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Autore: questomondomistastretto    17/06/2008    14 recensioni
Li prese in braccio entrambi, rendendo visibile il disegno che fino a poco prima era rimasto schiacciato sotto il loro peso.
Vi riconobbe la stramba figura di L, con gli occhi notevolmente diversi l’uno dall’altro e il naso esageratamente pronunciato.
Sorrise, scuotendo la testa. Potevano anche essere i due successori del più grande detective del mondo, ma la verità era che rimanevano pur sempre dei bambini.
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26 Ottobre 2002

Emofobia e Pittura alla Whammy’s House

 

 

26 Ottobre 2002

 

 

Era una notte senza luna, quella. L’aula si era già svuotata da molte ore, eppure un bambino ostentava a rimanere sdraiato a terra, impegnato a raggiungere il suo obbiettivo.

Lo stomaco era divenuto tutt’uno con il pavimento e gli occhi erano arrossati dal sonno.

La matita scorreva pesantemente sul foglio, marcando i tratti sottili precedentemente disegnati. Tracciò gli zigomi e il mento, per poi risalire lungo la guancia e giungere infine alla frangia scompigliata sulla fronte. Stette attento a non finire accidentalmente sugli occhi, o il lavoro di una settimana sarebbe andato irrimediabilmente in fumo.

Ricongiunse la linea al suo punto d’origine ed osservò il disegno, allontanandosi.

Fatta eccezione per il naso leggermente a patata e l’occhio destro decisamente più grande del sinistro, poteva andare.

Dopotutto era il pensiero che contava, no?

Inoltre lui non era mai stato bravo a disegnare, anzi. L’aveva sempre detestato.

Temperò con foga il pastello nero e si chinò nuovamente sul foglio, passando la punta proprio sotto il taglio degli occhi, tracciando due spesse linee a semicerchio.

Si chiese se anche a lui, continuando a restare sveglio ogni notte per preparare il suo lavoro, sarebbero venute delle occhiaie del genere.

“Sarebbe fico.” pensò, portandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio.

Aggiustò gli angoli delle labbra sottili, incurvandole leggermente all’insù in un sorriso appena accennato.

Sospirò sollevato, constatando che ormai mancava poco al completamento dell’opera. Avrebbe terminato addirittura prima del tempo prestabilito.

Improvvisamente avvertì un tonfo alle sue spalle e, allarmato, si voltò di scatto nascondendo il disegno dietro di sé. Scrutò attentamente la stanza, soffermandosi sulla rampa di scale, sicuro di aver udito il rumore provenire da là.

-Chi c’è?- domandò, senza alzare troppo la voce. Ma non ricevette risposta.

Riformulò la domanda ottenendo il medesimo risultato, così si alzò malvolentieri e, dopo aver posato il suo lavoro su un banco, si avviò alla ricerca dell’origine del tonfo.

Gli occhi ormai si erano abituati all’oscurità, perciò riuscì ad indirizzarsi verso le scale senza problemi, cominciando a risalirle lentamente. I muscoli erano tesi, all’erta.

Giunse nell’atrio desolato e silenzioso, riscoprendosi a ricordare uno o due di quei film horror di cui aveva visto il trailer alla televisione. Rabbrividì, portandosi le mani sugli avambracci in un disperato tentativo di conforto.

In quell’ambiente tetro mettersi a rammentare determinate scene non era certo consigliabile.

Sobbalzò, non appena udì un altro tonfo provenire dalla sala mensa.

Deglutì rumorosamente, mentre tentava di riprendere il controllo delle gambe che, tremolanti, si rifiutavano di scollarsi da lì. Inspirò profondamente, riacquistando la calma.

“Sono o non sono il successore di L, io?!” si domandò, mentalmente, per farsi coraggio.

Così si avvicinò lentamente all’angolo della stanza, dietro il quale vi era la porta della mensa. Afferrò la maniglia e facendoci leva la abbassò, ma tutto ciò che trovò all’interno furono cinque ordinate file di tavoli e qualche carrello adagiato contro la parete.

Improvvisamente avvertì una mano posarsi sulla sua spalla e, balzando in avanti, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo per lo spavento. Fu sicuro di aver sentito il suo cuore mancare due o tre battiti.

