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Autore: Seki    15/02/2014    1 recensioni
Quando Romario aveva accettato di seguire il suo giovane Boss in Giappone, sotto chiaro ordine di Reborn, non si aspettava certo questo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Things never go as planned

 
Nella quiete di un pomeriggio assolato, il cielo di Namimori viene improvvisamente sferzato da un colpo di frusta, subito seguito da un debole lamento e da un colpo più sordo dato dal cozzare del metallo di un tonfa non propriamente amichevole contro le ossa di un braccio tatuato.

Il possessore del suddetto braccio arretra di un passo, lamentandosi piano, conscio che, il giorno dopo, nel punto colpito ci sarà un glorioso livido, prima di tornare all’attacco, brandendo la sua fidata frusta per vendicare l’onta subita, scagliandosi sul suo avversario che, dal suo canto, piega le labbra in qualcosa che ricorda terribilmente un ghigno divertito, fiero di essere riuscito a mettere in difficoltà l’uomo che si trova di fronte.

Poco distante, appoggiato alla balaustra del tetto che è teatro e spettatore di quello spettacolo ricorrente, se ne sta un uomo dai capelli scuri e i baffi neri che osserva lo scontro da dietro le lenti degli occhiali con negli occhi un misto di divertimento, rassegnazione e preoccupazione.

Quando Romario aveva accettato di seguire il suo giovane Boss in Giappone, sotto chiaro ordine di Reborn, non si aspettava certo questo.

Riteneva che l’addestrare uno dei futuri Guardiani della Famiglia a capo della loro alleanza fosse, senza alcun dubbio, un onore e un privilegio per la Famiglia Cavallone e mai era stato così orgoglioso del suo Boss come nel momento in cui era stato chiamato dal Bambino degli Arcobaleno per ricoprire quel ruolo.

Tuttavia aveva pensato che, una volta riusciti a far sopravvivere il ragazzino allo scontro ravvicinato con i Varia, tutto si sarebbe sistemato e loro sarebbero potuti tornare in Italia tranquillamente.

Ma le cose non erano andate esattamente così.
Per la precisione le cose non erano andate minimamente come previsto fin dall’inizio.

Il Braccio Destro dei Cavallone si era immaginato, durante l’interminabile viaggio in aereo per raggiungere quella terra straniera, che l’allievo del suo stupido Boss fosse qualcuno non molto diverso dallo stesso Dino: si immaginava una persona solare, calma e un po’ imbranata, ma disposta a tutto per gli amici, con una forza nascosta che stava tutta in quel sorriso che riusciva a rasserenare anche il cielo più buio.

Hibari Kyouya non era esattamente così.

Quel tipo non si poteva certamente definire una persona allegra e la soglia della sua pazienza rasentava il ridicolo, dal momento che sembrava perdere le staffe con la stessa facilità con cui Dino inciampava nei suoi piedi. Scontroso, arrogante e solitario, Romario si era convinto che quel ragazzino problematico non aveva mai imparato a sorridere in tutta la sua vita.

Nonostante ciò era forte, intelligente e incredibilmente sveglio, una combinazione che, unite alla sua brama di forza, avrebbero potuto farlo diventare il più pericoloso e il più forte Guardiano che i Vongola avessero mai visto dai tempi della prima generazione.
Così aveva sospirato, si era armato di pazienza -e una buona dose di cerotti- e aveva cominciato ad assistere Dino in quell’allenamento, dove guardare e pregare che tutto andasse per il verso giusto era tutto quello che poteva fare.

E i risultati, incredibilmente, c’erano stati davvero.

Lo spaventoso ragazzino dagli occhi di ghiaccio era diventato, se possibile, ancora più forte e Dino sembrava un papà orgoglioso.

Ma le cose non quadravano.

O per meglio dire, il suo istinto gli suggeriva che c’era qualcosa che non andava e lui si fidava del suo istinto: non era sopravvissuto per tutti quegli anni nel mondo mafioso per nulla.

Aveva capito che le cose si stavano evolvendo in maniera poco consona dopo un paio di giorni dall’incontro con quel pazzo del Presidente del Comitato Disciplinare: sembrava che Hibari fosse diventato l’unico argomento di conversazione ritenuto degno da Dino. Quando non era insieme al ragazzo, il giovane Boss continuava a parlare di lui a chiunque lo stesse ad ascoltare.

Così, in una litania assordante di “Kyouya ha fatto questo”, “Kyouya ha fatto quell’altro”, “Oggi Kyouya mi ha parlato civilmente” e svariate altre varianti, Romario non solo era venuto a conoscenza di ogni minimo segno di miglioramento del ragazzo, ma anche di qualcosa che avrebbe preferito non fosse mai nata.

Sperava solo di essersi fortemente sbagliato, per una volta.

Così, quando lo scontro con i Varia si era concluso con una vittoria schiacciante, Romario aveva disperso il suo sollievo in un sospiro un po’ rassegnato e aveva già cominciato a preparare le valige per tornare a casa quando la doccia fredda era arrivata.

Ricordava chiaramente quel giorno come il più funesto dei giorni: aveva appena finito di sistemare le ultime cose ed era già pronto ad andare a sistemare l’inevitabile casino che il suo Boss stava sicuramente combinando nel cercare di infilare tutti i suoi abiti nelle valigie quando, all’improvviso, la porta si era aperta e un Dino Cavallone tutto sorridente si era presentato al suo cospetto.

