La finestra chiusa, il cielo autunnale,
sugli alberi brina, la nebbia sale.
Oltre il cortile, là, in fondo alla piazza,
sull'orlo di un tetto è ferma una gazza.

La coda elegante, il becco appuntito,
la figura piena, il fare impettito.
Si guarda dintorno, è in cerca sicuro,
d'un pasto amico prima dello scuro.

Con cura ignara osserva nel suolo,
qualcosa l'attira e spicca il volo.
Tra i sassi umidi, in mezzo al cortile
fruga curiosa e con ratto stile

l'afferra e fugge al riparo sul tetto,
la carta stagnola stretta nel becco.
Vedendo l'uccello sì da vicino
mi tornano fatti del mio cammino.

Ricordo una spiaggia, un mattino strano,
qualcuno diverso mi da' la mano,
una breve corsa sul lungomare
in mezzo alla nebbia, l'odor di sale.

Il cuore batte la voglia di andare
oltre il lecito, fingendo di amare.
Quel tempo vivea sbiadito il mio bene,
fu un'epoca cupa, guarnita di pene.

Anch'io mi vedevo priva di luce,
delusa, stanca, opaca e ciò conduce
a fuggire, cercar brio oltre il normale,
e non importa se può far male.

Cerchi lucore lontano da tutti,
che soltanto per te rubi, e ti butti
in favole adulte, che, sulla pelle,
bruciano presto, ma sembrano belle.