Quella stessa mano che lo aveva sfiorato si posò velocemente sulla sua bocca, impedendogli di svegliare tutto l’istituto.

-Mello, sono io.- disse il suo “assalitore”. Il biondo guardò il bambino davanti a sé, riconoscendolo.

Indossava un paio di pantaloni bianchi e una camicia del medesimo colore evidentemente troppo larga per il suo corpicino esile. I lineamenti del viso erano morbidi, dolci, benché l’espressione apparisse seria e composta, quasi severa. Gli occhi, invece, erano due grandi perle color ossidiana incastonate nella pelle nivea e straordinariamente liscia. Solo i capelli, mossi e selvaggi, tradivano quell’armonioso insieme, nonostante il colore argenteo.

-Che diavolo ci fai qui a quest’ora, Near?- domandò il più grande, dopo aver scansato bruscamente la sua mano dalla propria bocca. Non solo aveva incontrato il suo peggior rivale, ma aveva fatto anche una pessima figura in sua presenza.

-Non riuscivo a dormire, così sono venuto a fare una passeggiata.-

“Una passeggiata nella Wammy’s House? Ma a chi vuoi darla a bere?” pensò mentalmente Mello, senza però dar voce alle sue riflessioni.

-Tu, piuttosto, come mai sei ancora sveglio?-

-Non avevo sonno, così anche io ho pensato di farmi un giro.- mentì, incrociando le braccia e vagando con lo sguardo per la stanza.

-Strano, - Near si avvicinò di più all’altro bambino, osservandolo attentamente – mi sembra invece che tu sia parecchio stanco. Hai quasi le occhiaie come L.-

“Le occhiaie come L…?”

Un pensiero attraversò la mente di Mello, fulmineo.

Il disegno!

Doveva liquidare il più in fretta possibile Near e tornare a completare il suo lavoro.

Si stiracchiò, sbadigliando rumoroso.

-Sai, effettivamente hai ragione, mi è venuto un po’ sonno a furia di gironzolare. Penso che tornerò in camera.-

Il più piccolo lo guardò sospetto, senza tuttavia esprimere i suoi dubbi al riguardo.

-Va bene. Buona notte, Mello.-

-‘Notte.- sbiascicò quest’ultimo, strofinandosi allusivamente gli occhi.

Appena ebbe svoltato l’angolo, però, si diresse con passo felpato ma veloce all’aula del piano inferiore, andando a recuperare il suo foglio. Ma appena lo ebbe tra le mani, il sangue gli si raggelò nelle vene nell’udire la voce di Near:

-E’ così che vai a dormire, eh?- disse, avvicinandosi al più grande che, minaccioso, lo fulminò con uno sguardo.

-Fatti gli affari tuoi, Near.- sbottò irritato, nascondendo il disegno dietro la schiena. Non lo avrebbe reso partecipe del suo progetto, per nessuna ragione al mondo.

-Cosa stai nascondendo?- gli chiese, sporgendosi un poco per poter vedere cosa stringeva in mano.

Quando le sue dita agili si insinuarono tra quelle del biondo nel tentativo di afferrare il disegno, quest’ultimo reagì d’impulso, tirandogli un pugno che lo colpì in pieno viso.

Near si voltò di scatto, in seguito al colpo ricevuto. Portò una mano sulla guancia arrossata e dolorante, abbassando il capo.

Mello guardò le sue stesse nocche, incredulo.

L’aveva colpito. Aveva colpito Near. E gli aveva fatto molto, molto male.

Nonostante avesse sempre desiderato farlo, non si sentì affatto soddisfatto dell’atto compiuto.

-Te la sei andata a cercare da solo, - lo accusò, notando che non risollevava il volto. – io non c’entro niente!-

Rimase in attesa di una risposta, una qualsiasi, ma il bambino rimaneva fermo immobile a massaggiarsi la gote. Mello indietreggiò, stringendo a sé il pezzo di carta.

-Mica ti metterai a piangere come una femminuccia ora!- disse tremando, senza riuscire a dare alla sua voce la solita intonazione dura e strafottente.

Il più piccolo si girò verso di lui di scatto, rialzandosi completamente e fissandolo.

No, Near non stava piangendo come una femminuccia, anzi. Lo sguardo era freddo come sempre, se non addirittura sdegnato.