-Che stai facendo Romario? È ora di andare a scuola! Se arriviamo in ritardo Kyouya ci morderà a morte!-

Lo aveva detto ridacchiando, con una genuina sorpresa negli occhi alla vista dei bagagli pronti tanto che, all’inizio l’uomo non aveva saputo come reagire ne cosa rispondere.

Aveva alzato appena le sopracciglia, in un eloquente gesto confuso, prima di rivolgersi al giovane uomo con la calma che si usa per far capire le cose ai bambini.

-Boss…il volo parte tra qualche ora.-

Dino lo aveva guardato smarrito per un istante, poi i suoi occhi si erano offuscati con nubi temporalesche e aveva abbassato lo sguardo.

-Io non parto.-

Aveva detto, col tono di chi sta facendo di tutto per non scoppiare a piangere.

Romario non aveva saputo far altro che sussurrare il suo nome in cerca di una risposta che, non senza sorpresa, andò a confermare ancora una volta l’infallibilità del suo istinto.

-Non posso lasciarlo…non voglio.-

Le mani di Dino, strette in pugni, tremavano appena vicino ai suoi fianchi.

Ancora una volta le cose non erano andate come previso. Sapeva perfettamente che, chiunque fosse stato il suo allievo, Dino si sarebbe affezionato -lo aveva messo in conto, prima d partire-, ma non aveva mai neanche mai lontanamente pensato che le cose si sarebbero potute evolvere in un modo così pericoloso.

Non aveva messo in conto che Dino si sarebbe innamorato.

Romario sospirò, realizzando che nulla di quello che avrebbe detto o fatto avrebbe potuto cambiare la situazione.

Rimasero in silenzio per qualche istante, l’uno a fissare con molto interesse la trama del tappeto e l’altro a chiedersi cosa si fosse rotto in quella dannata testa bionda.

Anche se forse il problema era da cercare nel cuore.

Sospirando, il Braccio Destro dei Cavallone si passò una mano nei capelli prima di rassegnarsi all’inevitabile.

-Andiamo allora…-

Aveva detto, in un borbottio sommesso e contrariato, giusto per far capire a Dino che no, non approvava del tutto quella scelta, ma che se era questo che voleva non si sarebbe opposto.

Il ragazzo, in risposta, gli aveva sorriso e lo aveva abbracciato, pima di trascinarlo verso quella dannata scuola.

Poi il tempo era passato e il loro soggiorno di “poche settimane” si era trasformato in un soggiorno da “qualche mese”.

Ma le cose non erano cambiate granché.

Romario era ancora appoggiato alla balaustra del tetto, mentre Dino e Hibari ancora si stavano picchiando in quello che loro chiamavano “allenamento”.

Tuttavia qualcosa di diverso c’era.

La frusta del giovane Boss fece un movimento fluido, a metà tra il volontario e il casuale, andando ad incatenare il polso del suo proprietario a quello dell’altro ragazzo.

-Per oggi basta, Kyo-chan-

Pur non essendo una domanda alle orecchie di Romario suono come tale, facendolo sorridere tra se e scuotere la testa davanti alla maniacale delicatezza con cui Dino trattava il suo allievo, nonostante non lo avrebbe mai ammesso.

In risposta, Hibari grugnì qualcosa di non meglio definito ma che nel suo particolare linguaggio sembrava essere una sorta di assenso, dato che l’uomo sorrise e lascio la presa.

Ci furono altri borbottii non meglio definiti da parte di Hibari e qualche frase biascicata troppo in fretta e troppo a bassa voce per essere normale da parte di Dino, che lui non riuscì a capire.

Poi il biondo si voltò sorridendo come non mai verso Romario.

-Noi andiamo, Romario. Puoi tornare in albergo se vuoi.-

L’interpellato rimase fermo immobile nel cercare di capire cosa fosse appena successo, mentre osservava la mano di Dino appoggiarsi delicatamente sul fianco del ragazzino senza venire brutalmente scacciata, in una sorta di guida verso la porta che dava l’accesso alla scuola.

Restò ancora per qualche istante ad osservare la porta, prima di affacciarsi verso il cortile.

I due non ci misero molto ad apparire e Dino non ci mise molto a rischiare di finire faccia a terra a causa della sua imbranataggine cronica.

Tuttavia l’impatto col terreno non avvenne.

Sembrava che Hibari avesse afferrato per il braccio lo “Stupido Erbivoro”, come lo stava interpellando in quel momento, e che ora non avesse poi molta voglia di lasciarlo andare.

Dino, felice come non mai, rideva.

Anche Romario sorrise.

No, decisamente le cose non andavano mai come dovevano, ma, dopotutto, andava bene così.

 

 

 

 

°Blablabla vari°
Mamma mia! È una vita che non prendo in mano nulla di questo fandom e si vede!
Credevo fosse impossibile peggiorare, ma mi sbagliavo.
Salve bella gente, sono ancora viva per la vostra gioia (?) e, com’è risaputo, vengo in nome della D18.
Questa volta dal punto di vista di Romario…l’avevo fatto dal punto di vista di Kusakabe, quindi mi sembrava giusto bistrattare anche lui…solo non sono sicura di aver scritto qualcosa di sensato (e credo di aver perso la mano sull’IC dei personaggi lalalù)
Ad ogni modo avevo bisogno di scrivere, specialmente sui miei trottolini amorosi, quindi eccomi qui.
Perdonatemi ancora una volta.
Ossequi, Seki

   
 
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