lento avrei navigato nell’oceano dell’inconscio, lasciandomi cullare dalle onde e osservando il mutare del tempo nelle stelle infinite sopra di me.
In silenzio avrei oltrepassato quel confine, che tutto limita e tutto recinta, ed avrei osservato la schiena dell’umana concezione, per trovarla rigata da frustate millenarie, grondante il sangue della conoscenza.
Non ci sarà stella della notte infinita a guidarmi, non ci sarà uno stormo di uccelli che piegano le ali della libertà al mio orizzonte, non ci sarà segnale del mio passaggio. Non esiste uomo che fu in grado di gettarsi nella cascata dell’ignoto con una guida che gli indicasse la strada.
Un cuore temerario deve affrontare l’oscuro sentiero della perseveranza con al proprio fianco solo il silenzio, e così io farò.
Ma perché mi illudo? Perché bramo una conoscenza che mai fu e mai sarà dell’uomo? Chi si addentrò nel sentiero dell’universale verità ne uscì pazzo, e fu reietto agli occhi della gente.
Chi sono io, per sfidare la sorte avversa che ci confinò in un eremo di stringate e false convinzioni? Non impugno la spada del coraggio, e nemmeno una mente lucida e allo stesso tempo confusa, che possa permettermi di aprire i lunghi corridoi, gli sfavillanti saloni del mondo nascosto.
Rassegnati, uomo, poiché mortale è la tua condizione, e mortale sarà anche la tua conoscenza. Effimero è il viaggio che davanti ai tuoi occhi sognanti si affaccia. Ricaccialo nel buio del tuo cuore, giacchè non sarai mai pronto per affrontarlo.
Eppure, ogni notte sogno quei palazzi, quegli infiniti crepuscoli, quelle onde sferzanti che con brioso garbo sospingono la mia anima verso lidi sconosciuti.
Infinita gioia all’esploratore che varcherà i regni dell’immaginazione, spalancando quegli enormi portoni, che da millenni nascondono e racchiudono segreti di indicibile bellezza.
Ma nel mio sogno, le porte non si aprono, e beffardi ghigni mi deridono nell’oscurità che piano mi avvolge.
Una chiave, ho bisogno di una chiave, il motivo del mio viaggio, la forza che spinge le onde, che mi culla dolcemente, l’aspirazione che è chiusa in me, il vero obiettivo che mi spinge a sognare il mondo oltre al mondo.
Non chiudetevi porte, non scorrere, o ineffabile e arcigno tempo, non lasciare che la sabbia mi passi accanto, senza che prima io abbia trovato la fonte della mia giovinezza.
Ascolta il mio lamento, vento crudele, che sferzi il tuo diniego sul mio viso, e placatevi, onde ostili, che mi ricacciate continuamente nel porto, costringendomi a restare immobile, mentre l’immortalità mi scorre accanto.
Vi chiedo con tutta l’umiltà che il mio animo dannato sa essudare dalle piaghe della mia mente il perdono, vi supplico, ditemi il segreto. Svelate ai miei occhi e al mio cuore il recondito arcano che si cela dietro al mio desiderio. Rivelatemi la chiave, e per un’ultima volta accarezzerò quelle porte eterne, e finalmente abbraccerò l’oscuro e lucente infinito.
Pazzo, il degrado del fiore maledetto ha colpito il mio cuore, ed ora giaccio sul ruvido terreno della realtà, le carni scuoiate dal gelido morso dell’eterna verità: nulla ci è permesso, se non morire.
I miei occhi ormai si piegano all’ineluttabile verità, piegati da una forza che mai sarò in grado di sovrastare, quando, all’orizzonte, appare una luce, ed un dolce profumo richiama per un momento la mia anima. Sei tu, eterna luce? Sei tu, indicibile bellezza, che così tante volte ho accarezzato nei miei sogni? Sei tu, inconfessabile verità? Abbracciami un’ultima volta, così da poterti dire addio. Il mio volto sarà rigato dalle calde lacrime della felicità un’ultima volta, e l’oscurità non sarà così terribile per me.
Per un attimo la luce dell’infinito mi abbaglia, ma quando i miei occhi si abituano a quella lucente rivelazione, ecco che vedo te, brillare nel perfetto chiarore che solo la tua bellezza può emanare. Sei sempre stata tu la chiave, sei sempre stata tu la porta, i palazzi e gli immensi corridoi, i crepuscoli dorati e i lidi sconosciuti. Sei sempre stata tu la mia domanda, e la mia risposta.
Accarezzami ora, che il tuo calore possa infondere in me, guardami risorgere per te. Tu sarai il mio vento, le mie onde e il mio destino.
Non era nell’oscurità che dovevo cercare la risposta, ma nel cuore che dovevo pormi la domanda.
La mia nave è ancora in porto, ma ormai non si muoverà mai più, poiché il mio cuore è finalmente ancorato laggiù dove l’umana concezione non può arrivare. Laggiù, dove gli occhi del mondo non sono ancora giunti. Laggiù, nel fondo del tuo animo.
  
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