Fece per parlare, ma non appena ebbe aperto la bocca un rivolo di sangue si riversò lungo il mento, tingendo la pelle di un rosso intenso. Si portò una mano alle labbra, rimanendo ad osservare il liquido scarlatto, come pietrificato.

-Stai bene…?- domandò il biondo, leggermente scosso. Certo, Near il pugno se l’era proprio meritato, ma non per questo doveva morire dissanguato!

L’altro sollevò nuovamente il viso verso di lui, gli occhi sbarrati.

Una goccia di sangue si tuffò sulla sua camicia bianca macchiandola, quasi violando la purezza del piccolo e bianco Near.

Mello era sconvolto. Non lo aveva mai visto così.

Lasciò cadere a terra il disegno, afferrando il bambino per un braccio e trascinandolo con energia verso i servizi igienici. Lì gli fece sciacquare la bocca con l’acqua fredda più volte, notando con sollievo che si era semplicemente morso la lingua quando lo aveva colpito. Afferrò un fazzoletto di carta e lo inumidì, poi si apprestò a pulirgli gli ultimi residui di sangue dal mento. 

-Levati la camicia, bisogna lavarla.- disse, ma quando abbassò lo sguardo verso il più piccolo si accorse che i suoi occhi erano persi, spenti. Sembrava in trance.

Lo prese per le spalle, scuotendolo.

-Near, ma si può sapere che hai?!-

L’altro si ridestò di colpo, trasalendo. Si portò frettolosamente una mano alle labbra, cercando ancora le tracce di sangue, ma, quando osservando il palmo non ve ne trovò, il suo sguardo si ammorbidì e il viso si rilassò in un’espressione di sollievo.

-Bentornato tra noi.- affermò sarcastico Mello, scocciato dal comportamento sinistro del più piccolo. –e ora per favore, levati la camicia. E’ meglio sciacquarla prima che la macchia non vada più via.-

Near abbassò gli occhi, i quali si dilatarono visibilmente alla vista di quella minuscola traccia di sangue tra il secondo e il terzo bottone. Se la slacciò in tutta fretta, porgendola a Mello il quale, sorpreso, guardò di sbieco l’altro bambino, senza capire il motivo di cotanta foga.

-Il sangue…- sussurrò Near, quasi gli avesse letto nel pensiero. – Io…non lo sopporto.-

Il biondo rimase incredulo, nell’udire quelle parole.

Aveva scoperto il punto debole di Near, del grande Near, del numero uno. Gioì interiormente, ma si limitò a borbottare qualcosa molto simile a un “sei proprio una femminuccia, allora.”.

Vista la situazione, si ritrovò a dover lavare da solo la camicia dell’altro, strofinando con forza su quella piccola macchiolina testarda.

-Era un disegno.- disse ad un tratto, mentre constatava che, finalmente, sull’indumento non vi era più nessuna traccia di sangue.

Near si voltò verso di lui, strofinandosi le mani sulle braccia per il freddo.

-Un disegno?-

-Sì, - continuò l’altro, strizzando la camicia. – tra poco è il compleanno di L, così…-

-Capisco.-

-Non mi copiare però.-

-Non lo farò.-

Sospirò di sollievo, nell’udire quelle parole. Gli porse la maglia e fece per andarsene, ma notò che Near lo stava seguendo. Infastidito, si voltò di scatto verso di lui.

-Che cosa vuoi ancora? Va’ a dormire, Near.-

-Non stavo mentendo quando ho detto che non riuscivo a prendere sonno.-

-Questa non è una buona ragione per seguirmi.-

-Non ti sto seguendo.-

-Ah, no?- domandò ironicamente, inarcando visibilmente un sopracciglio. Spazientito, gli diede nuovamente le spalle e si diresse verso l’aula in cui aveva iniziato a disegnare, imponendosi di ignorare la figura dietro di sé.

Si ritrovò ad affrettare gradualmente il passo, quasi mettendosi a correre giù per le scale finché, infuriato, si girò nuovamente verso l’altro bambino.

-Near!!-

-Cosa c’è, Mello?-

Strinse i pugni, sul punto di esplodere. Vide il più piccolo avviarsi verso un calorifero, stendervi sopra la propria camicia e accucciarvisi contro alla ricerca di un po’ di calore.

-Non ti darò fastidio, voglio solamente rimanere un po’ qui.-

Il biondo sbuffò rumorosamente, ma alla fine accettò la presenza dell’altro che, in ogni caso, pareva irremovibile.

Prese finalmente il suo disegno e afferrò la scatola di pastelli, estraendo un paio di matite.

-Posso vederlo?- domandò Near, dal suo angolino.

-Non dovevi mica evitare di darmi fastidio, tu?-

L’altro si fece pensieroso, tornando ad arricciarsi le ciocche con le dita.

-Chissà cosa direbbe Roger se venisse a sapere che non sei in camera tua a quest’ora…-

Mello si paralizzò, adirato.

-Mi stai ricattando?!-

-Forse.- rispose pacato l’altro, impassibile come sempre.

-Near, io ti…- si bloccò, ricordando ciò che era accaduto poco prima. Pestò un piede a terra, nel vano tentativo di sfogarsi e prese in mano il disegno. Si diresse verso il calorifero, porgendo il foglio al più piccolo, indignato. Lo vide prenderlo per i lati ed osservarlo scrupolosamente.

-Non ti illudere, questa è solo una bozza. In realtà io so disegnare molto meglio.- mentì, vantandosi quel tanto che bastava per sentirsi un po’ meno a disagio.

- Penso che invece sia già molto bello così.- affermò Near, senza distogliere lo sguardo dal primo piano di L. - E’ proprio uguale a Lui.-

“…Eh?”

-Davvero?- domandò incredulo, sicuro di aver sentito male.

-Sì.-

Rimase a fissarlo come un’ameba, mentre l’altro ripercorreva con le dita le linee tracciate dalla matita, nostalgico.

Mello andò a prendere la scatola di pastelli, posizionandosi al suo fianco vicino al termosifone. Il più piccolo lo guardò senza capire, finché il biondo non ebbe preso in mano una matita nera.

-Tu colora il viso, mentre io penso ai capelli.- gli ordinò, con un tono che non ammetteva repliche. Ma, forse, era meglio così.

Near sorrise impercettibilmente, mettendosi a frugare nella scatola ed estraendo un rosa pallido.

-Questo va bene?- domandò al più grande, il quale lasciò trasparire fin troppo il suo stupore e la sua confusione nel vedere il comportamento insolito del suo peggior nemico.

-No, ce ne vuole uno più chiaro.- disse, mettendosi a cercare un colore più adatto.

Perché, ora, contraddire Near gli appariva così poco elettrizzante?

Sfiorò appena le sue dita, nell’afferrare quella che pareva la matita più adatta. Gliela porse.

-Penso che questa sia la più adatta.-

-Grazie.-

Si chinarono entrambi sul disegno, iniziando a colorare il faccione del loro amato L, insieme.

 

La mattina seguente, Roger, non trovando i due bambini nelle loro rispettive camere, si mise alla loro ricerca per tutto l’orfanotrofio, chiedendo aiuto persino agli inservienti. Uno di questi, dopo ben venti minuti di agonia, gli riferì che aveva ritrovato i due ragazzini addormentati nell’aula al pian terreno.

Si sorprese nello scoprirli sdraiati a terra, l’uno accanto all’altro.

Rimandò la predica al loro risveglio, constatando che, dato che per una volta pareva fossero andati d’accordo, non era il caso di infierire più di tanto.

Li prese in braccio entrambi, rendendo visibile il disegno che fino a poco prima era rimasto schiacciato sotto il loro peso. Vi riconobbe la stramba figura di L, con gli occhi notevolmente diversi l’uno dall’altro e il naso esageratamente pronunciato.

Sorrise, scuotendo la testa.

Potevano anche essere i due successori del più grande detective del mondo, ma la verità era che rimanevano pur sempre dei bambini.

 

 

 

Uno dei temi assegnatomi dal DarkLord, terminato di scrivere il 23.02.2008. Spero vi sia piaciuto soprattutto perchè mi ero fatta prendere molto dalla trama perciò ci sono particolarmente affezionata.

Vi saluto e ringrazio tutti coloro che mi sostengono ogni volta, soprattutto quelli che hanno commentato la mia ultima storia. Sì sì, mi riferisco proprio a quella sottospecie di obbrobrio malsano e contorto dal titolo Protège-moi.

Grazie davvero.

Alla prossima!

Ge’

  
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